2 ottobre 1987 Staiti (RC). Ucciso Domenico Zappia, 18 anni, colpevole di aver chiesto un passaggio al vero obiettivo dell’agguato.

Lo studente Domenico Zappia, 18 anni, di Staiti in provincia di Reggio Calabria, fu ucciso il 2 ottobre del 1987. Non era lui l’obiettivo dei killer bensì Antonio Stelitano, di 33 anni, al quale il ragazzo casualmente aveva chiesto un passaggio per tornare a casa dopo la scuola. I due, a bordo di una Fiat 127, furono raggiunti da numerosi colpi di lupara, Stelitano morì sul colpo mentre Mimmo Zappia si spense dopo 5 giorni di agonia in ospedale.
Questo duplice omicidio venne inserito nella faida di Motticella che in 7 anni anni, dal 1983 al 1990, lasciò sul campo oltre 50 vittime tra cui gli studenti Pietro e Fortunata Pezzimenti, uccisi a Motticella (RC) il 3 maggio 1986. (Fonte: quotidianodelsud.it )

 

 

Domenico (Mimmo) Zappia – Foto da: quotidianodelsud.it

Fonte:  quotidianodelsud.it
Articolo del 26 maggio 2021
Domenico Zappia, 18 anni, ammazzato a colpi di lupara: «Mimmo prima ucciso e poi dimenticato»
di Luciana De Luca
Il giovane, uno studente modello, è morto il 2 ottobre del 1987 per aver chiesto un passaggio alla persona sbagliata.

«Mio figlio era uno studente modello e la mia è sempre stata una famiglia rispettabilissima».

È un grido di dolore soffocato da troppo tempo quello di Concetta Micera, la madre ormai ottantottenne di Domenico Zappia, Mimmo per tutti, 18 anni appena compiuti quando fu ucciso nei pressi della frazione Galati di Brancaleone, in provincia di Reggio Calabria.

Era il 2 ottobre del 1987 e quel giorno c’era lo sciopero dei treni. Mimmo, che abitava con la sua famiglia a Staiti e frequentava l’Istituto tecnico commerciale per geometri a Bova Marina, all’uscita di scuola decise di raggiungere la statale 106 per chiedere un passaggio a qualche compaesano che tornava verso casa.

E qualcuno, infatti, lo vide sulla strada e si fermò per farlo salire in macchina. Mimmo non poteva neanche lontanamente immaginarlo, ma nello stesso istante in cui accettò quel passaggio, diventò il bersaglio inconsapevole di un agguato di ‘ndrangheta.

L’obiettivo dei killer era Antonio Stelitano

Ad attendere Antonio Stelitano, infatti, l’uomo che si era offerto di portarlo a Staiti, c’erano due killer armati di lupara che appena videro spuntare la sua auto, cominciarono a sparare all’impazzata.

L’uomo morì sul colpo mentre Mimmo, ferito gravemente, si spegnerà dopo cinque giorni di agonia in ospedale a Reggio Calabria.

Sono passati trentaquattro anni da questo tragico episodio e Mimmo, vittima innocente di ‘ndrangheta, è stato completamente dimenticato.

Eppure lo conoscevano tutti a Staiti, era l’unico figlio di Gaetano Zappia, stimato applicato di segreteria al Comune, e della signora Concetta Micera, ex crocerossina della provincia di Avellino e presidente dell’Azione Cattolica, sempre molto attiva nella comunità staitese.

Mimmo, qualche mese prima della sua morte, era stato già duramente colpito dalla scomparsa di suo padre. Gaetano, infatti, a soli cinquant’anni fu stroncato da un infarto e sua moglie e suo figlio si ritrovarono improvvisamente da soli.

Per Concetta quel figlio non ancora adulto, ma già saggio e instancabile lavoratore, rappresentava il suo unico punto di riferimento. Tutto, ormai, ruotava attorno a quel ragazzo studioso, intelligente e sensibile, che riusciva a lenire ferite e alimentare speranze. Con lui sentiva ancora di avere una famiglia e seppur privata del suo compagno di vita, le rimanevano degli obiettivi importanti da raggiungere: aiutare Mimmo a realizzarsi negli studi e stargli più vicino che poteva per non fargli sentire la mancanza del padre al quale era molto legato.

La madre Concetta si batte ancora perché suo figlio venga riconosciuto come vittima innocente di ’ndrangheta

Concetta è sempre stata una donna accogliente, generosa, allegra. Cercava in tutti i modi di creare legami autentici all’interno della comunità che l’aveva accolta.

Il suo impegno cristiano poi, la portava spesso ad occuparsi di disagio ed emarginazione. E i valori in cui lei credeva, li aveva trasmessi anche a suo figlio.

“Mimmo era di animo buono – ricorda Concetta -. Amava molto la natura e gli piaceva andare a lavorare nella nostra vigna. Spesse volte prendeva la motozappa e si metteva al lavoro con grande passione. Anche la musica lo attraeva molto, insieme ad altri amici faceva parte della banda di Staiti, suonava il clarinetto ed era molto bravo”.

 

LA VICENDA
Domenico Zappia fu ucciso il 2 ottobre 1987
Stelitano morì sul colpo, il giovane innocente 5 giorni dopo

Lo studente Domenico Zappia, 18 anni, di Staiti in provincia di Reggio Calabria, fu ucciso il 2 ottobre del 1987. Non era lui l’obiettivo dei killer bensì Antonio Stelitano, di 33 anni, al quale il ragazzo casualmente aveva chiesto un passaggio per tornare a casa dopo la scuola. I due, a bordo di una Fiat 127, furono raggiunti da numerosi colpi di lupara, Stelitano morì sul colpo mentre Mimmo Zappia si spense dopo 5 giorni di agonia in ospedale.
Questo duplice omicidio venne inserito nella faida di Motticella che in 7 anni anni, dal 1983 al 1990, lasciò sul campo oltre 50 vittime tra cui gli studenti Pietro e Filomena Pezzimenti.

Uno strappo non ricucibile in alcun modo quella morte assurda e inspiegabile, una sofferenza che emerge prepotentemente e vanifica anche i ricordi lievi, felici.
“Sin da piccolo il mio Mimmo dimostrò le sue reali potenzialità – continua -. Era il migliore della scuola, prendeva dieci in tutte le materie, aveva una grande intelligenza. Vinse anche delle pagelle d’oro. Era un figlio di cui andare orgogliosi: educato, sempre disponibile con tutti ed era molto attento sia nei miei che nei confronti del padre, con il quale condivideva anche la passione per la caccia. Mio marito faceva parte dell’associazione cacciatori e rilasciava anche le tessere. Anche Mimmo, appena possibile, avrebbe voluto averla. Si era anche iscritto alla scuolaguida per prendere la patente. Aveva tanti progetti quel figlio mio, ma quel giorno dello sciopero dei treni chiese il passaggio alla persona sbagliata”.

“Morto a diciotto anni per un passaggio”, lo ripete quasi come una cantilena Concetta.

Nonostante il tempo trascorso, sono ancora vivi in lei stupore e smarrimento. Il dolore sopraggiunge quando, guardandosi intorno non vede più figure amate, familiari.

“Sono stata una donna molto vivace e attiva nella mia vita – spiega – ma ora non posso più lavorare. Mi sono rotta il femore e cammino con il girello. Sono caduta. Cado sempre. Sono rovinata. Dopo la morte di mio marito e di mio figlio sono rimasta sola. Ci sono dei nipoti che si prendono amorevolmente cura di me, ma la mia famiglia, quella non ce l’ho più. Mio marito morì tre mesi prima di Mimmo a causa di un infarto. Lavorava al Comune di Staiti, faceva il vicesegretario, era molto stimato. La mia è sempre stata un’ottima famiglia, non siamo mai stati mafiosi”.
La madre di Mimmo, Concetta Micari, oggiLa madre di Mimmo, Concetta Micari

Ritorna lo smarrimento in Concetta, lo stesso che accompagna molti familiari di vittime innocenti di ‘ndrangheta, costretti a leggere negli occhi degli altri, dubbi e incertezze.

È un percorso comune il loro, che aggiunge dolore a dolore e che genera profonde solitudini. Eppure Concetta è rimasta ugualmente a Stati, accanto a suo figlio e a quel marito che molti anni prima, dopo averla sposata, la portò in questo incantevole borgo della Calabria.

“Io sono originaria di Avellino – spiega -. Gaetano l’ho conosciuto a Roma mentre frequentavo il corso di crocerossina. Me lo presentarono delle amiche comuni e tra di noi scattò subito qualcosa. Era una persona gentile, ben educata. Dopo il matrimonio mi trasferii a Staiti, qui mi sono subito trovata bene perché mio marito è sempre stata una persona molto rispettata. Ma dopo la sua morte mi hanno ammazzato il figlio. Aveva appena compiuto 18 anni e mi chiese di non dirlo a nessuno perché era appena morto il suo papà ed era giusto fare così, eravamo in lutto. La mia è una storia triste. Mimmo era figlio unico. Avevo avuto prima di lui un’altra bambina che morì durante il parto. Solo questo figlio ci aveva dato il Signore. Poi sono rimasta sola, desolata”.

Si fa fatica a comprendere come la società civile, le realtà associazionistiche e le istituzioni del territorio abbiano potuto dimenticare, in tutti questi anni, il giovane studente di Staiti ucciso per aver chiesto un passaggio all’uscita di scuola. Solo da poco tempo il nome di Mimmo Zappia è ricomparso timidamente in occasione della Giornata nazionale contro le mafie e il suo ricordo affidato a poche voci libere.

Concetta Micera, da sola, in trentaquattro anni ha dovuto fare i conti con il suo dolore e il silenzio sulla fine del suo ragazzo. Oggi, seppur stanca e malata, trova ancora la forza di chiedere che suo figlio venga ufficialmente annoverato tra le vittime innocenti di ‘ndrangheta.,

La scuola di Bova Marina frequentata dal ragazzo, l’Istituto tecnico commerciale per geometri, all’indomani della sua scomparsa fece affiggere un manifesto mortuario coraggioso, nel quale, senza mezzi termini, prendeva posizione contro quell’ingiusta morte:

“Domenico Zappia, ottimo studente, giovane dotato di alte virtù morali e civiche, è stato barbaramente falciato da ciechi e spietati assassini a soli 18 anni.
Il preside, i professori e i compagni addolorati lo piangono”.

“La mia vita è stata una vera tragedia – continua l’ex crocerossina – ma ho tante persone che oggi mi vengono ad aiutare. Il Signore deve starmi accanto. Io sono stata presidente dell’Azione Cattolica, ho fatto sempre buone azioni. Nei momenti più difficili mi sono rivolta anche alla protettrice del mio paese. Mio figlio mi è stato strappato e ho superato anche questo ma la piaga nel cuore è sempre rimasta aperta. Dopo tanti anni ancora mio figlio non è iscritto nell’elenco delle vittime innocenti di ‘ndrangheta. Era un delinquente mio figlio? No, Mimmo non era un delinquente. Il dolore in tutti questi anni mi ha consumata, ma finché avrò forza chiederò verità per mio figlio e il riconoscimento che merita nel mondo dei giusti”.

Il tempo non ha lenito né il dolore della perdita, né la sete di giustizia che anima Concetta. Ha continuato a vivere trovando conforto solo nella fede e nel suo impegno sociale ma non ha mai dimenticato un solo particolare del giorno in cui Mimmo è stato ucciso.

“Io ero a casa quel giorno – ricorda – e stavo aspettando che Mimmo tornasse da scuola. Poi squillò il telefono, era mia cognata. Mi disse che Mimmo aveva fatto un incidente e che era stato portato in ospedale, lei lo aveva saputo da alcune persone di Bova Marina. Subito dopo venne a prendermi mio cognato, il fratello di mio marito, per portarmi da Mimmo. Cinque giorni lottò tra la vita e la morte e alla fine quest’ultima ebbe il sopravvento. In quei giorni mi ospitarono i miei cognati e non fu facile accettare di non avere più mio figlio. Per il funerale arrivarono a Staiti anche i miei fratelli, il maggiore dell’esercito che stava ad Avellino e il primario ortopedico che lavorava a Milano. La morte di Mimmo fu una tragedia anche per loro. Io, seppur ormai sola, decisi di rimanere in Calabria perché mio figlio è stato seppellito qui e io con i soldi della pensione di mio marito, gli ho fatto fare una tomba nuova, bellissima. Mio figlio è seppellito qui e anch’io voglio morire qui, accanto a lui”.

 

 

 

Fonte:  quotidianodelsud.it
Articolo del 29 giugno 2021
“Dopo 34 anni è stata finalmente scritta una pagina di verità su mio figlio. Mimmo non è mai stato un mafioso ma soltanto uno studente che ha chiesto un passaggio alla persona sbagliata e per questo ha perso la vita”.

Concetta Micera, la madre ormai ottantottenne di Domenico Zappia, Mimmo per tutti, aveva 18 anni appena compiuti quando fu ucciso nei pressi della frazione Galati di Brancaleone, in provincia di Reggio Calabria. Era il 2 ottobre del 1987. Nei giorni scorsi l’associazione Libera ha ufficialmente iscritto Domenico Zappia nell’elenco delle vittime innocenti di ‘ndrangheta.

Mimmo, uno studente modello, che abitava con la sua famiglia a Staiti e frequentava l’Istituto tecnico commerciale per geometri a Bova Marina, a causa dello sciopero dei treni, all’uscita di scuola decise di raggiungere la statale 106 per chiedere un passaggio a qualche compaesano che tornava verso casa. E qualcuno, infatti, lo vide sulla strada e si fermò per farlo salire in macchina. Mimmo non poteva neanche lontanamente immaginarlo, ma nello stesso istante in cui accettò quel passaggio, diventò il bersaglio inconsapevole di un agguato di ‘ndrangheta.

Ad attendere Antonio Stelitano, infatti, l’uomo che si era offerto di portarlo a Staiti, c’erano due killer armati di lupara che appena videro spuntare la sua auto, cominciarono a sparare all’impazzata. L’uomo morì sul colpo mentre Mimmo, ferito gravemente, si spegnerà dopo cinque giorni di agonia in ospedale a Reggio Calabria.

Don Ennio Stamile, referente regionale di Libera in Calabria, nei giorni scorsi ha incontrato Concetta e il nipote Domenico per dare loro la notizia che aspettavano da tanto tempo. Insieme a lui il sindaco di Staiti Giovanna Pellicanò, il presidente del consiglio comunale Leone Campanella, gli assessori Bruno Marino e Francesca Stelitano, Giuseppe Borrello del presidio Libera di Vibo Valentia e Concetta Aieta.

“Incontrare la signora Concetta e la comunità di Staiti è stato emozionante e sorprendente – ha spiegato don Ennio Stamile -. Abbiamo trovato ad attenderci sia il sindaco che alcuni componenti della giunta. L’incontro con la mamma di Mimmo Zappia è stato uno di quelli che ricorderai per sempre, nonostante la sua età è una donna ancora molto combattiva e sapere che suo figlio, finalmente, dopo trentaquattro anni da quell’efferato omicidio, troverà la giusta collocazione tra le vittime innocenti di ‘ndrangheta, l’ha resa felice e finalmente serena”.

“Concetta non ha mai perso la voglia di lottare in un contesto veramente difficile dove la paura ancora regna sovrana. E il sindaco Pellicanò ha dimostrato di essere una donna molto attenta alle esigenze di questo piccolo comune e ho avvertito in lei e in alcuni componenti della giunta, l’esigenza di custodire la storia e la bellezza di questo paese. Noi spesso raccontiamo storie di violenza ma non dobbiamo mai perdere di vista anche la bellezza della nostra terra di Calabria”.

“Sono felice di aver fatto visita a Concetta perché mi sono trovato davanti una donna capace di attendere e di lottare e questo è ciò che di più bello mi porto dentro. Con lei abbiamo anche pregato insieme e ricordato Mimmo, il suo unico figlio, ucciso solo tre mesi dopo la morte del padre. Libera da sempre cerca di fare memoria delle vittime innocenti di mafia per restituire loro, alle famiglie e all’intera comunità, la dignità di cui vengono privati. Con il sindaco Pellicanò ricorderemo, nel corso di un’iniziativa che abbiamo pensato di organizzare nel prossimo mese di ottobre, la figura di questo ragazzo che merita di essere ricordato e conosciuto da tutti”.

Giovanna Pellicanò ha accolto con vero e proprio entusiasmo la notizia dell’iscrizione di Mimmo Zappia nell’elenco delle vittime innocenti di ‘ndrangheta.

“Una bellissima notizia per tutti noi ma soprattutto per la signora Concetta – ha spiegato -. Siamo sempre stati consapevoli, in tutti questi anni, che Domenico era un gran bravo ragazzo e che sua madre privata del suo unico figlio, aveva subito una perdita gravissima. Io ero ancora una ragazzina quando lo uccisero e ricordo ancora quel periodo terribile di faide, di regolamenti di conti, ma non riuscivamo, allora, a capire l’importanza di questi accadimenti, pensavamo che fossero cose lontane dalle persone normali, che si uccidessero tra mafiosi”.

“La morte di Mimmo, invece, servì ad aprirci gli occhi, a farci capire come l’indifferenza davanti al fenomeno mafioso ci renda tutti un po’ colpevoli e di come la violenza possa improvvisamente colpire anche gli innocenti. E con il nostro parroco, don Pasquale Zito, per la prima volta iniziammo a parlare di quanto male possa fare la mafia alla nostra società e di come tutti quanti potevamo essere delle potenziali vittime. Durante l’incontro con don Ennio Stamile, dopo tanti anni, ho sentito Concetta parlare della morte di suo figlio. Credo che ora riuscirà a rivedere la sua storia e affermare a testa alta che il suo Mimmo era un bravo ragazzo”.

Il sindaco Pellicanò ha già annunciato un evento in cui si parlerà di Mimmo e cercherà di individuare un luogo nel borgo di Staiti, da intitolargli, perché la storia triste del ragazzo ucciso mentre tornava a casa da scuola, resti nella memoria di tutti.

“Questo momento di grande sensibilità collettiva – ha concluso il presidente del Consiglio Leone Campanella – nasce dalla collaborazione concreta di tante persone che hanno ritenuto giusto e doveroso riabilitare l’immagine di questo ragazzo che oltre ad essere un figlio affettuoso, era anche uno studente modello. Non dimentichiamo che vinse molte pagelle d’oro e di certo avrebbe avuto davanti a sé un percorso di studi brillante. È anche grazie a Domenico Nasone, del consiglio nazionale di Libera, se questa storia ha preso la direzione giusta. Ma ciò che più conta è che tante persone, tante energie messe insieme, siano riuscite a rendere possibile ciò che aspettavamo da tempo: restituire verità e giustizia a un ragazzo morto per errore e a una madre devastata dal dolore”.