22 Novembre 1995 Locri. Ucciso Fortunato Correale, meccanico. Onesto cittadino ucciso dalla mafia perché non aveva rispettato le regole dell’omertà.

Foto da info@quotidianodelsud.it

Fortunato Correale, 44 anni, padre di tre figli, il 22 novembre del 1995 è stato crivellato da sette colpi di pistola nella sua autofficina di Locri.
Correale aveva rotto l’omertà, aveva parlato dei movimenti di un gruppo di giovani d’ onore che andavano in giro a bruciare le auto dei carabinieri per intimidirli, ma le “famiglie” erano subito venute a conoscenza della testimonianza, di quella sua e di quella della moglie e scattò la vendetta, puntuale, feroce, “esemplare” perché tutti vedessero e tutti si regolassero di conseguenza, cucendosi la bocca.

 

 

 

Articolo da La Republica del 4 Febbraio 1996
DENUNCIÒ I KILLER, UCCISO DAL BOSS 
di Pantaleone Sergi

LOCRI – Ha avuto il coraggio di parlare ed è stato ucciso. Ordine dei boss. In terra di ‘ ndrangheta l’ omertà è inviolabile. Costa la vita. Per questo il meccanico (Carmelo)* Correale, 44 anni, padre di tre figli, il 22 novembre dell’anno scorso è stato crivellato da sette colpi di pistola. Aveva visto, stando con la moglie alla finestra, quattro giovani incendiare l’ auto di un carabiniere. Credeva che in una zona ad alta densità mafiosa potesse godere, parlando, di una forte protezione. Ma così non è stato. Uno dei soldati delle cosche, Salvatore Dieni, 25 anni, indicato come il nipote del boss di Locri, è stato arrestato per l’ omicidio. Nega, nega tutto. Ma a inchiodarlo, dicono i carabinieri, che ricercano anche il complice Domenico Caminiti, ci sono tanti indizi e tante prove: sarebbe lui il feroce esecutore materiale, il giovane che arrivato all’ officina di Correale a bordo di una Fiat Uno, ha sparato a quell’ uomo che disperato tentava di trovare scampo. E’ SCOSSA Locri, abbandonata dallo Stato dopo i fuochi della caccia ai sequestratori negli anni scorsi. E gli uomini in divisa ora si preoccupano di tenere sotto custodia la moglie di Correale, Maria Teresa Adornato, e i suoi tre figli. Correale aveva rotto l’ omertà, aveva parlato dei movimenti di un gruppo di giovani d’ onore che andavano in giro a bruciare le auto dei carabinieri per intimidirli, ma le “famiglie” erano subito venute a conoscenza della testimonianza, di quella sua e di quella della moglie. C’ era stato un crescendo di auto bruciate nell’ autunno scorso a Locri. Quasi una battaglia diretta tra “picciotti” e uomini in divisa che si danno molto da fare. E bruciare le auto private dei carabinieri, obiettivo quasi dichiarato dei clan, significava creare anche tensioni e paure nelle famiglie: chi poteva garantire che dagli attentati simbolici non si sarebbe passati a ben altro? Le indagini, quindi, diventano “febbrili” veramente. Avere una pista era importante. Avere poi la descrizione degli attentatori che in pieno giorno, alle tre del pomeriggio, mandarono a fuoco l’ auto del carabiniere Tonino Scuderi, una cosa quasi insperata in zona d’ omertà. L’ auto incendiata, infatti, era parcheggiata davanti all’ officina di Correale, poco distante dalla Compagnia carabinieri di Locri, sulla strada che dal mare porta in Aspromonte. Correale era con la moglie al bancone. Vide quei giovani armeggiare accanto all’ auto e darle fuoco. Fu convocato in caserma e disse quel che sapeva, confidava di essere protetto. Ma la mafia lo venne a sapere, forse per una leggerezza, forse tramite una talpa. E scattò la vendetta, puntuale, feroce, “esemplare” perché tutti vedessero e tutti si regolassero di conseguenza, cucendosi la bocca. Correale, sentenziano i boss, non può vivere per raccontare in giudizio quel che sa. E il sicario esegue sparandogli a bruciapelo. Quando la moglie tentò di soccorrerlo era ormai tardi e inutile, raccolse dal suo uomo qualche parola, gli strinse la mano mentre spirava durante il trasporto in ospedale. I carabinieri arrivano comunque ai due giovani ora indicati come i killer. Controllano i loro alibi, i loro movimenti, vengono sottoposti a esame per vedere se hanno sparato di recente. Le indagini di laboratorio consentivano di individuare – sul maglione e sul giubbotto di Caminiti, e sul giubbotto di Dieni – tracce di polvere da sparo. Omicidio grave e premeditato, accusa il magistrato della Procura di Locri e ottiene due ordini di custodia cautelare dal Gip. Non ci sono dubbi per i magistrati che i due, inseriti a pieno titolo nella cosca di Cosimo Cordì, di cui Dieni è nipote, siano stati gli autori del delitto, Caminiti in funzione di “appoggio”. Dieni, ricordano gli inquirenti, ha un fratello che qualche anno fa fu accusato di avere ucciso il sedicenne Rocco Zoccali, per un motorino, sparandogli tra la folla alle sei di un caldo pomeriggio. Nonostante la testiminianza della signora Zoccali, il giovane Dieni venne però assolto, dopo un processo su cui ci furono molte polemiche.

 

 

 

Articolo da L’Unità del 4 Febbraio 1996
Ucciso per una testimonianza
A Locri i killer sparano a un meccanico: aveva rotto le leggi dell’omertà

di Aldo Varano
(Carmelo)* Correale, 41 anni tre figli meccanico è stato ammazzato dalla ‘ndrangheta  perché  ha spezzato le leggi dell’omertà raccontando ai carabinieri quel che aveva visto sull’incendio dell’auto di un brigadiere dell’Arma. Un killer lo ha fulminato in pieno giorno lo scorso 22 novembre dentro la sua officina. Come hanno fatto le cosche a saperlo? Un giovane di 24 anni Salvatore Deli accusato dell’omicidio è stato arrestato.

LOCRI (Reggio Calabria) (Carmelo)* Correale meccanico calabrese di 41 anni non era omertoso. Convinto di dover collaborare con la giustizia per lasciare ai suoi tre figli una situazione un po’ migliore di quella attuale
quando lo avevano chiamato in caserma per chiedergli se avesse visto qualcuno dei soldati di ‘ndrangheta che andavano in giro a incendiare le auto private dei carabinieri di Locri per terrorizzarli spingendoli ad abbassare la guardia, aveva detto tutto.

Non si sa cosa Correale abbia detto. Né se altri suoi familiari abbiano collaborato, versione quest’ultima smentita con nettezza dagli investigatori. Nella conferenza stampa di ieri è stato precisato che il meccanico “aveva dato indicazioni utili” per incastrare gli attentatori. Fatto è che se i giornalisti non sanno ancora oggi cosa abbia detto con precisione Correale, le cosche invece devono averlo saputo subito e fin nei minimi particolari. Da qui la decisione di fargliela pagare al meccanico di Locri, una punizione esemplare perché aveva rotto le regole dell’omertà e una lezione a tutti gli altri perché il vizio di aiutare le forze dell’ordine non si diffondesse pericolosamente.

La vendetta è scattata lo scorso 22 novembre in pieno giorno. Correale aveva riaperto da poco la propria officina nel primo pomeriggio quando un killer solitario con il volto travisato gli scaricò contro sette colpi di pistola. Sei pallottole andarono a vuoto, la settima gli spappolò il fegato. Il meccanico morì mentre veniva portato all’ospedale nonostante dall’officina di via Tevere ci sia pochissima distanza. Per polizia e carabinieri non ci furono incertezze. Correale non aveva mai avuto rapporto ocn la mafia o con ambienti malavitosi. Lavoratore instancabile, persona specchiata e sicuramente perbene. Scartate piste di vendette tra mafiosi, questioni di donne e di usura, fu subito chiara la spiegazione: ammazzato per ritorsione per aver fatto il proprio dovere di cittadino, collaborando con la giustizia.

Nei giorni precedenti l’agguato, a Locri c’era stato sempre in pieno giorno l’ennesimo incendio d’auto. Sempre auto dei carabinieri, bruciate in roghi dimostrativi fin sotto la caserma che non si trova molto lontano da”officina in cui venne ucciso Correale. Il meccanico pare abbia raccontato i movimenti che aveva notato, le macchine passate frettolosamente prima dell’incendio dell’auto del brigadiere Tanino Scuderi dell’Arma di Locri. Una testimonianza che aveva portato all’arresto di un gruppo di giovanissimi accusati degli attentati fatti in appoggio alle famiglie che controllano Locri.

Per l’omicio è stato arrestato Salvatore Dieni, 24 anni, piccoli precedenti e grandi amicizie. Seconmdo polizia e carabinieri è lui il killer a cui venne affidato il compito di sterminare l’infame che aveva fatto la spia. Domenico Caminiti, 30 anni, nessun precedente penale, introvabile e quindi latitante, avrebbe invece fatto da appoggio portando fin li con la propria auto il pistolero per poi aiutarne la fuga.

Dieni è il fratello di un giovane che a metà degli anni ottanta venne accusato di aver ucciso Rocco Zoccali, un ragazzo di 16 anni per storie di motorini e piccole prepotenze. Anche in quell’occasione vi fu una drastica rottura dell’omertà. La madre di Zoccali, mettendosi contro tutto il resto della famiglia, marito compreso, denunciò come assassino del figlio il Dieni che però alla fine venne interamente prosciolto dall’accusa.

A Locri si respira nuovamente aria pesante e carica di tensione. Come è stato possibile che i boss venissero informati immediatamente sull’aiuto del meccanico nella individuazione dei responsabili delle squadre incendiarie delle cosche? Che e perché li ha informati ben sapendo che quelle rivelazioni avrebbero messo in moto il meccanismo della vendetta?

* La vittima si chiamava Fortunato.

 

 

 

Artricolo di La Repubblica del 29 Marzo 1996
IL VESCOVO DI LOCRI  “VIA CRUCIS CONTRO LA MAFIA”

LOCRI – Partirà alle 6 di questa sera, dalla chiesa di San Biagio, alla periferia di Locri una singolare via crucis, che anticipa di una settimana quella tradizionale per le festività di Pasqua. Ma la via crucis di questa sera, indetta dal vescovo della diocesi di Locri, Giancarlo Maria Bregantini, ha un significato molto alto: percorrerà, infatti, i luoghi in cui a Locri sono avvenuti gli ultimi omicidi e tentati omicidi. In particolare il corteo partirà dal luogo in cui il 22 novembre dell’ anno scorso fu ucciso Fortunato Correale, un meccanico di quarant’ anni, la cui unica colpa era quella di essere ritenuto dalla mafia di Locri un confidente dei carabinieri. “Con questa via crucis – dice monsignor Bregantini – vogliamo scuotere la cittadinanza locrese e le autorità. Anche la chiesa vuole dare un segno di solidarietà alla famiglia Correale e agli altri colpiti a Locri da mano assassina”. – f v

 

 

 

Articolo del 20 Novembre 2005 da  archiviostorico.unita.it
La pioggia non ferma i «ragazzi di Calabria»
Duemila a Locri assieme alla Carovana anti-mafie di “Libera”. Domani la manifestazione dell’Unione
di Beatrice Montini

Hanno sfilato in duemila ieri mattina a Locri. Nonostante tutto, compresa la pioggia. Sono scesi in piazza per dire no a tutte le mafie, a cominciare dalla ‘ndrangheta  che poco più di un mese fa ha ucciso proprio a Locri Franco Fortugno, vicepresidente del consiglio regionale calabrese. Ieri c’erano soprattutto ragazzi, studenti. Dalla Locride, dal resto della Calabria ma anche da Sicilia, Campania, Piemonte, Emilia Romagna e Valle d’Aosta. Hanno portato in piazza i loro striscioni, gli stessi che avevano esposto durante la grande manifestazione del 4 novembre, per ribadire che «Il sud è rock, la mafia è lenta», «la mafia uccide, il silenzio pure ». Per questo il passaggio a Locri della Carovana antimafie dell’ associazione “Libera” ha assunto un significato tutto speciale.

Dopo essere andata nei Balcani, aver toccato la Svizzera e attraversato un po’ tutta l’Italia, la carovana di don Ciotti non poteva non arrivare a Locri dove «i ragazzi di Calabria» hanno di nuovo manifestato insieme a Don Ciotti, a Nando Dalla Chiesa, al vescovo di Locri, mons. Giancarlo Bregantini, al deputato dei Ds e componente della Commissione parlamentare antimafia, Giuseppe Lumia, al sindaco Carmine Barbaro. E insieme a loro amministratori regionali, provinciali e comunali e diversi familiari e parenti di vittime della ‘ndrangheta. E domani torneranno  tutti in piazza per la manifestazione organizzata dall’Unione.

Il corteo è partito ieri verso le 10, sfidando pioggia e freddo. Punto di ritrovo un luogo simbolico della lotta alle mafie: la casa della vedova di Fortunato Correale, il meccanico ucciso a Locri 10 anni fa perché aveva rotto il muro dell’ omertà e denunciato alcuni killer visti in azione. Un semplice testimone oculare che pagò con la vita per aver compiuto, come ha ribadito la vedova «a pieno il proprio dovere».

Dopo un breve tragitto a piedi (modificato a causa del maltempo) la carovana è arrivata davanti al liceo scientifico Zaleuco dove, in un aula magna gremita, si è svolto l’incontro-dibattito «Continuità nell’impegno contro le mafie ».
Della necessità di interventi straordinari per la Locride ha parlato mons.Bregantini. «Passata la fase dell’indignazione e della condanna dell’omicidio di Francesco Fortugno – ha detto il vescovo di Locri – è necessario che si faccia tutto il possibile per la Locride in tema di sviluppo e creazione di posti di lavoro per i giovani».

E domani pomeriggio si tornerà a manifestare a Locri con l’iniziativa dell’Unione. Saranno tra i 10 ed i 15mila i calabresi che parteciperanno alla fiaccolata contro la ‘ndrangheta. Alla manifestazione hanno già dato la loro adesione 198 sindaci calabresi, quasi la metà dei 409 totali. Parteciperanno i segretari dei partiti dell’Unione Piero Fassino, Francesco Rutelli, Enrico Boselli, Lamberto Dini, Antonio Di Pietro, Alfonso Pecoraro Scanio, Oliverio Diliberto e il leader del centrosinistra, Romano Prodi.

 

 

 

 

Quotidiano Del Sud del 7 febbraio 2016 – Diario Della Memoria – Fortunato Correale – Il dolore rimane nei nostri occhi

 

 

 

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Articolo del 20 marzo 2021

“Fu il silenzio a dirmi ciò che accadde a Fortunato Correale”

 

 

 

 

 

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