27 Dicembre 1896 Palermo. Uccisa Emanuela Sansone, 17 anni. I mafiosi sospettavano che la madre li avesse denunciati per fabbricazione di banconote false.
Emanuela Sansone era la figlia diciassettenne della bettoliera Giuseppa di Sano. Fu uccisa il 27 dicembre del 1896 in un agguato nel loro magazzino di Palermo, adibito a “merceria, pasteria e bettola, oltre che ad abitazione”. Due colpi di fucile che ferirono gravemente la madre, colpita al braccio e al fianco, ed uccisero Manuela, colpita alla tempia.
I mafiosi sospettavano che la madre li avesse denunciati per fabbricazione di banconote false. L’episodio è analizzato nei rapporti del questore di Palermo Ermanno Sangiorgi.
La madre della vittima ha collaborato attivamente con la giustizia: uno dei primi esempi del ruolo positivo delle donne, troppo spesso ignorato e dimenticato. (Fonte: Centro siciliano di documentazione “Giuseppe Impastato” Palermo/Giornale di Sicilia)
Giornale di Sicilia, edizione del 29 Dicembre 1896
Si ringrazia il Sig. Nino Impallari per la ricerca bibliografica.
Il doppio assassinio di via Sampolo
Madre e figlia prese a fucilate da dietro un muro – Per vendetta o per isbaglio? Mistero!
Al n. 20 di via Sampolo, proprio vicino piazza Ucciardone e alle spalle delle Grandi Prigioni, esiste un grande magazzino che serve da merceria, pasteria e bettola, tenuto da certo Salvatore Sansone di anni 38, che ha in moglie certa Giuseppa Basano di anni 40, con tre figli: Emanuela di anni 18, Salvatore d’anni 14 e Giuseppe di anni 12.
Al magazzino, che è molto avviato contando circa quindici anni di vita prosperosa, assiste il Sansone coadiuvato dalla moglie e dai figli.
Al lato sinistro, entrando, è situato il bando destinato alla merceria; al lato destro vi sono dei sacchi di crusca e di cereali; di fronte, due o tre tavole per gli avventori, e, addossato al muro in fondo, delle botti di vino.
Il magazzino è diviso da mediante in legno, che forma una retrobottega, nella quale dorme la famiglia Sansone.
Iersera, verso le 20, la Basano stavasene dietro il banco della merceria a pesare della pasta a certa Caternia Pirrone di anni 36, che lì andata a comprare della roba.
Il Sansone, un po’ brillo, giuocava a carte, in fondo, nella bettola, col tal Antonino Clemente fu Vincenzo, impiegato presso la fabbrica Giacchery.
La Emanuela Sansone, a tre quattro passi da sua madre, vicina a un tavolo scherzava allegramente con i suoi fratellini.
In questo mentre si udivano due forti detonazioni, quasi simultanee.
Due fucilate erano state esplose da dietro il muro che fiancheggia la strada, di fornte al magazzino.
Con la prima fucilata veniva colpita al braccio e al fianco la Basano; e con la seconda, la povera Emanuela alla tempia sinistra.
La Basano gravemente ferita, si mise a gridare al soccorso.
La Emanuela, piegandosi sui ginocchi, restava appoggiata immobile, alla sponda del tavolo, col capo reclinato sul braccio destro.
Il Sansone accorse prontamente al grido della moglie; e, quando si accorse del tragico caso, si mise a piangere come un ragazzo, senza saper prendere una decisione qualsiasi per soccorrere le ferite.
La Pirrone, spaventata, sorreggeva la Basano, che mandava copioso sangue dalla ferita e sentivasi venir meno.
Intanto alle detonazioni accorreva il brigadiere dei carabinieri. Arriva con un suo dipendente, che faceva chiamare una vettura, vi adagiava le due povere ferite, le trasportava all’ospedale militare.
Il brigadiere, però, giunto avanti alla porta del nosocomio, si accorse che la infelice Emanuela era morta!
Fece scendere dalla vettura la Basano, e la fece medicare dal tenente medico di guardia.
Quindi fu chiamata un’altra vettura dove prese posto la Basano, che venne condotta alla Concezione, insieme al cadavere della figlia.
Quivi il dott. Mazza constatò la morte della Emanuela, ricevendone il cadavere per la sala mortuaria.
La Basano fu mandata a S. Saverio, per curarsi.
Le ferite di lei, al braccio e al fianco destro, furono giudicate pericolose di vita e guaribili in 15 giorni.
Quale il motivo di questo gravissimo misfatto?
Finora le autorità indagano, ignorandosi assolutamente la causa e gli autori del delitto.
Intanto corrono varie versioni, tra cui la seguente:
Qualche tempo addietro un giovanotto, dimorante alle Fade, amoreggiava con l’Emauela, di cui chiese la mano alla madre di lei.
A quanto si dice, il giovane innamorato si ebbe un bel rifiuto, perché non aveva ancora posizione alcuna.
Questo precedente potrebbe anche spiegare la catastrofe di iersera.
Ma un’altra versione farebbe supporre trattasi di uno sbaglio, ritenendosi che la vittima designata dagli assassini potesse essere – invece che le due povere donne – o il Sansone, o il Clemente, che stavano insieme a giocare, e che potevano avere avuta qualche precedente questione con alcuno.
Ma non è conveniente insistere su questo punto, per non intralciare l’opera di giustizia.
Il fatto si è che finora nulla si sa del movente e dell’autore del reato.
Accorsero, in seguito, sul luogo il delegato Pastore, i marescialli dei carabinieri Barone e Cinque, e il brigadiere Majali della stazione S. Lorenzo, i quali, facendo una minuta visita alla località trovarono un buco nel muro donde erano partiti i colpi.
Questo buco era proprio in direzione della porta del magazzino, e servì benissimo all’assassino per poggiarvi la bocca del fucile e prendere la mira.
Il muro, alto circa tre metri, divide dalla via Sampolo il fondo di proprietà del signor Agnello, tutto piantato ad ulivi e si estende dalla piaxxa Giacchery fino alla chiesa del Bambino.
Il muro che cinge questo fondo, in qualche parte è diruto, cosicché si può accedere facilmente dentro il girato, di sera, senza essere scorto in mezzo all’oliveto.
Il buco è all’altezza di un metro circa dal livello stradale.
E’ stato constatato che la fucilata tirata alla madre era a palla e a mitraglia, giacché la palla, di calibro 12 fu trovata conficcata nel mediante di legno e la Basano fu colpita da due pallottole (lupari).
La fucilata che uccise la figlia può darsi fosse stata diversamente composta dall’altra, giacché la infelice fu colpita da una sola palla di calibro 12, ed altre palline non furono rinvenute.
La povera Emanuela giace sul tavolo anatomico della Concezione, a disposizione dell’autorità giudiziaria.
Era una ragazza avvenentissima, un bel tipo di biondina, dagli occhi cerulei, piena di salute.
Chissà di qual dramma è stata vittima!
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