21 Novembre 1988 Palermo. Resta ucciso Michele Virga nell’agguato al boss di Misilmeri, con cui era in auto.

Per la foto si ringrazia Giovanni Perna di Dedicato alle vittime delle mafie, gruppo Facebook

Michele Virga, 52 anni, venne ucciso a Palermo il 21 novembre 1988 da proiettili diretti a Giovanni Amato (patriarca di Misilmeri). Michele Virga, ex vigile urbano che da qualche anno gestiva un autosalone, è morto perché si trovava in auto con lui.

 

 

 

 

 

Fonte:  archivio.unita.news
Articolo del 22 novembre 1988
Un boss e  il suo  autista  massacrati tra  la  folla
Oggi  sindacato  in piazza

di Francesco Vitale
La mafia uccide a Palermo 

PALERMO. La mafia torna a seminare morte e paura a Palermo. Sotto i colpi dei sicari cadono un boss, Giovanni Amato, 67 anni, padrino di Misilmeri e il suo autista Michele Virga, 57 anni, di Piana degli Albanesi.

Un’esecuzione micidiale, tecnicamente perfetta, compiuta nello squallido scenario di piazza Scaffa, tra casermoni popolari e macerie, davanti a decine di testimoni.

I killer, almeno sei, hanno bloccato la Ritmo bianca su cui viaggiavano le due vittime ed hanno cominciato a sparare da tutte le posizioni con pistole calibro 38 a tamburo. Una pioggia di piombo per un boss che era uscito indenne dalla guerra di mafia degli anni Ottanta e dalle inchieste giudiziarie sfociate poi nei Maxiprocessi.

Nessun pentito, da Buscetta a Calderone, aveva mai fatto il suo nome.  L’obiettivo dei sicari era Giovanni Amato, il primo ad essere colpito: Michele Virga, un ex vigile urbano che da qualche anno gestiva un autosalone, è morto perché si trovava con lui. Troppo rischioso per il commando lasciare vivo quello che sarebbe potuto diventare uno scomodo testimone.

Dopo aver compiuto la missione di morte, i Killer sono fuggiti a bordo di due auto rubate armi in pugno a due passanti.

Il duplice delitto è stato compiuto a pochi passi da Cortile Macello, uno spiazzo sudicio e maleodorante dove, nel marzo dell’84, la mafia compì uno dei suoi crimini più terribili: in una stalla vennero trucidate 8 persone per una storia di macellazione clandestina della carne.

Con il duplice omicidio di ieri mattina salgono a 31 i morti ammazzati a Palermo dall’inizio dell’anno. Ma chi era Giovanni Amato?  E perché è stato ucciso? Per gli investigatori il boss di Misilmeri (un centro a 15 chilometri da Palermo) era un personaggio di primissimo piano nello scacchiere di Cosa nostra. Amico di alcuni uomini politici palermitani, Amato era titolare di un dossier giudiziario di tutto rispetto. Indiziato di vari omicidi, implicato negli anni Cinquanta in un sequestro di persona, mandato al confino un paio di volte, il padrino di Misilmeri amava comandare dietro le quinte.

Negli ultimi mesi, però, aveva forse tentato il salto di qualità che gli è costato la vita. L’ultima disavventura giudiziaria Amato l’aveva avuta nel marzo dello scorso anno quando era finito in manette per una vicenda di tangenti alla Motorizzazione civile di Palermo. Insieme a Giuseppe Lamantia, consigliere comunale democristiano di Palermo, il boss aveva organizzato un grande business di false revisioni d’auto. Un giro di svariati milioni che aveva portato in carcere 8 persone tra cui alcuni funzionari della Motorizzazione. Amato aveva ottenuto la libertà provvisoria da poco più di un mese.

Il suo nome compare per la prima volta verso la fine degli anni Cinquanta quando viene arrestato insieme a Michele Cavataio, il boss ucciso nella strage di viale Lazio. Proprio oggi si svolgerà la manifestazione del sindacato contro la mafia. Dovrebbero intervenire l’Alto commissario Sica e il presidente della commissione Antimafia Chiaromonte.

 

 

 

 

 

Articolo di La Repubblica del 22 Novembre 1988
MASSACRO IN SICILIA LA MAFIA UCCIDE 6 VOLTE
di Francesco Viviano

PALERMO Sei morti di mafia nel giro di otto ore in Sicilia. I sicari di Cosa Nostra sono stati mobilitati per uccidere un padrino vecchio stampo a Palermo ed un pregiudicato di una della cosche di Gela dove è in corso una faida sanguinosa senza precedenti. Assieme a loro sono stati assassinati forse due innocenti, colpevoli soltanto di trovarsi in loro compagnia. In serata le calibro 38 e le lupare sparavano contro altri due pregiudicati Francesco Pistone di 35 anni di Butera in provincia di Caltanissetta e Luciano Gulisano di 38 di Paternò entrambi pregiudicati. A Palermo i sicari sono entrati in azione poco dopo le otto di ieri mattina; un plotone di esecuzione composto da almeno sei uomini reclutati per assassinare un don di tutto rispetto, abilissimo, che agiva nell’ ombra, che era stato soltanto sfiorato dalla giustizia. Giovanni Amato, 67 anni, era ritenuto il patriarca di Misilmeri, un paese al confine orientale di Palermo, assassinato insieme con il suo amico ed autista Michele Virga di 52 anni. Pochi colpi di calibro 38 sparati da due sicari e don Giovannino Amato è morto sul colpo, un proiettile ha mancato il bersaglio ma ha colpito alla nuca Michele Verga, anche lui deceduto all’ istante. L’ agguato era stato preparato nei minimi dettagli: i sicari, a bordo di due automobili, una Fiat Uno ed una Renault 9, trovate bruciate qualche ora dopo la duplice esecuzione, avevano seguito gli spostamenti di Giovanni Amato che poco prima delle sette era stato prelevato a casa dal suo amico Michele Virga con una Fiat Ritmo. Quando sono giunti a Palermo, in prossimità di piazza Scaffa, dove quattro anni fa si consumò la strage di Cortile Macello con otto morti, l’ automobile del boss è stata superata dalla Renault 9, mentre la Fiat Uno la tallonava da dietro. Virga è stato costretto a fermarsi ed è stato a quel punto che i sicari hanno cominciato il tiro a bersaglio sulla vittima predestinata. I killer sono quindi fuggiti bruciando poi le automobili per compiere l’ agguato per far scomparire ogni traccia. Probabilmente, per un contrattempo, non hanno potuto usare altre automobili pulite per proseguire la fuga, ma i sicari non si sono persi d’ animo ed armi in pugno hanno bloccato due automobilisti, Giuseppe Garofalo di 62 anni e Filippo De Luca di 22, impossessandosi dei loro automezzi, una Fiat Uno e una Y10 che fino a tarda sera non sono state ancora ritrovate. Don Giovannino Amato era una vecchia conoscenza della polizia, nei cui archivi aveva intestato un voluminoso fascicolo. Era stato sospettato negli Anni 50 di avere avuto un ruolo nell’ uccisione del medico presunto boss di Corleone Michele Navarra, il primo omicidio attribuito a Luciano Liggio per il quale il boss è stato condannato all’ ergastolo. Ma contro Amato non venne mai trovata nessuna prova. L’ indiziato mafioso venne inviato al confino nell’ isola di Ustica e tornato negli Anni 60 venne arrestato per il sequestro del Giovanni Affronti, rilasciato dopo alcuni mesi senza pagare nessun riscatto. Fu un sequestro misterioso dal quale, ancora una volta, Giovanni Amato ne uscì indenne. Nel marzo scorso l’ ultimo incidente giudiziario, una vicenda legata ad una maxi-truffa alla motorizzazione. Giovanni Amato venne arrestato insieme al consigliere comunale democristiano di Palermo Giuseppe La Mantia, funzionario della motorizzazione. Amato venne accusato con la complicità di funzionari ed impiegati della motorizzazione di fare ottenere agli amici ed agli amici degli amici, facili revisioni di autocarri per i quali bastava pagare una tangente. Nei mesi scorsi Amato ottenne la libertà provvisoria ed era rientrato a Misilmeri suo paese di origine. Negli ultimi tempi però non si spostava più da solo, probabilmente temeva qualcosa. Gli equilibri all’ interno di Cosa Nostra sono instabili e secondo gli inquirenti Amato potrebbe essere stato ucciso nell’ ambito di quella regia secondo la quale i Corleonesi starebbero eliminando tutti i rami secchi. I morti di Gela, Orazio D’ Amico, di 35 e Tommaso Esposito Ferrara di 24, sarebbero caduti nell’ ambito della sanguinosa faida che dall’ inizio dell’ anno a ieri ha fatto ventisei vittime. D’ Amico (fratello di Nicola, assassinato mercoledì scorso) ed Esposito Ferrara, sono stati assassinati in pieno centro.

 

 

 

Fonte: archiviolastampa.it
Articolo del 22 novembre 1988

La mafia fa strage: sei morti
di Antonio Ravidà
Un boss e l’autista assassinati a Palermo – Altre tre vittime nella faida di Gela – Pregiudicato ucciso nel Catanese – Oggi manifestazione dei sindacati.

PALERMO — Un boss di medio calibro e il suo autista assassinati a Palermo. Un pasticciere e un suo amico eliminati nell’interminabile faida di Gela. Un pregiudicato denunciato per associazione mafiosa ammazzato a Paternò, nel Catanese. Un agricoltore ucciso a Butera, 20 chilometri da Gela.

In Sicilia la mafia continua ad uccidere, mentre oggi i responsabili nazionali di Cgil, Cisl e Uil confermano alla Fiera del Mediterraneo di Palermo il «no» dei lavoratori italiani alla violenza e alla droga. Come domenica ha fatto nelle chiese dell’isola il clero siciliano con il cardinale Salvatore Pappalardo.

A Palermo saranno questa mattina Franco Marini e Giorgio Benvenuto. Non ci sarà il dimissionario Antonio Pizzinato; il suo posto nella manifestazione verrà preso da Eduardo Guarino. Mancheranno anche quelli del Coordinamento antimafia.

Intanto le cosche regolano i loro conti. Il boss ucciso con numerosi colpi di pistola automatica è Giovanni Amato, 67 anni, di Misilmeri (Palermo), sorpreso da sei killer mentre era su una Ritmo Diesel con Michele Virga, 52 anni, un ex vigile urbano di Piana degli Albanesi, altro paese della cintura palermitana. L’agguato è avvenuto alle 8,15 del mattino. Dopo essersi accertati che Amato e Virga erano morti, gli assassini sono fuggiti su una Renault 9 e una Fiat Uno che poco dopo hanno abbandonato e bruciato dopo averle cosparse di benzina.

Sfiorato da tutte le inchieste antimafia, comprese quelle che hanno portato ai tre maxiprocessi, l’anno scorso Amato era stato arrestato per uno scandalo all’Ispettorato della motorizzazione. Da tre mesi l’anziano boss aveva ottenuto la libertà provvisoria.

A Gela gli omicidi sono saliti a 26 dallo scorso Natale a ora con l’uccisione del pasticciere Orazio D’Amico di 35 anni e di Tommaso Esposito Ferrara, 24 anni, abbattuti con numerosi colpi di rivoltella all’uscita da un bar nel centro della città. Mercoledì scorso in un altro agguato davanti a un distributore di benzina era stato assassinato un fratello di Orazio D’Amico, Nicola, considerato uno dei «picciotti» più svelti della malavita gelese.

A sparare contro Orazio D’Amico e Tommaso Esposito Ferrara sono stati due giovani che subito dopo si sono fatti largo tra la folla spaventata, salendo in fretta su un’automobile condotta da un complice.

A Butera Francesco Pistone, 35 anni, è stato ucciso da un colpo di fucile in faccia. A Paternò la vittima è Luciano Gulisano, di 38 anni, il cui cadavere è stato trovato dai carabinieri avvertiti da una telefonata anonima. E’ stato assassinato a colpi di pistola.

 

 

 

 

 

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