1 Agosto 2007 Reggio Calabria. Resta ucciso Luigi Rende, guardia giurata, nel tentativo di sventare una rapina al furgone portavalori.
Luigi Rende ha 31 anni, è sposato con Angela ed ha una bambina di due anni, Sharon. Come lavoro fa la guardia giurata a Reggio Calabria.
L’1 agosto del 2007, primo giorno di lavoro dal rientro dalle ferie, è di scorta al portavalori della Sicurtrasport che trasporta il suo carico all’ufficio postale di Via Ecce Homo, quando in sei tentano di rapinarlo. Sono solo in due a difendere il portavalori ma, nonostante la disparità, riescono a ferire tre dei banditi e metterli in fuga. Purtroppo nel conflitto a fuoco, uno dei banditi, riesce a colpire a morte Luigi Rende.
Gli assalitori sono stati tutti arrestati e, a giugno 2014, condannati definitivamente all’ergastolo.
Fonte:ammazzatecitutti.org
Articolo del 2 Agosto 2007
E’ una guardia giurata, Luigi Renda, la vittima della rapina compiuta ieri mattina presso la sede delle poste in zona Botteghelle. Secondo le prime ricostruzioni almeno tre uomini hanno cercato di assaltare il portavalori che stava per svolgere il suo servizio alla posta. Ne è nata una sparatoria che alla fine ha lasciato a terra senza vita la guardia giurata.
Al termine dalla sparatoria i malviventi – dei quali uno ferito- sono stati tutti tratti in arresto
Quattro gli aggressori che hanno provocato la morte della guardia giurata. I banditi hanno atteso l’arrivo del furgone della ditta Sicurtransport all’ufficio postale, quindi sono entrati in azione. Le guardie giurate hanno reagito ingaggiando un conflitto a fuoco con i rapinatori, nel corso del quale una guardia e’ stata uccisa e tre banditi sono rimasti feriti. Sul posto e’ subito intervenuta la polizia che e’ riuscita a bloccare tutti e quattro i rapinatori.
Luigi Rende, 31 anni, di Reggio Calabria, il vigilante morto durante un conflitto a fuoco con un commando che voleva rapinare un furgone postale nella citta’ calabrese dello Stretto, era sposato e padre di una bambina. Figlio di un poliziotto in pensione, aveva un fratello nella Polaria. Per quanto riguarda i tre malviventi feriti, uno solo e’ in gravi condizioni ma, secondo le prime notizie, non sarebbe in pericolo di vita.E’ stata una giornata infernale per il massimo dirigente della Squadra mobile reggina, Renato Cortese e per i suoi più stretti collaboratori, a partire dal dirigente della sezione omicidi, Franco Oliveri. La sparatoria stile far west, culminata con l’omicidio della guardia giurata Luigi Rende, 31 anni, ha scatenato una vera e propria caccia all’uomo culminata con l’arresto di tutti i sei componenti del commando (nelle foto in pagina seguente).
Ancora è troppo presto per analizzare a fondo il contesto di quanto avvenuto, ma” – afferma Cortese- “oggi il nostro sforzo è stato totale nella direzione dell’individuazione dei responsabili che sono stati tutti assicurati alla giustizia. Dalla giornata di domani cercheremo di scoprire se vi sono legami tra l’episodio e la criminalità organizzata. Di certo c’è” – prosegue Renato Cortese- “che non si tratta di gente sprovveduta, nè di un’azione improvvisata, come dimostrato dal volume di fuoco e dalla spietatezza dell’azione stessa. Tra l’altro quasi tutti hanno precedenti specifici e questo testimonia la caratura dei personaggi. A tutti sono stati contestati l’omicidio volontario, in base all’art. 116 del codice penale, e la tentata rapina; sia ai tre feriti che hanno preso parte alla sparatoria, che agli altri tre, comunque presenti sul luogo. Domani ne sapremo di più sul resto” – conclude Cortese- “per oggi prenderli tutto era il minimo che dovevamo al povero Rende”
[…]
Daniele Quartuccio
Articolo del 1 Agosto 2008 da claudiocordova.wordpress.com
Luigi Rende, un uomo
Faceva caldo un anno fa.
Faceva caldo come fa caldo oggi, ma, quel primo agosto di un anno fa non era giorno normale, non era soltanto una mattina afosa, incastonata nel cuore della stagione estiva.
In quel primo agosto, esattamente 365 giorni fa, succede una cosa.
Una cosa brutta.
Luigi Rende è un ragazzo di 31 anni, ha da poco salutato la moglie Angela e la bimba di appena due anni, Sharon: quella è la sua prima mattina di lavoro, di ritorno dalle ferie. Fa il vigilante, il suo compito è quello di assicurarsi che il portavalori della Sicurtrasport che gli è stato affidato depositi regolarmente il proprio carico presso l’ufficio postale di via Ecce Homo, nella zona sud della città, a pochi metri dallo stadio “Granillo”: è un compito delicato, anche se può sembrare solo un’operazione di routine.
Il silenzio di quella mattina estiva viene spezzato ben presto: attaccano in sei, vogliono i soldi e pensano di ottenerli senza alcun problema.
Si sbagliano.
Luigi Rende apre il fuoco, il suo compito è quello di difendere il portavalori e ha tutta l’intenzione di portarlo avanti fino in fondo. Tre banditi vengono feriti, ma la lotta è impari: ad aiutare Luigi c’è solo il collega Nino Siclari. Nonostante ciò il commando, decimato, è costretto alla fuga, ma uno dei banditi, nel conflitto a fuoco, colpisce a morte Luigi che si accascia sul sedile del furgone: la rapina fallisce, ma il prezzo che paga la famiglia è altissimo.
La notizia si diffonde, a macchia d’olio, in tutta la città: monta la rabbia. Reggio Calabria, come sempre nelle situazioni critiche, rompe l’indifferenza che troppo spesso la contraddistingue e mostra il proprio vero volto, fatto di orgoglio e umanità. Pochi giorni dopo, ai funerali di Luigi Rende, un bagno di folla abbraccia, per l’ultima volta, il proprio eroe: ci sono tutte le autorità, ma, soprattutto, c’è tanta gente. Anche chi non conosceva Luigi non può perdere l’occasione di essere vicino alla famiglia, straziata dal dolore, di salutare un ragazzo di 31 anni, un uomo, che ha sacrificato il proprio, splendido, futuro nel nome del coraggio, dando un calcio al lassismo e alla collusione a Reggio Calabria, proprio qui dove “non arrivano gli angeli”.
E’ trascorso un anno dalla tragedia, ma è impossibile dimenticare: ai funerali l’atmosfera è da brividi: qualcuno piange, qualcun altro applaude, c’è chi deposita fiori e chi resta in silenzio.
Ma sono tutti lì per dire a Luigi quella parola, forse banale, che però vale più di tanti discorsi: “Grazie”.
Articolo del 3 Marzo 2010 da mediterraneonline.it
Omicidio Rende. Confermati in appello 5 ergastoli
REGGIO CALABRIA. Si è concluso con la conferma di cinque dei sei ergastoli inflitti in primo grado il processo d’appello per l’omicidio di Luigi Rende, l’eroica guardia giurata uccisa nel corso di un conflitto a fuoco ingaggiato con i malviventi durante un tentativo di rapina, a cui è stata concessa la medaglia al valore.
I giudici della prima sezione della Corte di Assise di Appello (Pasquale Ippolito presidente, Rosalia Gaeta consigliere), a conclusione della camera di consiglio protrattasi per circa tre ore, hanno confermato la pena dell’ergastolo a Giovan Battista Familiari, 34 anni, di Pentidattilo; Santo Familiari, 41 anni, di Chorio; Giuseppe Papalia, 37 anni, di Sinopoli; Marco Marino, 31 anni, di Reggio Calabria; Francesco Giuseppe Gullì, 27 anni, di Roghudi. La sentenza emessa dal Gup Santo Melidona il 12 novembre del 2008 è stata riformata solo nella parte relativa alla posizione dell’imputato Domenicantonio Papalia, 31 anni, di Sinopoli, al quale è stata rideterminata la pena in a 20 anni di reclusione. A conclusione della requisitoria, l’avvocato generale Francesco Scuderi aveva richiesto la conferma della pena dell’ergastolo per i sei imputati.
Richiesta cui si erano associati gli avvocati Francesco Arena (Sicurtrasport) e Giulia Dieni (familiari della vittima), rappresentati delle parti civili. Il vigilantes Luigi Rende fu ucciso il primo agosto del 2007 nel corso del conflitto a fuoco conseguente al tragico tentativo di rapina dell’agenzia delle Poste di via Ecce Homo. Nel corso della sparatoria, rimasero feriti anche due rapinatori, Santo Familiari e Marco Marino. Gli agenti del Nucleo Volanti, accorsi immediatamente sul posto della tragica rapina arrestarono i fratelli Giovan Battista e Santo Familiari, mentre agli Ospedali Riuniti fu rintracciato Marco Marino. In via Ecce Homo, gli investigatori della Squadra mobile trovarono due pistole con matricola abrasa: una Bernardelli calibro 9×21, completa di caricatore con 13 cartucce dello stesso calibro e una Beretta calibro 9 corto, dotata di caricatore con 7 cartucce. Nel corso del sopralluogo, inoltre furono rinvenuti un caricatore 9×21 con 7 cartucce, tre passamontagna, due paia di guanti, un telefono cellulare, un furgone Fiat Doblò e una Fiat Uno entrambi di provenienza furtiva e la Volkswagen Lupo di proprietà della madre dei fratelli Familiari. Sul luogo della tentata rapina, infine, furono repertati 6 bossoli calibro 7.65 e 11 calibro 9×21 e 3 ogive. Per lo stesso reato è in corso il processo di primo grado nei confronti di Carmine Macrì e Vincenzo Viola, i quali erano riusciti a sottrarsi alla cattura.
Articolo del 11 Ottobre 2011 da newz.it
Omicidio Luigi Rende. Marco Marino verso la collaborazione con la Giustizia di Fabio Papalia
Reggio Calabria. Marco Marino, uno dei rapinatori condannati all’ergastolo per l’omicidio di Luigi Rende, avrebbe deciso di collaborare con la Giustizia. Era il primo agosto 2007 quando in via Ecce Homo, davanti alla sede di un ufficio postale, si consumò il tentativo di rapina finito nel sangue per la reazione di una guardia giurata a bordo del furgone portavalori della Sicurtransport. Luigi Rende sparò ai rapinatori, ferendone quattro, ucciso a sua volta durante il conflitto a fuoco. Nel processo di secondo grado, celebrato dinnanzi alla Corte d’Assise d’Appello, nel marzo 2010 a Marino fu confermato l’ergastolo, stessa pena per altri quattro imputati: i fratelli Santo e Giovanbattista Familiari, Francesco Gullì e Giuseppe Papalia. Vent’anni di carcere per Domenico Antonio Papalia, cui furono concesse le attenuanti generiche. Questi sei imputati erano stati arrestati nelle immediatezze del fatto di sangue. Altri due presunti complici, Carmine Macrì e Vincenzo Violi, furono catturati invece a distanza di mesi dall’omicidio di via Ecce Homo ed entrambi condannati all’ergastolo in due distinti processi.
La notizia in merito alla volontà di Marino di collaborare con la Giustizia è trapelata qualche giorno fa durante un’udienza del Tribunale di Reggio Calabria, davanti al quale Marino doveva comparire perché accusato di violenza privata. E’ stato così che si è appreso che l’imputato non sarebbe comparso in quanto sarebbe già stato trasferito in un carcere di massima sicurezza proprio in seguito alla scelta di collaborare con la Giustizia.
Marino avrebbe già revocato l’incarico ai difensori che l’hanno assistito finora dalla vicenda di via Ecce Homo in poi, dando mandato invece al suo storico legale di fiducia, l’avv. Antonino Aloi. Ruota proprio attorno a Marino, indicato dagli inquirenti come vicino alla cosca dei “Ficareddi”, la vicenda che nel corso del processo di secondo grado ha fatto registrare la sostituzione del procuratore generale d’udienza, il sostituto procuratore generale Francesco Neri, cui il procuratore generale Salvatore Di Landro ha fatto subentrare l’avvocato generale Francesco Scuderi. La tesi più accreditata per spiegare la sostituzione, infatti, era che proprio l’imputato Marino fosse difeso dall’avvocato Lorenzo Gatto, notoriamente legale di fiducia del magistrato Francesco Neri. Ancora, proprio Marino aveva accusato di complicità, senza peraltro essere creduto dalla Corte (le sue accuse furono confermate da un altro solo imputato) e finendo sotto processo per calunnia, il collega di Luigi Rende, l’altra guardia giurata che componeva la pattuglia a bordo del furgone il giorno della rapina. La Cassazione, da ultimo, ha annullato la sentenza di secondo grado per i 5 ergastoli, ma solo in relazione alla determinazione della pena. Bisognerà attendere per capire se l’eventuale collaborazione di Marino porterà davvero degli elementi nuovi nella ricostruzione di una delle pagine più tristi per la città.
Articolo da Il Quotidiano di Reggio del 15 Dicembre 2011 Fonte: stopndrangheta.it
«Fu Violi a uccidere Rende»
di Claudio Cordova
Il collaboratore di giustizia Marino fornisce nuovi elementi sulla morte dell’agente della Sicurtransport. Quattro anni fa l’assalto al portavalori vicino all’ufficio postale di via Ecce Homo.
“FU Vincenzo Violi a uccidere la guardia giurata Luigi Rende”. Al suo “esordio” in aula, il nuovo collaboratore di giustizia, Marco Marino, fornisce subito elementi nuovi agli investigatori. Il giovane è stato chiamato a deporre sul conto di Carmine Macrì, uno dei soggetti accusati dell’assalto al portavalori della Sicurtransport in cui, l’1 agosto 2007, perse la vita proprio Rende. E’ stato l’avvocato Generale dello Stato, Franco Scuderi, a sollecitare l’audizione del collaboratore di giustizia che ha spiegato di aver scelto di raccontare le proprie conoscenze agli inquirenti per poter cambiare vita e “mettere alle spalle gli errori del passato”. Un percorso che Marino ha appena iniziato, avendo comunicato la propria volontà di aiutare la giustizia nel settembre scorso.
Stando al racconto di Marino, a bordo del furgoncino Fiat Doblò utilizzato dai rapinatori vi erano, oltre a lui, Giovanni Battista Familiari, Giuseppe Papalia, l’imputato Carmine Macrì eVincenzo Violi, l’uomo che avrebbe esploso il colpo fatale a Rende, che tentò in tutti i modi di evitare che i malviventi mettessero a segno la rapina. I primi a scendere dal Fiat Boblò, dunque, sarebbero stati Papalia, Familiari e Marino: i tre sarebbero stati feriti da Rende (Marino subirà l’asportazione della milza), mentre Macrì e Violi, sfruttando l’azione degli “apripista”, sarebbero riusciti a fuggire, venendo arrestati solo successivamente.
Per il fatto di sangue sono stati condannati all’ergastolo in appello i fratelli Santo e Giovan Battista Familiari, Giuseppe Papalia, Francesco Gullì e Marco Marino. A Domenicoantonio Papalia vennero invece concesse le attenuanti generiche e la pena rideterminata invent’anni di reclusione. Una sentenza che però la Corte di Cassazione ha rinviato a un’altra sezione della Corte d’Assise per il calcolo della pena.
Ergastolo anche in appello per Vincenzo Violi, mentre Macrì, attualmente imputato al cospetto della Corte presieduta da Fortunato Amodeo (Marialuisa Crucitti a latere) il “fine pena mai” è per ora limitato solo al primo grado. In tutti i processi si è costitutita parte civile la famiglia Rende, rappresentata dall’avvocato Giulia Dieni, e la Sicurtransport, assistita dall’avvocato Francesco Arena.
Marino ha quindi rivelato di conoscere l’identità dell’assassino di Rende e di aver appreso la circostanza dal complice Papalia con cui fu ricoverato in ospedale in seguito alle ferite riportate nello scontro a fuoco, avvenuto in via Ecce Homo, zona sud di Reggio Calabria. Nessuna menzione, invece, sul conto del collega di Rende, Antonino Siclari, che secondo quanto dichiarato da Marino in un interrogatorio del processo d’appello a suo carico (un momento in cui il giovane non aveva ancora deciso di collaborare con la giustizia) avrebbe svolto il ruolo di basista, assicurando al commando che il colpo sarebbe filato via liscio come l’olio.
La deposizione di Marino continuerà in un’ulteriore udienza, dato che la Corte ha ammesso gran parte delle richieste formulate dall’avvocato Leone Fonte, difensore di Macrì: nel corso della prossima udienza, infatti, verrà ascoltato anche un medico, il dottor Antonino Mandica, che potrà riferire alcune circostanze sul conto di Macrì. La deposizione di Marino, dunque, continuerà il prossimo 11 gennaio: entro il 4 gennaio, invece, dovranno essere depositati in cancelleria eventuali altri verbali in cui il collaboratore avrebbe riferito circa la responsabilità di Macrì.
Il Racconto
Ecco come la banda preparava il colpo
Nelle parole di Santo Familiari i momenti salienti di quella tragica rapina del primo agosto 2007
I sospetti degli investigatori si orientarono fin da subito sui due fuggiaschi, Carmine Macrì e Vincenzo Violi. Già il 2 agosto 2007, il giorno dopo la terribile mattina in cui perse la vita la guardia giurata Luig iRende uno degli uomini condannati per la tentata rapina e per l’omicidio, Santo Familiari (fratello di Giovanni Battista, rimasto ferito nel conflitto a fuoco), racconta agli inquirenti le fasi preparatorie dell’azione che il gruppo aveva intenzione di mettere in atto: “Ieri mattina mio fratello Giovambattista mi ha raggiunto sul posto di lavoro chiedendomi se oggi potevo accompagnarlo a Reggio Calabria perché in compagnia di altre persone avrebbe dovuto fare un “lavoro”, che poi ho capito trattarsi di una rapina”. Santo Familiari, interrogato alla presenza dei propri legali, fa però di più. Fornisce, infatti, le identità dei complici con cui il fratello si sarebbe dovuto incontrare: “Mi sono fermato
con l’automobile in una parallela lato mare di via Ecce Homo, dove vi era un Fiorino o un Doblò bianco e quattro persone che aspettavano mio fratello. Queste persone sono: “Pino della tirrenica” (Giuseppe Papalia, ndr), Marco Marino di Arangea, Macrì, fratello della persona con cui sono stato detenuto, Violi Vincenzo e il fratello di Pino della tirrenica”. Tutti personaggi che verranno portati a giudizio e che i vari tribunali considereranno colpevoli.
Quando ancora era ben lontano dalla scelta di collaborare con la giustizia, anche Marco Marino fornisce ulteriori dettagli sul “colpo”.
E’ il 26 settembre 2007, meno di un mese dopo la tragedia, quando Marino racconta le dinamiche della tentata rapina, in gran parte coincidenti con quanto affermato ieri in aula: “La mattina in cui sono venuti a prendermi Battista e Santo, con la loro macchina, all’incirca verso le sei o poco prima, ci siamo recati presso una traversa di viale Calabria, vicino al Brico, dove si trovava già parcheggiato un furgone bianco; sono entrato nel retro del furgone, ove c’erano altre tre persone e con me è entrato anche Battista”. Ma già nel settembre 2007 Marino raccontava della sequenza, ribadita ieri in aula, con cui i complici si sarebbero mossi dal furgone: “E’ sceso per primo uno che non conosco, alto e magro, che guardava dai fori del
furgone e ci ha dato il via al momento in cui è arrivato il blindato portavalori; poi è sceso un altro, che non conoscevo; poi un terzo; io e Battista, o viceversa”. In ultimo un passaggio, che lascerebbe presagire la presenza di un “basista”, da individuare, magari, nel collega di Rende, Antonino Siclari: “Battistami ha spiegato le modalità della rapina; era convinto che le guardie giurate non avrebbero opposto resistenza”. Una circostanza che, però, non è mai stata riscontrata.
cla. cor.
Articolo da Il Quotidiano dell’11 Gennaio 2012 Fonte: stopndrangheta.it
Articolo da Il Quotidiano di Reggio del 18 Febbraio 2012
Fonte: stopndrangheta.itOmicidio Rende, la Corte d’assise conferma le condanne
di Claudio Cordova
ANCORA una conferma della condanna per i responsabili del tentativo di rapina al furgone della Sicurtransport che costò la vita alla guardia giurata Luigi Rende. Anche nel nuovo processo riguardante il troncone principale di imputati,la corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria ha ribadito le condanne già inflitte nelmarzo 2010. Confermati dunque gli ergastoli per i fratelli Santo e Giovan Battista Familiari,Giuseppe Papalia, Francesco Gullì e Marco Marino, quest’ultimo oggi collaboratore di giustizia.
Confermati anche i vent’anni di reclusione a Domenicoantonio Papalia cui sono state concesse le attenuanti generiche. Il processo era ritornato in Appello dopo che la Suprema Corte di Cassazione aveva accolto il ricorso degli avvocatiper il ricalcolo delle pene accessorie, quali le armi. Da qui, dunque, la nuova udienza, celebrata ieri all’interno del Tribunaledi PiazzaCastello, che non ha comunque cambiato gli esiti processuali della vicenda. Gli uomini condannati avrebbero fatto parte di una gang dedita a rapine, come dichiarato proprio da Marino nel corso della propria collaborazione.
Proprio in un tentativo di rapina, l’1 agosto del 2007,perse la vita la guardia giurata Luigi Rende, appena rientrato dalle ferie. Non hanno fin qui trovato riscontro le dichiarazioni di Marino che indicano il collega di Rende, Antonino Siclari, come complice del commando, con il ruolo di basista.
Articolo del 20 Aprile 2013 da corrieredellacalabria.it
Omicidio Rende, la Cassazione annulla 5 ergastoli
di Lucio Musolino
La pena era stata inflitta a Giovanbattista e Santo Familiari, Giuseppe Papalia, Francesco Gullì e al pentito Marco Marino. Il processo è stato rinviato alla Corte d’Assise di Reggio. La guardia giurata era stata uccisa nell’agosto 2007, durante una rapina a un portavalori.
REGGIO CALABRIA Tutto da rifare. Almeno per quanto riguarda la pena inflitta agli imputati del processo per l’omicidio della guardia giurata Luigi Rende, ucciso davanti all’ufficio postale di via Ecce Homo il primo agosto 2007, quando il portavalori della Sicurtransport è stato assalito da otto rapinatori che si erano nascosti dentro un furgoncino Fiat Doblò, rubato un mese prima a Seminara.
Per la seconda volta, la quinta sezione della Cassazione ha annullato i cinque ergastoli, inflitti agli imputati Giovanbattista e Santo Familiari, Giuseppe Papalia, Francesco Gullì e al pentito Marco Marino, e ha rinviato il processo alla Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria. La sentenza è stata emessa nel pomeriggio di ieri. I giudici della Cassazione hanno accolto, quindi, le richieste del collegio della difesa composto, tra gli altri, dagli avvocati Calabrese, Sant’Ambrogio, Managò, Licastro e Aloi. Quest’ultimo, nel corso della sua arringa, si è soffermato sul fatto che la Corte d’Assise d’Appello non ha concesso al suo assistito, Marco Marino, lo sconto previsto per i collaboratori di giustizia.
L’omicidio Rende si è consumato intorno alle 6 del mattino. Angosciante lo scenario comparso in via Ecce Homo davanti agli occhi degli agenti di polizia che in poche ore avevano individuato tutti i componenti della banda. Una dettagliata informativa aveva ricostruito nei minimi particolari la dinamica del fatto di sangue.
In sostanza, i rapinatori avevano agito nel momento in cui, il collega di Rende (Antonino Siclari) era sceso dal blindato per versare i soldi (circa 70mila euro) nella cassetta dell’ufficio postale. In quel momento i malviventi avevano iniziato a sparare. Siclari aveva prima cercato di rifugiarsi dentro il furgone. Non riuscendoci si era nascosto in un’abitazione vicina, da dove ha chiamato il 113. Nel frattempo, prima di essere ucciso, Luigi Rende aveva risposto al fuoco riuscendo a ferire gravemente due rapinatori, sventando la rapina e facendo fuggire gli altri. Tra questi Giuseppe Papalia che, ferito anch’egli gravemente, si è recato al pronto soccorso dove è stato subito arrestato. Un arresto che ha preceduto solo di qualche ora la cattura dei complici tranne Carmine Macrì e Vincenzo Violi (finiti in manette dopo un periodo di latitanza), il cui coinvolgimento è stato confessato da Santo Familiari durante l’interrogatorio in questura.
Sulle responsabilità degli imputati non ci sono dubbi: la loro colpevolezza è stata cristallizzate dalla perizia balistica e dalle numerose intercettazioni ambientali captate in carcere durante i colloqui tra i detenuti e i loro parenti. Conversazioni, in cui, gli arrestati hanno sostanzialmente confermato il loro coinvolgimento alla rapina e la loro indole criminale.
Ritornando al rinvio della Cassazione, adesso si celebrerà un nuovo processo di secondo grado in cui i giudici di piazza Castello dovranno tenere conto del sentenza emessa ieri. Soprattutto per quanto riguarda gli ergastoli inflitti agli imputati che avevano scelto il rito abbreviato senza riuscire ad ottenere lo sconto di un terzo della pena.
Articolo del 5 Giugno 2014 da newz.it
Omicidio Luigi Rende. La Cassazione conferma l’ergastolo per Carmine Macrì
Reggio Calabria. La Corte di Cassazione ha confermato l’ergastolo inflitto a Carmine Macrì per l’omicidio della guardia giurata Luigi Rende, avvenuto il primo agosto 2007 in via Ecce Homo, a Reggio Calabria, nel corso di un tentativo di rapina da parte di un commando di 8 rapinatori ai danni di un furgone portavalori. Carmine Macrì, arrestato dai Carabinieri il 3 febbraio del 2009, che ne interruppero la latitanza, nelle campagne di Cardeto, era stato condannato in primo grado all’ergastolo nel gennaio del 2011. Secondo il pm Carmela Squicciarini, che all’epoca aveva condotto le indagini sull’omicidio, sarebbe stato proprio Macrì a sparare il colpo che ferì mortalmente Luigi Rende. Nell’aprile 2012 la Corte d’Assise d’Appello ha confermato la condanna all’ergastolo inflitta a Macrì in primo grado.
Articolo del 18 Giugno 2014 da corrieredellacalabria.it
Ergastolo confermato per gli assassini di Luigi Rende
La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso della difesa. La guardia giurata fu uccisa nel corso di un tentativo di rapina nell’agosto del 2007.
REGGIO CALABRIA Nessuno sconto di pena per gli assassini di Luigi Rende, la guardia giurata uccisa nel corso di un tentativo di rapina, avvenuto nell’agosto del 2007 in un ufficio postale della periferia sud di Reggio Calabria. La Cassazione ha infatti confermato l’ergastolo per Giovanbattista e Santo Familiari, Giuseppe Papalia, Francesco Gullì e Marco Marino, dichiarando inammissibile il ricorso presentato dai rispettivi legali, che nei mesi scorsi hanno chiesto ai supremi giudici di pronunciarsi riguardo la quantificazione della pena inflitta ai propri assistiti, tutti giudicati con rito abbreviato dunque non punibili con l’ergastolo. Un’interpretazione del codice non condivisa dalla Suprema Corte, che a carico dei quattro – condannati non solo per l’omicidio della guardia giurata, ma anche per rapina, detenzione illegale di armi e ricettazione delle stesse – ha confermato il carcere a vita. Dopo un iter travagliato, si conclude dunque definitivamente il procedimento a carico degli uomini del commando, che ha tentato l’assalto al furgone portavalori che la mattina del 1 agosto 2007 stava rifornendo di contante gli uffici postali della zona sud della città. Ed era carico. Quella di via Ecce Homo, dove i rapinatori sono entrati in azione, sarebbe stata infatti solo una delle prime tappe di un lungo giro che avrebbe portato gli uomini della Sicurtransport a rifornire di liquidi dagli uffici postali della periferia cittadina ai centri dell’hinterland jonico. Il commando lo sapeva, per settimane aveva studiato il colpo, il numero di uomini dell’equipaggio, i percorsi da seguire durante la fuga. Quello che non avevano previsto era la reazione delle guardie giurate, né lo scontro a fuoco che sarebbe seguito a quell’imprevista reazione. In quattro rimangono feriti, ma per Luigi Rende quella sparatoria si rivelerà fatale. Immediatamente individuati dalle forze dell’ordine, per Giovanbattista e Santo Familiari, Giuseppe Papalia, Francesco Gullì e Marco Marino scattano subito le manette, mentre devono passare alcuni mesi perché gli investigatori individuino e fermino altri due componenti della banda Carmine Macrì e Vincenzo Violi. Sebbene in procedimenti diversi, oggi per tutti c’è una sentenza definitiva che – fatta eccezione per Domenico Antonio Papalia, punito con vent’anni di carcere – li condanna al carcere a vita.
Fonte: ildispaccio.it
Articolo del 1 agosto 2017
10 anni fa il sacrificio di Luigi Rende: Reggio Calabria deve onorarlo come merita
di Claudio Cordova
Ricordo con dolore e infinita vergogna di me stesso la mattina dell’1 agosto 2007. Svolgevo già da qualche anno l’attività giornalistica e, da qualche mese, potevo dire di aver iniziato a “fare sul serio”. A luglio i primi blitz antimafia, le prime conferenze stampa, i primi pezzi di “nera” e giudiziaria: le tre operazioni, una dietro l’altra, “Gebbione”, “Testamento” e “Bless”. Toccò a me quindi seguire per la televisione per cui lavoravo quanto accadeva, già nelle prime ore di quella calda giornata estiva, in via Ecce Homo, a pochi metri dallo stadio “Oreste Granillo”, periferia sud di Reggio Calabria. Un assalto al portavalori della Sicurtransport da parte di un commando armato fino ai denti: la reazione dei vigilantes, il conflitto a fuoco e quel corpo che resta immobile dopo la scarica di piombo.
Muore così Luigi Rende, guardia giurata della ditta che svolge servizio di custodia ai portavalori. Muore svolgendo il proprio lavoro, in un periodo che per tanti significa ferie. Lui le ferie le ha terminate: è tornato in servizio proprio quella mattina. Muore cercando di svolgere fino in fondo il proprio compito: difendere, cioè, il carico di denaro preso di mira dal variegato commando. Variegato perché ci sono uomini originari della fascia jonica reggina (i fratelli Santo e Giovanni Battista Familiari), dell’area tirrenica (il sinopolese Carmine Macrì) e giovani vicini alle cosche di ‘ndrangheta, come il giovane Marco Marino, che da manovalanza del clan Serraino diventerà collaboratore di giustizia. Il silenzio di quella mattina estiva viene spezzato ben presto: attaccano in sei, vogliono i soldi e pensano di ottenerli senza alcun problema. Si sbagliano. Luigi Rende apre il fuoco, il suo compito è quello di difendere il portavalori e ha tutta l’intenzione di portarlo avanti fino in fondo. Tre banditi vengono feriti, ma la lotta è impari: ad aiutare Luigi c’è solo il collega Nino Siclari. Nonostante ciò il commando, decimato, è costretto alla fuga, ma uno dei banditi, nel conflitto a fuoco, colpisce a morte Luigi che si accascia sul sedile del furgone: la rapina fallisce, ma il prezzo che paga la famiglia è altissimo.
Da quell’assalto nasce un processo difficile, pieno di colpi di scena e di qualche punto oscuro. Quel processo, infatti, si lega a vicende che per anni hanno tenuto banco in città, con l’avocazione del caso, il trasferimento di qualche magistrato e – per un certo periodo – il sospetto di un legame con le bombe contro la magistratura reggina, a cominciare da quella fatta esplodere davanti alla Procura Generale, all’inizio del 2010. Le dichiarazioni di Marino, inoltre, parlano di un basista a disposizione del commando, individuandolo proprio nel collega di Rende, Siclari: una circostanza che, però, non verrà verificata. A pagare, con il carcere a vita, sono tutti i componenti della banda.
Il sacrificio di Luigi Rende segna la città e alcuni giorni dopo, ai funerali, c’è una folla sterminata a salutarlo. Anche chi non conosceva Luigi non può perdere l’occasione di essere vicino alla famiglia, straziata dal dolore, di salutare un ragazzo, un uomo, che ha sacrificato il proprio, splendido, futuro nel nome del coraggio, dando un calcio al lassismo e alla collusione a Reggio Calabria, proprio qui dove “non arrivano gli angeli”.
Dolore e vergogna.
Il dolore per una giovane vita spezzata: quando muore, Luigi Rende ha 31 anni e lascia la moglie e una bimba. La vergogna per la mia reazione da 21enne davanti al mio direttore del tempo: “Ma chi gliel’ha fatta fare?” dissi, in pieno stile reggino, commentando la scelta di Rende di opporsi ai rapinatori. Fui rimproverato duramente e giustamente: in una città che, da sempre, volta le spalle davanti le ingiustizie, in una città in cui quasi nessuno fa, fino in fondo, propria parte, l’insegnamento di Luigi Rende è fortissimo, ancor di più oggi, a dieci anni da quella tragica mattina. Se adesso, fortunatamente, penso e agisco assai diversamente, lo devo anche a quelle dure parole.
Perciò, per quello che la figura di Luigi Rende può rappresentare per una città che, spesso e volentieri, calpesta il proprio orgoglio e la propria dignità, Reggio Calabria deve onorarlo come merita. Come si onorano i figli migliori di questa terra: non disperdendo il ricordo, ma, anzi, intitolando una via o una piazza tra le più importanti a un martire della giustizia. Già nell’immediatezza, il Consiglio Comunale di Reggio Calabria approvò una proposta del consigliere Pasquale Morisani: tutto ciò, però, è rimasto lettera morta. Adesso che sono anche trascorsi gli anni necessari sotto il profilo burocratico (anche se, per esempio, per intitolare il lungomare al sindaco Italo Falcomatà si fece un enorme strappo alle regole), il Comune di Reggio Calabria non può più indugiare: le comunità si risollevano, si ricompattano, se non perdono le speranze che credere fino in fondo nel bene. E questo può accadere grazie ai simboli e agli esempi.
Luigi Rende è entrambe le cose.