26 Ottobre 1959 Strage di Godrano (PA). Vengono assassinati Antonino e Vincenzo Pecoraro, 10 e 19 anni. Vittime di faida.

Foto da Mafia Album di cosa nostra (Rizzoli) (si ringrazia G. Perna di Dedicato Alle Vittime Delle Mafie)

Una faida lunga quasi quaranta anni a Godrano (PA), il 26 ottobre del 1959 vede l’uccisione di un bambino di 10 anni, Antonino Pecoraro, e del fratello Vincenzo, diciannovenne.
“I fratelli Antonino e Vincenzo Pecoraro, rispettivamente di 10 e 19 anni, rimasero vittime della cosiddetta “strage di Godrano”, il 26 ottobre 1959. Nell’attacco vennero feriti anche il padre Francesco e il compaesano Demetrio Pecorino. I killer – i fratelli Francesco e Salvatore Maggio – si erano nascosti, travestiti da carabinieri, nella casa disabitata di Agostino Barbaccia, vicino dei Pecoraro. Fecero irruzione a casa delle vittime e cominciarono a sparare. In casa c’erano Francesco, il padre, la moglie Francesca e il bambino Antonio, oltre che Demetrio Pecorino. I colpi di fucile e lupara raggiunsero Pecorino alle gambe e Francesco e Antonino al torace. Il bambino sarebbe morto due giorni dopo. Udendo gli spari, l’altro figlio, Vincenzo, che in quel momento si trovava nella stalla, accorse, ma venne falciato pure lui. vivi.libera.it

 

 

 

 

Articolo da L’Unità del 27 Ottobre 1959
Travestiti da carabinieri sparano per fendetta sui “mafiosi” rivali
di Federico Farkas
Ucciso un altro parente del deputato democristiano Barbaccia – Ferite altre tre persone – Una lunga catena di vendette che decima due famiglie dal 1921

Palermo. 26. – La catena di vendette che fin dal 1921 decima due famiglie di Godrano, quella dei Barbaccia e quella dei Lorello, è esplosa questa a in un ennesimo spargimento di sangue. Un giovane di 19 anni e stato ucciso, suo padre gravemente ferito, un fratellino è moribondo a Palermo ed un amico di famiglia versa anche lui in gravi condizioni: questa volta esce soccombente la famiglia dei Barbaccia, che ha mandato nelle ultime elezioni un proprio rappresentante a Montecitorio in qualità di deputato della DC.Lo spaventoso crimine è stato consumato verso le ore 18 nel corso Vittorio Emanuele a Godrano da banditi che indossavano divise di carabinieri: travestimento che non andava usato fin dall’epoca in cui imperversava la banda Giuliano. I falsi carabinieri – sembra in numero di due o quattro – armati di fucili e pistole, si sono appostati davanti all’abitazione di Angelo Francesco Pecoraro di 54 anni ed hanno sparato una gragnuola di colpi. ll piombo ha raggiunto il Pecoraro che e stato gravementeferito e divrà subire l’amputazione della mano sinistra; suo figlio Antonio di 10 anni, colpito al torace è ridotto in fin di vita; ed un amico di famiglia che in quel momento si trovava nell’abitazione, tale Demetrio Pecorino di 35 anni. Le pallottole hanno inoltre fracassato e perforato mobili e suppellettili.Terminata la sparatoria i delinquenti si sono dati alla fuga per trovare scampo nelle campagne. Nel momento in cui stavano per superare le ultime case del paese., essi si imbattevano nel giovanissimo Vincenzo Pecoraro di 19 anni, figlio di Angelo Francesco, il quale stava rientrando dai campi. I banditi non hanno avuto un attimo di esitazione: certi che il ragazzo li avrebbe identificati quali autori del tentato omicidio dei familiari, gli hanno sparato contro uccidendolo.I tre feriti, a qualche ora di distanza dalla strage, venivano trasportati all’ospedale della Feliciuzza di Palermo a bordo di un’auto, accompagnati dalla signora Francesca Barbaccia, moglie di Angelo Francesco Pecoraro.  La povera donna, annichilita, ha cercato di opporre, alle prime affannose domande degli inquirenti, quel silenzio che per decenni è stato la regola suprema delle vendette di Godrano; poi,  la sua disperazione è esplosa e allora ha fatto quattro nomi: Salvatore e Francesco Maggio, Francesco Miceli e Paolo Barbato: dovrebbero essere quelli degli autori della strage.
Quali sono i moventi immediati del crimine, visto che per andare a quelli più remoti occorrerebbe risalire a quasi 40 anni addietro, quando fu ucciso il capostipite di una delle due famiglie? Cercheremo di accennarli. Nello scorso mese di giugno il Demetrio Pecorino, che è stato ferito stasera, fu testimone oculare dell’uccisione del proprio omonimo cugino, un altro Demetrio Pecorino, che veniva aggredito, immobilizzato e scaraventato con selvaggia ferocia in un profondo burrone . Ad ucciderlo furono i quattro uomini di cui stasera la signora Barbaccia Pecoraro ha fatto i nomi. Essi o stati denunziati in stato di irreperibilità. Pare che dopo quel delitto tra le due avverse fazioni di Godrano fosse stato stipulato una sorta di patto di tregua, ma la violentissima esplosione di oggi sarebbe a dimostrarne la precarietà. Si deve ritenere che i quattro latitanti abbiano voluto sopprimere colui che assistette la scorsa estate alla soppressione del proprio cugino.
Perchè ventate di terrore si abbattono periodicamente su Godrano e perchè su questo paese ormai da troppo tempo grava un’insopportabile cappa dì paura, di allarme e di sospetto? I motivi sono ben precisi e circostanziati.
Alla base della tremenda guerra tra i Lorello ed i Barbaccia c’è infatti la disputa del predominio su certi ricchi pascoli del bosco della Ficuzza.
L’una e l’altra fazione, nella carenza della legge e con la copertura delle dirette aderenze politiche hanno proseguit finora q questa contesa senza risparmio di colpi seminando di cadaveri le vie di Godrano. le boscaglie e le ontrade circostanti.

 

 

 

Articolo da L’Unità del 28 Ottobre 1959
Salite a due le vittime dell’agguato mafioso di Godrano- I falsi carabinieri volevano sterminare un’intera famiglia
di Giorgio F. Polara
Il piccolo Antonino Pecoraro è morto all’ospedale – Il fratello Vincenzo era deceduto sul colpo –
Rastrellamenti nel Corleonese – Dall’inizio del secolo, 60 omicidi nella zona: in due sole famiglie 40 vittime.

Palermo, 27 — Antonino Pecoraro, il bambino di 10 anni ferito ieri sera nel corso della selvaggia sparatoria di Godrano, è morto nella nottata all’ospedale dei bambini di Palermo. Salgono quindi a due le vittime — l’altra è il fratello di Antonino Pecoraro, Vincenzo di anni 19 — di questo nuovo, spaventoso fatto di sangue e di mafia. Ai due morti si aggiungono due feriti gravissimi, il padre degli uccisi il 54enne Francesco Pecoraro e un suo amico, Demetrio Pecorino di 35 anni. Centinaia di poliziotti e carabinieri continuano a perlustrare tutta la zona del Corleonese e il bosco della Ficuzza alla ricerca degli assassini, mentre in paese i rastrellamenti si susseguono senza sosta malgrado la vasta epidemia di tifo che ha colpito da qualche giorno il centro abitato. Stasera infatti, gli inquirenti hanno denunciato alla autorità giudiziaria, in stato di irreperibilità, quali responsabili dell’eccidio di ieri, i fratelli Francesco e Salvatore Maggio (già latitanti perche denunciati per l’omicidio del cugino e omonimo di un ferito di ieri, Demetrio Pecorino), Francesco Miceli e Paolo Barbaccia. I primi tre sono stati denunciati quali autori materiali del duplice omicidio e del duplice ferimento; il Barbaccia per favoreggiamento.Le successive indagini della polizia e dei carabinieri hanno accertato che effettivamente i fratelli Maggio, il Miceli e il Barbaccia sono i responsabili di questo nuovo spaventoso delitto. Sui moventi della strage, qualche punto ancora rimane da chiarire. Gli assassini, infatti, non si sono limitati ad aprire il fuoco contro Demetrio Pecorinoma hanno indirizzato una gragnuola di colpi contro la intera famiglia Pecoraro con la chiara deliberata intenzione di sterminarla tutta. Gli assassini avevano atteso il momento opportuno per la strage in una casa posta di fronte all’abitazione dei Pecoraro, quella di tale Rosolino Barbaccia, nipote dell’on. Barbaccia deputato democristiano al Parlamento nazionale, e fratello di Paolo Barbaccia. Questo ultimo appunto era in possesso delle chiavi dell’abitazione del fratello, che da 5 mesi si trova a Ustica per scontarvi 5 anni di confino. La chiave della porta, trovata socchiusa, è stata rinvenuta abbandonata su un tavolo. Da qui la denuncia per favoreggiamento del Paolo Barbaccia che da due giorni e irreperibile (egli, cioè, e ritenuto colpevole del rifugio dato ai banditi in casa del fratello). Con l’eccidio di ieri sera sono saliti a 60 i delitti compiuti a Godrano in meno di mezzo secolo. Di questi, ben 40 sono il tragico risultato della lotta sanguinaria tra i Lorello e i Barbaccia! Vanno ricercate in ben individuate questioni di interesse, in primo luogo il predominio sui pascoli che si estendono nel bosco della Ficuzza. l quale è anche il luogo più acconcio dove gli abigeatari di almeno tre province nascondono ovicini e bovini trafugati, prima di avviarli alla macellazione
clandestina, che rappresenta non meno del 50 per cento dell’intero consumo di carne a Palermo.

 

 

 

Articolo di La Stampa del 25 Febbraio 1964
Una donna rompe il muro dell’omertà e denuncia numerosi delitti della mafia
Drammatica udienza alle Assise di Palermo per i fatti di Godrano – Le hanno ucciso il figlio e l’amante – E’ questa la prima accusa pubblica contro i mafiosi.

Palermo, 24 febbraio. Un clamoroso colpo di scena è avvenuto stamane in Assise durante il processo per i gravi delitti di Godrano (4 omicidi e cinque tentati omicidi) e per l’assassinio del mafioso Stefano Leale avvenuto a Palermo. In questo processo sono imputati tre mafiosi di Godrano: Salvatore Maggio, Francesco Miceli e Paolo Barbaccia, accusati di delitti che vanno dalla strage in cui furono uccisi ì due fratelli Pecoraro e rimasero feriti il loro padre e un loro zio, all’assassinio del commerciante Stefano Leale. A piede libero sono imputati Vincenzo Corrado che deve rispondere solo di porto abusivo di arma da fuoco; Salvatore Lorello, detto « il gobbo », imputato di falsa testimonianza e sua moglie, accusata di favoreggiamento. Chiamata a deporre, la signora Serafina Battaglia, che visse per oltre venti anni con Stefano Leale dal quale ebbe un figlio in seguito ucciso da due «pistoleros» su mandato di esponenti della mafia locale, si è presentata in aula vestita a lutto. La donna, citata dal P. M. perché era stata presente in via Torino alla sparatoria della quale rimase vittima il Leale, con una voce ferma ha parlato per oltre un’ora e mezzo sui moventi e sulle modalità dell’uccisione del Leale svelando i torbidi retroscena del delitto. Altre volte la signora Battaglia, interrogata dal giudice istruttore, aveva infranto la barriera del silenzio ma è la prima volta che accusa pubblicamente i presunti autori dell’assassinio di Stefano Leale, e di altri delitti. Fino a stamane tutti i testi hanno dimostrato di avere perduto la memoria e di non sapere nulla delle vicende delle quali sono stati protagonisti o vittime. Persino i genitori dei giovani rimasti uccisi dalla lupara e le stesse parti lese che hanno riportato ferite nel corso dei vari agguati hanno «tenuto la bocca chiusa». Unica ad aprire una breccia nel muro dell’omertà è stata Serafina Battaglia la quale ha chiamato direttamente in causa i Lorello, che — ha detto — frequentavano con una certa assiduità la sua casa, mentre proprio uno di loro, Salvatore, sabato scorso aveva negato recisamente di aver conosciuto i Leale. «Per i sentimenti di affetto che ho verso Stefano Leale accanto al quale sono stata per circa un ventennio e verso mio figlio Salvatore, entrambi vittime della mafia, io mi sono decisa — ha aggiunto la donna — a dire la verità e a fare i nomi degli assassini. Stefano Leale è stato ucciso dai fratelli Maggio e da Francesco Miceli; e lo affermo perché costoro sono stati riconosciuti durante la sparatoria di via Torino, tanto da mio figlio Salvatore che da Vincenzo Corrado». «Mio figlio mi esortò a non parlare con la polizia perché era in pericolo anche la nostra stessa vita. Matteo Corrado disse — ha proseguito Serafina Battaglia — che bisognava andare ad Alcamo per uccidere i Rimi padre e figlio che avevano dato mandato ai Maggio e al Miceli di assassinare Stefano Leale». Dopo avere rivelato altre circostanze relative ai rapporti fra i Corrado, Matteo e Vincenzo, i Lorello, i D’Arrigo, i Maggio, i Miceli e altre persone di Godrano e di Trapani, fra cui i Rimi padre e figlio, la signora Serafina Battaglia è stata messa a confronto con Matteo Corrado. Appena davanti alla Battaglia, il Corrado ha cominciato a urlare chiamandola pazza e facendo gesti teatrali. La donna non ha disarmato ma lo ha anzi accusato di aver fatto uccidere Stefano Leale e il figlio Salvatore nonché altre persone delle quali ha pure fatto i nomi. Corrado e la Battaglia hanno tentato poi di scagliarsi l’uno contro l’altra, trattenuti a stento dai carabinieri. La Corte è stata così costretta a sospendere il confronto. L’udienza proseguirà domani. f. d.

 

 

 

Fonte: archiviolastampa.it
Articolo del 4 marzo 1964
Ergastolo a tre mafiosi per i delitti di Palermo
I difensori non hanno parlato perché fra i giurati figurava, nelle prime udienze, una persona «diffidata»

Palermo, 3 marzo. I giudici della Corte di Assise hanno condannato all’ergastolo i tre mafiosi Francesco Miceli, Salvatore Maggio e Paolo Barbaccia ritenuti responsabili dell’uccisione dei fratelli Antonino e Vincenzo Pecoraro e del tentato omicidio di Francesco Pecoraro e Demetrio Pecorino rispettivamente padre e zio dei due giovani uccisi. Gli imputati sono stati invece assolti dal tentato omicidio di Salvatore Lorello detto «il gobbo di Godrano» perché il fatto non sussiste; dal tentato omicidio di Demetrio Pecorino fu Paolo per insufficienza di prove. Il Maggio e il Barbaccia sono stati infine prosciolti dall’imputazione di sequestro di persona ai danni di Vincenzo Pecoraro e dal furto di bovini di proprietà di Francesco Pecoraro per insufficienza di prove.

Il P.M. aveva ieri chiesto la condanna all’ergastolo solo per il Barbaccia ed il Miceli. Per il Maggio la richiesta della pubblica accusa era stata di 23 anni di reclusione.

Prima che la Corte si ritirasse in camera di consiglio i difensori avevano dichiarato di rinunciare alla parola in segno di protesta (si sono limitati infatti a presentare delle brevi conclusioni scritte) per il fatto che i giudici non avevano dichiarato la nullità del processo dal momento che il giudice popolare Di Matteo era risultato diffidato dal questore di Palermo perché ritenuto «socialmente pericoloso».

Dopo la lettura del verdetto i difensori hanno presentato ricorso in appello. f. d.

 

 

 

Fonte:  memoriaeimpegno.it
Nota del 26 ottobre 2016
Antonino e Vincenzo Pecoraro

I fratelli Antonino e Vincenzo Pecoraro, rispettivamente di 10 e 19 anni, rimasero vittime della cosiddetta “strage di Godrano”, il 26 ottobre 1959. Nell’attacco vennero feriti anche il padre Francesco e il compaesano Demetrio Pecorino.
I killer – i fratelli Francesco e Salvatore Maggio – si erano nascosti, travestiti da carabinieri, nella casa disabitata di Agostino Barbaccia, vicino dei Pecoraro. Fecero irruzione a casa delle vittime e cominciarono a sparare. In casa c’erano Francesco, il padre, la moglie Francesca e il bambino Antonio, oltre che Demetrio Pecorino.
I colpi di fucile e lupara raggiunsero Pecorino alle gambe e Francesco e Antonino al torace. Il bambino sarebbe morto due giorni dopo. Udendo gli spari, l’altro figlio, Vincenzo, che in quel momento si trovava nella stalla, accorse, ma venne falciato pure lui. I killer avrebbero fatto carriera, portando a temine numerosi delitti e agguati nel palermitano e nel trapanese.
Fino al 26 ottobre del 1959 furono 60 i delitti compiuti a Godrano in meno di mezzo secolo. Di questi, ben 40 sono da ricollegare alla lotta sanguinaria tra i Lorello e i Barbaccia. Alla base della tremenda guerra c’è la disputa del predominio su certi ricchi pascoli del bosco della Ficuzza.

 

 

 

 

 

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