15 luglio 1984 Castel Volturno (CE). Ucciso Adriano Della Corte, 18 anni, mentre era in auto con degli amici. Probabile scambio di persona.
Adriano Della Corte, studente di 18 anni, originario di Casal Di Principe, fu ucciso il 15 luglio del 1984 a Castel Volturno (CE) da un commando dei clan dei Casalesi, che aveva scambiato la sua auto per quella del vero bersaglio.
Adriano Della Corte era in auto, una Fiat Uno di colore nero, che aveva comprato due mesi prima grazie ad una vincita al Totocalcio, con due amici; si stavano dirigendo per una passeggiata domenicale al mare quando un’auto si affiancò alla loro sparando contro il ragazzo alla guida e dileguandosi subito dopo. Adriano Della Corte, colpito al volto, morì all’istante, gli amici rimasero feriti.
Non c’è però una sentenza definitiva che riconosca l’allora 18enne vittima innocente perché, come tanti altri delitti del genere avvenuti negli anni ’90, la magistratura ha archiviato il caso in assenza di prove e di pentiti che ne parlassero.
Adriano Della Corte
Chi l’ha visto? – 27/04/2018
Fonte: juorno.it
Articolo dell’8 dicembre 2018
La protesta di Arturo: mio fratello 18 enne Adriano della Corte, 34 anni dopo essere stato ucciso per errore dalla camorra, non riconosciuto vittima innocente
di Francesca Pagano
Sono passati 34 anni da quella calda, maledetta domenica di luglio quando suo fratello fu ucciso ma Arturo ancora non si dà pace: “In Italia la giustizia esiste ancora?”. Se lo sta chiedendo da tanto, troppo tempo Arturo della Corte, fratello di Adriano, un ragazzo di 18 anni ucciso nel 1984 dai killer dei clan dei casalesi. Arturo ha protestato davanti al Ministero dell’Interno perché è stata respinta la richiesta dei familiari per il riconoscimento come “vittima innocente di camorra” perché la richiesta è stata “tardiva”, questa la motivazione.
Era domenica, una giornata di festa di metà luglio del 1984 quando Adriano della Corte, dopo pranzo, decise di andare a fare una passeggiata in auto a Castelvolturno con due amici. Adriano, 18enne ed incensurato, però, venne ucciso con due fucilate: una alla testa ed una al volto. Modalità mafiose, sembrava proprio un’esecuzione. Sarebbe stata la sua auto a trarre in inganno i killer. Secondo i familiari, infatti, la ‘colpa’ di Adriano sarebbe stata quella di avere la stessa macchina, una Fiat uno, dello stesso colore, nero, di quello che era l’obiettivo dei killer: Antonio Salzillo, nipote dell’allora latitante Antonio Bardellino.
Salzillo successivamente fu davvero ucciso e venne accusato quale mandante dell’omicidio Nicola Schiavone, oggi collaboratore di giustizia, figlio del boss Francesco Schiavone detto Sandokan. Per questo i familiari parlano di scambio di persona “anche perché – hanno spiegato in passato i fratelli alla trasmissione ‘Chi l’ha visto?’ – dopo qualche settimana dall’omicidio una telefonata anonima ci informò che era stato un errore, uno scambio di persona”. Per la famiglia le indagini sono state “chiuse troppo in fretta con un archiviazione a meno di due anni dall’episodio”. Dopo 34 anni i fratelli ancora aspettano il riconoscimento per Adriano Della Corte quale vittima innocente di camorra. Una richiesta respinta dal Ministero dell’Interno perché arrivata in modo “tardivo”.
Fonte: pupia.tv
Articolo del 10 dicembre 2018
Adriano Della Corte ucciso per sbaglio dalla camorra: il Viminale non lo riconosce vittima innocente
Arturo Della Corte, fratello di Adriano Della Corte, ucciso per sbaglio, a soli 18 anni, nel luglio 1984 dal clan dei casalesi, mentre era in auto a Castel Volturno, è per la terza volta davanti alla sede del Ministero degli Interni, a Roma, perché vuole essere ascoltato. Adriano era un giovane incensurato e fu assassinato con le modalità di un’esecuzione mafiosa. Forse perché la sua auto era simile a quella del nipote del boss Antonio Bardellino. Le indagini, all’epoca, furono chiuse in fretta secondo i familiari, che da aspettano giustizia. L’istanza presentata per veder riconosciuto il fratello Adriano come vittima innocente della camorra è stata rigettata dagli uffici del Ministero dell’Interno perché ritenuta “tardiva”.
“Tardi per dire che un ragazzo di 18 anni fu ucciso senza avere alcuna colpa?”, si chiedono dal Comitato Don Diana che interviene nella vicenda. “Ci hanno insegnato a non stare zitti – dicono dal comitato intitolato al sacerdote di Casal di Principe ucciso dalla camorra nel 1994 – e a non girarci dall’altra parte ed è per questo motivo che non lo faremo, anche oggi, dinanzi alla richiesta di essere ascoltato di un familiare di vittima innocente della criminalità organizzata. Non preoccuparsi di chi è morto da innocente, incoraggiando fiducia nella giustizia e negli apparati dello Stato è sbagliato e contravviene a qualsiasi spirito solidaristico che mai dovrebbe mancare nelle leggi”.
Lo scorso settembre il Comitato Don Diana ha scritto al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, al ministro dell’Interno Matteo Salvini e al ministro per lo Sviluppo economico Luigi Di Maio. A novembre altrettanto è stato fatto indirizzando due missive al Procuratore nazionale antimafia ed antiterrorismo, Federico Cafiero De Raho, e al presidente della Commissione parlamentare Antimafia, Nicola Morra. “Speriamo – sottolineano dal comitato – che sia giunto il momento di prendere in considerazione le richieste presentate e di non lasciare che le vittime innocenti, con i loro familiari, vengano dimenticate”.
Fonte: ilsussidiario.net
Articolo del 13 dicembre 2018
Adriano Della Corte, ucciso per sbaglio dalla camorra
Fratello: “Vittima innocente, ma non per il Viminale”
di Silvana Palazzo
Il fratello protesta a Chi l’ha visto: “Vittima innocente, ma non per il Viminale”. E ha cominciato lo sciopero della fame
La protesta di Arturo Della Corte, fratello di una vittima innocente di camorra, arriva a Chi l’ha visto. «C’è stata secondo me una grave ingiustizia», ha raccontato a Rai3. L’uomo ogni giorno arriva a Roma da Casal di Principe e si piazza all’esterno del ministero dell’Interno per protestare contro la decisione di non riconoscere suo fratello Adriano vittima innocente della criminalità organizzata, status che gli permetterebbe di percepire una somma a titolo di vitalizio. Dal Viminale è arrivato un “no” alla domanda di riconoscimento perché sarebbe stata presentata tardivamente. Il nodo riguarda l’interpretazione di una norma entrata in vigore nel 1998, che concede un termine di 10 anni ai familiari delle vittime innocenti per avanzare domanda di indennizzo. Secondo un parere rilasciato oltre un anno fa dall’Avvocatura dello Stato su richiesta del Viminale, il termine dovrebbe cominciare a decorrere dal momento in cui emerge “matrice mafiosa del delitto”.
ADRIANO DELLA CORTE E LA BATTAGLIA DELLA FAMIGLIA
Adriano Della Corte fu ucciso nel 1984 per errore da un commando dei clan dei Casalesi, che aveva scambiato la sua auto per quella del bersaglio prescelto, cioè il nipote del fondatore del clan Antonio Bardellino. Non c’è però una sentenza definitiva che riconosca l’allora 18enne vittima innocente perché, come tanti altri delitti del genere avvenuti negli anni ’90, la magistratura ha archiviato il caso in assenza di prove e di pentiti che ne parlassero. I familiari hanno presentato tuttavia domanda nel 2014, dopo essere stati interpellati dai responsabili di Libera, e nel 2016 il legale Giovanni Zara, che li assiste, ha fatto riaprire le indagini che sono ancora in corso. «C’è sempre stato un muro di omertà. E c’è stata un’assenza totale dello Stato. Io colgo l’occasione per lanciare un appello: le istituzioni intervengano visto che c’è un pentito che avrebbe cominciato a parlare e a fare dei nomi».
Fonte: ireporters.it
Articolo del 15 luglio 2019
Ucciso per uno sbaglio ma da 35 anni nessuno conosce la verità
di Tina Cioffo
Fu ucciso a 18 anni ma sull’omicidio di Adriano Della Corte non si conosce ancora la verità. L’unica indagine fu chiusa in fretta e mai è stato riaperto un nuovo fascicolo.
Ucciso a 18 anni e da 35 anni nessuno è stato ancora in grado di scrivere la verità sull’omicidio di Adriano Della Corte. Niente. Non si conoscono i mandanti e neppure gli esecutori e mai c’è stato un processo per stabilire le responsabilità. Un’unica indagine aperta subito dopo l’uccisione è stata poi archiviata e da allora i familiari di Adriano navigano nel buio che dopo tanti anni si è trasformato in disperazione e rabbia.
Era il 15 luglio del 1984, era di domenica, Adriano Della Corte di Casal di Principe, uscì con due amici, Claudio Diana e Carmine Petrillo. I tre ragazzi a bordo di una Fiat Uno di colore nero, che la vittima aveva comprato due mesi prima grazie ad una vincita al Totocalcio, si trovavano a Castel Volturno in via Consortile in località «Lago Piatto» all’altezza del Cinema Arena Lido, quando ad un certo punto si affiancò una Lancia Prisma. Adriano era alla guida ed un uomo, rimasto ignoto, cominciò a sparare colpendolo in pieno volto. Il diciottenne morì subito mentre Diana e Petrillo rimasero feriti.
La fuga con sei auto e le strane indagini senza testimoni
Subito dopo l’omicidio gli assassini si misero in fuga prima a bordo della Prisma, che venne poi ritrovata abbandonata ed incidentata e poi usarono altre cinque auto, tutte rapinate: un’Alfa Sud, una Giulietta, una Renault 5, una Renault 18 e un’ Alfetta bianca. A Villa Literno a bordo di quest’ultima i malviventi vennero intercettati da un’auto della polizia ma non vennero fermati. Non vennero ascoltati i testimoni, non vennero rilevate le impronte lasciate nelle auto rubate, non venne fatto un identikit dei responsabili, non vennero messe al confronto le versioni contrastanti. Diana e Petrillo non sono stati mai nuovamente interrogati sebbene in un rapporto dei carabinieri di Aversa si legga «Diana è a conoscenza di dati, circostanze e nomi che potrebbero senza dubbio portare alla identificazione degli autori del delitto». Si parlò subito di un errore, di uno scambio di persona: di un’altra vittima innocente.
Lo scambio di persona: l’auto di Adriano scambiata con quella di Antonio Salzillo
Adriano Della Corte viaggiava a bordo di un’auto simile a quella che usava il nipote di Bardellino, Antonio Salzillo. L’omicidio di Salzillo del clan dei Casalesi, doveva essere la vendetta dei Nuvoletta dopo l’omicidio di Ciro Nuvoletta, avvenuto il 17 giugno dell’84 a Marano. Poco prima di aprire il fuoco l’uomo con la pistola aveva gridato «non sono loro». Nel 1993 Carmine Schiavone allora collaboratore di giustizia dichiarò che Adriano Della Corte era stato ucciso per errore. Schiavone indicò anche i nomi dei presunti responsabili. Prima del ’93 il padre di Adriano, Vincenzo ricevette una telefonata con la quale gli si ordinava di lasciar perdere, perché la morte del figlio era stato solo un fatale sbaglio. Il padre non si fermò e per diverso tempo tentò di far riaprire il caso scrivendo al giudice istruttore, chiedendo in giro e facendo pubblicare annunci su alcuni settimanali. I fratelli di quel ragazzo che frequentava l’ultimo anno dell’istituto di Ragioneria, per anni hanno raccolto verbali ed improvvisandosi investigatori hanno registrato testimonianze ed indiscrezioni. Arturo Della Corte per tutto il mese di dicembre è stato fuori ai cancelli del Viminale, domandando solo di essere ascoltato. Si è più volte rivolto anche alla trasmissione ‘Chi l’ha visto?’. Hanno inviato lettere e quattro anni fa hanno chiesto la riapertura del fascicolo alla Dda di Napoli. L’indagine è stata, però, mai riaperta.
Il fratello: “non ci fermeremo fino a che non avremo giustizia. Meriti di riposare in pace”
«Vorremmo che qualcuno parlasse. Ci appelliamo a tutti quelli che possono aiutarci, anche ai collaboratori», hanno detto i tre fratelli, Arturo, Sandro e Marco Della Corte. E nel giorno dell’anniversario, è ancora Arturo Della Corte a denunciare la sua angoscia. Lo fa, rivolgendosi direttamente al fratello Adriano. “Sono passati 35 anni, quando dei vili e vigliacchi assassini hanno spezzato la tua vita. Una vita piena di sogni, di progetti e tanta voglia di essere vissuta. Sei e resterai sempre nei nostri cuori. Non ci fermeremo mai, fino a che verità e giustizia non verranno fuori. La tua famiglia è stata ormai decimata dai lutti ma noi che restiamo, lotteremo fino alla fine. Meriti di riposare in pace”.