2 ottobre 1989 Taranto. Assassinato Giovanbattista Tedesco, ex carabiniere, capo vigilanza all’Italsider. Non aveva voluto sottostare alle imposizioni della Sacra Corona Unita.

Foto da: win.irpino.it

Nella notte tra lunedì 2 e martedì 3 ottobre 1989, in un rione di Taranto, sotto la casa dove abitava, fu trovato, assassinato, il corpo di Giovanbattista Tedesco, appartenente all’Arma dei Carabinieri. Svolgeva servizio, come capo della vigilanza, all’ITALSIDER, dove allora lavoravano 12.000 persone.
Fu soppresso perché non aveva voluto sottostare alle imposizioni della Sacra Corona Unita che, alle acciaierie di Taranto, la facevano da padrone, come riportato nella Relazione della Commissione Antimafia, presieduta da Gerardo Chiaramonte, e stilata dal giudice Luciano Violante.
All’Italsider, cioè allo Stato, sempre stralciando dalla citata Relazione, si rubava in quattro modi: con le sottofatturazioni delle tonnellate di acciaio che uscivano dallo stabilimento; con i materiali di scarto – e non – che venivano portati alle discariche dove erano pronti i camion dei mafiosi a ritirarli; con le denunce per furti, circa 2 miliardi (dell’epoca) al mese, alle compagnie assicuratrici, beneficiando del relativo risarcimento; con il Bilancio aziendale costantemente in perdita e il relativo intervento dei finanziamenti statali per il ripiano.
Giovanbattista Tedesco, persona onesta e sincera, inebriato dagli apprezzamenti dei dirigenti ai quali riferiva il suo operato e gratificato dai modesti aumenti salariali per i successi conseguiti sul lavoro, denunciò il sistema e pagò con la vita la sua onestà.

 

 

 

Articolo da:  win.irpino.it
Giovanbattista Tedesco (nato a Montecalvo Irpino 13.12.1949)

Nella notte tra lunedì 2 e martedì 3 ottobre 1989, in un rione di Taranto, sotto la casa dove abitava, fu trovato, assassinato, il corpo del nostro concittadino, appartenente all’Arma dei Carabinieri, Giovanbattista TEDESCO.
Svolgeva servizio, come capo della vigilanza, all’ITALSIDER, dove allora lavoravano 12.000 persone.
Fu soppresso perché non aveva voluto sottostare alle imposizioni della Sacra Corona Unita che, alle acciaierie di Taranto, la facevano da padrone, come riportato nella Relazione della Commissione Antimafia, presieduta da Gerardo Chiaramonte, e stilata dal giudice Luciano Violante.
All’Italsider, cioè allo Stato, sempre stralciando dalla citata Relazione, si rubava in quattro modi: con le sottofatturazioni delle tonnellate di acciaio che uscivano dallo stabilimento; con i materiali di scarto – e non – che venivano portati alle discariche dove erano pronti i camion dei mafiosi a ritirarli; con le denunce per furti, circa 2 miliardi (dell’epoca) al mese, alle compagnie  assicuratrici, beneficiando del relativo risarcimento; con il Bilancio aziendale costantemente in perdita e il relativo intervento dei finanziamenti statali per il ripiano.
Giovanbattista Tedesco, persona onesta e sincera, inebriato dagli apprezzamenti dei dirigenti ai quali riferiva il suo operato e gratificato dai modesti aumenti salariali per i successi conseguiti sul lavoro, denunciò il sistema e pagò con la vita la sua onestà.

In sintesi di Giovanbattista Tedesco si possono mettere in rilievo queste caratteristiche: “irreprensibile senso del dovere e dell’onestà per la tutela del patrimonio pubblico; invulnerabilità alla logica mafiosa, purtroppo, capitata sul suo cammino; rettitudine morale e sociale; disponibilità ai sacrifici piuttosto che alla corruzione, nonostante fosse l’unica fonte di reddito per la famiglia che, quando fu barbaramente ucciso, non disponeva neppure dei soldi per il funerale”.  Giovanbattista aveva da poco contratto un mutuo per l’acquisto della casa e di un’autovettura per portasi sul luogo di lavoro. Lo stipendio veniva equamente diviso, ogni mese, per fronteggiare puntualmente a tutti i bisogni necessari. L’uccisione del nostro concittadino, all’epoca, tenne banco
su i media. Oltre ai quotidiani e ai periodici fu trattata anche, il 7 dicembre 1989, da Michele Santoro, nella sua trasmissione TV “Samarcanda”, con la partecipazione in studio di magistrati esperti di delitti mafiosi.
La città di Taranto, in riconoscimento del sacrificio del Tedesco, gli dedicò, nel quartiere dove abitava, una piazza. Sulla ricostruita casa paterna di corso Umberto a Montecalvo, in ricordo del sacrificio di un appartenente al corpo, l’Arma gli ha fatto affiggere una lapide commemorativa.

 

 

 

 

 

 

Foto da: irpinonews.altervista.org

Articolo del 5 Settembre 2010 da irpinonews.altervista.org
Intitolazione del piazzale a Giovan Battista Tedesco

L’anno 2010 il giorno 10 del mese di agosto alle ore 12 nel Palazzo Municipale del Comune suddetto la giunta comunale presieduta dal Sindaco Carlo Pizzillo,considerato che nella zona tra vico Cioci e Via Dietro corte si è venuto a formare nel tempo un piazzale ha deliberato di intitolare il piazzale come individuato nell’allegata planimetria parte integrante e sostanziale della presente deliberazione allo stato privo di denominazione a GIOVANBATTISTA TEDESCO, nato a Montecalvo Irpino il 13.12.1949 e deceduto il 02.10.1989.

Eroico carabiniere che, nella notte tra il 2 e il 3 ottobre 1989, in un rione di Taranto, dove lavorava e viveva, fu trovato, assassinato. Era capo della vigilanza all’Italsider, dove lavoravano dodicimila persone. Fu soppresso perché non aveva voluto sottostare alle imposizione della Sacra Corona Unita che, alle acciaierie di Taranto la faceva da padrone, come riportato nella Relazione della Commissione Antimafia, presieduta dall’on. Gerardo Chiaramonte e stilata dal giudice Luciano Violante. Del tragico destino di questo nostro integerrimo concittadino, all’epoca dei fatti, si interessarono, a livello nazionale, giornali e televisioni (una per tutte: Samarcanda condotta da Michele Santoro).  L’Arma e i familiari, a ricordo perenne del tragico destino di quel servitore dello Stato, fecero apporre, sulla facciata della ricostruita casa di Montecalvo, una lapide. Il gesto eroico fu segnalato per la concessione della medaglia d’oro al valore.

 

 

Articolo del 2 Ottobre 2015 da narcomafie.it
Il 2 ottobre 1989 la Sacra Corona Unita uccise Giovanbattista Tedesco
di Marica Todaro

“Avevo solo 8 anni quando la mattina del 3 ottobre mi alzai svegliato da una insolita confusione in casa. Chiesi a mia madre cosa fosse successo. La gente che era accorsa urlava L’hanno ammazzato! L’hanno ammazzato! D’istinto mi avviai verso la finestrella che dava sul cortile interno del palazzo ma mi impedirono di affacciarmi. A terra c’era ancora il corpo di mio padre”.
È il 1989, Taranto è straziata dalla faida nata in seno al clan dei Modeo che miete vittime anche tra gli innocenti. Nella notte tra il 2 e il 3 ottobre si odono degli spari in via della Liberazione. Teresa è in casa insieme al piccolo Alessandro ma non si accorge di nulla. Suo marito, Giovanbattista Tedesco, originario di Montecalvo Irpino, un passato da carabiniere, dalla metà degli anni ’70 presta servizio nella vigilanza dell’ex Italsider, allora industria di Stato. Distintosi per rettitudine e spirito di servizio, è stato promosso capoturno con il compito di controllare le portinerie, sia quelle riservate al transito del personale sia quelle per il transito delle merci.
Giovanbattista ha deciso che quella sera farà lo straordinario ma alle sei del mattino successivo, quando anche la fine del secondo turno è ormai passata da un pezzo, non è ancora rientrato. Dalla finestrella del ripostiglio Teresa riesce a intravedere l’auto del marito, una Nuova Giulia Super 1300 azzurra. Allarmata, avverte una vicina di casa e insieme scendono in strada. Giovanbattista è a terra, i killer lo hanno sorpreso con due scariche di pallettoni sparate da una decina di metri. È un agguato in piena regola, per la particolare efferatezza e il chiaro stampo mafioso l’omicidio suscita una indignata reazione da parte dell’opinione pubblica.
L’idea degli inquirenti, coordinati dal Sostituto Procuratore Vincenzo Petrocelli, si focalizza da subito sulla possibilità che Tedesco, nell’espletamento del suo lavoro di vigilante, abbia scoperto qualche grosso affare illecito all’interno dell’Ilva. Già un dirigente dell’impianto siderurgico addetto al controllo delle discariche collegate all’Ilva era stato oggetto di un atto intimidatorio. Ma a complicare le indagini c’è il muro di omertà che continua a crescere in città. Dalle indagini era emerso che più volte il capoturno aveva ricevuto diverse minacce. La chiave del delitto doveva nascondersi proprio all’interno dell’Ilva.
E infatti nei mesi successivi una serie di ritrovamenti permettono di scoprire un traffico illecito di ghisa fatto transitare come materiale di risulta fuori dall’Ilva. Le indagini portano alla ItalferroSud, ditta appaltatrice gestita da un prestanome di Antonio Modeo, detto il Messicano, latitante condannato nel 1986 per associazione mafiosa. Ma l’invalicabile muro di omertà non consentirà agli investigatori di andare oltre. A Giovanbattista Tedesco, per il quale fino ad oggi non è stata fatta giustizia, va il merito di aver scoperto il cordone ombelicale che collegava l’imprenditoria delinquenziale tarantina all’imprenditoria siderurgica pubblica. L’intransigenza di Tedesco aveva dato fastidio a chi invece sulla connivenza del sistema di vigilanza aveva fondato un vero e proprio traffico illegale.
Giovanbattista Tedesco viene riconosciuto vittima di mafia con decreto del ministero dell’Interno il primo aprile del 2009. Secondo la relazione della Commissione antimafia, Tedesco venne eliminato perché contrastava, con rigore e decisione, le imposizioni della Sacra Corona Unita che tentavano di imporsi alle acciaierie di Taranto.ù

 

 

 

Leggere anche:

 

 

vivi.libera.it
Giovanbattista Tedesco – 2 ottobre 1989 – Taranto (TA)
Un passato da carabiniere, per amore si era trasferito nella città di Taranto e aveva iniziato a lavorare come vigilante presso le acciaierie della città. Si era distinto per rettitudine e spirito di servizio, era un uomo onesto e sincero.

 

 

oltreilfatto.it
Articolo del 2 ottobre 2020
Giovanbattista Tedesco: 31 anni dalla morte
di Francesco Ruggieri
Il 2 ottobre del 1989 fu vigliaccamente ucciso da chi lo considerava un ostacolo ai proprio traffici illeciti

 

 

 

 

 

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