15 luglio 1988 Torino. Walter Briatore, 36 anni, fu ucciso perché scambiato per un ‘ndranghetista.
Walter Briatore, 36 anni, fu ucciso Torino il 15 luglio 1988 perché scambiato per un ‘ndranghetista.
“Dopo trent’anni e quattro mesi la polizia e la procura hanno rispolverato il faldone di un omicidio di ‘ndrangheta. Le indagini sono state riaperte e partono da una nuova certezza: non erano Rizzi e Briatore i veri obiettivi dei sicari della malavita calabrese che invece cercavano «Franco il Rosso» ucciso davvero, al terzo tentativo, due mesi più tardi: il 24 agosto 1988. Briatore, originario di Roburent, ha 36 anni quando una mattina, in via Monfalcone 92, viene freddato con un colpo calibro 45 alla nuca. Qualche mese prima di lui era toccato, sempre a Torino, a Roberto Rizzi. Ora, però, ulteriori indagini e le parole di un ‘ndranghetista hanno aperto nuovi scenari: che entrambi siano stati ammazzati per sbaglio, scambiati dai sicari per il vero bersaglio. Cioè Francesco Di Gennaro, detto «Franco il Rosso», con precedenti, eliminato poi il 24 agosto dello stesso anno. Che cosa hanno in comune i tre? Si somigliano soltanto: baffi, capelli scuri, folti e pettinati all’indietro. (Tratto da lastampa.it )
Fonte: ricerca.repubblica.it
Articolo del 17 luglio 1988
PURE TORINO SPARA: SEI ‘ESECUZIONI’ IN MENO DI UN MESE
TORINO Sei vittime in un mese, le ultime tre in cinque giorni. Il conto dei delitti compiuti a Torino in questo inizio d’ estate è davvero pesante. Lo era già ieri mattina prima che l’ultimo omicidio venisse consumato, al quinto piano di una abitazione popolare del quartiere Lingotto. La vittima, Roberto Buongiorno di 39 anni, era ancora in vestaglia. Con lui c’ erano la moglie e i due figli. Il killer si è presentato alle otto in punto, ha suonato il campanello e ha fatto fuoco non appena Buongiorno ha socchiuso la porta d’ ingresso. Un colpo solo, calibro 12, che gli ha trapassato il volto. Un’ esecuzione da professionisti. Roberto Buongiorno non era un nome nuovo per la polizia. Aveva precedenti per armi, estorsione, spaccio di banconote false e furto. Secondo gli inquirenti aveva continuato la sua attività di taglieggiatore. Cinque giorni prima la lupara aveva sparato ancora e il gestore di una discoteca, Luigi Pacella di 34 anni, ci aveva rimesso la vita. Pacella aveva paura: una settimana prima di morire aveva fatto testamento. Un mese fa, di fronte a una birreria della periferia nord di Torino: due killer fecero fuoco contro i fratelli Maurizio e Roberto Caserta di 37 e 25 anni e le due ragazze che erano con loro, Michela Ansaldi di 16 anni e A. M. di 17. Solo quest’ ultima di salvò. Proprio indagando su quella esecuzione, la polizia risalì a Roberto Buongiorno, vittima dell’omicidio di ieri. Poco prima di abbandonare la birreria, uno dei fratelli Caserta gli aveva telefonato. Ancora misterioso è invece il movente dell’assassinio di Walter Briatore, il commesso viaggiatore freddato venerdì mattina a pochi metri dalla sua auto nel popolare quartiere di Santa Rita. Briatore era incensurato e gli inquirenti escludono che la sua morte possa avere a che fare con la feroce guerra tra bande che fa da sfondo agli atri cinque omicidi. Viveva da solo, era separato dalla moglie e da pochi mesi aveva messo su con alcuni soci una ditta per la fornitura di generi alimentari a ospedali e mense. Un uomo tranquillo, insomma.
Fonte: provinciagranda.it
Articolo del 5 gennaio 2019
Briatore, imprenditore di Roburent freddato 30 anni fa dalla ‘ndrangheta: fu un errore di persona, somigliava al pregiudicato ucciso un mese dopo
Le rivelazioni del killer, ora in carcere, confermano l’incredibile vicenda
ROBURENT – Per due volte i sicari della ‘ndrangheta, 30 anni fa, sbagliarono uomo ed uccisero due innocenti, a Torino, due che non c’entravano nulla con il clima insanguinato da decine di omicidi dei cartelli mafiosi. Uno di questi era Walter Briatore, 36 anni, imprenditore di Roburent che nulla aveva a che fare con le orrende storie di organizzazione criminale e finì la sua esistenza su un marciapiede di via Monfalcone, freddato (il 15 luglio 1988, alle 7,50) da un colpo alla nuca mentre apriva lo sportello della sua Citroen Bx rossa targata Cuneo: la firma di un’esecuzione di stampo mafioso. La storia esce ora dalle indagini della Questura torinese perchè il killer Vincenzo Pavia, assoldato dalle famiglie Belfiore e Saffioti, è in carcere, malato, sa di avere ormai poca vita di fronte a sé e parla. Ha confessato di aver ucciso Roberto Rizzi, altra vittima, un anno prima di Briatore: il 20 maggio 1987 in un bar di via Pollenzo. Il vero obiettivo, per entrambi i casi, era Francesco Di Gennaro, “Franco il Rosso”, precedenti per estorsione e gioco d’azzardo, ucciso davvero, alla fine, il 24 agosto 1988, sempre a Torino. Una mattanza, in cui almeno due persone non c’entravano nulla. Erano stati scambiati perchè avevano somiglianze fisiche con Rizzi: alti, baffi, capelli fulvi di colore castano scuri. Una coincidenza drammatica e una superficialità disarmante: «Mi indicarono la persona sbagliata, io andai e lo uccisi», racconta ora Pavia pe ril caso Rizzi. Gli inquirenti sono ormai convinti che anche per Briatore si sia trattato di un errore grossolano, costato la vita al rappresentante della “Star”e poi imprenditore di una ditta di alimentari per case di riposo ed ospedali pubblici. Briatore era originario di Roburent. Viveva dal lunedì al giovedì a Torino, gli altri giorni era sempre nella sua Roburent, dove, in tanti, ancora, lo ricordano bene. Le indagini, già allora, stabilirono che Briatore non c’entrava affatto con il regolamento di conti messo in scena in via Monfalcone. Ora le ammissioni del killer in carcere, confermano ulteriormente la tesi: Walter era l’uomo sbagliato. «Noi sapevamo, eravamo certi – racconta Armando Briatore, fratello della vittima – che Walter era del tutto estraneo al mondo della criminalità organizzata di quei tempi, a Torino. Era un uomo tranquillo, generoso, non frequentava brutte compagnie. La vicenda, però, a me ed ai miei genitori, ha lasciato l’amaro in bocca per molto tempo. Oltre al fatto di perdere una persona amata, c’era l’ombra di una ricostruzione dei fatti mai dimostrata del tutto. Amici, parenti, conoscenti sapevano che mio fratello era stata vittima di un errore fatale. È ora di mettere la parola fine ad una vicenda incredibile».
Fonte: lastampa.it
Articolo del 16 gennaio 2019
Omicidio Walter Briatore, si riaprono le indagini: “Ucciso per errore”
di Paola Scola
Originario di Roburent venne ucciso la mattina del 15 luglio 1988 in via Monfalcone a Torino
La famiglia non ha mai avuto dubbi, in trent’anni, che Walter sia stato «vittima innocente» di un agguato. Scambiato per un’altra persona. Il clamore intorno al delitto, la ricerca di una «seconda vita» che rivelasse oscure motivazioni (da problemi di denaro a ragioni passionali, a un’esecuzione in stile mafioso), lo scandagliare l’esistenza di tutti per trovare il movente dell’omicidio hanno suscitato tanto dolore negli anziani genitori, nei fratelli e nipoti. Eppure lui, la vittima, risultava «pulito»: nessun debito o amante, nessuna vendetta con cui punirlo, nessun legame con la malavita. Nessuno che lo odiasse o volesse morto. E adesso, alla notizia della riapertura delle indagini sull’uccisione di Walter Briatore, avvenuta il 15 luglio 1988, i familiari chiedono che gli sia resa giustizia. Sottolineando come, dopo le ombre, «la sua onorabilità sia stata giustamente e finalmente riscattata, vista la sua integrità morale».
Briatore, originario di Roburent, ha 36 anni quando una mattina, in via Monfalcone 92, viene freddato con un colpo calibro 45 alla nuca. Qualche mese prima di lui era toccato, sempre a Torino, a Roberto Rizzi. Ora, però, ulteriori indagini e le parole di un ’ndranghetista hanno aperto nuovi scenari: che entrambi siano stati ammazzati per sbaglio, scambiati dai sicari per il vero bersaglio. Cioè Francesco Di Gennaro, detto «Franco il Rosso», con precedenti, eliminato poi il 24 agosto dello stesso anno. Che cosa hanno in comune i tre? Si somigliano soltanto: baffi, capelli scuri, folti e pettinati all’indietro.
Dopo trent’anni, polizia e Procura hanno rispolverato il faldone dell’omicidio Briatore e riavviato gli accertamenti. Il killer di Rizzi ha già un nome. L’autore del delitto ha ammesso di recente: «Mi indicarono la persona sbagliata». E gli inquirenti sono certi che anche Briatore non fosse «l’uomo giusto» nell’agguato.
L’agguato
Sono le 7,30, quando Walter Briatore esce di casa in via Gorizia, fa la spesa nella latteria vicina, ritira «La Stampa» in edicola e rientra per la colazione. Poco più tardi – alle 7,50 circa -, torna fuori, con la valigetta che gli serve al lavoro. Prima rappresentante della «Star», ha rilevato un magazzino e avviato la vendita di prodotti alimenti per mense, case di riposo e ospedali. Non ha problemi economici, per amici e parenti è sereno. Perché la sua è una vita tranquilla, anche nei rapporti con la ex moglie. Una vita fatta di attività lavorative, relax a casa e fine settimana quasi sempre nel paese d’origine, Roburent, dove mamma e papà hanno da poco ceduto la storica tabaccheria. Lì ci sono i fratelli e gli amici, è molto conosciuto. «Gli volevano tutti bene», raccontano i testimoni di allora.
Ma torniamo a quella mattina di trent’anni fa. Briatore cammina un centinaio di metri, svolta l’angolo e raggiunge la «Citroen» rossa, targata Cuneo. Infila la chiave per aprirla, ma non ne ha il tempo. Qualcuno sbuca nella strada, tra palazzi e fabbriche, e gli spara alla nuca. Un solo colpo. Fatale.
L’allarme di un passante, che vede il corpo accasciato, fa intervenire carabinieri e Squadra mobile. Un regolamento di conti, si dirà subito, in una Torino crivellata da decine di omicidi, perlopiù firmati da mafia e ’ndrangheta. Ma Briatore non c’entra con la malavita. Nessuno lo odia, gli investigatori non risalgono a nulla. La sua sfortuna è, forse, soltanto quella di somigliare al «Rosso».
Una persona onesta
L’uccisione di una persona onesta. Con ragionevole sicurezza – quella dove ha portato il lavoro degli inquirenti -, la seconda vittima innocente di una scia di sangue in cui lui, Walter Briatore, non ha colpe. La sua famiglia ribadisce: «Abbiamo sempre creduto nella sua assoluta estraneità a fatti criminali di qualsiasi natura. Che lo sappiano tutti, ora, è il miglior riscatto per la sua memoria».