17 Dicembre 1980 Giugliano (NA). Filomena (Mena) Morlando, vittima innocente, rimase uccisa durante una sparatoria; Francesco Bidognetti, il boss del clan dei casalesi, si fece scudo con il suo corpo.
Mena Morlando, 25 anni, vittima innocente di camorra di Giugliano (NA). Fu uccisa il 17 dicembre del 1980 perché il boss Francesco Bidognetti si fece scudo del suo corpo durante un conflitto a fuoco con clan rivali, proprio sotto la sua abitazione. Mena, giovane venticinquenne, era scesa per andare in lavanderia. Incappò, invece, nella furia omicida dei clan della camorra che all’epoca si facevano la guerra per spartirsi la torta degli appalti per la ricostruzione delle zone terremotate.
Fonte: fondazionepolis.regione.campania.it
Filomena Morlando viene uccisa a pochi passi da casa per il vile tentativo di prendere il suo corpo come “scudo umano” nel corso di un conflitto a fuoco tra camorristi. Mena quel giorno era scesa di casa per raggiungere una lavanderia poco distante, ma nel corso del tragitto a piedi si è trovata coinvolta nell’agguato diretto a colpire Francesco Bidognetti.
Mena Morlando si era trovata nel pieno di un regolamento di conti tra Francesco Bidognetti, all’epoca boss emergente della camorra casalese in soggiorno obbligato a Giugliano, e vecchi esponenti della Nuova Camorra Organizzata, come Battista Marano, che era legato al clan Mallardo, affiliati al boss Raffaele Cutolo.
Per troppo tempo la stampa ha ingiuriato il nome e la storia di Mena parlando del suo caso nei termini di un omicidio passionale. I familiari, su tutti il fratello Francesco, si sono battuti negli anni perché Mena fosse riconosciuta quale vittima innocente di camorra. Il magistrato Raffaele Cantone ha adottato questa terribile vicenda e nel corso di numerosi interventi pubblici e nel libro “Solo per giustizia” ha sempre sottolineato la matrice camorristica dell’assassinio di Mena.
La dinamica dei fatti non è mai stata ricostruita in un processo. Il fratello Francesco, in un’intervista rilasciata al giornalista Raffaele Sardo, attende ancora giustizia e si dice disposto a parlare con il boss Bidognetti per sapere la verità. La verità la deve a Mena e ai suoi genitori, che ormai non ci sono più, affinché riposino finalmente in pace.
Nel 2010 il Comune di Giugliano ha intitolato una strada alla studentessa 25enne. L’anno successivo il presidio di Libera di Giugliano è stato dedicato a Mena e una targa è stata scoperta in via Monte Sion, luogo dell’omicidio.
Nel mese di giugno 2014, l’associazione Libera ha inaugurato il nuovo presidio a Salerno dedicato alla memoria di Filomena Morlando.
A Mena Morlando, a marzo 2016, è stata intitolata la sala consiliare del Comune di Giugliano.
La storia di Mena Morlando è raccontata nel libro di Raffaele Sardo Come nuvole nere , edito da Melampo e promosso dalla Fondazione Polis nel 2013, e nell’opera di Raffaele Cantone “Solo per giustizia”, pubblicata da Mondadori nel 2010. La vicenda di Mena è anche ricordata nel “Dizionario enciclopedico delle Mafie in Italia”, apparso per Castelvecchi nel 2013.
Articolo del 22 Dicembre 2010 da controlemafie.wordpress.com
Le tue ali, poco prima di Natale. Per Mena Morlando, vittima innocente di camorra: uccisa a Giugliano, la sera del 17 dicembre 1980. Scudo umano, per Francesco Bidognetti.
Mena Morlando, nata a Giugliano in Campania (Na), il 19 aprile 1955. Vittima innocente di camorra, uccisa per errore dalla mano camorrista che aveva per obiettivo Francesco Bidognetti. Mena fu presa come “scudo umano”, per far salva la vita del futuro boss casalese, il 17 dicembre 1980 alle 18.00, sullo spiazzale antistante la Chiesa di Sant’Anna, a Giugliano. Alla sua morte, per liquidare la vicenda, si disse che Mena era stata ammazzata per motivi passionali. I suoi familiari, i suoi fratelli (Francesco Morlando tra tutti), hanno a lungo combattuto affinchè venisse riconosciuto a questa sfortunata ragazza lo status di vittima di camorra. Grazie al Dott. Cantone, che in numerose occasioni pubbliche e poi nel suo libro, “Solo per Giustizia”, ha puntato i fari su questa triste e dolorosa vicenda, a Mena le è stata intitolata una strada dall’amministrazione comunale. Dopo trent’anni ed in un luogo poco frequentato ed isolato. La memoria è qualcosa che non possiamo perdere. Mena Morlando, della cui terribile fine, i giornali si sono occupati solo in un primo momento, percorrendo quella linea che voleva il suo omicidio avvenuto per “motivi passionali”, oggi è pressochè dimenticata. Noi di “Contro le mafie”, scorta civica del Dott. Raffaele Cantone, dedicheremo tutta la nostra attività ed il nostro operato di ogni giorno singolarmente e come Movimento, a Mena. Affinchè non si perda MAI il suo ricordo e della sua vita e della sua morte. La camorra non può, non deve, non l’avrà vinta.
Riportiamo, sulla storia di Mena, quanto descritto dal Dott. Cantone alla pagina 128 del suo Best seller “Solo per Giustizia”, ringraziandolo, per averci fatto conoscere questo angelo:
“L’unica sua colpa era stata quella di essere uscita di casa nel momento sbagliato. Presumibillmente qualcuno se ne era fatto scudo durante un agguato contro un delinquente in soggiorno obbligato a Giugliano. A morire invece fu lei. L’obiettivo dei killer la fece franca e più tardi sarebbe diventato uno dei capi del clan dei Casalesi: Francesco Bidognetti, detto “Cicciott’ ‘e mezzanotte”. Il caso dell’omicidio di quella ragazza malgrado numerose indagini non ha mai avuto soluzione giudiziaria. E lentamente il suo ricordo si è sbiadito. I suoi genitori ne sono morti entrambi di crepacuore. Ma nessuna autorità si è mai preoccupata di ricordarla come meritava, e la sua bellezza fresca e il suo sorriso pulito riaffiorano soltanto nei ricordi amari dei suoi amici e familiari” (Mena Morlando nel ricordo di Raffaele Cantone, in “Solo per Giustizia”, pagina 128, Mondadori editore per la collana Strade blu, 2008).
Grandine.
Chicchi di grandine grandi come noccioline scendevano giù da un cielo scuro, carico di nubi, in una sera così fredda da congelare le dita.
Un uomo regge un ombrello, ma il suo sguardo è lontano.
Accanto a lui un ragazzo che osserva tutto, in silenzio, pensieroso.
Venerdì diciassette dicembre duemiladieci.
Chissà se ci hai mai pensato, al futuro.
Chissà quali erano i tuoi sogni.
Eri una maestra. Una giovane e dolcissima maestra elementare.
Ti vediamo china sui libri, come molti di noi sono stati o lo sono ancora.
Ti vediamo battibeccare con tua madre, per quel piatto che proprio non ti piace, ma che per amor suo, poi decidi di mangiare ugualmente.
Ti vediamo guardare teneramente i tuoi fratelli e scartare regali, il giorno di Natale.
E pensiamo a quel 1981, che stava per entrare nella tua vita. Ma che non ti hanno consentito di vivere.
Quanti e quali pensieri, girano nella nostra mente, stasera, Mena.
Quanti gesti che appaiono scontati, quante parole che taciamo anche a noi stessi, perchè “non si può” o “non si deve”.
Quante, vorremmo fartene pronunciare, adesso.
Venticinque anni.
Il bucato in lavanderia…
“Mamma, non preoccuparti, ci vado io a ritirare tutto!”
Una porta che si chiude.
A piedi. Un percorso breve, fino alla bottega.
Un saluto, un sorriso, di nuovo un saluto.
E quel pacco tra le braccia.
Ci sembra di sentire i tuoi passi: lungo la strada, sulla via del ritorno..
..uno, due, tre…
Colpi: tanti, ripetuti, sordi.
Ma è Natale, saranno i botti.
E’ il diciassette dicembre millenovecentoottanta. Le diciotto.
Non una sera qualsiasi.
Sai, Mena.. c’è un film di Frank Capra.. dove uno dei protagonisti, Clarence, dice che quando senti suonare un campanello, vuol dire che un angelo ha messo le ali.
Forse è solo suggestione o forse è quel che desideriamo o è un modo per attaccarsi a qualcosa.
Ma questa notte di grandine e pioggia, così forte e così battente da serrarci i denti e paralizzarci gli arti..
..qui, in questa stradina, in un quartiere lontanissimo dal centro cittadino, dove l’amministrazione comunale ha pensato di intitolarti questa traversa..
..proprio qui, davanti a quell’uomo stanco ed addolorato, che è tuo fratello Francesco ed a quel bel ragazzino biondo, dallo sguardo commosso, ma fin troppo presente…
…ci sembra davvero di ascoltare tanti campanelli…
..e di vedere il tuo sorriso, tra le schiere degli angeli più alti.
Hai messo le ali, Mena.
Ma non ora, che gli esseri umani ti riconoscono di essere esistita e di essere stata massacrata dalla violenza camorrista.
Tu hai messo le ali il diciassette dicembre millenovecentoottanta.
In una sera fredda, sul selciato di una piazzetta di Giugliano, a pochi giorni dal Natale.
Articolo da L’Unità del 18 Dicembre 1980
Aveva venticinque anni
Era tutta casa e chiesa – Uccisa davanti al portone con tre colpi di pistola
Barbaro assassinio ieri sera a Giuliano. Una ragazza di venticinque anni è stata uccisa con tre colpi di pistola in pieno viso mentre tornava a casa. Alle 18,15 Filomena Morlando sta tornando a casa. Ha appena finito di fare la spesa: porta con sé una borsa piena di roba da mangiare. Proprio sotto la sua casa in Monte Sion 10 la aspettano i killer (ma il numero esatto non si conosce, potrebbe anche essere stato un solo uomo). Tre colpi sparati in pieno viso e Filomena crolla a terra. Ogni soccorso è inutile: arriva all’ospedale civile di Giugliano quando è già morta. Quando la polizia arriverà sul posto, guidata dal dottor Ippolito, dirigente del commissariato di PS di Giugliano, a terra rimangono solo sei bossoli di pistola. Nessuno ha visto niente, nessuno ha sentito niente.
Eppure via Monte Sion è proprio all’incrocio con il corso campano, una strada centrale, sempre piena di gente. E’ evidente che chi ha visto ha paura di parlare. Con gente che uccide con quella ferocia, nessuno se la sente di rischiare, anche solo a vole e di ave udito qualcosa. Ancora sconosciuto il movente per il momento. Filomena era una brava ragazza, cosi dice chiunque la conosceva. In paese sono rimasti sconvolti dalla notizia. Nessuno sa spiegarsi il perché di un omicidio dalla tecnica mafiosa (e la spietatezza dell’esecuzione lo fa pensare), per una a che usciva poco, andava a messa, non era fidanzata. Fra le ipotesi che si fanno c’è anche quella di un probabile innamorato respinto che avrebbe potuto vendicarsi in questo modo. Ma, per il momento, sono solo delle ipotesi.
[…]
Articolo da La Stampa del 4 Gennaio 1981
A Napoli altri 8 assassinati in tre giorni nella spietata guerra tra le bande rivali
di Adriaco Luise
Spaventosa la cadenza dei delitti come nella Chicago degli Anni Trenta – violente e improvvise sparatorie coinvolgono spesso vittime innocenti – Un noto boss ed il suo guardaspalle massacrati a lupara in un bar: in casa di uno dei «giustiziati» la polizia aveva interrotto un summit della malavita – i contrasti, insanabili, riguardano il dominio del racket e dei traffici illeciti – Non basta la legge antimafia
NAPOLI — Continua la spirale della violenza, la escalation delle esecuzioni di stampo mafioso. Dall’inizio dell’anno, in soli tre giorni, la cronaca registra ben otto delitti. Sei sono avvenuti in città e nell’immediato hinterland. Il preoccupante fenomeno della delinquenza organizzata si sviluppa in maniera costante: malgrado tutti gli sforzi, non si riesce a porvi un freno. Il ricorso alla legge antimafia, con l’applicazione delle misure di prevenzione, non è riuscito, finora, a fron- teggiare la prepotenza della nuova camorra. Otto morti ammazzati, più di due morti al giorno, rappresentano una media allarmante che induce ad amare riflessioni. La criminalità non accenna a regredire; al contrario, mette radici anche in quelle zone fino a ieri risparmiate dalla piaga, infierisce e corrode un tessuto povero di difese per il dramma ormai cronico della disoccupazione e della crisi economica. Che cosa accade? E’ in atto tra bande rivali una lotta feroce, senza esclusione di colpi, per la supremazia nelle zone controllate e per il dominio degli illeciti traffici. Una conferma viene dai recentissimi episodi di sangue, dalle ultime, spietate esecuzioni che si ricollegano ad altri attentati, ad altre sentenze di morte emesse dal tribunale-ombra e in cui spesso restano coinvolte vittime innocenti, del tutto estranee al losco intreccio dei traffici della camorra. Pianura — il rione periferico della città, dove la speculazione edilizia ha saccheggiato vaste aree agricole e non si è arresa neppure quando l’amministrazione Valenzi è ricorsa alla dinamite per abbattere gli stabili abusivi — è stato spesso teatro, negli ultimi mesi del 1980, di una catena di delitti, di regolamenti di conti e tragici agguati. E’ stato prescelto anche venerdì notte per un’ennesima esecuzione. Battista Marano. 41 anni, temuto boss della zona di Giugliano e il suo guardaspalle Nicola Esposito. 40 anni, sono stati «giustiziati» a lupara in un bar del quartiere. I colpi non hanno offerto alcuna possibilità di scampo. Marano, colpito alla testa, al petto e all’addome, è stramazzato al suolo in una pozza di sangue, mentre beveva un caffè insieme con amici. Nicola Esposito, invece, è morto dopo il ricovero in ospedale. I killers, eseguita con freddezza la condanna, si sono allontanati a bordo di una macchina targata Milano, abbandonandola più tardi nel parco degli Astroni, ad Agnano. Un duplice, feroce delitto in cui è rimasto implicato Francesco Mele, figlio diciassettenne di un agente di p.s.. autista del questore di Napoli, che abita nel rione. Mentre rincasava, si è trovato sulla traiettoria dei colpi ed un pailettone lo ha ferito al volto. Le sue condizioni sono preoccupanti. Chi era Battista Marano? Un uomo di spicco nel mondo della malavita, un elemento pericoloso che tre anni or sono era evaso dal ca/cere. dove scontava una pena per rapina e tentato omicidio. Era ricercato anche per aver organizzato, nella sua abitazione, un summit della mala. L’episodio risale al 9 dicembre scorso, quando la polizia fece irruzione nell’alloggio dov’era in corso la riunione e catturò sette gregari. I capi dell’organizzazione camorristica riuscirono invece a farla franca. Al summit, oltre al Marano, avebbe partecipato anche Francesco Bigognetti, 29 anni, un altro «pezzo da novanta» della nuova camorra dell’Aversano; gli inquirenti sostengono che il tema dell’incontro era la spartizione di zone d’influenza nel racket. Battista Marano e Francesco Bigognetti erano alla ricerca di un accordo per appianare i contrasti e mettere fine alla rivalità fra le due bande. L’irruzione dei poliziotti avrebbe mandato a monte la possibilità di un’intesa e suscitato sospetti che qualcuno avesse parlato, ricorrendo ad una soffiata per liberarsi del rivale. Una settimana più tardi, il 17 dicembre, a Giugliano, quattro killers tesero un agguato a Francesco Bigognetti. soprannominato «Ciccillo e’ mezzanotte». Il boss sfuggi all’attentato, ma nel drammatico conflitto a fuoco, Bigognetti avrebbe involontariamente ucciso a colpi di pistola una giovane maestrina. Filomena Morlando. 25 anni, che, ignara del pericolo, transitava nella zona a bordo della sua utilitaria. L’ultimo assassinato è Antonio Londa, 50 anni, agricoltore, residente a Crispano, un Comune a dieci chilometri da Napoli. I killers gli hanno teso un agguato sotto casa; una incalzante sequenza di colpi che hanno raggiunto in pieno il bersaglio. Il movente è sconosciuto. Il passato di Antonio Londa non è limpido: l’uomo aveva precedenti penali per estorsioni ed altri reati. Non si esclude che anche lui sia finito nel tragico gioco di bande rivali.
Una lapide in ricordo di Mena Morlando
20 dicembre 2011 – Scoperta una lapide a Giugliano, in via Monte Sion, per ricordare Mena Morlando, vittima innocente di camorra, uccisa perché Francesco Bidognetti, il boss del clan dei casalesi, si fece scudo con il suo corpo mentre era in atto uno scontro a fuoco con clan rivali. La lapide è stata scoperta dal magistrato giuglianese, Raffaele cantone che ha raccontato la storia di Mena nei suoi libri.
Articolo del 20 Dicembre 2011 da raffaelesardo.blogspot.com
IL GIUDICE CANTONE SCOPRE LAPIDE CHE RICORDA MENA MORLANDO
di Raffaele Sardo
Ricordata nel pomeriggio a Giugliano Mena Morlando, vittima innocente di camorra. Fu uccisa il 17 dicembre del 1980 perché il boss Francesco Bidognetti si fece scudo del suo corpo durante un conflitto a fuoco con clan rivali, proprio sotto la sua abitazione. Mena, giovane venticinquenne, era scesa per andare in lavanderia. Incappò, invece, nella furia omicida dei clan della camorra che all’epoca si facevano la guerra per spartirsi la torta degli appalti per la ricostruzione delle zone terremotate. A scoprire la lapide che la ricorda, proprio sotto casa sua, in via Monte Sion, oltre alla famiglia, tantissimi giovani delle scuole di Giugliano che sventolavano le bandiere di Libera. Presenti anche Bruno Vallefuoco, del coordinamento dei familiari delle vittime innocenti, Geppino Fiorenza, referente regionale di Libera, i fratelli di Mena, i ragazzi di “Contro le mafie”.A tirare giù il panno che copriva la lapide, il magistrato Raffaele Cantone, che di Mena ne ha parlato nei suoi libri.
Francesco Morlando, uno de fratelli della ragazza uccisa trentuno anni fa, nel suo breve intervento, si è rivolto, tra l’altro, ai camorristi con queste parole: “Andate via. Liberate queste terre dalla vostra schifosa oppressione. Ridateci la dignità di uomini liberi. Regalate un sogno ai vostri figli perché vivano in pace senza vergognarsi dei loro padri. Il vostro potere è le vostre richezze sono effimere, non vi apparterranno per sempre. Siete destinati, prima o poi, al carcere duo o a essere ammazzati. Ed io vi chiedo: “Ne vale la pena di fare questa vita? Credo proprio di no”.
” La luce del ricordo ” a Mena Morlando e a tutte le vittime innocenti della criminalita’
Wrong, Contro le Mafie e il Libera Giugliano ridanno voce a Mena Morlando…
Giacomo Morlando nipote di Mena Morlando ricorda in una lettera la zia che non ha mai potuto incontrare , immaginando di poterle raccontare tutto quello che le avrebbe voluto sempre dire. Mena Morlando è stata uccisa per errore il 17 dicembre 1980 a Giugliano, un pregiudicato la usò come scudo per proteggersi. Si vogliono anche ricordare tutte le vittime innocenti della criminalita tra cui Serena Lamberti, Gianluca Cimminiello, Alberto Vallefuoco, Gaetano Montanino, Silvia Ruotolo e tutti gli altri……
Foto e Articolo del 17 dicembre 2012 da dallapartedellevittime.blogspot.it
MENA MORLANDO, UNA VITA SPENTA SENZA UN PERCHE’
di Raffaele Sardo
E’ il 17 dicembre del 1980. Sono da poco passate le 18,30. Mena Morlando, una ragazza di 25 anni, sta andando in lavanderia con una busta di panni da far lavare. La lavanderia è ad appena un centinaio di metri dalla casa dei Morlando, un’abitazione di un piano in via Monte Sion, quasi al centro di Giugliano, uno dei più popolosi centri a nord di Napoli. Percorre il vicoletto che porta alla chiesa di Sant’Anna in poco meno di un minuto. Sta pensando a quando sarà il giorno di Natale, forse riuscirà ad organizzare una festa con gli altri ragazzi per ballare e stare tra amici o forse no, sta pensando al giorno che si sposerà, alla famiglia, ai figli, ai panni da lavare, al concorso per essere assunta nella scuola pubblica… All’improvviso ha un soprassalto. Sente sparare. Sembrano mortaretti. I ragazzi in questo periodo ne sparano a bizzeffe. Ma lei non si è mai abituata. Le fanno sempre un certo effetto. Stavolta, però, Mena si sbaglia, non sono mortaretti, è proprio una sparatoria. Mena non ha il tempo di accorgersi di niente. Sente solo urlare da una parte all’altra della strada. Si trova tra due fuochi senza capire il perché. Vorrebbe mettersi in salvo. Sbarra gli occhi dalla paura. Non fa in tempo a scappare e un attimo dopo viene colpita da un proiettile calibro nove dietro il collo. Dal basso verso l’alto. Il proiettile le esce dalla fronte. Mena cade a terra. Muore in un attimo portando con sé i suoi sogni. Niente più concorso. Niente più ragazzo. Niente più matrimonio. Niente balletti. Niente amici.
La vita di Mena Morlando si chiude una settimana prima del Natale del 1980, come un libro che non si aprirà mai più.
Mena si era trovata per puro caso in mezzo ad una sparatoria tra bande camorristiche rivali. Un regolamento di conti tra Francesco Bidognetti, boss emergente della camorra casalese, in soggiorno obbligato a Giugliano, con vecchi esponenti della Nuova Camorra Organizzata, affiliati al boss Raffaele Cutolo.
C’è voluto un pò per cominciare a restituire dignità a questa ragazza, come per altre vittime innocenti di camorra, perché su quell’assurda morte sono circolate versioni infamanti. Per anni la famiglia ha vissuto il dramma in silenzio e di Mena nessuno più si è ricordato. A Mena Morlando un anno fa è stato intitolato il presidio di Libera di Giugliano. Non è molto, ma è il modo per non dimenticare chi non ha avuto la possibilità di vivere la propria vita per colpa di delinquenti che meritano solo il disprezzo di tutti noi.
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Filomena Morlando
Mena aveva solo 25 anni quando è stata uccisa. “La persona sbagliata al momento sbagliato” è stato detto tante, troppe volte. Cosa c’è di sbagliato in una giovane donna che passeggia tra le vie del suo paese? Di sbagliato c’è solo chi si è servito di lei, chi l’ha usata per salvarsi la vita. Di sbagliato ci sono le sparatorie di camorra in mezzo alle strade, incuranti della vita degli altri.
mafie.blogautore.repubblica.it
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