18 agosto 1994 Martone (RC). Ucciso Antonio Novella, operaio forestale di 39 anni.

Antonio Novella era un operaio forestale. Fu ucciso in un agguato il 18 agosto del 1994 a Martone, in provincia di Reggio Calabria. Aveva 39 anni. Con lui furono ammazzati altri due forestali, uno dei quali ritenuto appartenente ad ambienti di mafia. (memoriaeimpegno.it)

 

 

 

Fonte:  archivio.unita.news
Articolo del 19 agosto 1994
Lupara nella Locride, 3 morti
di Aldo Varano
Nuova guerra di ‘ndrangheta in Aspromonte
Strage di ‘ndrangheta sulle montagne dell’Aspromonte. Un gruppo di fuoco piomba in un casello della forestale e uccide tre uomini.
Obiettivo del commando Giorgio Calvi, precedenti per mafia; uomo della cosca Ierinò (sequestro Ghidini).

LOCRI. Un massacro come non ne venivano organizzati da tempo nella Locride.  E sottovoce, tra mille cautele, già circola la spiegazione: e la scia maledetta del sequestro di Roberta Ghidini.  Perché in Aspromonte lo sanno tutti: quando un sequestro va male scattano vendette a non finire e il sangue tra le «famiglie» che sia pure alla lontana hanno avuto da fare con il sequestro può scorrere per anni.

I tre uomini ammazzati a lupara erano dentro uno dei caselli degli operai forestali della Regione Calabria, casupole in cima alle vette le montagne calabresi utilizzate come base d’appoggio contro gli incendi. La trappola è scattata un po’ dopo mezzogiorno: i tre da lì a poco avrebbero pranzato, stavano cucinando e avevano già sceso gli spaghetti nell’acqua bollente.

La tempesta di lupara dev’essere stata improvvisa. In due, Giorgio Calvi di 31 anni e Antonio Novella di 39, due figli a testa, sono rimasti fulminati dai pallettoni al petto e in viso. Sfigurati in modo orribile.  I killer, non contenti, li hanno giustiziati con il “colpo di grazia” alla nuca. Il terzo, Giorgio Calvi di 41 anni, omonimo e cugino dell’altro, ridotto in fin di vita, e arrivato cadavere all’ospedale di Locri. Era lui, quasi certamente, il principale obiettivo dei killer che potrebbero avere ucciso Novella, incensurato, soltanto per eliminare un fastidioso testimone.

La casupola della forestale è in un punto recintato. Da lì si scorge sotto tutta la collina: impossibile arrivarci di sorpresa. C’è il sospetto, per questo, che l’esecuzione sia stata condotta a termine da un gruppo di fuoco composto da amici delle vittime. I tre, quando i loro carnefici si stavano avvicinando non hanno temuto nulla. Nessuno, comunque, sa come sia realmente andata. Alle lupare è subentrato un silenzio terribile e irreale durato almeno due ore. Soltanto attorno alle tre del pomeriggio, infatti, è arrivata una telefonata anonima alla polizia dì Siderno: «C’è stata una disgrazia al casello per l’avvistamento antincendi sopra Martone. Ci sono dei morti. Andateci», e la comunicazione s’è interrotta.

Il più anziano dei Calvi ha una lunga sfilza di precedenti penali a cominciare da quello di associazione mafiosa. È un uomo della «famiglia» Ierinò. Sono due i più famosi del clan: Vittorio Ierinò, organizzatore   del sequestro fallito di Roberta Ghidini e, Peppino Ierinò, capo indiscusso della cosca, da oltre 15 anni imprendibile e ormai mitico latitante tra le montagne dell’Aspromonte e delle Serre.  Sarebbe stato proprio Peppino Ierinò a «posare» Giorgio Calvi come capobastone di contrada Cardini, la zona che comprende   Martone, i boschi e gli anfratti in cui si rifugia il padrino. Giorgio Calvi, nonostante i precedenti, e nonostante fosse sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, non soltanto era forestale regolarmente assunto dalla Regione Calabria, ma addirittura aveva la qualifica di caposquadra. Un potere enorme nei paesi dell’Aspromonte dove il caposquadra può sponsorizzare assunzioni, manovrare per consentire l’accumulo delle giornate necessarie per l’indennità di disoccupazione. Toccava a Calvi decidere i turni degli operai, stabilire quali punti avrebbero dovuto controllare e quali no, chiudere un occhio con chi prendendo il salario si occupa di altro, vigilare sul territorio in cui, si presume, vive Peppino Ierinò che, da quella postazione, continua a decidere e dirigere le strategie mafiose della sua «famiglia».

La morte di Giorgio Calvi è considerata un colpo al prestigio dell’intero clan Ierinò (già indebolito dalle voci sul pentimento di Vittorio che, pentito d’essersi pentito è tornato nel normale circuito carcerario): qualcuno potrebbe aver deciso che è arrivato il momento di cancellare dalla mappa della geografia mafiosa   della Locride i fratelli Ierinò e il loro potere su una fetta decisiva dei traffici miliardari della ionica.

Se l’ipotesi è giusta, ed è certamente una di quelle attorno a cui stanno lavorando gli investigatori, c’è da temere altri scontri cruenti nella Locride. Insomma, il «massacro di Mezzogiorno», come già lo chiamano a Gioiosa Jonica, il paese a lungo dominato dal clan Ierinò, sarebbe solo la prima pagina di una guerra in cui verranno schierati i «soldati» delle cosche che vogliono sostituire la leadership di Peppino Ierinò

 

 

 

 

 

Ringraziamo gli AmiciDiLiberaCaravaggio (amicidilibera.blogspot.it) per il prezioso aiuto nella ricerca di nomi e storie delle vittime innocenti delle mafie.

 

Fonte: corriere.it del 19 agosto 1994

agguato mafioso a tre forestali

due cugini omonimi Calvi Giorgio 31 e 42 anni e Novella Antonio 39 anni uccisi ieri a colpi di lupara da un commando mafioso mentre stavano per pranzare

REGGIO CALABRIA. Tre forestali sono stati assassinati a colpi di lupara e di pistola presso Martone, nella Locride. Si tratta di due cugini omonimi, Giorgio Calvi, di 31 e 42 anni, e Antonio Novella di 39. L’ agguato è scattato verso le 12.30 quando i tre si accingevano a pranzare. I colpi sono stati sparati da brevissima distanza e con le armi rivolte verso il petto e il viso delle vittime, morte all’ istante. La prima segnalazione dell’omicidio è arrivata ai carabinieri di Locri, che hanno avvisato i militari di Roccella Jonica. Gli assassini hanno usato cartucce di fabbricazione straniera (Usa o belga) poco diffuse in Italia. Il Giorgio Calvi più anziano era sotto sorveglianza speciale perché sospettato di collegamenti con la cosca Ierinò della ‘ndrangheta.