2 Ottobre 2008 Giugliano (NA). Ucciso Lorenzo Riccio, dipendente di una ditta di onoranze funebri il cui titolare, circa 15 anni prima, aveva “osato” testimoniare contro il boss Francesco Bidognetti.

 

Lorenzo Riccio aveva 37 anni quando venne ucciso in un agguato a Giugliano, nel napoletano, il 2 ottobre 2008. Lorenzo era al lavoro come ragioniere in un’agenzia di pompe funebri, la Russo&Co, quando un commando fece irruzione negli uffici. Negli anni Novanta il titolare dell’attività era stato testimone di giustizia in un processo a elementi di spicco dei Casalesi. L’attentato fu pianificato ed eseguito dal gruppo stragista di Setola. Nel luglio 2013 Giuseppe Setola e i suoi complici Giovanni Letizia, Alessandro Cirillo e Davide Granato, sono stati condannati all’ergastolo per sette omicidi, tra cui quello di Lorenzo Riccio, tutti commessi nel corso del 2008.
(memoriaeimpegno.it/)

 

 

Articolo di La Repubblica del 3 Ottobre 2008
Camorra, torna la falange stragista
di Conchita Sannino

GIUGLIANO – Sono ancora in piedi. Feriti dallo Stato, appena indeboliti. Ma più spietati di prima. E ieri sono tornati a uccidere. Con cinquanta proiettili, con le raffiche sparate alla cieca per colpire anche bersagli innocenti. Un altro raid porta la firma del gruppo di fuoco della mafia casalese. Ieri mattina a Giugliano viene assassinato, sotto una pioggia di proiettili, il dipendente di una ditta di onoranze funebri il cui titolare, circa 15 anni fa, aveva “osato” testimoniare contro il boss Francesco Bidognetti, noto come Cicciotto ‘e Mezzanotte, e il suo affiliato Pasquale Vargas. La vittima è Lorenzo Riccio, 37 anni. Un incensurato. Si tratta della vittima numero 17, dal giorno in cui è cominciata la scia di vendette trasversali e spedizioni punitive firmate dal gruppo di fuoco dei casalesi, con l’ assassinio del padre del pentito (omonimo del boss) Bidognetti. Era il 2 maggio scorso. Cinque mesi esatti di terrore. Che il pool antimafia della Procura addebitano alla ferocia criminale del gruppo guidato dal superlatitante Giuseppe Setola. La falange stragista torna così a volto scoperto, subito dopo le vittorie dello Stato, a spargere il suo messaggio di devastazione e morte. Malgrado il blitz che l’ altra mattina ha disarmato tre sicari latitanti, malgrado i centosette ordini di arresto, malgrado il contraccolpo per la scure dello Stato che si è abbattuta, con un sequestro record, su un patrimonio della cosca stimato in 110 milioni di euro. Alle 8.10, su uno stradone periferico del comune di Giugliano, un commando di killer – senza caschi, senza berretti – fa irruzione nell’ ampio esercizio al 613 di via Oasi del sacro Cuore, nella ditta di onoranze funebri del paese, la “Russo & C”, di Luciano Russo.
I killer uccidono un impiegato che si trovava chino su alcune carte, dietro la scrivania di quei locali. Si chiamava Lorenzo Riccio, 37enne, residente a Giugliano. Il ragioniere Riccio aveva appena aperto la saracinesca e poi la porta semiblindata dell’ esercizio. I killer conoscevano orari e abitudini del suo lavoro. Ma nel mirino non c’ era lui, quanto la ditta, l’ insegna che tanti anni prima si era risolta a collaborare con lo Stato per denunciare in un’ aula di giustizia le pressioni del racket del caro estinto, le richieste di danaro, le intimidazioni di Bidognetti e del suo gruppo criminale. Chi si occupò di quel processo, nel 1993, ricorda che la testimonianza del titolare della ditta, Luciano Russo, fu «determinante», insieme alle prove raccolte dalla magistratura, per incastrare il gruppo dei bidognettiani. Perciò i sicari hanno l’ ordine di sparare alla cieca. Gli assassini arrivano su una Cinquecento e, forse, su una moto. Imbracciano un fucile kalashinikov e una pistola automatica. Sparano all’ impazzata. I primi proiettili bucano le porte a vetri blindati dell’ ingresso. I cristalli si frantumano in pochi secondi. Uno dei sicari entra, continua a sparare. Il ragioniere Riccio tenta vanamente di uscire da un piccolo vano-studiolo dell’ ingresso per scappare verso un ufficio sul retro. Ma non fa neanche due metri. Il suo boia lo sorprende alle spalle. Viene massacro di colpi, il corpo di Lorenzo scivola lungo il muro in un lago di sangue. Ne resta impregnato un battiscopa di quell’ ufficio, bianco ghiaccio in origine, nuovo di zecca. è un altro morto innocente, raccontano le prime ricostruzioni della Dda di Napoli, indagini coordinate dal pool antimafia che si occupa dei casalesi, otto pubblici ministeri guidati dal procuratore aggiunto Franco Roberti. Sul luogo del delitto arrivano i carabinieri guidati dal capitano Alessandro Andrei, gli specialisti della Scientifica del Ris. Riccio – stando a tutti i primi riscontri – sarebbe un’ altra vittima per caso. Un altro caduto che non apparteneva alle logiche criminali, che non aveva mai avuto problemi con la giustizia. Proprio come lo erano quasi tutti i cittadini ghanesi massacrati lo scorso 18 settembre nella strage di Castel Volturno.

 

 

Articolo di La Repubblica del 3 Ottobre 2008
Parà in strada ma i Casalesi uccidono nuovo agguato, vittima incensurata
di Conchita Sannino

GIUGLIANO – Indeboliti dai colpi dello Stato, ma più feroci. I killer della falange stragista dei Casalesi tornano a sparare. Un altro agguato, ieri mattina, porta la loro firma. Cinquanta colpi di kalashnikov e di pistole calibro 9 per 21 vengono scaricati sull’ ingresso di una ditta di onoranze funebri. Cade un altro innocente. Sotto la pioggia di proiettili muore il dipendente di una ditta di onoranze funebri il cui titolare, circa 15 anni fa, aveva “osato” testimoniare contro il boss Francesco Bidognetti, noto come Cicciotto ‘e Mezzanotte, e il suo affiliato Pasquale Vargas. La vittima è Lorenzo Riccio, 37 anni. Un incensurato. Si tratta della vittima numero 17, dal giorno in cui è cominciata la scia di vendette trasversali e spedizioni punitive firmate dal gruppo di fuoco dei casalesi, con l’ assassinio del padre del pentito (omonimo del boss) Bidognetti. Era il 2 maggio scorso. Cinque mesi esatti di terrore. Che il pool antimafia della Procura addebita alla ferocia criminale del gruppo guidato dal superlatitante Giuseppe Setola. Intanto il presidente della Repubblica ha firmato ieri il decreto che autorizza l’ impiego, fino al 31 dicembre, dei 500 parà della Folgore inviati sul fronte della lotta al gotha casalese. Già da oggi, dopo le polemiche che avevano opposto il vertice del Viminale al collega della Difesa La Russa, quei militari saranno operativi in posti di blocco anti-camorra e pattugliamenti. E nelle stesse ore torna a Caserta il ministro dell’ Interno Maroni, insieme con il capo della polizia Antonio Manganelli, per un vertice sull’ ordine e la sicurezza che si apre alle 11 in Prefettura. Vi partecipano anche il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, i procuratori capo di Napoli e Santa Maria Capua Vetere, i questori e i comandanti dell’ Arma e della Guardia di Finanza. All’ ordine del giorno c’ è quella che Maroni ha più volte definito «la guerra allo Stato» promossa dall’ avamposto stragista dell’ impero casalese. La cosca che ieri, con l’ ultimo raid, manda l’ ennesimo messaggio: «Non siamo finiti». Malgrado il blitz con i 107 ordini di arresto, la cattura dei tre killer e un sequestro record da 100 milioni di euro.

 

 

 

 

Fonte:  internapoli.it
Articolo del 3 ottobre 2008
UCCISO CON QUARANTA COLPI, GLI INQUIRENTI: VENDETTA DEI CASALESI

Una raffica di quaranta proiettili sono stati sparati ieri a Giugliano, a terra un incensurato di 47 anni. Lorenzo Riccio, uomo mite e introverso, sposato con due figli, abitava in via Metito a Giugliano. Lavorava da dieci anni, come ragioniere, nella ditta Russo e C. in via Oasi Sacro Cuore. Ieri mattina, erano da poco passate le 8 e il 47enne, varia l’uscita da casa. Tutte le mattine prima di recarsi a lavoro, accompagnava il figlioletto alla scuola elementare. Ma fatalità vuole che il bambino rimane a casa. Riccio va quindi direttamente nell’agenzia di onoranze funebri, seguito con tutta probabilità dai suoi assassini. Scende dalla macchina e si appresta ad aprire la serranda quando alle sue spalle i killer, forse due, iniziano la loro mattanza. Freddi e determinati sparano 40 colpi crivellando tutto quello che si trovano d’avanti.

Ritrovati sul posto proiettili di un fucile kalashnikov e una pistola calibro nove. Al vaglio degli inquirenti i colpi sparati per capire se le armi sono state utilizzate anche lo scorso 18 settembre, quando vennero uccisi sei ghanesi e il titolare di una sala giochi. Secondo le indagini l’omicidio di Riccio potrebbe essere un chiaro segnale dei killer ancora ricercati, Giuseppe Setola, Emilio Di Caterino e Giovanni Vergas. Proprio quest’ultimo era uno dei denunciati dai titolari dell’agenzia Russo e C., che negli anni novanta denunciarono alcuni esponenti del clan Bidognetti per tentativo di truffa e estorsione. Processo che portò la condanna definitiva di Francesco Bidognetti.

Una mattanza che potrebbe dare un chiaro segnale, per chi è stato arrestato nel bliz dei giorni scorsi, «il clan non dimentica» in caso di pentimento. Fino a tarda sera i carabinieri della Compagnia di Giugliano hanno ascoltato i titolari della ditta, dove lavorava Lorenzo Riccio, e i familiari dello stesso. Le indagini continuano nel riserbo assoluto e si cerca di dare un volto ai sicari che a viso scoperto avrebbero agito con una Fiat 500, nera, nuovo modello.

La famiglia Russo, conosciuta a Giugliano, ha avuto nel 1979 un altro lutto, uno dei fratelli Russo fu ammazzato all’interno della sua agenzia. Resta comunque l’interrogativo del perché hanno colpito proprio lui. Una persona che non aveva nulla a che vedere con la malavita e a suo carico solo un controllo avvenuto qualche anno fa, ritrovato dai carabinieri a Parete in compagnia di alcuni malavitosi. Per gli inquirenti rimane una vittima innocente.

 

 

 

Articolo di La Repubblica del 4 Ottobre 2008
Lo stesso kalashnikov della strage usato nell’ omicidio di Giugliano
di Conchita Sannino

Era a capo degli assassini che massacravano un altro innocente. Sarebbe stato proprio Giuseppe Setola, il superlatitante, a uscire dalla sua tana per tornare a sfidare lo Stato, dopo il maxiblitz. Ha imbracciato il kalashnikov già usato per sterminare i ghanesi innocenti. Le stesse raffiche sparate alla cieca. Per un duplice massaggio di morte: agli imprenditori che non si piegano al racket. E a chi – tra i soci appena arrestati – dovesse aprire la bocca, collaborare. Il giorno dopo l’ assalto alla ditta di onoranze funebri di Giugliano, costato la vita al ragioniere della ditta Lorenzo Riccio, il pool antimafia sospetta che a guidare il gruppo assassino – composto di almeno 5 persone – vi fosse Giuseppe Setola, capobranco del gruppo stragista, il finto cieco, l’ ex fedelissimo bidognettiano che era già imputato per omicidio e ciò nonostante aveva ottenuto gli arresti domiciliari per presunte, gravi patologie ad un occhio. Sul delitto Riccio, indagano i pm Antonello Ardituro, Alessandro Milita, Raffaello Falcone, coordinatori dal procuratore Franco Roberti. Le comparazioni balistiche confermano: le sventagliate che hanno ucciso quel dipendente (vittima per caso) arrivano dalla stessa arma che ha già sparato contro i sei cittadini africani, alla sartoria di Castel Volturno. è proprio il kalashnikov che mancava all’ appello, nell’ arsenale ritrovato quattro notti fa a Monterusciello, durante la cattura dei killer Cirillo, Spagnuolo e Letizia. Sull’ assalto di giovedì contro l’ impresa di pompe funebri “Russo”, è confermato il movente della vendetta. Uno dei titolari di quella ditta, Luciano, negli anni Novanta aveva testimoniato i ricatti dei casseri del racket del boss Bidognetti. La pressione investigativa non si ferma. E produce un nuovo tassello utile alla caccia: i poliziotti morti durante l’ inseguimento a Casapesenna (Francesco Alighieri e Gabriele Rossi) erano andati troppo vicino a un’ auto usata dal gruppo stragista. Quella Panda nera (che provocò l’ incidente mortale) sarebeb stata usata per trasportare armi. O killer. Forse anche Setola, il capobranco del terrore.

 

 

 

Articolo del 9 Luglio 2013 da qn.quotidiano.net
Camorra, ergastolo al boss Setola e ad altri 3 esponenti del clan dei Casalesi
Con il processo conclusosi è stata riconosciuta la responsabilità dell’ala stragista dei Casalesi guidata da Setola.

Napoli, 9 luglio 2013 – Quattro esponenti dell’ala stragisa del clan dei Casalesi sono stati condannati all’ergastolo dai giudici della corte  di Assise del tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Sono accusati di aver ucciso 6 persone nei 9 mesi in cui il capo stragista, Giuseppe Setola, detto O’Cecato, era latitante. Setola era evaso dalla clinica di Pavia nell’aprile 2008 ed è stato arrestato nel gennaio del 2009 a Trentola Ducenta.

I magistrati della corte di Assise, nel pomeriggio di oggi, accogliendo in pieno le richieste di pena avanzate nella requisitoria finale dai pm della Dda di Napoli Cesare Sirignano e Alessandro Milita, hanno condannato al carcere a vita con isolamento diurno per tre anni il killer Setola, e i suoi fedelissimi: Alessandro Cirillo detto O’Sergente e Giovanni Letizia detto O’Zuoppo.

Ergastolo anche per Davide Granato, colui che avrebbe svolto il ruolo di informatore dei killer del clan Bidognetti. Gli omicidi contestati ai quattro sono quelli di Umberto Bidognetti, padre del collaboratore di giustizia Domenico e zio del boss Francesco Bidognetti detto Cicciotto e’mezzanotte, Doda Ramis (omicidio commesso a San Marcellino), Kazaki Daniel, del gestore della sala giochi di Baia Verde, Antonio Celiento, del ragioniere Lorenzo Riccio di Giugliano e di Stanislao Cantelli, l’anziano ucciso nel settembre del 2008 mentre giocava a carte in un circolo di Casal di Principe solo perché era uno zio di un collaboratore di giustizia.

 

 

 

Articolo del 9 Luglio 2013 da  napoli.repubblica.it
Casalesi, ergastolo per Setola e i suoi killer
Condannati per sette omicidi commessi nel 2008, quando seminavano il terrore nel Casertano.

Il boss della cosiddetta “fazione stragista” del clan dei Casalesi, Giuseppe Setola, e i suoi complici Giovanni Letizia, Alessandro Cirillo e Davide Granato sono stati condannati all’ergastolo per sette omicidi commessi nel 2008, nel periodo in cui il gruppo di fuoco seminava il terrore in provincia di Caserta. La sentenza è stata emessa in serata dalla seconda corte d’assise di Santa Maria Capua Vetere.

I giudici hanno accolto le richieste del pm Cesare Sirignano disponendo per Setola, Letizia e Cirillo anche tre anni di isolamento diurno.

Gli omicidi dei quali i quattro erano imputati sono quelli di Umberto Bidognetti, padre del collaboratore di giustizia Domenico, Arthur Kazani, Zyber Dani, Ramis Doda, Antonio Celiento, Lorenzo Riccio e Stanislao Cantelli.

Giuseppe Setola è accusato di avere commesso almeno 20 omicidi nell’arco di un paio d’anni: tra questi la spaventosa strage di Castelvolturno dove, all’esterno e all’interno di una sartoria, furono uccisi sei extracomunitari. Un’ora prima il gruppo di fuoco aveva ucciso anche un italiano. Era la sera del 18 settembre del 2008.

 

 

 

Fonte:  corrierece.it
Articolo del 28 marzo 2014
CAMORRA. La Corte di Cassazione conferma sei ergastoli a carico del macellaio Giuseppe Setola, il killer dell’ala stragista dei clan

Catturato a Mignano Montelungo il 14 gennaio del 2009, Pepp’ o’ cecat’ nel 2008 si è dato molto da fare compiendo un vero e proprio sterminio a capo dell’ala stragista del clan dei casalesi…
Arriva dalla Corte di Cassazione la “pietra tombale” sulla carriera camorristica di Peppe o’ cecat’. Gli ermellini hanno infatti confermato le sei condanne all’ergastolo inflitte al killer Giuseppe Setola, capo dell’ala stragista del clan dei Casalesi, per sette omicidi tra cui figura anche quello di Umberto Bidognetti, padre del “pentito” Domenico, stretto parente del boss Francesco Bidognetti, soprannominato “cicciotto ‘e mezzanotte”, avvenuto il 2 maggio del 2008, a Cancello e Arnone. La Cassazione gli ha anche inflitto tre anni di isolamento diurno.

Setola è ancora sotto processo per altri tre agguati in cui furono uccise quattro persone: si tratta di quello al titolare di una scuola guida, Domenico Noviello, trucidato da decine di colpi il 16 maggio del 2008 in localita’ Baia Verde di Castel Volturno; l’11 luglio, nel Lido “La Fiorente” di Varcaturo, venne ammazzato Raffaele Granata, 70 anni, gestore dello stabilimento balneare e padre del sindaco di Calvizzano (anche lui reticente alle richieste di pizzo); il 12 settembre, a San Marcellino, furono invece uccisi Antonio Ciardullo (titolare di una ditta di trasporti) e il suo dipendente Ernesto Fabozzi.

Oltre che di Umberto Bidognetti, Setola è stato ritenuto responsabile di altri sei omicidi avvenuti tutti nel 2008 (periodo stragista) nel casertano: due albanesi sono stati uccisi il 4 agosto a Castel Volturno mentre erano seduti ai tavolini di un bar (Ziber Dani, di anni 40, e Arthur Kazani, di 36 anni); il 21 agosto, a San Marcellino, muore ammazzato Ramis Doda, 25 anni, davanti al “Bar Freedom”. I tre albanesi, arrotondavano con lo spaccio, ma avevano il permesso di soggiorno e lavoravano nei cantieri come muratori e imbianchini. La sera del 18 settembre, a Castel Volturno, ancora in localita’ Baia Verde, Antonio Celiento, 53 anni, fratello di un affiliato alla fazione Schiavone dei Casalesi, muore crivellato da 60 colpi nella sala giochi di cui e’ titolare. Altri due omicidi, Setola, li mette a segno nel mese di ottobre di quell’anno: uno riguarda Stanislao Cantelli, zio dei collaboratori di giustizia Luigi e Alfonso Diana (ucciso il 5 ottobre) e l’altro Lorenzo Riccio, ragioniere di un’agenzie di trasporti funebri di Giugliano in Campania (Napoli), ammazzato il 2 ottobre, perche’ il suo titolare, 15 anni prima, aveva testimoniato contro il boss Francesco Bidognetti.

 

 

 

 

 

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