10 Novembre 1988 Siracusa. Ucciso Carmelo Zaccarello, 23 anni, vittima innocente di una guerra tra cosche rivali.

Carmelo Zaccarello – Foto da vercelli.liberapiemonte.it

Carmelo Zaccarello, 23 anni, fu la vittima innocente della “strage del bar Moka ” a Siracusa il 10 Novembre 1988. Stava parlando con la fidanzata davanti al bar, di cui il padre è il titolare, quando un commando formato da due giovani killer è entrato in azione scaricando le loro pistole tra la gente presente, ferendo, in maniera anche grave, tre persone ed uccidendo, oltre a Carmelo, anche il vero obiettivo dell’aggressione

 

 

 

 

 

Articolo dell’11 Novembre 1988 da La Repubblica
STRAGE IN UN BAR A SIRACUSA DUE MORTI E QUATTRO FERITI
di Francesco Viviano

SIRACUSA Un massacro nella piazza principale di Siracusa, un commando formato da due giovanissimi killers è entrato in azione ieri sera poco dopo le venti nelle viuzze dell’isola di Ortigia. I sicari sono entrati all’interno di un bar e hanno scaricato le loro pistole sulla folla. Due i morti e quattro i feriti tra questi una ragazza di 19 anni. Un’esecuzione plateale, trenta secondi di terrore tra il bancone ed i tavolini del caffé Moka.

Il bersaglio dei due sicari, stando alle prime notizie che forniscono gli inquirenti era Pasquale Bottaro, 29 anni, un pregiudicato con numerosi precedenti penali per rapina ma accanto a lui è caduto anche il figlio del proprietario del bar, Carmelo Zaccarello, di 23 anni mentre parlava con la sua ragazza, Cinzia Giudice, di 19 anni. I due sicari erano armati di pistole a tamburo, avevano il volto coperto da calzemaglie, indossavano giubbotti di pelle. Quando sono entrati nel bar sembrava che fossero diretti verso la cassa, ma poi, improvvisamente, hanno estratti il revolever ed hanno cominciato a sparare. Hanno scaricato addosso alle loro vittime una ventina di proiettili. Pasquale Bottaro è morto sul colpo, colpito alla fronte; Carmelo Zaccarello ha invece tentato una fuga. Una corsa verso la piazza, un grido altri tre proiettili alle spalle. Mentre un killer inseguiva il ragazzo l’altro sicario continuava a sparare.

A terra altri tre feriti: Antonio Sapia di 23 anni, Vittorio Buccheri di 41 e Michele Midolo di 27 anni. Subito dopo la missione di morte i due incappucciati sono fuggiti a piedi scomparendo nei vicoli del centro storico di Siracusa. Un attimo dopo i telefoni delle centrali operative della Squadra mobile e dei carabinieri sono andati in tilt, correte, correte… c’è stata una strage al bar Moka. Quando i primi investigatori sono arrivati nel bar ad Ortigia hanno trovato i morti ed i feriti ancora a terra.

Un paio di volanti sono sfrecciate verso l’ ospedale. Altre automobili della polizia, cariche di testimoni sono entrate in questura. Secondo una prima ricostruzione degli investigatori il movente del massacro sarebbe da ricercare in una sanguinosa faida fra due cosche della città. Bande di rapinatori, gang di trafficanti di eroina che da mesi si combattono in città e in alcuni centri della provincia. Una guerra cominciata all’ inizio dell’anno e che ha fatto fino ad ora venti morti. Il momento decisivo di questa guerra è stato nell’ estare scorsa, quando sotto i colpi dei killers caddero alcuni piccoli boss del racket delle estorsioni. Uno dei capi di queste cosche, Agostino Urso sfuggì miracolosamente ad un agguato a poche decine di metri dal bar Moka.

Qualche settimana dopo sulle rive del fiume Ciane, i carabinieri trovarono un cadavere mutilato. Era il cugino e guardaspalle di Agostino Urso. I killers lo uccisero dopo avergli mozzato entrambe le mani. Ma chi erano gli uomini uccisi ieri sera nella piazza di Siracusa? Non possiamo ancora dire niente spiegano gli investigatori siracusani stiamo interrogando tutte le persone che hanno assistito al massacro…. Uno dei testimoni che è stato interrogato fino a tarda sera è il padre di Carmelo Zaccarello, titolare del bar. È la prima volta che nella città di Siracusa i killers sparano sulla folla per colpire i loro avversari. È un brutto segno, un bruttissimo segno, sussurra con un filo di voce un poliziotto, quello che è accaduto stasera avrà probabilmente conseguenze, avremo sviluppi di questa guerra. Mentre scriviamo sono in corso i primi accertamenti della polizia scientifica e tutto il centro di Siracusa è stato cicrondato da pattuglie di polizia e carabinieri.

È scattata una caccia all’uomo nel tentativo di bloccare i due assassini o individuare il covo dove potrebbero nascondersi, ma fino a tarda sera la frenetica ricerca degli investigatori è andata a vuoto. Dei tre feriti il più grave è Antonio Sapia che è stato colpito da numerosi proiettili al torace. Sottoposto ad intervento chirurgico nell’ospedale di Siracusa è stato giudicato in gravvisime condizioni dai sanitari. A tarda sera, attraverso le testimonianze di alcuni avventori del bar e dai fascicoli degli archivi di polizia e carabinieri si è potuto stabilire che i bersagli dei sicari erano in particolare Bottaro, Sapia e Buccheri, arrestati due mesi fa con l’accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso. Erano in libertà da pochi giorni. Sia Bottaro che Buccheri e Sapia appartenevano al clan capeggiato dal boss Agostino Urso che è contrapposto a quello di Salavtore Belfiore e Salvatore Schiavone da tempo arrestati. Attraverso un primo esame balistico effettuato dagli esperti della scientifica è stato stabilito che a sparare sono state una calibro 9 Parabellum e una calibro 7.65.

 

 

Articolo del 19 Novembre 2009 da  naturasicula.it
Carmelo era un bravo ragazzo. Ricordiamolo. Non merita di essere dimenticato

Proprio in questi giorni è stata presentata al Sindaco di Siracusa una raccolta di lettere mediante le quali un movimento spontaneo di cittadini siracusani, costituito soprattutto di giovani, ha chiesto l’intitolazione di una via o di una piazza in ricordo di Peppino Impastato, giornalista ucciso dalla mafia.

Purtroppo non soltanto Peppino Impastato, ma anche molte altre vittime di mafia non trovano la giusta memoria nella nostra città. Tra queste un giovane siracusano, Carmelo Zaccarello, rimasto ucciso 21 anni fa in quella che i siracusani ricordano come la “strage del bar Moka”.

Carmelo era un bravo ragazzo.
La sua vita si è spenta prima di poter festeggiare il suo venticinquesimo compleanno.
Il destino con lui è stato terribilmente cinico, inflessibile. La sua era ed è una normale famiglia perbene, onesta di Siracusa. Il padre, morto poco tempo fa, gestiva un piccolo bar, il “Bar Moka”, in Via Roma, nel cuore di Ortigia. Carmelo lo aiutava abitualmente e ancora di più nei momenti di maggiore afflusso di clienti, come la sera della vigilia di San Martino.

L’ultima sera della sua vita, il 10 Novembre 1988, il ragazzo stava lavorando nel bar con la sua fidanzata, Cinzia, e il padre. Qualcuno sorseggiava il buon caffè di “zio” Pippo Zaccarello, qualche altro mangiava le calde tradizionali “zippole”, chiacchierando e ridendo. Poi, all’improvviso, si è scatenato un inferno. Spari, grida, sangue dovunque. Una strage: due morti e quattro feriti. Due bande di farabutti appartenenti a opposte “famiglie” mafiose si sono violentemente affrontate in quei pochi metri quadrati. Carmelo è morto lì, ucciso da quelli che la stampa impropriamente definisce col vocabolario della criminalità: “uomini d’onore”. Cinzia rimane ferita. Il padre sconvolto vede morire il suo giovane figliolo.

Bisognerà attendere circa dieci anni di indagini “dovute” su Carmelo (!) per avere la certezza che il giovane non aveva nulla a che fare con la malavita, con i suoi assassini, quei bestiali criminali. Dieci anni dopo questo drammatico evento, la Prefettura di Siracusa ha emesso un documento dove si legge che “Carmelo Zaccarello è un giovane di ottima condotta morale e civile….VITTIMA INNOCENTE di mafia”.
Fino ad oggi che cosa ricorda nella nostra città questo giovane?
Proprio NULLA!!

Carmelo era un bravo ragazzo siracusano. Non merita di essere dimenticato.
A tal motivo la sezione di Siracusa di Natura Sicula chiede ai siracusani di firmare un appello al Primo Cittadino per invitarlo a trovare una forma pubblica volta a ricordare adeguatamente Carmelo Zaccarello.

 

 

 

Fonte:  siracusaoggi.it
Articolo del 27 gennaio 2014

Cassibile. Intitolata una via della frazione a Carmelo Zaccarello, vittima della mafia

Alla presenza dei familiari, il sindaco Giancarlo Garozzo ha intitolato oggi una strada di Cassibile a Carmelo Zaccarello,vittima della mafia. La nuova strada è la prima traversa a destra della via Calisto Calcagno. Nel corso della breve cerimonia, il Sindaco ha ricordato la figura del giovane ucciso il 10 novembre 1988 all’interno del bar di Ortigia, che gestiva insieme al padre, nel corso di un conflitto a fuoco tra bande rivali durante la guerra di mafia che insanguinò la città per diversi anni.

“Con questo atto la città vuole onorare la memoria di Zaccarello e di tutte le vittime della mafia – ha detto Garozzo – ma anche ricordare che l’attenzione su questo fenomeno deve sempre rimanere alta. Zaccarello si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato, e per questo la sua vita si è interrotta prematuramente. Ma il suo nome, adesso, resterà nella memoria dei siracusani”.

Ha poi preso la parola Giuseppe Privizzini della Consulta Comunale Giovanile che ha letto due brevi messaggi di Domenico Di Stefano indirizzati al padre della vittima e al giovane ucciso. Di Stefano, adesso in pensione, all’epoca era professore al Liceo Scientifico Einaudi e a lui si deve l’intitolazione della sala docenti dell’Istituto a Carmelo Zaccarello.

 

 

 

Fonte: diario1984.it
Articolo del 21 febbraio 2020
La scuola contro la mafia, giornata nel segno di Carmelo Zaccarello e del giornalista Mario Francese

Siracusa. All’incontro “La scuola contro la mafia” dai due relatori ufficiali – il giornalista di Repubblica Salvo Palazzolo e il Pubblico Ministero Antonio Nicastro, oggi sostituto procuratore generale presso la Corte d’Appello di Catania – è stato rivolto l’invito agli studenti dell’Einaudi affinché conoscano le storie delle vittime della mafia, ad approfondirle e a raccontarle perché siano di esempio e perché attraverso le loro vicende si comprende meglio il contrasto tra chi opera per il bene e chi semina la morte.

Due nomi su tutti, sono emersi, tra le vittime della mafia, entrambi siracusani: Mario Francese, il cronista del Giornale di Sicilia ucciso dai corleonesi a Palermo il 26 gennaio del ’79, e Carmelo Zaccarello, vittima innocente, a soli 23 anni, crivellato di piombo la sera del 10 novembre del 1988 dai killer del clan mafioso Aparo-Santa Panagia, nell’ambito della guerra di mafia contro il clan Urso-Bottaro.

Un messaggio univoco e forte quello partito oggi dall’auditorium del liceo scientifco “Einaudi” che ha ospitato uno degli appuntamenti di “A scuola di corto”, il progetto sulla legalità dell’assessorato alle Politiche educative del Comune inserito nel piano dell’oferta formativa dell’anno scolastico in corso, dedicato al tema “Le vittime sconosciute della mafa” e coordinato da Giuseppe Prestiflippo.

Spunti di rifessione destinati agli alunni di nove scuole superiori, che alla fne della attività dovranno produrre altrettanti cortometraggi, portati da una dirigente scolastica, Valentina Grande, da un giornalista di Repubblica che si occupa di mafia, Salvo Palazzolo, e da un magistrato siracusano, Antonio Nicastro. Ad accoglierli, la professoressa Mariuccia Greco, in assenza della preside Teresella Celesti, e un prologo artistico dell’attrice Deborah Lentini e del chitarrista Marcello Cappellani, dedicato a Felicia Impastato, la coraggiosa madre di Peppino, ucciso dalla mafa a Cinisi il 9 maggio del 1978, che lottò per anni per l’afermazione della verità: cioè che il figlio era stato massacrato da Cosa nostra e non era saltato in aria mentre preparava un attentato.

L’assessore alla Cultura, Fabio Granata, ha dedicato il suo intervento al progetto e all’importanza di sensibilizzare i giovani alla legalità “attraverso strumenti che sentono vicini, come può essere un cortometraggio. Un prova che è anche una forma di cittadinanza attiva – ha detto l’assessore Granata – perché a cinque delle vittime sconosciute che saranno aggetto dei lavori saranno intitolate altrettante strade della città”.

Il valore dello studio e dell’insegnamento è stato evidenziato da Valentina Grande. “La mafa teme la scuola più della giustizia perché l’istruzione taglia l’erba sotto i piedi della cultura mafosa”, ha detto ricordando quattro magistrati che hanno lottato e lottano contro le cosche: Antonino Caponnetto, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Nicola Gratteri.

Salvo Palazzolo ha tratto spunto dalla vicenda del siracusano Carmelo Zaccarello, figlio del titolare di un caffè della centralissima Via Roma, nel cui locale si erano dati appuntamento alcuni componenti del clan “Urso-Bottaro” per fare un’abbuffata di zeppole alla vigilia di San Martino. Carmelo Zaccarello quella sera stava aiutando il padre a servire zeppole ai componenti del clan mafioso Urso-Bottaro. Il giovane fu centrato da due colpi di pistola sotto gli occhi della fidanzata, Cinzia Giudice, anche lei raggiunta ad una gamba da un proiettile, da un commando armato che aveva fatto irruzione nel bar Moka di Via Roma, a Ortigia, la sera del 10 novembre 1988 e scambiato da un killer per un componente del clan “Urso-Bottaro”, ora ribattezzato clan “Bottaro-Attanasio”. Quella sera fu ucciso anche il pescatore Pasquale Bottaro, cugino del boss Salvatore Bottaro, freddato mentre stava ingoiando una zeppola. Sfuggirono alla morte altri tre componenti del gruppo mafioso Urso-Bottaro (Vittorio Buccheri, il genero Antonio Sapia e Michele Midolo). Il Sapia ferito da almeno tre proiettili era riuscito a fuggire dal retro del locale ma era stato raggiunto per strada da un killer che gli aveva poggiato alla tempia la canna della pistola ma l’arma si era inceppata e il componente del clan Urso-Bottaro scampò alla morte. Parlando della cosiddetta strage del bar Moka, il giornalista Salvo Palazzolo ha invitato gli studenti a raccontarla la storia dell’innocente Carmelo Zaccarello perché attraverso il racconto dei fatti e dei personaggi “si impara a conoscere il mondo che ci sta attorno e a conoscere meglio se stessi” per essere in grado di scelte consapevoli.

Antonio Nicastro ha chiuso la mattinata evidenziando come vittime della mafa siano non solo i morti ammazzati ma anche i familiari che poi ne coltivano la memoria e lottano per avere giustizia. Il magistrato lo ha fatto ricordando la sorella di Mario Francese, Maria, e Rosaria Costa Schifani, vedova di uno degli agenti di scorta di Falcone, il cui nome è ritornato alla ribalta per l’arresto del proprio fratello nell’ambito di una operazione antimafia contro la famiglia dell’Arenella.

 

 

 

 

 

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