2 Aprile 2000 Anagni (FR). Domenico Stanisci, Vice brigadiere della Guardia di Finanza muore durante un inseguimento. L’auto di servizio viene speronata e gettata fuori strada.
Nella notte fra sabato e domenica 2 aprile del 2000, l’ Alfa 155 su cui prestavano servizio due finanzieri viene speronata sull’Autosole e gettata fuori strada. Il brigadiere Domenico Stanisci, 42 anni, sposato con tre figli, muore sul colpo. Il suo collega Giovanni Grossi, 33 anni, rimane ferito.
Una seconda pattuglia di finanzieri, che stava lavorando insieme a Stanisci e Grossi, intima l’alt all’auto pirata, che per tutta risposta accelera. Scatta l’inseguimento. Più volte i malviventi cercano di mandare fuori strada anche la seconda pattuglia. Alla fine abbandonano l’auto, risultata rubata, su cui verranno trovate tracce di droga e le impronte digitali degli occupanti, due albanesi, schedati per vari reati, successivamente arrestati.
Domenico Stanisci
Vice Brigadiere della Guardia di Finanza
in forza al nucleo baschi verdi di Roma
Fonte: quirinale.it/
Medaglia d’oro al Valor Civile
Domenico Stanisci, Vice Brigadiere della Guardia di Finanza – alla memoria – Nottetempo, in servizio di repressione dei traffici illeciti sull’asse autostradale Napoli-Roma, unitamente ad altro militare componente la pattuglia, con lucida determinazione ed eccezionale coraggio, non esitava, dopo reiterati tentativi di fermo, a porsi all’inseguimento di un’autovettura sospetta che, con brusca manovra, invadeva la corsia di marcia del mezzo del Corpo, causandone l’inevitabile fuoriuscita di strada. A seguito del grave sinistro perdeva tragicamente la vita. Splendido esempio di grande ardimento e di altissimo senso del dovere. Frosinone – 1-2 aprile 2000
Fonte: repubblica.it
Articolo del 3 aprile 2000
Finanziere ucciso è caccia ai killer.
La vettura dei militari speronata da quella di una banda di trafficanti di droga.
Domenico Stanisci, 42 anni, è morto cul colpo. Il collega grave in ospedale. Il Cocer chiede mezzi e garanzie.
ROMA – È morto poco dopo l’una e trenta della notte tra sabato e domenica il brigadiere Domenico Stanisci, 42 anni e dieci di servizio. La sua macchina è stata speronata da una Volkswagen Passat che in una primo momento era sembrata guidata da alcuni contrabbandieri di sigarette. E che, secondo gli ultimi accertamenti, invece, avrebbe trasportato una banda di trafficanti di droga e forse anche di armi. Nella vettura, rubata giovedì scorso ad Avellino, i cani della squadra narcotici hanno annusato dappertutto, segno della presenza fino a poco prima di una partita di stupefacenti, scomparsa assieme ai malviventi. Per tutta la scorsa notte sono continuate le ricerche della banda di killer: 25 immigrati sono stati fermati e sottoposti a controlli. Si tratta principalmente di slavi e albanesi.
La tragedia è accaduta durante un inseguimento sull’autostrada A1 Milano-Napoli, tra il casello di Frosinone e Anagni in corsia nord (chilometro 622). Stanisci è morto sul colpo, il suo collega è ricoverato in gravi condizioni all’ospedale di Frosinone.
La dinamica dell’incidente: due pattuglie del 117 della Guardia di Finanzia in servizio anticontrabbando sull’autostrada hanno intimato l’alt all’autovettura della banda. Dopo un folle inseguimento, la Volkswagen dei trafficanti ha speronato l’auto della Guardia di Finanza mandandola a finire dopo un testa coda in una scarpata. Una volta tamponata l’auto dei finanzieri, i trafficanti, probabilmente in due, hanno abbandonato la Volkswagen a un chilometro di distanza sono scappati a piedi per le campagne.
Appena portata via l’auto dei finanzieri si è svolto un vertice al casello dell’A1 di Frosinone, presenti il comandante provinciale di Roma della Guardia di Finanza, altri alti ufficiali e funzionari di Frosinone e i colleghi della questura e della squadra mobile.
Dure le reazioni dei colleghi del militare ucciso. “Ci trattano come cani – ha detto uno di loro – usano le armi più sofisticate e noi siamo costretti ad affrontarli quasi a mani nude. Sono arrabbiato con tutti per ciò che è successo al nostro collega e che poteva accadere anche a me. Avevo terminato il turno alle 23 e, rientrato in caserma, mi stavo cambiando per andare a casa da mia moglie, quando ho sentito un appuntato che riferiva quanto era successo: non ci ho pensato un attimo e sono partito subito con altri miei colleghi, per raggiungere Frosinone, dove abbiamo iniziato una vasta battuta”. “Grande cordoglio” è stato espresso dal ministro dell’Interno Enzo Bianco.
Il quale è stato preso di mira dal Polo, in particolare da Fini: “Il ministro dell’Interno gira in campagna elettorale invece di garantire la sicurezza”. Ferme le richieste del Cocer della Finanza: “Non si può più aspettare e bisogna intervenire. Da una parte bisogna andare verso la certezza delle pene e dall’altra considerare che l’attività degli appartenenti alle forze di Polizia è caratterizzata, rispetto al restante pubblico impiego, da una maggiore percentuale di sacrifici e di esposizione a rischio”. Per questo il Cocer chiede che siano date “immediate e concrete risposte alle esigenze e alle richieste, già espresse nelle sedi istituzionali”.
Fonte: repubblica.it
Articolo del 3 aprile 2000
Domenico, il brigadiere tutto “strada e famiglia”
di Giovanna Vitale
Chi era Stanisci, il sottofficiale delle Fiamme Gialle che lascia moglie e tre figli.
ROMA – Era montato prima del solito, il brigadiere Stanisci. Il suo turno doveva iniziare a mezzanotte, ma alle undici di sera la sua Alfa era già pronta sotto la caserma di Porta Furba. Era un uomo d’esperienza, il sottufficiale delle Fiamme Gialle: sapeva che durante il weekend anticipare l’ora di uscita offriva maggiori chances di successo. Un successo che si augura sempre, fra commilitoni. Anche quel sabato sera: “Esci e porta i risultati”, aveva urlato un gruppo di agenti alla pattuglia di scorta sull’ autostrada Roma-Cassino.
Eppure quella notte il brigadiere della Guardia di Finanza Domenico Stanisci, classe 1958, sposato con tre figli, non avrebbe dovuto essere a bordo. Non avrebbe dovuto esserci né quel sabato, né gli altri giorni della settimana. Alla sua età, 42 anni, dopo ventitrè di inseguimenti, sirene spiegate, perquisizioni e sequestri, aveva diritto a qualcosa di più comodo del volante di un’Alfa Romeo superaccessoriata.
Gliel’aveva detto tante volte il comandante del Centro Reclutamento e Addestramento di Porta Furba. Tante volte l’aveva consigliato: “Ora basta Stanisci, sei vecchio per questa vita. C’è un ufficio che ti aspetta”. Ma tutte le volte il brigadiere aveva risposto che no, dietro a una scrivania proprio non ci voleva stare, che là sarebbe morto di certo, non sulla strada, che era la sua vita e altro non sapeva fare. Sulla strada: lì, appena maggiorenne, aveva iniziato la sua carriera; lì voleva finirla. Nessuno, nemmeno lui, poteva immaginare che sarebbe successo così presto, che sarebbe finita in tragedia.
Quando, all’alba di domenica, alla periferia nord di Roma, il campanello di casa Stanisci è suonato, la moglie ha aperto senza sospetti: solo quando i due colleghi- amici di Domenico, incaricati di portare la notizia, le hanno presentato il comandante Cavalli, la donna è sbiancata. “Ho capito”, ha detto con un filo di voce.
Fra le mura della caserma tra la via Casilina e la via Tiburtina, in tanti raccontano del suo fiuto infallibile, di come sapesse intuire le piste e gli orari migliori per bloccare merce rubata, carichi di contrabbando, partite di droga. Per stare di pattuglia con lui si faceva a gara, perché con lui, spiegano i più giovani, ti sentivi sicuro, protetto, imparavi un sacco di cose, come fare un corso d’addestramento permanente. Tutti lo conoscevano, era simpatico, allegro e gioviale, ma non quando lavorava: sul campo diventava intransigente, a tratti burbero, con un gusto particolare nello scegliersi i turni che potevano dare più “risultati”, e per questo più rischiosi.
Fare il capo-pattuglia gli piaceva. Secondo solo all’amore per la sua famiglia: la moglie, una brunetta minuta che aveva sposato a vent’anni, e i tre figli di 15, 10 e 6 anni. Ne parlava sempre. Erano la sua gioia, soprattutto Simone, il primo.
Alle tre del pomeriggio, al comando arrivano gli effetti personali del brigadiere ucciso: la sua pistola, due pacchetti di fazzolettini, l’orologio. Dal portafoglio cade la foto della moglie.
Articolo del Corriere della sera del 5.04.00
Finanziere ucciso, preso un albanese
Fermato vicino a Caserta: «Lo incastrano le impronte digitali». Identificato il complice. Dolore e rabbia tra i colleghi: i banditi più equipaggiati di noi
di Claudio Lazzaro
ROMA – Nel giorno dei funerali di Mimmo Stanisci, il militare della Guardia di Finanza caduto nella lotta al traffico di droga, i suoi compagni d’arma hanno arrestato il colpevole. È un albanese di 30 anni, Fatmir Lica. A inchiodarlo sarebbero state le impronte digitali, trovate sull’auto «Passat» rubata che, nella notte tra sabato e domenica, sull’autostrada del Sole, ha speronato l’auto dei finanzieri. Il secondo uomo che si trovava sull’auto, anche lui albanese, è ancora libero. Fatmir Lica è stato arrestato ieri mattina nel Casertano, ad Aversa, dai militari della Guardia di Finanza di Frosinone. Il gruppo interforze era composto anche da baschi verdi di Roma e da agenti della Squadra Mobile di Caserta e Frosinone.
Subito dopo l’arresto, l’albanese è stato portato negli uffici della Squadra Mobile di Caserta. Le sue impronte erano già state registrate perché l’anno scorso, a Serone, una località di montagna vicino a Fiuggi, in provincia di Frosinone, era già stato arrestato dai carabinieri di Anagni, per ricettazione, oltraggio, resistenza e violenza. Lo avevano preso su un’auto rubata, durante una delle sue trasferte dalla Campania. Malgrado ciò Fatmir era in possesso di un permesso di soggiorno rilasciato dalla questura di Caserta, come lavoratore straniero in attesa di occupazione. Era anche iscritto nelle liste di collocamento. Nel permesso, l’albanese risulta abitare a Macerata Campania, un comune ad una decina di chilometri da Aversa. Ma la squadra mobile di Caserta, ieri mattina, ha accertato che da tempo Fatmir abitava ad Aversa.
L’extracomunitario, per evitare di essere rintracciato, aveva preso in affitto un appartamento in via S. Maria della Neve, ad Aversa, pur abitando in via Magenta dove, alle 16, dopo due ore di appostamento, è scattata la trappola. Fatmir e il suo complice sono stati individuati grazie al sistema informatico Afis, che raccoglie informazioni su tre milioni di persone (per il 20% stranieri) e che dall’1 aprile è stato collegato telematicamente a tutte le questure d’Italia. Una rete nella quale si inseriranno, entro la fine del mese, anche i principali posti di frontiera e i comandi dei carabinieri della Puglia e di Roma (la tecnologia è sofisticata: per le identificazioni basta appoggiare l’indice su uno scanner portatile).
Al momento dell’irruzione, Fatmir Lica era in compagnia di altri albanesi. Ma non c’era il complice, già identificato, che si trovava con lui sulla «Passat». L’effetto sorpresa ha funzionato: nessuno, nella casa, ha opposto resistenza. Il procuratore capo di Frosinone, Ottavio Archidiacono, responsabile delle indagini, ha ordinato ai suoi collaboratori il più stretto riserbo, per evitare fughe di notizie che potrebbero ritardare la cattura del secondo uomo. Si sa soltanto che Fatmir, sotto scorta armata, è in viaggio per Frosinone, dove verrà sottoposto agli interrogatori. Dalla perquisizione nella casa sono saltati fuori alcuni strumenti per la navigazione, coltelli e macchine fotografiche.
Ad annunciare l’identificazione dei colpevoli, ieri mattina, è stato il ministro degli Interni, Enzo Bianco, durante il convegno su «Legalità e sviluppo nel Mezzogiorno», che per coincidenza si svolgeva proprio a Caserta: «Sono stati identificati, la ricerca è attiva. Si tratta di un importante risultato investigativo». E subito, a Roma, ai funerali del brigadiere Stanisci, si spargeva la notizia che i due, proprio nel Casertano, stavano per essere catturati. Un trionfalismo che ha fatto storcere il naso al procuratore capo di Frosinone, Ottavio Archidiacono: «Questa notizia non si doveva dare – ha detto tra i denti, prima del funerale in San Lorenzo al Verano -. Sono figlio di un giornalista e comprendo benissimo le esigenze della stampa. Ma chi ha diramato questa notizia è stato improvvido».
I FUNERALI A ROMA
di Claudio Lazzaro
Dolore e rabbia tra i colleghi: i banditi più equipaggiati di noi.
ROMA – Sono stati i funerali della pioggia e del sole, della rabbia e della speranza. Sulla basilica di San Lorenzo Fuori le Mura, dove si è celebrata la messa per Domenico Stanisci, 42 anni, il vicebrigadiere della Guardia di Finanza caduto sabato scorso, si alternavano ieri mattina raggi di sole e scrosci di pioggia, notizie che facevano sperare la cattura imminente degli assassini, e parole di sconforto che uscivano da bocche piegate nel pianto. Erano centinaia i militari che hanno preso parte ai funerali di Stato.
Molti ripetevano le stesse cose: «Combattiamo contro una malavita meglio equipaggiata, più forte di noi. Le nostre auto non hanno protezione, le loro hanno i rostri, le radio, tutta la tecnologia che serve». Un giovane militare siciliano: «Vedo tanti miei coetanei che si sentono in diritto di fare i delinquenti, come fosse un mestiere, perché tanto in galera non rimane nessuno». E un altro: «Noi non possiamo nemmeno sparare in aria. Questi vengono da paesi dove si fanno le stragi». Alle esequie hanno partecipato il presidente della Repubblica Ciampi ed esponenti delle più alte cariche dello Stato. Nelle prime file, il presidente della Camera Violante, il ministro delle Finanze Visco, il direttore degli istituti di prevenzione e pena, Caselli, il comandante della Guardia di Finanza, Mosca Moschini, il capo della Polizia Masone, il comandante dell’Arma dei Carabinieri, Siracusa, il capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Arpino.
«Nella notte tra sabato e domenica – ha detto monsignor Giuseppe Mari, vescovo dell’ordine militare, che officiava la messa – Domenico era in strada a lottare per difendere i giovani dalla droga. Tanti genitori vorrebbero partecipare a questa lotta. Un padre è morto, in loro rappresentanza». Le ultime parole dell’omelia sono state per la vedova: «Signora Angelina, tutti le dobbiamo molto». La messa si è conclusa con l’invito a scambiare un segno di pace, e sono stati gli abbracci, le strette di mano tra militari, donne, civili. All uscita del corteo, la faccia di Simone, 14 anni, il maggiore dei tre figli rimasti orfani, che non voleva piangere, ma crolla.
Le parole in chiesa del capitano Alessandro Cavalli, comandante della compagnia pronto impiego di Roma: «Vogliamo ricordarti così, vecchio amico Penna bianca». (Stanisci aveva un ciuffo grigio tra i capelli). «Vogliamo ricordarti quando dicevi: “Comandante non mi metta in ufficio che mi sento morire”. Ed invece proprio la strada ti è stata fatale. Vogliamo ricordarti quando parlavi di Angelina, e degli “Staniscetti” che crescevano. Penna bianca, adesso per tutti noi, per i baschi verdi, sei un eroe di cui essere fieri, un mito da raccontare nelle lunghe notti di vigilanza». Le note del Silenzio e la bara viene portata fuori dalla chiesa, accompagnata da un lungo applauso. Poi l’ ultimo viaggio, verso la tumulazione nel cimitero di Prima Porta.
LA TRAGEDIA
Nella notte fra sabato e domenica l’Alfa 155 su cui prestano servizio due finanzieri viene speronata sull’Autosole e gettata fuori strada. Il brigadiere Domenico Stanisci, 42 anni, sposato con tre figli, muore sul colpo. Il suo collega Giovanni Grossi, 33 anni, rimane ferito.
LA CACCIA
Una seconda pattuglia di finanzieri, che stava lavorando insieme a Stanisci e Grossi, intima l’alt all’auto pirata, che per tutta risposta accelera. Scatta l’inseguimento. Più volte i malviventi cercano di mandare fuori strada anche la seconda pattuglia. Alla fine abbandonano l’auto su cui verranno trovate tracce di droga.
L’ARRESTO
Fatmir Lica, uno dei due albanesi dell’auto pirata, viene arrestato ieri mattina ad Aversa in un appartamento dove si era rifugiato con altri albanesi. Era stato già arrestato un anno fa per ricettazione e altri reati, ma era ugualmente iscritto alle liste di collocamento e aveva un regolare permesso di soggiorno.
Fonte: vittimedeldovere.it
Il giorno 10 aprile 2008, nella sede del Cantiere Navale Intermarine di Sarzana (SP), si è svolta la cerimonia di varo del guardacoste G.128 VICEBRIGADIERE STANISCI terza unità, di cinque in fornitura, appartenente alla classe BIGLIANI VIII serie.
La cerimonia, presieduta dal Generale di Brigata Raffaele Romano Comandante della Regione Liguria, ha visto la partecipazione, in veste di madrina, della signorina Melania Stanisci, figlia del vicebrigadiere Domenico Stanisci alla cui memoria è intitolata l‘imbarcazione, nonché della vedova signora Angelina Marchetti e del fratello Simone in servizio presso la Tenenza di Volterra.
All’evento ha altresì assistito una delegazione di studenti della Facoltà di Ingegneria dell‘Università di Pisa, di La Spezia e di Genova che effettuava un apposito stage presso il suddetto cantiere Intermarine.
Al militare, in particolare, è stata conferita la medaglia d‘Oro al Valor Civile in quanto caduto in servizio nel mese di aprile del 2000 durante l‘inseguimento di un autovettura sospetta che, nel tentativo di sottrarsi alla fuga, invadeva la corsia di marcia del mezzo del Corpo causandone l‘inevitabile fuoriuscita di strada.
L’unità, che ha ricevuto il battesimo del mare, è caratterizzata da una lunghezza fuori tutto di 28,20 metri, una larghezza di 6,88 metri ed un dislocamento pari a circa 98 tonnellate; il mezzo è interamente realizzato in materiale composito che grazie all‘elevata tecnologia di progettazione e costruzione dello scafo ha la capacità di effettuare crociere operative, ad alta velocità, anche in condizioni di mare formato.
Recependo l‘esperienza maturata dagli equipaggi delle precedenti classi di unità, un significativo miglioramento è stato apportato all‘abitabilità di bordo, con la riprogettazione degli ambienti interni dell‘unità, al fine di consentire l‘alloggiamento di tutto l‘equipaggio in cabine doppie, complete di servizi igienici, assicurando nel contempo un‘ottimale sistemazione anche al personale femminile.
L’imbarcazione è dotata di sistemi di bordo di moderna generazione e di apparati di navigazione e scoperta all‘avanguardia, che gli permettono dal guardacoste di operare efficacemente negli scenari operativi marittimi nazionali, nonché nelle attività di intervento in mare nel quadro degli accordi di cooperazione internazionale.
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