14 Ottobre 2010 Aversa (NA). Pietro Capone, 23 anni, è stato ucciso dal figlio di un boss dei Casalesi che molestava la giovane moglie.

Foto da angelipersi.blogspot.it

Pietro Capone, imbianchino di 23 anni, di Aversa (NA), padre di un bambino di due anni, è morto in ospedale il 14 ottobre del 2010, la giugulare recisa dal figlio diciottenne di un boss dei casalesi che infastidiva la sua giovanissima moglie di 21 anni. Durava già da mesi, così, dopo l’ultimo episodio, nonostante lo conoscesse di fama, anche perché abitavano nello stesso quartiere, decise di andargli a parlare. È nata una discussione che è degenerata. Il figlio del camorrista ha estratto un coltello a serramanico e gli ha sferrato una serie di fendenti, lo ha lasciato a terra ed è scappato a bordo di una minicar. Soccorso in ospedale, Pietro è morto poco dopo a causa dell’emorragia.

 

 

Articolo del 15 Ottobre 2010 da angelipersi.blogspot.it
Pietro Capone, 23 anni è stato ucciso per motivi di gelosia dal figlio di un boss dei Casalesi

Aversa,(Napoli) 15 ottobre 2010 – È stato ucciso per motivi di gelosia. Pietro Capone, imbianchino di 23 anni originario di Aversa nel Casertano, è stato ucciso ieri sera a coltellate da Mario Borrata, figlio 18enne di Vincenzo, esponente del clan camorristico dei Casalesi da tempo in carcere, nel centro storico della cittadina in piazza Marconi. Mario Borrata, soprannominato ’’Mario o’romano’’, secondo quanto accertato dalle indagini della polizia, da tempo molestava la moglie di Capone per convincerla ad intraprendere con lui una relazione sentimentale. Il giovane imbianchino, venuto a conoscenza delle molestie subite dalla moglie, ha incontrato quello che è poi diventato il suo assassino per un chiarimento. Da qui la lite nel corso della quale Borrata ha estratto un coltello ed ha colpito Capone al collo ed in altre parti del corpo.

Il giovane accoltellatore è stato arrestato a Capua alcune ore dopo il delitto dagli agenti del commissariato di Aversa.
Dinamica:La giovane, conoscendo l’indole violenta di Borrata e sapendo che apparteneva ad una famiglia camorristica, aveva sempre taciuto delle avances ricevute e respinte per paura che suo marito si potesse mettere nei guai. L’imbianchino però era venuto per caso a conoscenza del fatto e si era incontrato con il 18enne per un chiarimento. Ne è nata una violenta lite, nel corso della quale Borrata ha estratto un coltello colpendo l’imbianchino al collo ed in altre parti del corpo. Pietro ha camminato sanguinante per diversi metri, lasciando tracce di sangue ovunque, prima di accasciarsi a terra e poi morire all’ospedale di Aversa, dove è stato trasportato d’urgenza.

Erano circa le 19 quando al commissariato di polizia di Aversa è arrivata la chiamata del proprietario di un locale di piazza Marconi, luogo in cui, dicono gli investigatori, le risse sono frequenti. «Venite, stanno litigando», ha detto l’uomo all’agente di guardia prima di aggiungere, dopo qualche istante: «ho sentito gridare», «è stato accoltellato», e infine, «fate venire anche l’ambulanza».

INCENSURATO – L’uomo, quando gli agenti sono giunti sul posto, avrebbe dichiarato di non potere aggiungere altro perché per la paura, come tutti i residenti delle vicinanze, si era rintanato nel suo locale. Intanto il giovane ferito, stramazzato poco più in là, nel vicoletto San Nicola, veniva trasportato all’ospedale, dove i medici hanno cercato inutilmente di operarlo d’urgenza: il ragazzo è morto per arresto cardiocircolatorio. Incensurato, sposato con un figlio.

 

 

 

Articolo di La Repubblica del 16 Ottobre 2010
Molesta la moglie e uccide il marito preso il figlio di un boss dei casalesi
di Stella Cervasio

ALL’ INCONTRO è andato in bicicletta, come faceva sempre. Il coetaneo al quale aveva chiesto un chiarimento l’ha accoltellato alla gola. Pietro Capone, 23 anni, di Aversa, è morto in ospedale, la giugulare recisa dal figlio diciottenne di un boss dei casalesi che da mesi infastidiva sua moglie.

Una macchina non ce l’aveva, Pietro Capone, padre di un bambino di due anni, che di mestiere faceva l’imbianchino. Stavolta quella storia doveva proprio finire: voleva parlare con quel tipo, Mario Borrata, un ragazzo che seguiva ovunque sua moglie, una ragazzina di ventun anni soltanto, minuta, semplice, carina, ma che non meritava di essere perseguitata così. Più lei si intimidiva, più quel ragazzo sfacciato e presuntuoso le faceva avances che lei puntualmente rifiutava. Inutile. Continuava così da mesi. Si chiama stalking, ma con uno come Borrata i ragionamenti possono rivelarsi completamente inutili e persino le denunce ritorcersi contro chi le fa.

Mario Borrata, detto “Mario ‘o romano” Capone lo conosceva di fama, anche perché abitavano nello stesso quartiere: figlio di Vincenzo Borrata, un capoclan legato ai Casalesi, in carcere per associazione camorristica, non si era ancora espresso nel mondo malavitoso, ma l’atteggiamento era pur sempre quello di uno che può permettersi qualsiasi cosa spadroneggiando sugli altri. La moglie aveva raccontato all’imbianchino che da tempo quando andava a prendere il bambino all’asilo si trovava davanti quel tizio che a tutti i costi voleva stare con lei. Dirgli di no, non faceva che incoraggiarlo a continuare.

Giovedì sera, dopo l’ultimo episodio, lasciando la moglie a casa, Capone è andato fino in piazza Marconi (ex piazza Mercato) e all’altezza del ristorante “Il Piazza” ha fermato il molestatore. È nata una discussione che è degenerata. Il figlio del camorrista ha estratto un coltello a serramanico e ha sferrato una serie di fendenti al rivale, lo ha lasciato a terra ed è scappato a bordo di una minicar in direzione della Domitiana. Soccorso in ospedale, Capone è morto poco ucciso dall’ emorragia dalla giugulare.

Ma la fuga di Mario ‘o romano è stata breve. Una soffiata agli agenti della polizia di Aversa si è rivelata utile: l’omicida tentava di nascondersi in un casolare diroccato della campagna di Capua insieme al cognato ventitreenne. L’hanno arrestato ed è rinchiuso nel carcere di Santa Maria Capua Vetere per omicidio volontario aggravato e detenzione illegale di coltello. Denunciato invece a piede libero il cognato con l’accusa di favoreggiamento.

 

 

Articolo del 28 Febbraio 2013 da  noicaserta.it
Uccide il marito della ragazza che aveva importunato, sconto per il killer di Aversa: dall’ergastolo a 20 anni

In primo grado era stato condannato all’ergastolo nonostante la richiesta di rito abbreviato. Ma in Appello è arrivato un grande sconto di pena per Mario Borrata, il figlio dell’affiliato al clan dei Casalesi, finito in carcere per l’omicidio di Pietro Capone, ammazzato a coltellate per aver cercato di difendere l’onore della propria moglie, Roberta Pizzo, giovane madre, che era stata attenzionata da Borrata che in più occasioni l’aveva importunata.

I giudici della Corte d’Appello hanno quindi deciso di ridurre la pena dell’ergastolo a 20 anni.

Capone fu ucciso il 14 ottobre 2010, in piazza Marconi, colpito da alcuni fendenti e deceduto poche ore dopo il ricovero all’ospedale di Aversa. Avrebbe agito per difendere la moglie e madre di suo figlio, Roberta Pizzo, oggetto delle attenzioni di Mario Borrata, figlio di un uomo finito in carcere con l’accusa di legami al clan dei Casalesi.

La ragazza, 21 anni, aveva sempre rifiutato le avances, tenendole opportunamente nascoste al marito per evitare ulteriori conseguenze. Ma Capone, venuto a conoscenza della situazione, incontrava e affrontava Borrata nel pomeriggio di quel giovedì 14. Prima una discussione, poi la violenta lite, fino al tragico epilogo.

Il giovane, che lavorava come imbianchino, veniva colpito da due coltellate alla gola che gli recidevano di netto l’aorta. Soccorso da un’ambulanza, moriva poco dopo il ricovero all’ospedale “Moscati”. Subito dopo l’omicidio, Borrata si dava alla fuga ma veniva arrestato poco dopo dagli agenti del locale commissariato di polizia, a Capua, a bordo di una Minicar con vistose macchie di sangue sulla carrozzeria e nell’abitacolo.

 

 

 

 

 

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