23 Novembre 1996 Torre Annunziata (NA). Ucciso il commerciante Raffaele Pastore “per aver osato denunciare e fatto imprigionare chi gli chiedeva il pizzo sui suoi onesti guadagni”.

Foto da: lostrillone.tv

Il 23 novembre 1996 Raffaele Pastore, 35 anni, piccolo commerciante all’ingrosso di prodotti alimentari, venne ucciso nel suo negozio di Torre annunziata (NA) con otto colpi di arma da fuoco da due uomini con il volto coperto da passamontagna perché si era rifiutato di pagare il pizzo ed aveva denunciato i suoi taglieggiatori. Con lui c’era anche la mamma, Antonietta Auricchio di 66 anni, rimasta ferita.
I due malviventi scapparono senza lasciare alcuna traccia dopo aver raggiunto il loro obiettivo.
Raffaele Pastore, precedentemente, aveva subito continue minacce senza mai cedere e senza mai denunciare nulla fino al giorno in cui un esponente del clan camorristico dei  Gionta lo minacciò pesantemente.
Raffaele Pastore chiese solidarietà ad altri commercianti, ma nessuno gli fu vicino. Di fronte all’ultimatum il commerciante si rivolse alla polizia. Grazie alle sue indicazioni fu arrestato Filippo Gallo, di anni 32.
Raffaele Pastore sapeva che la sua testimonianza era uno “sgarro” alla malavita. Infatti, temeva per la sua vita. Così richiese ed ottenne il porto d’armi per difesa personale, ma l’arma che comprò non la portava mai con sé. Per questo era disarmato quando i sicari entrarono nel suo negozio per ucciderlo. (Fondazione Pol.i.s.)

 

 

 

Articolo di La Repubblica del 24/11/1996
SI RIBELLÒ AL RACKET, UCCISO
di Daniela D’Antonio

TORRE ANNUNZIATA – Due anni fa aveva denunciato un’estorsione e fatto arrestare un camorrista, processo ancora in corso. Ma Raffaele Pastore, un piccolo commerciante di Torre Annunziata, aveva continuato a ribellarsi alle minacce della camorra, a chi gli chiedeva forse di ritirare quella denuncia. E ieri lo hanno ammazzato con otto colpi, ferendo anche la madre. Ore 18,30, via Carminiello, a Torre Annunziata, una cittadina alle falde del Vesuvio ad alta densità criminale. Raffaele Pastore, 35 anni e una fedina penale immacolata, è nel suo negozio di mangimi. Con lui c’è la madre, Antonietta Auricchio di 66 anni. Due uomini con il volto coperto da passamontagna entrano nel negozio e fanno fuoco sull’anziana e il figlio. Nel negozio, per fortuna, non ci sono clienti. Sparano numerosi colpi e poi scappano. Non lasciano tracce, se non i dieci bossoli recuperati più tardi dai carabinieri.

Un “lavoro” pulito eseguito da killer professionisti. I sicari non pronunciano una parola. Il loro messaggio è affidato ad una pistola calibro 7,65. Un passante carica i due feriti sulla sua auto e raggiunge l’ospedale San Leonardo di Castellammare di Stabia. Antonietta Auricchio è stata ferita alle braccia. Non è grave. Il figlio muore poco dopo l’arrivo in ospedale. Scattano subito le indagini. Si recupera il fascicolo aperto nel ’94 quando Pastore – sposato con due figli di sette e due anni – bussò alla porta della polizia per denunciare un tentativo di estorsione. All’epoca, Torre Annunziata era il regno incontrastato del boss Valentino Gionta, il camorrista accusato di essere il mandante dell’omicidio del giornalista Giancarlo Siani, ucciso 11 anni fa. Fu proprio un uomo di Gionta a minacciare Pastore: «Se vuoi stare tranquillo devi darci 50 milioni». Il commerciante non si arrese davanti a questo ultimatum e si rivolse alla polizia. Grazie alle sue indicazioni, fu arrestato Filippo Gallo di 32 anni. Il processo è ancora in corso. Da allora, Raffaele Pastore non aveva denunciato altre minacce. Ma polizia e carabinieri stanno indagando per stabilire se, negli ultimi mesi, la camorra abbia preteso il ritiro della denuncia. L’uomo sapeva che la sua testimonianza era uno sgarro alla malavita. Una decisione che in una città come Torre Annunziata ha un solo significato: è un tradimento a vita contro quelli che comandano.

Nell’86, fu ucciso un altro imprenditore che si era ribellato al racket: Luigi Staiano, titolare di una impresa di costruzione. Pochi giorni fa a pochi chilometri da Torre, a Gragnano, un imprenditore caseario è stato ferito per lo stesso motivo. Raffaele Pastore temeva per la sua vita. Aveva richiesto e ottenuto il porto d’armi per difesa personale. Aveva comprato una pistola ma la teneva in un cassetto a casa. Era disarmato anche ieri, quando i sicari sono entrati nel suo negozio per ucciderlo. Il silenzio dei due killer, la testimonianza della anziana donna, escludono la pista della rapina. Una vendetta? La risposta a due anni di distanza a quella denuncia? Il clan di Valentino Gionta, dopo l’arresto del boss, è stato ridimensionato. Torre Annunziata è da tempo il teatro di uno scontro sanguinario tra i sopravvissuti dei Gionta e gli emergenti della famiglia Limelli. In gioco ci sono traffici miliardari di droga e di sigarette. L’omicidio del commerciante potrebbe essere interpretato come la prova di forza di un camorrista. Un messaggio rivolto alla città: chi si ribella alla malavita, paga con la vita. A Torre Annunziata come a Capo d’Orlando.

 

 

 

Articolo del  23 Novembre 2010 da  notizie.comuni-italiani.it<
Il ricordo di Pastore contro la “tolleranza dell’illegalità”
di Paola Perna

A quattordici anni dalla sua morte, Torre Annunziata ricorda Raffaele Pastore: dalla solitudine iniziale alla ricostituzione del tessuto sociale disgregatosi sotto i colpi della malavita.

Una giornata ricca di appuntamenti questa del 23 novembre di 14 anni dopo l’uccisione del commerciante di mangimi, ucciso nel suo negozio di via Vittorio Veneto, per aver osato denunciare e fatto imprigionare chi gli chiedeva il pizzo sui suoi onesti guadagni.

La commemorazione è iniziata questa mattina con la deposizione sulla tomba di famiglia di una corona d’alloro da parte delle autorità cittadine. Il sindaco Giosuè Starita e l’assessore alle Politiche Sociali, Ciro Alfieri, davanti al picchetto d’onore della Polizia Municipale e al labaro della città, hanno presenziato al rito officiato da don Ciro Cozzolino, alla presenza della vedova Beatrice Pastore, dei familiari e degli amici di Lello.

Alla cerimonia religiosa è seguito il convegno sulla legalità organizzato presso l’istituto “G. Marconi”, a cui hanno partecipato gli studenti e alcune persone in prima linea nella lotta alla criminalità.
Nel primo pomeriggio, invece, nella sede del Palazzo Criscuolo, ha avuto luogo il convegno “La cultura per sconfiggere la Camorra” a cui hanno partecipato, tra gli altri, il neocommissario antiracket e antiusura della Regione Campania Franco Malvano, Anna Maria Torre, figlia di Marcello Torre, sindaco di Pagani ucciso trenta anni fa dalla camorra per volere di Raffaele Cutolo a capo della Nuova Camorra Organizzata, il procuratore capo della Repubblica di Torre Annunziata, Diego Marmo, il sindaco di Pompei, Claudio D’Alessio, Beatrice Pastore, moglie di Raffaele, il presidente della “Casa della Solidarietà”, Amleto Frosi, e le autorità cittadine.

Un lungo dibattito sulle tema “camorra” e sul concetto di legalità, che ha visto i protagonisti esporre le proprie esperienze di vita e di lavoro, nell’ottica di iniziare un percorso unanime di ricostruzione di quel tessuto sociale che ha ceduto sotto i colpi della malavita.

“La crisi industriale prima, il contrabbando di sigarette e la ricostruzione post terremoto dopo, hanno causato delle profonde lacerazioni delle quali non si può imputare la responsabilità soltanto alla politica e ai suoi rappresentanti – ha commentato il primo cittadino Starita – che, del resto, sono espressione del territorio. La vera reazione alla malavita e l’unico modo per combatterla deve essere la ripresa dei propri ruoli da parte di tutti: politici, amministratori, cittadini. La tolleranza verso ogni forma di illegalità, dalle piccole cose che possono sembrare banali a quelle più gravi, va combattuta con ogni mezzo, ma soprattutto con la cultura”.

Molto duro l’intervento del procuratore Marmo che ha ricordato: “E’ inutile commemorare se non ci ribelliamo a questo stato di cose che, dopo 14 anni, è peggiorato anziché migliorato. Sono in ballo le stesse persone, gli stessi clan, nonostante si sono susseguiti arresti e condanne; l’unico modo per sconfiggerli è fare in modo che a loro non arrivi danaro, perché con quello entrano ovunque, spalancando ogni porta”.

A chiusura del convegno Amleto Frosi ha annunciato l’istituzione di un “Premio Raffaele Pastore” per gli imprenditori del territorio che si distinguono e operano nel rispetto della legalità. Simbolo del premio, la spiga, a memoria di quell’Arte Bianca che fece di Torre simbolo di operosità e laboriosità.

 

 

Foto da torresette.it

Foto e articolo del 21 Novembre 2011 da torresette.it/

La prima edizione del “Premio Raffaele Pastore” con Giovanni Impastato

Raffaele Pastore e Peppino Impastato. Due uomini, due simboli moderni della lotta alle Mafie, che hanno dato la vita per difendere il principio della legalità in due realtà fortemente inquinate dal potere malavitoso: la Campania e la Sicilia. Pastore (nella foto), imprenditore nel settore dei mangimi per animali, fu ucciso il 23 novembre 1996 da due sicari della camorra. Una spedizione di morte decretata a seguito della denuncia del commerciante torrese, avvenuta due anni prima, che si era rifiutato di pagare il pizzo ai clan. Impastato venne barbaramente massacrato il 9 maggio 1978. Legato ai binari della linea ferroviaria Palermo-Trapani, fu dilaniato da una carica di tritolo. Pagò a caro prezzo il suo impegno contro la Mafia e le denunce delle attività illecite del boss Gaetano Badalmenti, poi condannato all´ergastolo in qualità di mandante dell´omicidio. A quindici anni di distanza dall´assassinio di Raffele Pastore, l´Amministrazione comunale di Torre Annunziata ha istituito il “Premio Raffaele Pastore”. L´iniziativa, dal titolo “Cento passi… in memoria di Raffaele Pastore” ha coinvolto anche l´associazione Libera e l´ALILACCO. Mercoledì 23 novembre, alle ore 10, al Liceo Pitagora di via Tagliamonte interverrà Giovanni Impastato, fratello di Peppino, che incontrerà gli studenti dell´Istituto torrese. Nel pomeriggio, alle ore 17, a Palazzo Criscuolo si terrà la cerimonia di consegna del Premio.

 

 

 

onte:  torresette.news
Articolo del 23 Novembre 2016
Torre Annunziata – Raffaele Pastore, venti anni dopo. La moglie Beatrice: «Non è morto invano»
A cura di Enza Perna

Sembrava un pomeriggio come tanti. Era il 23 novembre 1996, esattamente venti anni fa. Un commerciante trentacinquenne, Raffaele Pastore, apre il suo negozio di mangimi per animali in via Carminiello a Torre Annunziata. Ore 18:30. Due uomini con il volto coperto da passamontagna entrano e fanno fuoco. Raffaele muore. Qual è la colpa di Raffaele? Perché è stato ammazzato? Aveva detto “NO” al racket e aveva denunciato gli estorsori. Negli anni ’90, a Torre Annunziata, una decisione del genere aveva un solo significato: un “tradimento” contro quelli che comandano. Ma Raffaele non era solo un commerciante, era marito e padre di due bambini, allora di 7 e 2 anni.

Da quel maledetto giorno sono trascorsi ben venti anni e la forza di quel gesto ogni anno viene rircordata. Raffaele entra nella lista delle vittime innocenti della camorra (come altri torresi prima e dopo di lui), entra nel libro della memoria. A parlare di lui, quella donna che ha dovuto dire addio al suo uomo troppo presto, Beatrice Federico. La moglie di Lello è stata ospite dell II Circolo Didattico “Giancarlo Siani”, in occasione della giornata della memoria organizzata dal presidio oplontino di Libera e dal Comune di Torre Annunziata. L’enorme androne ospitava al tavolo dei relatori il sindaco Giosuè Starita, Don Tonino Palmese, Don Antonio Carbone, la vedova Pastore e l’attore Beppe Basta. Dinanzi aloro, una platea d’eccezione: centinaia di studenti, bambini dai 4 ai 10 anni.

Beatrice è stata accolta con applausi dai piccoli torresi e da una canzone da loro cantata, “Meraviglioso” di Domenico Modugno. Inevitabile la commozione.
«Beatrice deve essere per voi un esempio – ha affermato il primo cittadino rivolgendosi ai piccoli alunni -. Ha ricevuto una cattiva azione ma non ha riserbato rancore, anzi ha sempre impartito un messaggio di forza e coraggio per sconfiggere questo male che attanaglia la città».

Gli alunni della “Siani” hanno da sempre conosciuto la storia delle vittime della camorra. Basti pensare al nome stesso della loro scuola, intitolata al giornalista de Il Mattino ucciso dalla camorra il 23 settembre 1985, come giustamente evidenzia l’insegnate Sandra Ciliberto: «Noi docenti, insieme ai genitori, dobbiamo diffondere il concetto di legalità ai bambini perché sono loro il futuro della nostra bella città».

Le dinamiche e le crudeltà della camorra di certo non sono semplici da spiegare ad un bambino, ma i racconti dell’attore Beppe Basta, pur nascondendo un messaggio profondo, hanno catturato l’attenzione dei piccoli.
Con tatto e simpatia prende la parola Don Tonino Palmese: «Beatrice Pastore ha da anni un macigno sul cuore – dice – ma oggi grazie a voi tornerà a casa senza lacrime e con meno dolore nel ripensare a quel giorno così triste per lei».
Oggi, come allora, Beatrice ha sul volto la sofferenza, ma allo stesso tempo un sorriso che le illumina il volto quando parla del suo Lello.

«Mio marito è qui con noi – spiega – ed eventi come questi fanno sì che la bellezza del suo gesto non venga dimenticata. Il suo “no” deve essere tramandato. Non è morto invano, ci ha lasciato un chiaro messaggio. Lottare!».
Lottare contro le crudeltà e le ingiustizie della vita è ancora un dato di fatto qui a Torre Annunziata. Molte le persone che si prestano ad aiutare il prossimo e i ragazzi meno fortunati. Una di queste è Don Antonio Carbone. Un sacerdote che vive i suoi giorni nei quartieri difficili della città. «Sarebbe facile dire la camorra fa schifo, ma dirlo non basta – si rivolge ai bambini -. Dopo vent’anni ancora vedo quella saracinesca chiusa. Vedo ancora i cinque proiettili. Quindi non bastano le parole. Non dobbiamo avere paura. Non dobbiamo permettere che altri bambini debbano perdere i loro papà. Rendiamo la nostra città bella, insieme».

Applausi e ancora applausi hanno accompagnato la fine di questa mattinata. I piccini hanno salutato gli ospiti con un brano non scelto a caso: “Esseri umani” di Marco Mengoni. Sentir pronunciare da bambini innocenti la frase: “Credo negli esseri umani, che hanno il coraggio di essere umani” incute speranza anche nei cuori degli adulti.

 

 

Torre Annunziata commemora Raffaele Pastore. Ascione: “Un monito per la città”
Pubblicato il 23 nov 2018
“Pensavo fosse morto invece Raffaele oggi si è trasformato in una bellissima memoria”. Con queste parole Beatrice Federico ha ricordato suo marito Raffaele Pastore, vittima del racket a 22 anni dalla scomparsa. “Le parole di Beatrice hanno colpito tutti – ha dichiarato il primo cittadino oplontino -. E’ stata una grande testimonianza di vita. Era l’intento che ci eravamo prefissati con questa cerimonia, che voleva rappresentare non un mero pensiero al passato, ma un monito rivolto al presente e al futuro, per una città che deve reagire, migliorare e cambiare”.

 

 

 

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