26 Febbraio 2014 Arzano (NA). Assassinato Vincenzo Ferrante, 30 anni, due figli piccoli. Era casualmente in un centro estetico con il vero obiettivo dell’attentato. Vittima innocente in una guerra di camorra.
“Aspetta l’estetista. Vuole solo farsi le sopracciglia. I killer lo scambiano per il guardaspalle del boss mentre è soltanto un operaio padre di famiglia. Il guardaspalle vero, appena sentiti gli spari, anziché proteggere il suo “datore di lavoro” è subito sparito nel nulla, di fatto consegnando all’equivoco e alla morte una vittima innocente. Perché Vincenzo Ferrante, 30 anni, padre di due bambini ancora molto piccoli, si trova nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Esce dal box quando sente gli spari. Vede i sicari, cerca di scappare, ucciso con due colpi di pistola alla schiena e alla testa.” (Da La Repubblica)
Articolo del 28 Febbraio 2014 da ricerca.repubblica.it
Napoli, ucciso per sbaglio dai killer di camorra
di Irene De Arcangelis
NAPOLI — Aspetta l’estetista. Vuole solo farsi le sopracciglia. I killer lo scambiano per il guardaspalle del boss mentre è soltanto un operaio padre di famiglia. Il guardaspalle vero, appena sentiti gli spari, anziché proteggere il suo “datore di lavoro” è subito sparito nel nulla, di fatto consegnando all’equivoco e alla morte una vittima innocente. Perché Vincenzo Ferrante, 30 anni, padre di due bambini ancora molto piccoli, si trova nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Esce dal box quando sente gli spari. Vede i sicari, cerca di scappare, ucciso con due colpi di pistola alla schiena e alla testa.
Camorra ancora una volta cieca assassina. È lo scenario di quanto accaduto mercoledì sera in un centro estetico di Arzano, a Nord di Napoli, con il bilancio di due morti ammazzati. Uno di loro — Ciro Casone, 58 anni — era il bersaglio predestinato, luogotenente del clan Moccia di Afragola. Ma l’altro, Vincenzo Ferrante, allunga l’elenco di chi muore per camorra senza però averci nulla a che fare.
Ultimo in ordine di tempo Lino Romano, ammazzato nell’ottobre 2012 mentre usciva da casa della fidanzata a Marianella. Morto a Scampia a causa delle eterne faide per il controllo della droga. Come Dario Scherillo, incensurato bravo ragazzo, ammazzato nel 2004. Oggi suo fratello Pasquale, dopo aver letto dell’ultima vittima innocente, scrive a Repubblica: «Ancora una volta devo sentire che “gli hanno sparato per sbaglio”. Non mi interessa se non sia chiaro ancora se sia stato confuso con un guardaspalle della persona uccisa o se si sia trovato per caso lungo la traiettoria dei proiettili. Mi interessa solo che Vincenzo Ferrante è morto, ancora una volta innocentemente».
Camorra e il gioco avverso del destino. Lunedì sera Vincenzo Ferrante era entrato nel centro estetico di via Luigi Rocco ad Arzano e aveva incrociato il boss che usciva dopo aver fatto una lampada. L’operaio ci andava spesso, era conoscente della titolare. Che però è anche la nipote del boss. I killer stavano aspettando Casone davanti al solarium. Il guardaspalle fugge, la moglie del boss reagisce per difendere il marito e viene colpita a una tempia con il calcio della pistola. A quel punto Casone, nella fuga, cerca rifugio nel solarium da dove era appena uscito, ma viene inseguito e ammazzato. Ferrante è ancora in attesa dell’estetista per definire le sopracciglia, ma sente gli spari ed esce dal box. Si ritrova i sicari di fronte. Che sono certi si tratti dell’angelo custode del boss. E lo freddano. Su Facebook, la sorella scrive tutto il suo dolore: “Non so come faremo senza di te, sei l’angelo più bello del paradiso, non mi sembra vero tutto questo per uno sbaglio bastardo…”.
Fonte: ilfattoquotidiano.it
Articolo del 2 marzo 2014
Arzano, l’ennesimo morto per errore. Nessuno crede più al ‘Io speriamo che me la cavo’
di Arnaldo Capezzuto
“Voglio giustizia, voglio che qualcuno spieghi come può succedere che venga ucciso un marito e un padre in questo modo. Desidero che gli assassini li prendano, li mettano in carcere. Che muoiano in galera. Non so se hanno una coscienza, per pentirsi di tanto male”. E’ lo sfogo di Maddalena Leonardo, 24 anni, vedova di Enzo Ferrante, ucciso a 29 anni per errore dai killer della camorra. Accade mercoledì 26 febbraio alle 18 e 50. I killer giungono in sella a una moto. Sanno che il loro obiettivo, il boss Ciro Casone si trova in un centro estetico via Luigi Rocco ad Arzano, Comune a nord di Napoli. Quell’uomo è un morto che cammina. Il clan ha emesso la sentenza. La colpa è grave. Non riconosceva più il potere della cosca. Gli si era rivoltato contro organizzando un suo gruppetto autonomo. Parte la spedizione punitiva. E’ un’azione militare. Il boss è colpito alla spalla. Scappa e ritorna nel centro estetico. E’ la sua tomba. Finito con un colpo alla tempia. Scappano tutti.
Nel parapiglia c’è anche Vincenzo Ferrante, trent’anni tra pochi giorni, e padre di due bimbi. Nulla aveva a che fare con il boss, la camorra e i clan. I sicari pensano che sia, invece, il guardaspalle della vittima predestinata. Lo ammazzano finendolo con un colpo in testa. Esecuzione spettacolare e violenta, il messaggio è chiaro: a nessuno è permesso di tradire. Lo strazio stamane nella chiesa di Sant’Agrippina, in piazza Cimmino ad Arzano. Lacrime, disperazione e tanto dolore.
E’ la solita brutta storia. E’ una normalità aberrante. Scene viste e riviste. Soliti discorsi infarciti di rassicurante retorica. La lista delle vittime innocenti, si allunga tragicamente. La Campania nell’Europa moderna resta l’unica regione dell’occidente dove si muore per mano dei killer pur non c’entrando nulla con fatti criminali. Lo ricordo, siamo nel 2014. E’ una guerra a bassa intensità. Territori infestati da un male antropologicamente diventato cultura. La vita da queste parti non vale un cazzo.
Arzano è la stessa cittadina senza futuro e senza speranza che ispirò il libro Io speriamo che me la cavo scritto dal compianto maestro Marcello D’Orta dal quale Lina Wertmüller costruì un film di successo con Paolo Villaggio. Sono trascorsi 23 anni e non è cambiato nulla, anzi. Ad Arzano, nessuno crede più al “Io speriamo che me la cavo”. Si vive come animali. L’unica autorità, istituzione riconosciuta è quella della camorra. Anche di fronte a un morto innocente cala il silenzio infastidito. Sì, perché si comprende anche il dolore di una giovane vedova, ora sola con due figli piccoli da sfamare però il consiglio: “Deve stare a suo posto con la bocca”.
La camorra è un verbo. Qui è l’unico potere riconosciuto. Da Arzano è molto distante Roma. La lotta alla camorra la si combatte solo con slogan, chiacchiere formato panna montata e professionisti dei cortei e degli anniversari. Il Governo centrale cosa vuole fare per contrastare la camorra? Dove sono le politiche di prevenzione? Dove sono finiti i maestri di strada? Cosa si fa per garantire l’obbligo scolastico? Perché i pregiudicati con reati associativi continuano a “governare” i propri territori di appartenenza? Perché le pene per i camorristi di elevata pericolosità sociale non vengono aggravate? Perché la lotta alle mafie non diventa il primo punto nell’agenda dei governi? L’Italia può ritenersi un paese moderno, sviluppato e occidentale se in Campania si continua a morire e stramazzare al suolo senza sapere neppure perché?
Fonte: ilmattino.it
Articolo del 15 Marzo 2018
L’omicidio nel centro abbronzante ispirato da Gomorra: sei arresti quattro anni dopo
Agenti della polizia di Stato e carabinieri hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di sei soggetti, esponenti del clan camorristico degli Amato-Pagano, operante nei comuni di Arzano, Melito, Mugnano e Marano, ritenuti responsabili, a vario titolo, di omicidio, estorsione, violenza privata, detenzione e porto illegale di arma comune da sparo.
Il provvedimento si fonda sugli esiti delle attività investigative frutto di un lavoro di sinergia, svolto di concerto dalla Squadra Mobile di Napoli e dai carabinieri dal Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna.
Le indagini svolte, corroborate anche da attività tecniche e da dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, hanno riguardato l’individuazione di mandanti ed esecutori, nonchè il contesto criminale in cui è maturato il duplice omicidio di Ciro Casone e Vincenzo Ferrante, avvenuto il 26 febbraio 2014, maturato nell’ambito di un contrasto per il controllo delle attività illecite sul territorio di Arzano tra un sodalizio criminale emergente riconducibile al clan Amato-Pagano e il gruppo delinquenziale facente capo ad una delle vittime, referente del clan Moccia su quell’area della provincia napoletana. Il duplice omicidio fu consumato all’interno del centro estetico Solerio di Arzano, frequentato dalle vittime. Durante la fuga i killer ingaggiarono una colluttazione con la moglie di Casone che, intervenuta per soccorrere il marito, fu colpita al capo con il calcio della pistola.
Il duplice omicidio fu deciso e commesso da Renato Napoleone, affiliato di lunga data del clan Amato Pagano, desideroso di estendere il suo dominio criminale nel territorio di Arzano, che nella fase esecutiva è stato coadiuvato da Angelo Antonio Gambino e Francesco Paolo Russo.
Le indagini hanno, inoltre, consentito di raccogliere elementi di colpevolezza a carico di Pasquale e Pietro Cristiano e Raffaele Liguori, in relazione ad alcune estorsioni commesse ai danni dei titolari di aziende ubicate nel territorio di Arzano, avvalendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo.
Fonte: napolitoday.it
Articolo del 12 aprile 2019
Duplice omicidio nel centro estetico: assolto Pasquale “picstik”
di Vincenzo Sbrizzi
Nel delitto stile Gomorra vennero uccisi ad Arzano Ciro Casone e Vincenzo Ferrante
Era accusato di aver fatto parte del commando che uccise Ciro Casone e Vincenzo Ferrante in un centro estetico ad Arzano. È stato assolto questa mattina Pasquale Cristiano, soprannominato “picstik”, dall’accusa di duplice omicidio. Il Gup del tribunale di Napoli ha accolto la tesi difensiva ritenendo che non ci fossero gli elementi per condannare il pregiudicato. Diversamente riteneva la Direzione distrettuale antimafia che aveva invocato l’ergastolo ai suoi danni. A supporto della tesi dell’accusa c’erano le dichiarazioni di due collaboratori di giustizia, Salvatore Abate e Domenico Esposito, oltre ai racconti di alcuni testimoni oculari presenti nei pressi del luogo del delitto.
La guerra per la conquista di Arzano
Secondo l’accusa, l’obiettivo di Cristiano era quello di eliminare Casone, ritenuto il referente del clan Moccia in città, per ereditare la sua lista di attività taglieggiate. Un duplice omicidio maturato quindi per ottenere il controllo del territorio e dell’attività estorsiva. Difeso dagli avvocati Claudio Davino e Dario Vannetiello, Cristiano è riuscito a dimostrare la propria innocenza grazie al fatto che i suoi legali hanno evidenziato l’incongruità di alcune testimonianze. Per lo stesso duplice omicidio verranno giudicati con rito ordinario Renato Napoleone, Francesco Russo, Paolo e Angelo Gambino.
Le altre accuse
Nello stesso procedimento Cristiano era accusato anche di estorsione aggravata dal metodo mafioso, accusa per la quale è stato condannato a otto anni e otto mesi di reclusione. Tra le sue vittime c’era anche Giuseppe Orlando, assassinato pochi giorni fa. Per lo stesso reato sono stati condannati anche Raffaele Liguori a sei anni di reclusione e Domenico Russo a cinque anni e quattro mesi.
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corrieredelmezzogiorno.corriere.it
Articolo del 4 marzo 2021
Vincenzo Ferrante, ucciso come un boss ma fu vittima innocente: disposto il risarcimento
di Titti Beneduce
L’omicidio nel 2014 ad Arzano, aveva 29 anni. La madre: fatta giustizia