27 Dicembre 1972 Cittanova (RC). Giovanni Ventra, Consigliere comunale del PCI, ucciso da un proiettile vagante. Vittima innocente di una faida familiare.

Foto: quotidianodelsud.it

Giovanni Ventra era il consigliere comunale del Pci di Cittanova (Reggio Calabria). Il 27 dicembre del 1972 non fu ucciso per le sue attività politiche, fu una vittima innocente in quella conosciuta come prima guerra di faida di Cittanova. Una faida iniziata negli anni sessanta fra i Facchineri-Marvaso-Varone-Monteleone e i Raso-Albanese-Gullace-De Raco (Wikipedia) e di cui furono vittime anche dei bambini.
Giovanni Ventra stava uscendo dalla sezione del partito, in cui si recava ogni sera, quando Giuseppe Facchineri, che transitava di li, fu preso di mira da una scarica di fucile caricato a pallettoni. Facchineri fu ferito gravemente ma Giovanni Ventra morì sul colpo. Lasciò moglie e 8 figli (L’Unità).

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Foto da GiornataMemoriaEImpegnoVittimeInnocentiDelleMafie

Articolo da L’Unità del 29 Dicembre 1972
Sparatoria in piazza per la lunga faida
di Pantaleone Sergi
Un morto e un ferito a Cittanova (R. Calabria)
La vittima è un innocente passante: Giovanni Ventra, consigliere comunale del nostro partito

CITTANOVA, 28.
A Cittanova, una faida assurda fra i due clan rivali degli Albanese e dei Facchineri, faida che ha già mietuto ben 7 vittime, è riesplosa furiosamente ieri sera; e nella sparatoria che è succeduta durante un attentato a Giuseppe Facchineri, 32 anni, da pochi giorni in libertà provvisoria dopo essere stato prosciolto dalla accusa di omicidio, è caduto, vittima innocente, un agricoltore di 58 anni, Giovanni Ventra, consigliere comunale, da parecchi anni, del nostro partito, mentre il Facchineri è stato gravemente ferito e ricoverato con prognosi riservata all’ospedale di Taurianova dove è stato sottoposto a intervento operatorio.
E’ successo tutto all’improvviso, in piazza Marvasi, su cui si affaccia la Sezione del nostro partito. Giovanni Ventra, come soleva fare ogni sera, si era recato nella Sezione da dove ne usciva poco dopo. In quel momento, Giuseppe Facchineri veniva preso di mira da una scarica di fucile, caricato a pallettoni, di alcuni individui a bordo di una « 124 » e di una «123» con targhe straniere. Il Facchineri riportava gravi ferite; il Ventra cadeva a terra, e per lui non c’era niente da fare. Il nostro compagno lascia la moglie e ben 8 figli.
Il delitto, soprattutto per che ha fatto una vittima che nella faida non aveva niente a che vedere, ha suscitato profonda impressione nella cittadina del Reggino, tormentata da questa assurda «guerra» tra le famiglie dei Facchineri e degli Albanese. Una lotta che si protrae da diversi anni, dal ’66, da quando cioè Antonio Albanese uccise il possidente Domenico Gerace. Successivamente, si sono avuti diversi scontri fra i due clan: il 18 dicembre dello stesso anno. Celestino Gullace, del clan degli Albanese. viene trovato ucciso; nel ’71, i Facchineri uccise Antonio Albanese. Il 14 luglio dello stesso anno, cadeva vittima ancora uno degli Albanese, Antonio Pronestì. 27 gennaio scorso, toccava a Francesco Albanese; poi, sotto i colpi della lupara, cadeva Raffaele Albanese.

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Articolo da La Stampa del 1 Aprile 1975
L’incredibile delitto ieri notte nel carcere di Reggio Calabria
di Enzo Laganà

Detenuto, protagonista di una faida, ucciso con otto rivoltellate mentre dorme in cella – La vittima è Giuseppe Raso, cognato dei fratelli Albanesi in guerra da 9 anni con il “clan” dei Facchineri – Era accusato di duplice omicidio – Il compagno di cella non si è accorto di nulla – La porta della prigione era aperta perché i detenuti, impauriti dalle scosse di terremoto, avevano ottenuto di dormire nei corridoi

Reggio Calabria, 31 marzo. Delitto nelle carceri di Reggio. Un detenuto di 32 anni, Giuseppe Raso, uno dei protagonisti della faida di Cittanova, in attesa di giudizio per duplice omicidio e tentato omicidio, è stato assassinato a colpi di pistola mentre dormiva in cella. L’uccisore è ancora ignoto e vani, fino a questo momento, gli sforzi della polizia e dei carabinieri per identificarlo. Il delitto è avvenuto verso le 2. Giuseppe era nella cella con Pasqualino Zito, 28 anni, da Taurianova, un pregiudicato accusato di concorso in sequestro di persona: l’assassino si è avvicinato nel buio e gli ha esploso otto colpi di una pistola calibro 7,65. Cinque proiettili hanno raggiunto il Raso alle spalle, gli altri tre si sono conficcati in altre parti del corpo. La morte è stata istantanea. All’interno delle carceri reggine l’atmosfera era movimentata sin dalla sera di domenica. Verso le 23,30 i duecentocinquanta reclusi, spaventati per timore di nuove scosse di terremoto, dopo quella registrata la notte tra sabato e domenica, avevano ottenuto di passare la notte nei corridoi. E’ stato proprio per questa circostanza che è potuto maturare l’incredibile delitto.

Giuseppe Raso era in carcere perché protagonista della sanguinosa faida, in corso da nove anni circa a Cittanova, tra la sua famiglia (compresi i fratelli Albanesi, suoi cognati) e il clan dei fratelli Facchineri. Il bilancio di questa agghiacciante catena di vendette è finora di nove morti e sette feriti. L’ucciso era accusato dell’omicidio di Giuseppe Ventra e Domenico Scarfò. Sul delitto è stata aperta una inchiesta condotta personalmente dal procuratore della Repubblica, dott. Carlo Bellinvia. Il compagno di cella della vittima è stato interrogato, ma non ha saputo o voluto fornire alcuna notizia valida. Ha detto: « Dormivo nella brandina accanto. Mi sono svegliato agli spari e ho notato benissimo la fiammata degli ultimi colpi, ma non ho visto altro, soltanto un’ombra che fuggiva. Giuseppe non si è accorto di nulla, non si è lasciato sfuggire neppure un lamento. Mi  sono messo a gridare, sono arrivati altri compagni poi le guardie di custodia, ma ormai per Giuseppe non c’era più niente da fare ». E’ scattata subito una minuziosa operazione di rastrellamento all’interno dell’istituto di pena con largo impiego di uomini e di mezzi. Abbandonata in un giardino interno è stata trovata l’arma del delitto, la 7,65 con il caricatore vuoto. Accanto alla pistola un altro caricatore contenente sette pallottole. Nel corso delle ricerche gli agenti hanno rinvenuto un’altra rivoltella calibro 6,35 e  una decina di coltelli a serramanico. La pistola era nascosta sotto il lavabo di un  canaletto, avvolta in pezzi di  imbottitura ricavati da un  materasso.

Giuseppe Raso era stato arrestato a Genova, dove si trovava in luna di miele, il 2 maggio dell’anno scorso. Celebrato il rito nuziale nella chiesa di Mileto, in provinciia di Catanzaro, l’uomo era andato in viaggio di nozze a Genova Sampierdarena, ospte di una sorella. Proprio nella casa di quest’ultima la polizia — sulla scorta di un fonogramma giunto in questura — l’aveva arrestato. Sulla scia di mai sopiti contrasti tra « clan » familiari calabresi, Giuseppe Raso— spalleggiato da alcuni complici — il 4 settembre 1973 avrebbe teso un agguato alla periferia di Cittanova (Reggio Calabria) contro Giovanni Scarfò. Nel corso dell’agguato Scarfò fu ucciso, mentre un suo amico, Antonio Gavasso, fu ferito. Nel dicembre dello stesso anno Raso avrebbe affrontato sulla piazza principale di Cittanova Giuseppe Facchineri, ferendolo. Durante il duello fu colpito a morte Giovanni Ventra, che non c’entrava nulla.

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Fonte:  redattoresociale.it
Articolo del 27 settembre 2010
A 35 anni dall’omicidio del padre fonda un’associazione per le vittime delle mafie
di Raffaella Cosentino
La storia di Silvia Ventra, che nel 1972 aveva solo 16 anni e non vide più rientrare a casa suo padre Giovanni. Di “Piana Libera” fanno parte 70 familiari colpiti dalla ‘ndrangheta. Mario Congiusta: “Troppi casi archiviati”

Reggio Calabria – Un’associazione di familiari di vittime innocenti della ‘ndrangheta nata dalla volontà di una figlia dopo 35 anni di dolore per la perdita del padre ucciso nella faida di Cittanova perché si trovava al posto sbagliato nel momento sbagliato. E’ la storia di Silvia Ventra che nel 1972 aveva solo 16 anni e non vide più rientrare a casa suo padre Giovanni, colpito a una gamba da un proiettile vagante durante un agguato della terribile faida dei Facchineri contro gli Albanese nella città della Piana di Gioia Tauro. Giovanni Ventra aveva 54 anni e si trovava per la strada quando si consumò l’imboscata a uno dei Facchineri. Morì dissanguato perché nessuno dei suoi concittadini uscì di casa per soccorrerlo. Vinsero la paura e la morte. Dopo 35 anni, nel 2007, sua figlia, insieme al marito Antonio Russo ha fondato l’associazione “Piana Libera” subito dopo la marcia in memoria di tutte le vittime innocenti delle mafie del 21 marzo a Polistena, un altro comune della Piana di Gioia Tauro (Rc). “Negli anni abbiamo cercato sempre di essere vicini agli altri familiari delle vittime della ‘ndrangheta, ma con l’impulso del 21 marzo abbiamo deciso di fondare l’associazione”, spiega Antonio Russo, fondatore di ‘Piana Libera’, di cui la moglie Silvia Ventra è presidente. Oggi la onlus raggruppa 70 familiari di vittime innocenti della ‘ndrangheta e ha esteso la sua azione dalla Piana fino al lametino e a Reggio Calabria.

‘Piana Libera’ che è associata a Libera di don Luigi Ciotti ma è una realtà autonoma sul territorio, ha aperto uno sportello nella sede del municipio di Polistena, dove riceve per due volte a settimana i racconti e le storie dei familiari delle vittime della ‘ndrangheta, aiutandoli a procedere con il riconoscimento di vittime di mafia. ‘Piana Libera’ ha sfilato con uno striscione al corteo ‘No ‘ndrangheta’ organizzato sabato scorso a Reggio Calabria dal ‘Quotidiano della Calabria’ in sostegno ai magistrati della Procura per gli attentati che hanno subìto. A reggere lo striscione c’erano due icone calabresi importanti, entrambi colpiti negli affetti dalla violenza delle ‘ndrine: Mario Congiusta e Doris Lo Moro. Congiusta è riuscito ad avere giustizia per la morte di suo figlio Gianluca, giovane imprenditore ucciso a Siderno nel 2005, con il processo contro il clan di Tommaso Costa, ma richiama l’attenzione sui tanti casi sconosciuti rimasti insoluti. “A parte Fortugno e Congiusta, non ci sono stati altri processi – dice – ci sono tantissimi casi irrisolti, archiviati, come quello di Fortunato La Rosa, bisogna continuare a indagare”. Fortunato La Rosa era un oculista al di fuori da qualunque contesto criminale ucciso l’8 settembre 2005 a Canolo, nella locride. Probabilmente non volle cedere i suoi terreni su cui i clan tentavano di mettere le mani.

Doris Lo Moro, magistrato, deputata del Pd, ex assessore regionale alla Salute nella giunta Loiero, ha perso il padre Giuseppe e il fratello Giovanni di soli 19 anni in un agguato mortale nel 1985 vicino a Filadelfia (VV). La sua vicenda è ricordata nel libro “Avamposto” di Roberta Mani e Roberto Rossi. “Hanno raccontato la mia storia con sensibilità – afferma – è duro e triste essere familiare di vittima di mafia e non parlarne mai. Sono tra i calabresi che ha capito prima di tutti che la ‘ndrangheta è solo morte.” E sulla condizione di vittima delle mafie, la deputata del partito democratico dice: “chi ha avuto queste violenze o muore o diventa più forte, io mi sono rafforzata”. Lo Moro, ex sindaco di Lamezia Terme fino al 2001, lancia l’allarme sulla situazione della ‘ndrangheta nella città guidata da Gianni Speranza. “Quello che vedo della condizione socio-politica lametina mi fa dire che la città non è in cammino, c’è rumore mediatico ma nulla che può far dire che il riscatto lametino è in corso”.

 

 

 

 

 

Cittanova, la memoria è impegno: la dedica del Polo della legalità a nove Vittime di mafia
sabbiarossa – Pubblicato il 24 mag 2018

Le riprese integrali dell’emozionante e molto partecipato incontro al Polo della legalità di Cittanova (Rc) del 21 maggio 2018, con la dedica a nove vittime innocenti di ‘ndrangheta: Antonio Bertuccio, Giacomo Catalano, Michele Germanò, Giuseppe Giovinazzo, Francesco Longo, Giovanni Mileto, Michele Piromalli, Luigi Timpano e Giovanni Ventra.
La giornata di memoria con il sindaco di Cittanova, Francesco Cosentino, e i familiari delle vittime è stata preceduta dal dibattito condotto dai giornalisti Paola Bottero e Alessandro Russo con il prefetto Vincenzo Panico, che guida il Comitato nazionale per le iniziative a favore delle vittime di mafia, Luciano Gerardis, presidente della Corte d’Appello di Reggio Calabria, Gaetano Paci, Procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Ottavio Sferlazza, Procuratore di Palmi, don Ennio Stamile, referente di Libera Calabria.

 

 

 

 

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