27 Aprile 1969 Altavilla Milicia (PA). Restava ucciso Orazio Costantino, carabiniere scelto, nel tentativo di arrestare gli autori di una estorsione.
Il 27 Aprile del 1969, il Carabiniere Scelto Orazio Costantino, in servizio presso la squadra investigativa, partecipava volontariamente a rischiosa azione di attesa, su terreno impervio, per arrestare gli autori di una tentata estorsione, mediante lettera minatoria.
Dopo dodici ore di snervante attesa, venutosi a trovare a diretto contatto con individuo che, armato di fucile da caccia, si accingeva a raccogliere il sacco simulante la somma richiesta.
Con estrema decisione e cosciente sprezzo del pericolo, il militare affrontava il delinquente con l’arma in dotazione spianata al fine di impedirgli ogni possibilità di fuga.
Raggiunto in pieno petto da scarica di pallettoni repentinamente esplosa dal malvivente, trovava la forza di reagire seppur invano con il fuoco del proprio moschetto finché colpito a morte, si abbatteva al suolo.
Prima di morire forniva ai commilitoni informazioni determinanti per l’identificazione del malfattore.
Fonte e foto da: Album di Sicilia Today
Fonte: archivio.unita.news
Articolo del 29 aprile 1969
Interrogatori martellanti per l’assassinio del carabiniere.
Forse il Costantino è stato ucciso perché aveva riconosciuto il capobanda – Elicotteri e cani poliziotto in azione – Dieci persone in stato di fermo.
PALERMO 28. Dieci persone sono trattenute in stato di fermo per la tragica conclusione della tentata estorsione di ieri a Casteldaccia che è costata la vita al giovane carabiniere Orazio Costantino, ucciso mentre era in servizio di appostamento per acciuffare i malviventi.
Tra i fermati c’è forse l’assassino. Anzi, al comando di Gruppo dei Carabinieri, a Palermo, ne hanno la certezza, basata a quanto sembra sulla testimonianza di un commilitone del Costantino che con questi partecipava alla operazione.
È stato proprio costui a fornire una spiegazione abbastanza logica del delitto, il Costantino aveva riconosciuto il capobanda, anzi ne ha gridato il nome, e per questo è stato fatto fuori.
Di stanza alla caserma di Bagheria, il Costantino era stato comandato per I ‘operazione nella vicina Casteldaccia proprio perché vi aveva prestato servizio per sei anni; era quindi molto pratico di persone e cose di quel piccolo paese, poteva insomma essere di notevole aiuto per la identificazione e la cattura degli uomini che, dopo aver inviato una serie di lettere minatorie ad un piccolo industriale del luogo, si apprestavano a ritirarne la taglia di tre milioni nei pressi di un casolare abbandonato, in aperta campagna.
Due ore è durato l’appostamento del Costantino (e, dietro di lui, di altri quattro carabinieri) a poca distanza dal sacco dove al posto del malloppo era stata ficcata della carta straccia.
Poi, ad un tratto, ecco avvicinarsi al cascinale un uomo sui 40 anni, altezza 1,70, pantaloni marroni, camicia bianca, giubbotto grigio. È armato di doppietta e si dirige sicuro verso il sacco. II carabiniere Orazio Costantino balza fuori dal nascondiglio, intima l’alt, riconosce e chiama per nome l’estortore, alle cui spalle si nascondono i complici. Fulminea la reazione: un colpo di fucile caricato a lupara investe a bruciapelo il carabiniere che stramazza al suolo in un lago di sangue. Morirà mentre i suoi compagni lo trasportano all’ospedale.
L’assassino viene inseguito per alcune centinaia di metri ma alla fine ha la meglio, grazie all’accidentato terreno e i carabinieri devono desistere dalla caccia. Più tardi comincia la battuta in grande stile cui tuttora partecipano settecento uomini, un nugolo di cani poliziotto, due elicotteri.
I fermi sono stati però effettuati sulla base delle descrizioni dei compagni della vittima. L’impressione è che, essendo tutti i sospetti appuntati su una sola persona, gli altri fermi rivestono un interesse meri.a’fi. Si cercherebbe cioè di controllare la posizione di queste persone con le quali durante la giornata di ieri il principale sospettato ha avuto (o abbia potuto avere) rapporti.
Stasera a Bagheria si sono svolti i funerali dell’ucciso. Vi ha preso parte tra gli altri il comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, generale Luigi Fiorlenza.
g.f.p.
Articolo da La Stampa del 29 Aprile 1969
Nelle campagne del Palermitano Carabiniere ucciso in uno scontro a fuoco
PALERMO, lunedì mattina. Un carabiniere in servizio nelle campagne del Palermitano è stato ucciso durante un conflitto a fuoco in contrada « Fiorillo » di Casteldaccia. Il carabiniere ucciso è Orazio Costantino di 37 anni, di Castroreale Terme (Messina) che prestava servizio presso la tenenza di Bagheria. Egli stava partecipando, insieme con altri militari dell’Arma, ad un servizio nelle campagne di Casteldaccia per individuare i responsabili di una estorsione. II carabiniere Costantino e gli altri commilitoni erano appostati in contrada « Fiorillo » quando sono venuti in contatto con alcune persone alle quali hanno intimato di fermarsi; gli sconosciuti hanno sparato contro i carabinieri i quali hanno risposto al fuoco. Un proiettile ha colpito il Costantino ferendolo gravemente. II carabiniere, che perdeva molto sangue, è stato soccorso dai compagni e trasportato al pronto soccorso di Bagheria dove è morto poco dopo, senza che i sanitari potessero fare nulla per salvarlo. Gli sconosciuti che hanno sparato contro i carabinieri sono riusciti a fuggire nelle campagne della zona, facendo perdere le loro tracce. Sul posto, si sono subito recati il comandante della Legione di Palermo, il comandante del Gruppo dei carabinieri di Palermo, numerosi ufficiali del Nucleo investigativo e contingenti di carabinieri e di polizia che hanno organizzato una vasta battuta. Un elicottero dei carabinieri si è alzato in volo dall’aeroporto di Boccadifalco per perlustrare il territorio dell’entroterra palermitano. Nella battuta vengono anche impiegati numerosi cani-poliziotto del centro cinofilo dei carabinieri. (Ansa)
Articolo da La Stampa del 29 Gennaio 1971
Due fratelli processati per ricatto e per l’uccisione d’un carabiniere
Sono accusati di tentata estorsione ai danni d’un commerciante – La vittima, 38 anni, fu colpita a « lupara » dal ricattatore sorpreso a ritirare la taglia
Palermo, 28 gennaio. Il processo per l’uccisione del carabiniere Orazio Costantino, di 38 anni, originario di Castroreale Terme, avvenuta il 27 aprile 1969 nelle campagne di Altavilla Milicia, è cominciato stamane davanti alla prima sezione della Corte d’Assise di Palermo. Imputati sono i fratelli Antonino e Giusto Parisi, di 30 e 40 anni, di Casteldaccia. Sono accusati di concorso nell’omicidio pluriaggravato del Costantino, di tentata estorsione ai danni d’un commerciante di vini di Casteldaccia, Carlo Panno, nonché di violenza privata, porto e detenzione abusivi di armi e munizioni. La vedova e i fratelli della vittima si sono costituiti parte civile. I fratelli Parisi si dicono innocenti. Giusto Parisi, in particolare, ha negato di avere scritto la lettera di estorsione diretta al commerciante Carlo Panno, nonostante una perizia grafica collegiale disposta dal giudice istruttore abbia provato che la lettera intimidatoria fu scritta dall’imputato. Il carabiniere Orazio Costantino, sposato e padre di due figli, uno di 7 anni e l’altro di 3 anni, partecipava con altri militari dell’Arma, la mattina del 27 aprile di due anni fa, ad un appostamento per catturare l’autore d’una estorsione ai danni del commerciante Carlo Panno. In forza presso la stazione dei carabinieri di Bagheria, Orazio Costantino era stato prescelto per il servizio di appostamento data la buona conoscenza che aveva sia dei luoghi sia delle persone. Al sopraggiungere dell’autore dell’estorsione, Orazio Costantino aveva intimato l’alt. Venne però ucciso con una fucilata, esplosa da circa venti metri. A sparare, secondo l’accusa, sarebbe stato Antoninoi Parisi. Orazio Costantino, poco prima di essere raggiunto dalla scarica mortale, aveva riconosciuto l’uomo che stava per ritirare la somma di 3 milioni di lire (frutto dell’estorsione ai danni del Panno). Lo aveva detto al carabiniere che gli stava vicino, ma non aveva fatto il nome del ricattatore. Orazio Costantino era quindi balzato in piedi ed aveva intimato l’alt all’uomo. Questi aveva reagito con una scarica di « lupara » contro il Costantino, quindi era fuggito. I carabinieri, dopo 55 giorni di indagini, riuscivano a mettere insieme una serie di prove nei confronti di Antonino Parisi e del fratello Giusto, che, a quanto pare, oltre a scrivere la lettera estorsiva al commerciante Panno, avrebbe anche fatto da «palo», mentre il congiunto raggiungeva il punto prescelto per ritirare la somma estorta. Il processo continuerà nei prossimi giorni. a.r.
Articolo da La Stampa del 6 Agosto 1982
A Palermo è «guerra» 4 delitti in 24 ore
di Antonio Ravidà
Tra gli uccisi un noto esponente psi
PALERMO — Si continua ad uccidere a Palermo e in Sicilia: solo nella giornata di ieri altri quattro omicidi. Nel capoluogo il numero delle persone assassinate dall’inizio dell’anno ieri è cosi salito ad 81, una punta record. Nel centro di Bagheria, 40 mila abitanti, venti chilometri da Palermo, sono stati assassinati poco prima delle 10 l’esponente socialista Cosimo Manzella, presidente dell’Ospedale traumatologico Inail di Palermo, 47 anni, perito agrario, proprietario, fra l’altro, di un pozzo che faceva usare a pagamento per irrigazioni, ed il pregiudicato per rapina Michelangelo Amato, 25 anni, suo parente. Secondo una delle due versioni sulla dinamica dell’agguato, il commando del killer era composto da quattro persone su un’auto di media cilindrata guidata da una donna. In base all’altra versione, Invece, ha fatto tutto da sé un giovane fuggito a piedi subito dopo. Di certo c’è che Manzella è stato crivellato dai proiettili al volante della sua «R-4» che stava posteggiando in via Luigi Sturzo, nel pressi del Municipio. Amato, che era con lui si è lanciato fuori dalla vettura per cercare scampo, ma è stato raggiunto e freddato. Personaggio contraddittorio, Manzella in passato fu consigliere comunale per la dc a Palermo; due anni fa, però, scontento per non avere ottenuto la candidatura alla Camera, abbandonò lo scudo crociato con altri tre consiglieri comunali del suo paese, Casteldaccia, e aderì al psi. Si dice che ora mirasse ad un seggio senatoriale. Gli Inquirenti si domandano il perché dell’agguato a Manzella e come mai un uomo politico come lui, presidente di un ospedale, andasse in giro con un pregiudicato. Giusto Parisi, 52 anni, più o meno alla stessa ora è stato freddato a pistolettate ad Altavilla Milicia, nelle campagne tra Palermo e Bagheria. Nel 1969 Parisi fu arrestato con il fratello Antonino, condannato all’ergastolo ed ora latitante, per l’uccisione del carabiniere Orazio Costantino, insignito della medaglia d’oro alla memoria. Giusto Parisi In Corte d’assise fu condannato a 21 anni, pena ridotta a 16 nel processo di secondo grado. Nelle more del giudizio definitivo di Cassazione, ottenuta temporaneamente la libertà, Antonino Parisi sparì dalla circolazione sottraendosi all’ergastolo e rimase latitante, mentre il fratello ottenne la libertà provvisoria ed ora era sorvegliato speciale. Il quarto delitto di ieri è stato commesso a Castelvetrano, cento chilometri da Palermo, nella valle del Belice. L’assassinato è Antonio Fontana, 51 anni, schedato come mafioso, raggiunto da due killer nell’officina di un elettrauto dove stava facendo riparare la sua vettura. Nativo di Gibellina, in passato Fontana era stato guardiano dei cantieri edili ed era amico di Piero Vaccoro, altro boss delle zone terremotate ucciso in un bar di Santa Ninfa mentre alla tv assisteva alla partita del Mundial, Italia-Polonia. Quando ha visto gli assassini si è rannicchiato in un angolo dell’officina, dove è stato crivellato dal proiettili. I killer hanno risparmiato il garzone, che in quel momento si trovava a pochi passi: «Non hai visto niente» gli hanno urlato minacciosi fuggendo.
Fonte: archivio.unita.news
Articolo del 8 agosto 1982
Strage nelle vigne del Principe
di Saverio Lodato
Sopita da anni, riesplode alle porte di Palermo un’altra guerra di mafia.
Dieci omicidi in 5 giorni e c’è ancora aria di morte. Tra i comuni di Casteldaccia (dove si fa il famoso vino «Corvo»), Altavilla e Bagheria l’impressionante catena di esecuzioni.
CASTELDACCIA (Palermo) – Terrore a Casteldaccia. La piazza, sovrastata dalla massiccia torre di marmo grigio con scritta nera: «Corvo dei principi di Salaparuta», quasi il simbolo di una contrada apprezzata per i suoi vini ben oltre i confini dell’isola, è deserta. Tutti avvertono che la morte corre ancora nell’aria. E anche i villeggianti – il mare è a due passi – non si fermano in strada più del necessario.
Dieci omicidi ed un sequestro di persona (ieri mattina l’ultimo delitto e la «lupara bianca») in appena cinque giorni stanno lasciando il segno. In questa zona agricola del Palermitano, infatti, almeno da vent’anni non si registravano simili esplosioni di violenza mafiosa e gli equilibri fra le cosche apparivano consolidati. È quello che i giornali hanno definito impropriamente il «triangolo della morte» (in realtà quasi una linea retta di una ventina di chilometri ad est di Palermo): Bagheria, Casteldaccia, Altavilla Milicia.
Il verde inghiottito inesorabilmente dal cemento, le spiagge privatizzate, Casteldaccia, cinquemila abitanti, è stata pressoché ricostruita intorno alla prima metà degli anni 60. Sorsero interi quartieri in assenza di ogni programmazione urbanistica mentre si spopolavano le campagne. In compenso – si fa per dire – vendita dei terreni a prezzi vertiginosi, abusivismo, i lucrosi appalti delle grandi opere pubbliche. Democristiani e socialisti (questi ultimi in giunta ininterrottamente dal ’66) hanno pilotato il «boom» con spregiudicatezza. E una voce di popolo ne dà conferma definendo il PSI locale «partito di muratori, geometri e costruttori».
Come garante del buon accordo fra le cosche, il vecchio boss Giuseppe Panno che per vent’anni esercitò l’indiscusso potere nella zona insieme a Masino Scaduto a Bagheria. Scaduto morì nel suo letto nel 1980 ed un paese intero lo accompagnò con funerali che fecero epoca e notizia. Pino Panno, l’11 marzo dell’81, scomparve per sempre all’inizio della «guerra di mafia» per il controllo del grande traffico dell’eroina. Un mese dopo le clamorose eliminazioni di Stefano Bontade e Salvatore Inzerillo.
È una guerra in pieno svolgimento che si è già lasciata dietro montagne di cadaveri (101 omicidi nell’80, 86 da gennaio ad oggi) investendo con ferocia anche i livelli più bassi dell’organizzazione delle famiglie che devono essere sconfitte. «Con la morte di Panno a Casteldaccia – spiega un investigatore – è come se fosse saltato improvvisamente il coperchio di una pentola a pressione». Per vent’anni né vendette né stragi: il vecchio boss garantiva una sorta di «protezione» per l’intero paese. Ma Panno è scomparso nell’81 mentre i dieci delitti sono cronaca di quest’ultima settimana. C’è, deve esserci, polizia e carabinieri ne hanno ormai la certezza, un elemento scatenante più recente. Così si è costretti ancora una volta a collocare le ultime vittime di mafia in un nuovo schema diventato quasi classico che si divide in «vincenti» e «perdenti».
Questo capitolo di morte si apre martedì, poco prima che scoccasse la mezzanotte – proprio a Casteldaccia -con l’esecuzione di Gregorio Marchese. Trentotto anni, titolare di un’officina a Palermo, viene ammazzato con un colpo di fucile caricato per la caccia al cinghiale a conclusione di una cena all’aperto in una villetta del paese. Assistono al delitto una quindicina di amici e parenti seduti alla stessa tavolata. Nessuno – questo è certo – prevedeva l’arrivo dei killer. Si fa strada l’ipotesi che Marchese sia stato ammazzato proprio dalle famiglie decimate negli ultimi due anni dalla guerra di mafia. Un primo tentativo di risposta, cioè, allo strapotere delle cosche vincenti. Pagato, però, a carissimo prezzo se si prende per buona la teoria che tutti i delitti successivi altro non sarebbero che una gigantesca ed esemplare rappresaglia contro i seguaci del vecchio Giuseppe Panno.
Tre di loro vengono uccisi giovedì mattina. Il personaggio di spicco è Cosimo Manzella, di Casteldaccia, abitante a Bagheria, 47 anni, presidente del Centro traumatologico dell’Inail di Palermo. Per anni grande elettore del dc Giovanni Gioia (fu anche consigliere comunale a Palermo), negli ultimi tempi aveva scelto il PSI perché gli antichi amici di partito lo avevano abbandonato quando si era trovato oberato dai debiti (centinaia di milioni ottenuti dal Banco di Sicilia per lavori da realizzare in un pozzo di sua proprietà che irriga buona parte della zona e mai restituiti).
Lo ammazzano in pieno centro insieme ad un nipote pregiudicato per rapina – Michelangelo Amato 25 anni – col quale era solito accompagnarsi. Due ore dopo i carabinieri trovano in un ovile di Altavilla Milicia, a pochi chilometri, il corpo senza vita di Giusto Parisi di 52 anni. Un passato burrascoso: accusato – nel ’69 – dell’omicidio del carabiniere Orazio Costantino, era stato condannato a 21 anni – ridotti a 16 in appello – e sottoposto, dopo essere tornato in libertà, al regime di sorveglianza speciale.
La giornata di venerdì registra altre vittime. Pietro Martorana, anche lui di Casteldaccia ma ucciso a Bagheria. In serata, il duplice omicidio, questa volta a Casteldaccia.
I killer eseguono la sentenza di morte in due tempi: uccidono per primo Santo Grassodonia, 37 anni, gestore di un autosalone. Pochi minuti dopo gli stessi sicari tornano ad adoperare le armi contro Michele Carollo, 66 anni, noto mafioso di Casteldaccia.
Ieri a mezzogiorno, tre giovani armati di pistola e fucili rapiscono Ignazio Pedone 50 anni, anche lui di Casteldaccia. Quasi contemporaneamente cade abbattuto, a colpi di 38, Francesco Pinello, 38 anni, incensurato. A Casteldaccia l’estate sembra improvvisamente finita.
E non è finita, poco dopo le 20.30 nel portabagagli di una «127» nera lasciata in sosta vicino alla caserma dei carabinieri, sono stati rinvenuti i corpi privi di vita di due persone. È stato usato il solito macabro rituale: i cadaveri delle due persone uccise – la cui identificazione è in corso – erano stati rinchiusi dentro dei grossi sacchi della nettezza urbana.
Fonte: carabinieri.it
Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria
Carabiniere COSTANTINO Orazio
Data concessione: D.P.R. 9 febbraio 1970
Data e luogo di nascita: 24 gennaio 1931 Castroreale Terme (Messina) Sicilia
Data e luogo di morte: “Contrada “” Fiorilli “” – Agro di Casteldaccia (Palermo)”
Data e luogo evento: “Contrada “” Fiorilli “” – Agro di Casteldaccia (Palermo), 27 aprile 1969″
Addetto a squadra investigativa, già più volte distintosi in brillanti, coraggiose operazioni di servizio, partecipava volontariamente a rischiosa azione di appiattamento -su terreno impervio -per l’identificazione e l’arresto degli autori di tentata estorsione mediante lettera minatoria. Dopo dodici ore di snervante attesa, venutosi a trovare a diretto contatto con individuo che, armato di fucile da caccia, si accingeva a raccogliere il piego simulante la somma richiesta, con estrema decisione e cosciente sprezzo del pericolo, lo affrontava con l’arma in dotazione spianata al fine di impedirgli ogni possibilità di fuga. Raggiunto in pieno petto da micidiale scarica di pallettoni repentinamente esplosa dal mal:vivente, trovava la forza di reagire – seppur invano -con il fuoco del proprio moschetto finché, stremato dalle mortali ferite, si abbatteva al suolo. Domato nel corpo ma non nello spirito, prima di esalare l’ultimo respiro forniva ai commilitoni informazioni determinanti per la identificazione del reo. Luminoso esempio di sublime coraggio, attaccamento al dovere fino al supremo sacrificio ed elette virtù militari.
Fonte: tempostretto.it
Articolo del 27 aprile 2015
La Caserma dei Carabinieri intitolata alla “medaglia d’oro” Orazio Costantino
Alla cerimonia, cui hanno partecipato numerose autorità politiche, religiose, civili e militari, era presente il Comandante della Legione Carabinieri Sicilia, Gen. Giuseppe Governale, il Comandante Provinciale dell’Arma Stefano Spagnol.
È stata una cerimonia commuovente è significativa, quella che si è svolta stamattina a Terme Vigliatore, per l’intitolazione della caserma della Stazione Carabinieri all’appuntato Orazio Costantino, medaglia d’oro al valore militare “alla Memoria”. Una mattinata piena di momenti, ricordi e grandi partecipazioni che ha visto il suo momento culminante nello scoprimento della targa da parte della vedova signora Maria Tindara Calabrò accompagnata dai figli Carmelo ed Antonino, a cui è seguita la lettura della motivazione della concessione della M.O.V.M. “alla Memoria” e la benedizione dell’Arcivescovo della Diocesi di Messina, Lipari e Santa Lucia del Mela, Monsignor Calogero La Piana.
L’Appuntato Orazio Costantino, nato a Castroreale il 24 gennaio 1931, si arruolò quale Carabiniere nel 1950 ed ancora giovanissimo venne destinato prima al Battaglione Mobile Carabinieri “Friuli Venezia Giulia” di Gorizia e poi alle stazioni di Palmanova, Udine e Latisana. Tra il 1955 ed il 1959 prestò servizio in Sardegna, alle stazioni di Sìnnai e Stampace, in provincia di Cagliari. Nel 1959 tornò nella “sua” Sicilia, prima per brevi periodi, alle stazioni di Altavilla Milicia, Lercara Friddi, Villagrazia e al Nucleo Traduzioni di Palermo, poi dal 15 maggio 1961, alla Stazione Carabinieri di Casteldaccia. Infine per le sue elevate capacità investigative, nel mese di agosto 1967, venne destinato alla Tenenza Carabinieri di Bagheria, in forza alla Squadra Investigativa. Ed è proprio in quel nuovo incarico che l’Appuntato Costantino venne mortalmente colpito in un conflitto a fuoco avvenuto il 27 aprile 1969 in contrada Fiorilli, nel comune di Casteldaccia, a seguito di un intervento sull’autore di una tentata estorsione.
Per l’eroico gesto, nel 1970 il Presidente della Repubblica gli conferì la Medaglia d’oro al Valore Militare “alla Memoria” con la seguente motivazione: “Addetto a squadra investigativa, già più volte distintosi in brillanti e coraggiose operazioni di servizio, partecipava volontariamente a rischiosa azione di appiattamento – su terreno impervio – per l’identificazione e l’arresto di autori di tentata estorsione mediante lettera minatoria. Dopo dodici ore di snervante attesa, venutosi a trovare a diretto contatto con individuo che, armato di fucile da caccia, si accingeva a raccogliere il piego simulante la somma richiesta, con estrema decisione e cosciente sprezzo del pericolo, lo affrontava con l’arma in dotazione spianata al fine di impedirgli ogni possibilità di fuga. Raggiunto in pieno petto da micidiale scarica di pallettoni, repentinamente esplosa dal malvivente, trovava la forza di reagire – seppur invano – con il fuoco del proprio moschetto, finché, stremato dalle mortali ferite, si abbatteva al suolo. Domato nel corpo ma non nello spirito, prima di esalare l’ultimo respiro, forniva ai commilitoni informazioni utili per l’identificazione del reo. Luminoso esempio di sublime coraggio, attaccamento al dovere fino al supremo sacrificio ed elette virtù militari”.
Alla cerimonia, cui hanno partecipato numerose autorità politiche, religiose, civili e militari, era presente il Comandante della Legione Carabinieri Sicilia, Gen. Giuseppe Governale, il Comandante Provinciale dell’Arma Stefano Spagnol ed il Sindaco di Terme Vigliatore, Bartolo Cipriano, che nel ricordare la figura del militare, si è detto particolarmente orgoglioso di sapere intitolata all’Appuntato Orazio Costantino la locale Stazione dell’Arma, la cui sede è stata voluta proprio dall’attuale amministrazione comunale. La cerimonia, che ha visto schierate anche numerose associazioni combattentistiche e d’arma, tra le quali numerose sezioni dell’Associazione Nazionale Carabinieri provenienti da tutta la provincia, è stata resa ancor più suggestiva ed emozionante dalla Fanfara del 12° Battaglione Carabinieri “Sicilia”, diretta dal maresciallo capo Sena.