18 maggio 1990 Gioia Tauro (RC). Ucciso Ferdinando Caristena, 33 anni, noto commerciante, perché ritenuto omosessuale.
Ferdinando Caristena, noto commerciante di 33 anni, di Gioia Tauro, fu ucciso senza pietà da due sicari, il 18 maggio 1990, in uno dei retro bottega dei suoi esercizi. La colpa? Intrattenere una presunta relazione con un esponente di una famiglia di ‘Ndrangheta.
“Ferdinando Caristena non solo era colpevole di aver avuto una presunta tresca col cognato del boss ma, secondo le risultanze processuali, aveva in contemporanea anche una relazione con la sorella di lui, che si era innamorata follemente al punto che tra i due si parlava di un possibile matrimonio. Un triangolo esplosivo ed inaccettabile per il mondo della ‘ndrangheta. Allora come oggi, l’omosessualità per i clan era tabù. Solo l’idea che un gay potesse avere rapporti con certe famiglie suscitava scandalo. Caristena, in più aveva convissuto con un uomo che poi morì per alcune complicanze, risultando positivo all’HIV. Per tale ragione, si diffuse la voce in città che lui fosse gay. Per i clan solo l’idea che un omosessuale potesse introdursi in una famiglia di ‘ndrangheta non era accettabile. Per Caristena non ci fu nessuna pietà. (Tratto da gay.it)
Art. del 12 Novembre 2016 da gay.it
L’agghiacciante storia di Ferdinando, ucciso dalla ‘ndrangheta perché gay
Allora come oggi, l’omosessualità per i clan era tabù. Solo l’idea che un gay potesse avere rapporti certe famiglie suscitava scandalo.
“Aveva solo 33 anni ed era uno dei negozianti più in vista di Gioia Tauro. Fu ucciso senza pietà da due sicari, nel 1990, in uno dei retro bottega dei suoi esercizi. La colpa? Intrattenere una presunta relazione con tale Gaetano Mazzitelli, esponente di una famiglia di ‘Ndrangheta, imparentata con il ferocissimo clan Molé”. È quanto emerge dall’incredibile racconto di Roberto di Palma, sostituto procuratore, sulla storia di Fernando Caristena: l’uomo è stato intervistato da Klaus Davi nel suo programma “Gli Intoccabili “, in onda su LaC.
“Caristena non solo aveva avuto la colpa di aver avuto una presunta tresca col cognato del boss ma, secondo le risultanze processuali, aveva in contemporanea anche una relazione con la sorella di lui, dal nome Donatella, che si era innamorata follemente di lui al punto che tra i due si parlava di un possibile matrimonio. Un triangolo esplosivo ed inaccettabile per il mondo della ‘ndrangheta e per la potentissima cosca dei Molé che decise di farlo fuori. I Molè erano allora uno dei clan più influenti e sanguinari della Piana di Gioia Tauro, con interessi di rilievo nei traffici illeciti che passano dal porto della città tirrenica. Allora come oggi, l’omosessualità per i clan era tabù. Solo l’idea che un gay potesse avere rapporti con certe famiglie suscitava scandalo. Caristena, in più aveva convissuto con un uomo che poi morì per alcune complicanze, risultando positivo all’HIV. Per tale ragione, si diffuse la voce in città che lui fosse gay. Per i clan solo l’idea che un omosessuale potesse introdursi in una famiglia di ‘ndrangheta non era accettabile. Per Caristena non ci fu nessuna pietà. E, infatti, venne ucciso da due killer, uno dei quali era Girolamo Molé. Per la ‘ndrangheta un gay non solo non verrebbe mai affiliato, ma creerebbe seri problemi di ‘reputazione’ al Clan”.
Il comune di Gioia Tauro intitolerà una strada a Ferdinando, vittima della ‘ndrangheta ma soprattutto del pregiudizio. “Caristena non deve essere dimenticato: ora che si è fatta veramente luce sulla vicenda, grazie al lavoro dei magistrati, anche la città deve fare la sua parte “, afferma l’assessore Francesco Toscano.
GLI INTOCCABILI 2ED del 5 novembre 2016
LaC TV
Gli Intoccabili – Uomini del Disonore
Quinta e ultima diretta del programma di Klaus Davi durante la quale è stato sfatato il falso mito che l ‘ndrangheta “non tocca donne e bambini”.
Per l’intervista sopra citata, a Roberto di Palma, andare al minuto 1:24:35
Articolo del 20 Marzo 2017 da it.blastingnews.com
Ucciso dalla ‘Ndrangheta perché omosessuale: il dimenticato Ferdinando Caristena
Tra le tante vittime della mafia e della ‘ndrangheta ci sono anche omosessuali come il commerciante di Gioia Tauro.
di Gennarino Perciballi
Vittime delle mafie: il ricordo di Ferdinando Caristena
Ieri, a Locri, è arrivato anche il Capo dello Stato Sergio Mattarella per ricordare che la Calabria è il fulcro di tutte quelle mafie che si propagano nei cinque continenti. Al tempo stesso, però, il presidente della Repubblica ha sottolineato che tale regione combatte tenacemente contro ogni forma di delinquenza e soperchieria. Mattarella, a Locri, è stato il protagonista dell’avvio degli eventi in occasione del 21 marzo, Giornata per le vittime delle mafie. Non stupisce il fatto che, tra le vittime delle mafie, non è stato annoverato Ferdinando Caristena, commerciante omosessuale di Gioia Tauro, ucciso nel 1990.
L’omosessualità è ancora un tabù
Ancora una volta, Stato e cittadini non si sono ricordati di Ferdinando Caristena, uno dei tanti uomini uccisi dalle mafie.
Non è colpa dell’antimafia se, nuovamente, nessuno ha citato il povero commerciante di Gioia Tauro. Il problema è che, in Italia, l’omosessualità è un tabù. Sia per i delinquenti che per chi combatte l’illegalità e le mafie. Molte persone, ieri, hanno raccontato che i loro familiari erano stati freddati dalla malavita solamente perché si trovano nel posto sbagliato al momento sbagliato. Questo vale anche per Caristena. Questo noto commerciante gay stupì tutti per aver instaurato un rapporto sentimentale con Donatella Mazzitelli, la sorella di un criminale.
Mai un omosessuale in una famiglia mafiosa
Nonostante fosse omosessuale, Ferdinando Caristena aveva deciso di convolare a nozze con la Mazzitelli. La scelta gli costò la vita. Le ‘ndrine di Gioia Tauro si riunirono e progettarono il raid per uccidere il commerciante.
Un omosessuale non avrebbe mai potuto far parte di una famiglia mafiosa. Un giorno, due sicari entrarono nel negozio di Ferdinando e lo freddarono. Un uomo perbene e solerte come Ferdinando Caristena venne trucidato per il suo orientamento sessuale. Dopo l’uccisione venne aperta un’inchiesta e la verità ‘affiorò’ grazie all’alacre lavoro dei pm Roberto Pennisi e Roberto Di Palma. Perché nessuno ha mai ricordato a dovere l’uccisione di Caristena? Possibile che sia stato l’unico gay ed essere eliminato dalle mafie?
Articolo del 27 Settembre 2017 da strettoweb.com
Gioia Tauro: il 5 novembre verrà inaugurata la via Ferdinando Caristena
di Ilaria Calabrò
Domenica 5 novembre nel comune di Gioia Tauro (in queste ore su tutti i giornali del mondo per la candidatura del film “A Ciambra” alla selezione del Premio Oscar per il miglior film in lingua straniera) avrà un altro primato mondiale. La città calabrese dedicherà infatti una via a Ferdinando Caristena, ucciso dalla ‘ndrangheta nell’ormai lontano 1990 solo perché omosessuale.
Klaus Davi – primo firmatario della petizione che ha portato al riconoscimento della via – ne dà notizia questa mattina. L’inaugurazione verrà anticipata da un breve dibattito nella sede del comune di Gioia sulla figura di Ferdinando Caristena cui parteciperanno Arcangelo Badolati, giornalista della Gazzetta del Sud che conobbe di persona la vittima, il sostituto procuratore Roberto Di Palma, che ha indagato a più riprese sui clan Molè-Piromalli, nonché autorità locali e nazionali. Come ha detto molto lucidamente il direttore dell’Espresso Tommaso Cerno, “Il tema dell’omosessualità è uno degli ultimi tabù della ‘ndrangheta, l’associazione mafiosa più omofoba del mondo”. “Ringrazio ancora l’ex sindaco di Gioia Tauro Giuseppe Pedà, che accolse la mia proposta e ne facilitò l’iter amministrativo, il prefetto di Reggio Calabria Michele di Bari nonché il Ministro degli Interni Marco Minniti, che è sempre stato attento ai temi dei diritti civili e ha guardato con favore a questo importante riconoscimento per la comunità LGBT”, ha affermato Klaus Davi.
Fonte: repubblica.it
Articolo del 5 novembre 2017
Gioia Tauro, una via per Ferdinando Caristena, ucciso a 33 anni dalla ‘ndrangheta e dai pregiudizi
di Alessia Candito
Dopo ventisette anni un po’ di giustizia per il commerciante ucciso nel ’90. La sua colpa? Aver avuto una relazione con un uomo e poi essersi innamorato di una donna imparentata col boss Molè
Da questa mattina, c’è una nuova via nel centro di Gioia Tauro, paesone del reggino trasformato dalla ‘ndrangheta nell’hub internazionale della cocaina, su cui imporre in via esclusiva e gelosa il proprio dominio. È dedicata alla memoria di Ferdinando Caristena, che di Gioia Tauro era stimato commerciante, fin quando una raffica di proiettili non lo ha ucciso a soli 33 anni. La sua colpa? Aver avuto per lungo tempo una relazione con un uomo quindi essersi innamorato di una donna, sorella del cognato del boss Mommo Molè. Un’onta – quella del rapporto omosessuale – da cancellare anche con il sangue, secondo il pentito Annunziato Raso. Mai – ha spiegato il collaboratore che con le sue dichiarazioni ha contribuito alla condanna del boss Molè – un uomo dalla vita sessuale così aperta avrebbe potuto imparentarsi con il clan. Per questo – ha dichiarato il pentito – due sicari hanno ucciso Caristena il 18 maggio del 1990.
Un “martire del pregiudizio”, vittima della cultura mafiosa secondo Klaus Davi, che si è fatto promotore della petizione che ha convinto l’amministrazione di Gioia Tauro, all’epoca guidata dall’ex sindaco Giuseppe Pedà, a dedicargli una via. L’iniziativa però ha fatto discutere e ha inizialmente creato malumori, in primo luogo tra i familiari di Caristena. “L’omosessualità del mio defunto zio poggia esclusivamente sulle dichiarazioni di un soggetto (il Raso) ascoltato nel processo sull’omicidio, ma certo non portatore di verità assoluta, nonché su un chiacchiericcio di paese” si è lamentato il nipote della vittima. E nessuno – ha aggiunto – ha informato la famiglia di tale iniziativa se non a cose fatte.
Una reazione forse dettata dalla paura, dice chi conosce Gioia Tauro, dove per molti la tragica fine di Caristena è ancora una storia che è bene non rivangare. Ma alla fine, almeno in parte, quelle ritrosie sono state superate. Questa mattina tanto il fratello, come la nipote del commerciante ucciso, hanno partecipato alla manifestazione e alla scopertura della targa che ricorda il brutale omicidio. E commossi hanno ascoltato le parole di chi ha voluto ricordarlo e spiegarlo.
“Ferdinando Caristena è una vittima dell’amore – ha detto Arcangelo Badolati, giornalista, scrittore e studioso della ‘ndrangheta, nonché amico del commerciante – Ha pagato la libertà di aver voluto scegliere chi amare, uomo o donna che fosse. Questo a Gioia Tauro era ed è un peccato capitale, perché la ‘ndrangheta è la negazione stessa del concetto di amore. E quando non si può amare non c’è libertà”. Un diritto che a Gioia Tauro, come in gran parte del reggino, diventa un favore declinato a seconda delle volontà del capo di turno e di un’ipocrita doppia morale.
In nome del semifeudale concetto di “ominità”, boss e capi hanno sempre ufficialmente mostrato una totale chiusura nei confronti dei rapporti omosessuali, soprattutto fra le “truppe”. Ma lontano “dagli occhi della gente”, nel segreto delle carceri, le cose sono sempre andate in modo ben diverso. Fin dall’Ottocento, c’è traccia di rapporti omosessuali fra boss condannati a lunghi periodi di detenzione e altri detenuti. Tutte relazioni che oggi come allora mai hanno messo in discussione l’autorità dei capi.
A Reggio Calabria, per tutti Giovanni De Stefano, fra i più importanti capi operativi della ‘ndrangheta cittadina, è sempre stato “il principe” nonostante fosse destinatario delle appassionate lettere del suo più fidato luogotenente, che gli prometteva eterna fedeltà, se non qualcosa di più. Allo stesso modo, mai nessuno ha osato dire nulla sul boss Santo Ficara, il cui figlio Rocco si è da tempo affermato come una delle più famose drag queen del Sud Italia, o sul clan Gallico di Palmi, che fra le proprie ferocissime file annovera diversi elementi, anche di rango, dichiaratamente omosessuali. Perché nella ‘ndrangheta le regole valgono solo per chi non ha la forza di imporle.