1 maggio 1985 Mammola (RC). Annunziata Ferraro, 16 anni, resta uccisa in una strage che coinvolse altre persone.

Annunziata Ferraro, Mammola (RC).
Non vogliono lasciare testimoni i killer che hanno ammazzato a colpi di fucile a canne mozze Annunziata. Così il 1° maggio 1985 a Mammola si compie una vera e propria strage. E nell’attentato in cui cade il pregiudicato Salvatore Ferraro vengono uccisi anche il contadino Pasquale Sorbara e la giovane Annunziata Ferraro, di solo 16 anni. Secondo gli inquirenti, dietro la strage c’è la famiglia Sorbara, che ha subito in precedenza un rapimento, per cui era stata arrestata Rosa Mercuri, cognata dello stesso Salvatore Ferraro.

Fonte:  Sdisonorate.pdf

 

 

Fonte:  archivio.unita.news
Articolo del 3 maggio 1985
Un sequestro all’origine della strage di Mammola
di Filippo Veltri
Donna fugge e dà l’allarme – Una sedicenne finita  con  un colpo di pistola alla testa.

CATANZARO – Una strage in pieno giorno sui piani della Limina, a oltre mille metri d’altezza, sul versante aspro-montano che s’affaccia sulla Locride. Tre persone ammazzate e fra queste una ragazza di 16 anni; due sfuggite per miracolo al fuoco dei killer è l’allucinante bilancio della nuova strage mafiosa che ha insanguinato questo primo maggio a Mammola, nel Reggino, uno dei paesi più interni della fascia jonica. A cadere sotto il fuoco incrociato di pistole e fucili sono stati Felice Ferraro 49 anni, sua figlia Nunziata di 16 anni, e Pasquale Sorbara, di 63 anni. Sono invece sfuggiti alla morte Maria Mercuri, 37 anni, moglie del Ferrara e una nipotina di quest’ultima, S. V., di soli 7 anni.

La scena della strage è un vasto appezzamento di terra in località Navari, nelle frazioni di montagna di Mammola. Sono da poco passate le 15 e Ferrara, sua moglie, la figlia e il contadino Pasquale Sorbara, stanno lavorando alla semina delle patate. All’improvviso da una macchina scendono 4 persone: sono armate fino ai denti ed agiscono a viso scoperto. Aprono un fuoco micidiale, un vero e proprio massacro. II primo a cadere è Felice Ferrara, forse l’obiettivo vero dei killer. Poi cade il Sorbara. Maria Mercuri con la figlia e la nipotina in braccio cerca di scappare. I killer li rincorrono e qui la scena assume toni veramente da Far West. La giovane Nunziata Ferrara viene infatti colpita alla gamba da un colpo di fucile e cade. Sua madre cerca, in un primo tempo, di darle aiuto, poi si rende conto che non ce la fa a salvare sua figlia. I killer infatti raggiungono la giovane ferita e la finiscono con inaudita ferocia, con un colpo di pistola alla testa. La madre corre via disperata e riesce a mettersi in salvo in un vicino villaggio di contadini e a dare l’allarme. La scena che si presenta ai carabinieri, quando arrivano nel tardo pomeriggio, è da far paura: sangue dappertutto, corpi massacrati sparsi in un raggio di alcune centinaia di metri. L’unica testimone è proprio Maria Mercuri che descrive la scena della strage e che forse ha anche riconosciuto qualcuno dei killer.

Ma perché la strage sul passo della Limina?  Perché un riemergere in forme così truci della violenza in una zona ad altissima densità mafiosa ma in cui negli ultimi tempi non si erano registrati fatti eclatanti? Domande difficili alle quali nessuno è in grado di dare risposte certe. Occorre innanzitutto capire chi erano gli uccisi e gli scampati alla strage. Il personaggio di spicco è senza dubbio Felice Ferrara, pregiudicato per reati vari, sorvegliato speciale, diffidato di pubblica sicurezza. Alle spalle ha anche un tentato omicidio, due anni fa, furti, denunce per porto abusivo d’armi. Nella montagna di Mammola negli ultimi tempi Ferrara era cresciuto di peso: aveva alcune proprietà, capi di bestiame, stalle, case. Alle sue dipendenze lavorava Pasquale Sorbara, un contadino senza precedenti penali. La pista della vendetta è la prima che gli inquirenti esaminano. Ma si parla – e con una certa insistenza – di una vendetta per motivi specifici: un regolamento di conti nell’ambito delle bande che operano nel campo dei sequestri di persona. Forse una lite per la spartizione di un riscatto o, molto più probabilmente, di un sequestro ancora in atto.

Il nome che si fa a tale proposito è quello del ruspista di Giffone (Rc) – un paese sul versante tirrenico dell’Aspromonte – Alfredo Sorbara, 37 anni, sequestrato proprio un anno fa, maggio 1984, e del quale non si hanno più notizie.  In quest’ambito si spiegherebbe anche il ruolo di Ferrara. un elemento di collegamento della ‘ndrangheta locale, nei cui capanni di montagna si sarebbero rifugiati, in passato, latitanti e sequestrati e che avrebbe cercato di mettersi forse «in proprio».

Il particolare interessante attorno al quale si lavora è quello riguardante l’arresto, il 28 marzo scorso, di una sorella di Maria Mercuri, Rosa di 33 anni, accusata proprio del sequestro Sorbara (c’è da dire a questo punto che non c’è nessun rapporto di parentela tra il Sorbara ucciso l’altro giorno e il sequestrato di Giffone). Con Rosa Mercuri finirono in galera altre 4 persone; una banda di elementi non particolarmente famosi nella quale agivano però alcuni membri del famigerato clan dei Facchineri, uno dei quali fu poi arrestato una settimana fa a Marzabotto dove si era nascosto. Si pensa perciò che il sequestro Sorbara possa essere stato opera anche della famiglia Ferraro Mercuri e una feroce lotta intestina fra spezzoni di cosche mafiose per far fruttare al massimo il rapimento sia stato l’origine.

 

 

 

 

Dal libro: Dead Silent  Life Stories of Girls and Women Killed by the Italian Mafias, 1878-2018 di Robin Pickering Iazzi University of Wisconsin-Milwaukee, rpi2@uwm.edu