22 Febbraio 1991 Misterbianco (Catania). Ucciso Nicola Di Marco, geometra del comune.

Misterbiano (CT), 22 febbraio 1991, per ucciderlo, non hanno avuto esitazione ad inseguirlo fin dentro l’ ufficio, per sparargli il colpo di grazia davanti a decine di persone. Nicola Di Marco, 37 anni, un contratto a termine da geometra, si occupava di sanatorie edilizie, con il comune di Misterbianco, a pochi chilometri da Catania, è stato ammazzato come un boss, ma aveva avuto solo piccoli problemi con la giustizia. Secondo gli inquirenti, l’uomo avrebbe pestato i piedi a qualche personaggio influente delle cosche che operano nei paesi dell’entroterra catanese. La zona tra Lineri e Monte Palma, nel comune di Misterbianco, è stata costruita abusivamente per la quasi totalità, ed è considerata ad alta concentrazione mafiosa. (Tratto da La Repubblica)

 

 

Assunto a tempo determinato si occupava di sanatorie edilizie.
Articolo di La Repubblica del 23/02/1991
GEOMETRA ‘GIUSTIZIATO’ IN COMUNE

CATANIA Per ucciderlo, non hanno avuto esitazione ad inseguirlo fin dentro l’ufficio, per sparargli il colpo di grazia davanti a decine di persone. Nicola Di Marco, 37 anni, un contratto a termine da geometra con il comune di Misterbianco, a pochi chilometri da Catania, è stato ammazzato come un boss, ma aveva avuto solo piccoli problemi con la giustizia.

L’azione del commando di killer è stata spavalda: alle 12 di ieri Di Marco era appena sceso dalla sua Fiat Uno bianca, che aveva parcheggiato poco distante dall’ufficio tecnico dove lavorava da settembre, da quando era stato assunto a tempo determinato per definire le pratiche di sanatoria edilizia. Stava per accendersi una Multifilter quando sono entrati in azione i killer, che lo stavano aspettando.

Nell’arco di qualche secondo, in via Roma, uno stretto budello alla periferia del paese chiuso dalla stazione della ferrovia Circumetnea, è cominciata una sparatoria furibonda, mentre gli studenti fermi davanti al piazzale cercavano scampo all’interno della stazione e i passanti scappavano verso gli angoli della strada. I killer hanno cominciato a sparare con un fucile caricato a pallettoni e con una pistola Luger calibro 9.

Al primo colpo di lupara sono schizzate via dalle mani di Di Marco accendino e sigaretta, e uno schizzo di sangue è rimasto sui resti del finestrino della Uno frantumato. Malgrado fosse ferito ad un braccio, Di Marco ha cominciato a scappare, correndo verso l’ufficio tecnico, ma i sicari non gli hanno dato scampo, inseguendolo e continuando a sparare. Sul marciapiede che porta ai gradini dell’ingresso dell’ufficio sono rimasti una decina di bossoli a poca distanza l’uno dall’altro e fitte e minuscole gocce di sangue di Nicola Di Marco: i proiettili lo avevano raggiunto anche ad un gluteo e ad una scapola.

L’uomo tuttavia è riuscito anche a saltare dentro l’anticamera dell’ufficio, imboccare un corridoio e chiudersi alle spalle la porta della stanza attigua al centralino. Le decine di impiegati e di cittadini che in quel momento affollavano l’ufficio, sconvolti dalla paura hanno cercato rifugio barricandosi nelle stanze proprio mentre stavano arrivando i killer. Due di loro hanno sfondato la porta dopo aver sparato alla serratura e hanno raggiunto Di Marco. Pochi attimi, ancora una scarica di pallottole e poi due colpi alla testa con la calibro 9 quando l’uomo era già a terra in un lago di sangue.

Come da copione, poi gli assassini sono scappati indisturbati. Carabinieri e polizia sono arrivati pochi minuti dopo, e hanno sequestrato i fogli di presenza degli impiegati dell’ufficio per trovare qualche testimone dell’omicidio. Con le pattuglie sono arrivati sul posto anche il colonnello Carlo Gualdi, comandante del gruppo carabinieri di Catania e il vicequestore Giuseppe Fontanazza, a riprova dell’allarme suscitato dall’omicidio.

Ma è stata la spavalderia dei killer più che la personalità della vittima a richiamare a Misterbianco i vertici investigativi catanesi. Sul conto di Di Marco pendeva infatti solo un precedente per millantato credito che risale al 1983 e una denuncia per emissione di assegni a vuoto. Per il millantato credito, Nicola Di Marco aveva anche scontato un anno di carcere prima di tornare libero per decorrenza dei termini. Difficile quindi capire perché l’uomo sia stato ucciso con un’azione tipicamente mafiosa.

A parte i precedenti, in paese Di Marco non era considerato un personaggio di spicco. Le indagini dunque sembrano orientate alla sua attuale attività. Secondo gli inquirenti, l’uomo avrebbe potuto pestare i piedi a qualche personaggio influente delle cosche che operano nei paesi dell’entroterra catanese. La zona tra Lineri e Monte Palma, nel comune di Misterbianco, è stata costruita abusivamente per la quasi totalità, ed è considerata ad alta concentrazione mafiosa. – t c

 

 

 

Fonte: archivio.unita.news
Articolo del 23 febbraio 1991
Inseguito e ucciso nei corridoi del municipio
di Walter Rizzo

Omicidio mafioso all’interno di un ufficio comunale a Misterbianco, un comune a pochi chilometri da Catania. Due killer hanno teso un agguato a Nicola Di Marco, un geometra di 36 anni che lavorava all’ufficio «sanatoria edilizia». I primi colpi esplosi in strada, poi l’uomo ha cercato rifugio all’interno dell’ufficio, ma i killer lo hanno finito sparando all’impazzata tra la gente. Il movente: forse In uno «sgarro» ai danni di qualche personaggio «intoccabile».

MISTERBIANCO. (Catania). Lo hanno inseguito su per le scale dello stabile che ospita l’ufficio tecnico comunale. Non hanno esitato a sparare all’impazzata tra la gente che affollava le stanze e i corridoi del Municipio. I killer che ieri, poco dopo mezzogiorno, hanno ucciso a revolverate Nicola Di Marco, geometra di 36 anni, avevano l’ordine di non fermarsi davanti a niente pur di portare a termine la loro missione. È stato un inferno di fuoco che ha seminato il panico e che, solo per un miracolo, non ha provocato altre vittime, oltre quella che si trovava nel mirino della squadra della morte.

Erano da poco passate le 12, a Misterbianco, un grosso comune a pochi chilometri da Catania, e Nicola Di Marco aveva appena parcheggiato la sua auto davanti alla sede comunale che ospita l’ufficio tecnico. Il giovane era sceso e stava accendendo una sigaretta. All’improvviso, il primo colpo: una scarica di lupara, esplosa, pare, da un fucile calibro dodici. Di Marco è stato colpito all’avambraccio e al torace. Ferito e terrorizzato, il giovane ha tentato una fuga verso l’edificio comunale, mentre nella piazzetta, che si trova accanto alla stazione della ferrovia circumetnea si scatenava il panico.

L’edificio del Comune a quell’ora era affollato dagli impiegati e da numerosi cittadini, che, come ogni giorno, si erano recati nell’ufficio per sbrigare pratiche. Quella di Nicola Di Marco è stata una corsa disperata lungo la rampa di scale che porta al piano degli uffici. I due sicari, che agivano a viso scoperto, lo inseguivano continuando a sparare con una pistola «Luger» e con un calibro nove “parabellum”. Ancora due colpi a segno: uno al gluteo e un altro alla scapola, ma neppure questi sono bastati a fermare la corsa di Nicola Di Marco, che ha continualo la sua fuga perdendo sangue e urlando.

A un certo punto, il giovane ha creduto di aver raggiunto la salvezza. La porta dell’ufficio tecnico era là, spalancata davanti a lui.  Nicola Di Marco è riuscito ad entrare e a bloccare la serratura.  Per un attimo, ha creduto di avercela fatta a scampare alla morte. Ma i due killer dovevano uccidere. Volevano la sua vita e nulla poteva fermarli. Hanno sparato altri due colpi attraverso l’uscio e quindi hanno sfondato la porta. Ancora una valanga di colpi contro una vittima che non aveva più vie di scampo. Due quelli mortali: entrambi alla testa.

Un attimo dopo i due assassini erano nuovamente in strada: hanno lasciato l’edificio senza che nessuno potesse far nulla per fermarli. Pochi minuti dopo l’aria era tagliata dall’urlo delle sirene. Sul posto sono arrivati funzionari di polizia e carabinieri che hanno cercato di ricostruire, non senza difficoltà, la dinamica di quest’incredibile fatto di sangue.

Nicola Di Marco lavorava come geometra al Comune di Misterbianco.  Dal mese di settembre aveva un contralto a termine per espletare i rilievi e istruire le pratiche per la sanatoria edilizia. Nel suo passato solo un guaio con la giustizia, nel 1983, quando era stato arrestalo per millantato credito e per assegni a vuoto. Precedenti di poco conto, che non farebbero pensare all’inserimento del giovane negli ambienti della malavita di Misterbianco, sulla quale regna incontrastato Pippo Pulvirenti «u malpassotu», uno dei   luogotenenti di Nitto Santapaola. Il tecnico ucciso ieri era conosciuto in paese per la sua attività di geometra comunale. Un lavoro che gli avrebbe permesso, secondo il parere degli inquirenti, di chiedere «mance» per agevolare alcune pratiche. In questo modo, potrebbe essere entrato in conflitto, forse   inconsapevolmente, con qualche “intoccabile”.

 

 

 

 

 

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