29 febbraio 2004 Burgos (SS). Ucciso, con un ordigno posto davanti casa, Bonifacio Tilocca padre del sindaco Pino Tilocca

Bonifacio Tilocca era il padre di Pino, sindaco per 4 anni di Burgos, un piccolo paese tra Sassari e Nuoro. La sua colpa è stata quella di aver raccontato a un magistrato quello che aveva scoperto sugli attentati che il figlio aveva subito in 4 anni di governo e che aveva denunciato nel 2002. Una bomba davanti all’ingresso della sua casa lo uccise all’età di 71 anni il 29 febbraio del 2004. (Liberanet.org)

 

 

 

Fonte:  archiviolastampa.it
Articolo del 2 marzo 2004
Ucciso dalla bomba inviata al figlio sindaco
A BURGOS, UN PICCOLO PAESE DEL SASSARESE
La pista: una ritorsione per il blocco delle assunzioni stagionali irregolari.
Avevano già profanato la tomba di famiglia e bruciato l’auto del politico Mauro Spignesi

CAGLIARI. I vicini hanno visto un puntino rosso, la miccia che si stava rapidamente consumando. Poi hanno sentito il botto. Tremendo, devastante. Bonifacio Tilocca, 71 anni, padre di Pino, sindaco di Burgos, piccolo paese del Sassarese, è morto sul colpo, investito dall’esplosione. Ucciso in un attentato diretto al figlio, vittima da due anni di altre bombe, e di un avvertimento: con il piccone era stata devastata la tomba della madre. Gli avevano anche bruciato l’auto arrivando fino a Oristano, dove Pino Tilocca vive e lavora (è insegnante).

La bomba è esplosa alle 23 di domenica. Bonifacio Tilocca, vedovo, pensionato dopo una vita passata a lavorare come tecnico caseario a Foresta Burgos, viveva solo nella grande casa gialla nella parte alta del paese. Obiettivo sensibile, l’avevano classificata carabinieri e polizia dopo gli ultimi attentati. L’uomo ha probabilmente sentito dei rumori. Era in camera da letto. Ha imboccato le scale ed è sceso fino al portoncino d’ingresso ma non ha fatto in tempo ad aprirlo: la bomba è esplosa liberando una micidiale forza d’urto, sbattendo Tilocca contro il muro, spaccando vetri, muri e infissi, «L’esplosivo era ben compresso, roba da professionisti», ha detto un artificiere dei carabinieri giunto da Cagliari.

Sull’obiettivo, pochi dubbi: era diretto contro il sindaco del paese. Pino Tilocca, iscritto a Rifondazione comunista, eletto in una lista civica di sinistra. Uno dei tanti sindaci in trincea, «abbandonati, lasciati soli a combattere contro la violenza», dice Lorenzo Soro, presidente della Comunità montana del Goceano (della quale fa parte Burgos): «A gennaio abbiamo presentato un dossier alla prefettura per chiedere maggiori controlli».

Tilocca aveva più volte denunciato d’aver ricevuto minacce (Burgos è stata spesso amministrata da un commissario prefettizzio), aveva organizzato assemblee popolari per capire da dove venisse la violenza, s’era persino dimesso per protesta. Poi aveva fatto marcia indietro: «Non posso dargliela vinta, ho una responsabilità», aveva detto. Ieri, poche parole di disperazione: «Dimettermi? Adesso ho un padre da seppellire, ci penserò dopo».

«Chiedo pace e perdono dice don Mario Curzu, parroco del paese – anche se è difficile da chiedere in queste ore, bisogna avere la forza di riportare serenità a Burgos».

Le indagini puntano sulla pista politica. Sul fatto che con l’ingresso di Pino Tilocca in Comune è stata ristabilita la legalità, sono ritornate le regole. Anche in fatto di assunzioni stagionali. Qualcuno potrebbe non essere d’accordo, e lo ha voluto dire con la voce delle bombe.

Un’altra pista porta a contrasti dentro l’amministrazione, a posti negli Enti che avrebbero dilaniato il confronto civile. Secondo gli investigatori ieri c’è stato un salto di qualità voluto: la bomba è stata messa non più per far saltare solo il portone d’ingresso dell’abitazione dei Tiocca ma per fare danni maggiori, per demolire il muro della facciata. Invece Bonifacio Tilocca s’è trovato lì al momento dell’esplosione. Fatalità? Lo stabilirà la perizia ordinata dalla procura della Repubblica che ieri ha dato il via libera a una serie di perquisizioni.

Pino Tilocca, insieme al fratello Momo (dirigente Ds di Oristano) ha militato a lungo nella sinistra, è stato tra i fondatori del Pdup dopo aver aderito al progetto del Manifesto. Poi è approdato a Rifondazione. In una recente riunione del partito aveva detto che i suoi nemici potevano anche essere personaggi a lui vicini politicamente. Un’accusa che aveva fatto discutere a lungo. E che ora la magistratura dovrà verificare.

Il presidente dell’Anci, Leonardo Dominici – al quale proprio ieri è stato inviato un pacco bomba – ha espresso la sua solidarietà a Pino Tilocca.

 

 

Articolo del 15 marzo 2004 da archivio.panorama.it
Burgos, profondo rosso
Gli hanno ucciso il padre, profanato la tomba della madre, piazzato bombe sotto casa. Il sindaco di un paesino sardo parla di matrice politica. E per Rifondazione inizia il tormento.
di Bianca Stancanelli

«Io non so chi ha ucciso mio padre, ma conosco i nomi del mandante e di alcuni esecutori degli altri attentati contro di me. Li ho denunciati nel novembre del 2002: ai carabinieri, alla magistratura. Ho l’impressione che solo oggi si stia cominciando a lavorare su quelle denunce». Pino Tilocca, 43 anni, insegnante elementare, militante di Rifondazione comunista, ha una voce segnata dall’angoscia, dalla tensione. Nella primavera 2000 diventò sindaco del suo paese, Burgos, 1.050 abitanti, nel Goceano, monti, foreste e un castello medioevale al confine tra le province di Sassari e Nuoro. Quattro anni di governo e un crescendo di attentati. Fino all’ultimo, il più atroce.

Una bomba sulla porta di casa, in paese, alle 22.45 di domenica 29 febbraio, ha dilaniato suo padre, Bonifacio Tilocca, 71 anni. Quel padre che, sugli attentati al figlio, aveva indagato con metodo, con pazienza, sedendosi poi davanti a un magistrato per raccontare quel che aveva scoperto.

Nella sua casa di Oristano, dove vive, Tilocca dice: «Nei nostri paesi l’attentato al sindaco sembra la normalità. È una riparazione contro torti, veri o presunti, in luoghi dove a volte è ritenuto un torto rispettare le graduatorie per le assunzioni. E lo Stato non crede di dover impiegare risorse e intelligenze per indagare su quegli attentati».

A Nuoro, in un palazzo di giustizia mezzo scoperchiato da una tempesta in gennaio, il capo provvisorio della procura (cinque magistrati trasferiti su sette in organico, procuratore compreso) Maria Angela Passanisi dichiara: «Nella provincia di Nuoro ogni notte si compiono tre, quattro attentati dinamitardi o incendiari. A volte si trova perfino un movente. Ma con i moventi non si fanno i processi. Circola una quantità impressionante di armi, di esplosivi. E per una contravvenzione, salta in aria la macchina di un carabiniere».

Una violenza endemica. Che sta degenerando in ferocia. «Sta saltando l’intero sistema di valori tradizionali. Le nostre comunità hanno perso la serenità: si rapinano i pensionati in casa, si assaltano gli uffici postali con le ruspe» ricorda Paolo Pisu, 56 anni, sindaco di Laconi, anche lui di Rifondazione, tra i leader della Consulta dei piccoli comuni. «La Sardegna interna è un buco nero di miseria e di malessere circondato dalla muraglia di alberghi e seconde case della costa. Generazioni intere, senza speranza di futuro, sono in fuga. Spopolamento e denatalità svuotano i nostri paesi. E allora chiude l’ufficio postale, chiude la caserma dei carabinieri. Lo Stato se ne va. E a rappresentarlo restano i sindaci, in prima linea, soli».

Per solidarietà con Tilocca, otto sindaci del Goceano hanno annunciato le dimissioni. Il ministro dell’Interno, Beppe Pisanu, li ha convinti a ritirarle. Ha promesso aiuto, vicinanza. E a Burgos un investimento di 10 milioni di euro per creare, nella foresta alle porte del paese, un Centro di formazione per le forze di polizia a cavallo. Tilocca non sa ancora se tornerà al suo posto di sindaco: «Non ho deciso se continuare o no». A gennaio, quando qualcuno devastò a picconate la tomba di sua madre, gli anziani del paese, i «maiores», decifrarono: è l’ultimo avviso. A febbraio, la bomba contro il padre.

Dai monti di Laconi, il sindaco Pisu analizza: «Nella vendetta barbaricina non si uccide il nemico. Lo si fa soffrire, e nel modo più atroce». Ma chi può coltivare tanto odio nella piccola Burgos, all’ombra del castello in cui Adelasia, giudichessa di Torres, visse la sua tragedia d’amore, sposata e abbandonata dall’ambizioso re Enzo di Sicilia?

Scandisce il sindaco Tilocca: «Quest’amministrazione stava cambiando le cose: ha creato lavoro, ha gemellato il paese con Burgos di Spagna, ha aperto al pubblico il castello. C’è qualcuno che non vuole tutto questo, perché nella miseria c’è comunque un potere da gestire. C’è qualcuno che vuole far cadere quest’amministrazione». Serrato nel suo giubbetto arancione di cantoniere, il vicesindaco Giovanni Tilocca (omonimo del sindaco), 50 anni, rivela: «A dicembre è saltata in aria la macchina dell’assessore alla Cultura, una ragazza. Il sindaco è andato dal prefetto di Sassari, gli ha detto che qualcuno voleva sloggiare l’amministrazione per andare alle urne a giugno. Del resto, non sarebbe la prima giunta cacciata con la violenza a Burgos: negli anni Novanta un sindaco democristiano gettò la spugna e se ne andò con la famiglia a Sassari».

A giugno, in Sardegna, si voterà anche per le regionali. Davvero c’è chi lavora perché si aprano le urne anche per il comune? «So che qualcuno si sta dando da fare per raccogliere candidature» conferma Roberto Nieddu, 29 anni, segretario del circolo di Rifondazione a Burgos. Nieddu è l’unico oppositore dichiarato del sindaco, pur essendo suo compagno di partito. Tra sindaco e segretario da anni corrono scintille. Proprietario di una falegnameria che ha chiamato «Stella rossa», Nieddu si è appena dimesso da consigliere comunale: «Rinuncio alla politica, non ci sono le condizioni. Non posso attaccare il sindaco e il giorno dopo qualcuno mette una bomba e uccide suo padre. Non voglio servire come copertura a nessuno».

Un Nieddu è stato sindaco di Burgos, l’ultimo prima di Tilocca. Ma era il fratello maggiore di Roberto, Salvatore, e aveva simpatie per il centrodestra. «Lasciò il mandato prima del tempo» ricorda Roberto Nieddu. «Non per le bombe, non ne ebbe. Per contrasti politici. Noi sardi, forse, li abbiamo nel dna».

Anche Rifondazione comunista, quarto partito della Sardegna, è spaccata. Il segretario regionale Sandro Valentini, che Pisu definisce «uno stalinista, un romano che da nove anni va avanti e indietro tra Roma e Cagliari», ha contro una robusta minoranza. Il sindaco di Burgos appartiene a quella minoranza.

Nel luglio scorso, in un convegno di autoconvocati, Tilocca accusò la maggioranza di Rifondazione di perseguitarlo, disse che il mandante degli attentati contro di lui militava nel partito.

«Una sciocchezza» si indigna il segretario di Rifondazione a Sassari, Antonello Licheri, 39 anni. «Lo abbiamo denunciato per calunnia, l’inchiesta è in corso». Nessun procedimento di espulsione? «Ci sono scambi di lettere con Roma».

Per l’assassinio del padre, Tilocca ha avuto una telefonata di Fausto Bertinotti. Al funerale, il segretario Valentini non si è fatto vedere.

Tristi veleni. A Burgos Gavino Salis, 23 anni, tra i fondatori della cooperativa Sa Reggia che, grazie a un corso del comune, gestisce il castello, commenta: «Eppure, questo è un paese molto vivo: due associazioni folcloristiche con cento ragazzi, un’università della terza età con 150 iscritti, cooperative culturali, musicali… Perché vogliono stroncarci?».

UNA VITA IN TRINCEA

Tutti gli attentati contro il primo cittadino

Aprile 2000: Pino Tilocca viene eletto sindaco di Burgos.

Febbraio 2002: Ordigno esplosivo contro casa Tilocca.

Aprile 2002: Seconda bomba contro l’abitazione.

Settembre 2002: Attentato contro l’auto del sindaco, a Oristano.

Gennaio 2004: Profanata la tomba della madre, Natalina Ruiu.

29 febbraio 2004: Ucciso il padre del sindaco.

 

 

Articolo del 20 Ottobre 2008 da  soslegalita.org

Sintesi : Pino TILOCCA
(2002) Sindaco di Burgos, Sassari

Pino Tilocca nel 2000 è stato eletto sindaco del comune di Burgos, un piccolo paese situato nel cuore della Sardegna. Fin dall’inizio del suo mandato è stato oggetto di azioni violente mirate ad intimidirne la condotta. L’ampio spettro entro cui si sono estese le azioni criminose, ha compreso sia membri della giunta comunale che familiari stretti del sindaco (profanazione della tomba di famiglia, l’assassinio del padre Bonifacio). La politica intrapresa dal sindaco era destinata a modernizzare il paese nel suo insieme, a rendere trasparenti le procedure burocratiche (vanificando in tal modo interessi precostituiti), nonché a valorizzare i beni della comunità. Evidentemente quest’azione politica ha fortemente turbato gli equilibri da lungo tempo esistenti nel paese. Ad oggi le indagini sui fatti non chiariscono la vicenda, nonostante siano state arricchite nel tempo da numerosi mezzi di prova. Né il movente, né gli esecutori materiali degli atti delittuosi sono stati individuati.

“Il responsabile della morte del mio padre è l’intero paese di Burgos. Se quatro, cinque, sei persone hanno ucciso o pianificato il suo assassinio, ce ne sono almeno una cinquantina che sanno e che sapevano anche prima che succedesse. Ma nessuno ha voluto testimoniare.” P. Tilocca (fonte: Narcomafie, Luglio-Agosto 2008).

“Cos’è l’omertà? Pensare che ciò che accade al tuo vicino non ti riguardi … No, i miei diritti di cittadino e amministratore pubblico non sono stati garantiti. Mi è stato sistematicamente impedito di svolgere il mio compito.” P. Tilocca (fonte: L’Unione Sarda, “Lasciato solo contro la mafia di paese”)

Quattro anni dopo, l’omicidio è senza colpevoli. Tilocca continua a battersi per avere giustizia.

Pino Tilocca ha 48 anni. Ha svolto la funzione di Sindaco, come rappresentante di Rifondazione Comunista, a Burgos, un piccolo centro del Goceano, regione situata nel centro- nord della Sardegna. L’insediamento nell’amministrazione civica di Tilocca risale al 2000. Gli anni seguenti sono stati segnati da una serie di atti criminosi nei confronti del sindaco e della sua giunta, culminati, nel 2004, con l’assassinio del padre del primo cittadino, Bonifacio Tilocca.

L’azione del comune aveva immediatamente puntato sull’ammodernamento delle strutture civiche, nonché, su una politica mirata ad eliminare certi interessi privilegiati radicati nella zona. La successione degli eventi delittuosi ha inizio il 18 febbraio del 2000. Viene fatta esplodere una bomba in via Marconi, davanti l’abitazione del padre di Tilocca. Solamente due mesi dopo, il 12 aprile, un’altra bomba esplode nello stesso luogo.

Le conseguenze sono state irrilevanti dal punto di vista dei danni a persone e cose, ma estremamente efficaci come impatto emotivo indotto. La paura si è diffusa rapidamente fra gli abitanti ed i membri dell’amministrazione. Evidentemente questi primi atti avevano un intento intimidatorio.

Sei mesi dopo, il 23 settembre ad Oristano, paese di residenza del sindaco, si passa ad atti più concreti. Qualcuno incendia la sua auto nella notte. Durante il Capodanno del 2003, colpi di fucile raggiungono la facciata del municipio di Burgos. Anche l’assessore alla cultura diviene oggetto di quest’ escalation di terrore. La sua auto salta in aria nella notte del 6 dicembre del 2003. Il 20 gennaio si raggiunge una soglia critica ed ultimativa, come avviene nel linguaggio sottile ma eloquente della criminalità. La tomba della madre di Tilocca viene devastata a colpi di piccone. È un ultimo avvertimento. Da questo momento in avanti, si passerà ad atti mirati contro la persona, questo è il significato.

Il 24 febbraio del 2004, verso le undici di sera, una bomba esplode all’ingresso della casa di Bonifacio Tilocca. La deflagrazione raggiunge l’uomo nel corridoio, uccidendolo. Ma non è l’ultimo atto di una sequela così drammatica. Il 26 settembre del 2005 viene profanata la tomba di Bonifacio Tilocca, ulteriore e macabro messaggio di morte rivolto al sindaco.

Cosa avrà scatenato una così violenta reazione criminale in un piccolo centro quale quello di Burgos? Nel periodo intercorrente gli attentati, le indagini sono state rivolte negli ambienti della riforestazione, delle assunzioni e dei contratti pubblici. Ma nulla di concreto è emerso.

Omertà. Risuona questo termine tra i volti muti ed indifferenti di chi vede e sente nei villaggi senza tempo del Goceano. Nessuna denuncia è mai pervenuta alla questura del paese. Una certa politica, forse troppo avanzata, deve aver alterato gli equilibri di Burgos, non sempre confluenti nella legalità. Il padre del sindaco era sicuramente un ulteriore elemento di disturbo. Dopo i primi attentati si era messo ad indagare. Cercava una soluzione a questi continui atti d’intimidazione rivolti al figlio. Si era presentato di fronte alla magistratura per raccontare tutto quello che aveva scoperto.

In un intervista rilasciata non molto tempo fa Pino Tilocca aveva dichiarato: “In alcuni paesi c’è un controllo del territorio dei gruppi delinquenziali. Nel momento in cui la pubblica amministrazione prende decisioni che contrastano con i loro interessi, grandi o piccoli che siano, non hanno problema ad usare la violenza. Spesso questi gruppi non sono marginali, hanno rapporti con personaggi politici, controllano voti e talvolta hanno un piede nelle amministrazioni locali. Una forma tipicamente mafiosa di radicamento nel territorio. Non è raro imbattersi anche in una sorta di controllo prepolitico, basato su alleanze familiari e finalizzato al conseguimento di vantaggi”.

La presenza di un potere parallelamente consolidato a fianco di quello legittimato e sovrano dello stato, è un dato certo. Il fenomeno riprende una consuetudine cara al nostro paese, conosciuta in modo clamoroso in Sicilia, ma viva in altri territori come il caso specifico ci consente di osservare. Nel novembre del 2002 Tilocca aveva sporto denuncia ai carabinieri ed alla magistratura. Dichiarava di conoscere i nomi del mandante e di alcuni esecutori materiali degli attentati compiuti nei suoi confronti. Ma anche in questo caso nulla di fatto. I nomi di alcuni, risalivano a membri del partito della Rifondazione Comunista sarda. Tilocca sosteneva che la maggioranza del partito lo perseguitasse. Proprio il mandante sarebbe stato un militante del partito. A queste dichiarazioni aveva fatto seguito una denuncia per calunnia nei suoi confronti, da parte del segretario di Rifondazione Comunista di Sassari.

Ancora oggi, tutto rimane nell’ombra. Delle cartucce con pallini calibro 12 sono state rinvenute nei pressi della caserma dei Carabinieri di Burgos nel 2004, nei primi giorni di marzo. Si era pensato ad un gesto di sfida, poiché stavano iniziando le indagini per l’omicidio di Bonifacio Tilocca. Inoltre pochi giorni prima erano stati arrestati degli individui per possesso illegale d’armi da fuoco. Tutto ciò a testimonianza del tentativo d’innescare il terrore anche negli uffici degli inquirenti. La procura di Nuoro ha svolto le indagini nell’ambito di uno spazio che comprende la malavita e la politica, focalizzandosi su vicende nate nelle zone interne e limitrofe al paese di Burgos. Rimane quanto detto da Pino Tilocca a proposito di cosa sia l’omertà: “ Pensare che ciò che accade al tuo vicino non ti riguardi. In un certo senso mio padre è stato ucciso dal paese, queste cose accadono dove c’è un contesto che le permette. Mi spiego: tanti sanno che quello con cui stanno bevendo un bicchiere di birra al bar è l’assassino o uno dei responsabili, e decidono che non li riguarda. Nei paesi molti sanno ciò che accadrà e permettono che accada, i responsabili non vengono isolati”.
Questo non deve più accadere!

Sintesi di Federico Gasparella

 

 

Articolo del Fatto Quotidiano del 3 Gennaio 2010
Nella scuola dove si insegna il coraggio
di Nando Della Chiesa

La terza bomba ha colpito al cuore. Pino Tilocca sindaco alla testa di una lista civica di centrosinistra, Solidarietà e progresso, stava sconvolgendo le abitudini di Burgos, piccolo comune montuoso della provincia di Oristano.

Si era messo in testa di fare politica in una zona in cui chi vince le elezioni pensa a favorire la coalizione di famiglie e di clan, variamente etichettate, che l’hanno sostenuto. Mentre l’Italia civile era in rivolta contro le leggi ad personam o contro la guerra in Iraq, questo sindaco dallo sguardo mite e dal sottile strato di barba color carbone, conduceva la sua rivolta e la sua guerra contro un’idea atavica di politica e contro tradizioni antiche di omertà.

L’urbanistica e l’apertura al mondo esterno; con le rivalità di partito (lui era iscritto a Rifondazione comunista) pronte a salire in carrozza sugli odi più sordi. La prima bomba nel febbraio del 2002, il mese di piazza Navona e del Palavobis. Di notte, sulla porta di casa del padre Bonifacio, un ex operaio che per fare studiare bene i cinque figli si era andato a cercare un lavoro a Oristano. La seconda bomba quaranta giorni dopo, stessa ora stesso posto; gli era pur scappato, no?, di dire una volta che se se la fossero presa con il padre avrebbe lasciato tutto. Lui reagì con fierezza, invece.

Consigli comunali straordinari, interviste, mobilitazione delle scuole. Allora in settembre lo raggiunsero a Oristano e gli incendiarono l’auto. Subito dopo il messaggio con ritagli di giornale: adesso cambieranno i fucili. Decise di resistere. Parttime a scuola come maestro alle elementari di Siamanna, mille abitanti. Poi in municipio a Burgos. Sempre sul filo del fuorigioco. Denunciò una banda di giovani delinquenti che durante le vacanze di Natale del 2003 vandalizzarono le pubbliche vie a colpi di fucilate. E denunciò pure l’inerzia delle forze dell’ordine. Così per punizione profanarono a martellate la tomba della madre Natalia.

A febbraio del 2004 l’ultima bomba. Nemmeno le undici di sera, la notte della Pentolaccia, festa dopo Carnevale. I carabinieri passano, vedono qualcosa che sembra una miccia davanti al portone di Bonifacio Tilocca, urlano l’allarme, l’anziano inquilino accorre richiamato dalle grida e la bomba lo uccide. Ma il sindaco resta al suo posto, gli sembrerebbe di scappare, di mancare di rispetto al genitore. E termina il suo mandato di guerra e di politica. Chiedendo invano ai vertici di Rifondazione, anche a Bertinotti in persona, di difenderlo dalla micidiale faida di partito che, nel viluppo di odi di clan, lo sta schiacciando mentre lotta per dare a Burgos un’amministrazione progressista non solo di nome.

Fine dell’esperienza amministrativa. Amarezza tanta. Voglia di continuare a dare futuro alla sua terra, ancora di più. Il sindaco torna a Oristano, nella sua casa ospitale e piena di libri appena fuori la città insieme alla moglie Patrizia e al figlio Matteo. E vince il concorso a preside per il quale ha continuato a studiare nei mesi più incanagliti. Così nel settembre del 2007 va a dirigere un centro comprensivo, dalla materna alla media inferiore, a Cabras, profumo di mare, uno dei più bei tratti di mare della Sardegna, novemila abitanti. Ci si butta anima e corpo. “Settecento allievi in tutto. Si chiama De Amicis, e avrei voglia di cambiare il nome se non fosse che oggi, con questi rancori furibondi, finisce per essere una trincea anche De Amicis. Settecento allievi sono un piccolo pezzo di umanità, che ci è affidato dai tre-quattro anni fino ai quattordici. La mia prima preoccupazione è di accompagnarli nella crescita, senza che dall’infanzia all’adolescenza si scardini il modo di vivere. Per fortuna ho grandi collaboratori”. Ed ecco l’indice di nomi sardi doc: Chiara Sanna, Pietrina Podda, Lorella Pinna… “Quali principi educativi? Intanto il rapporto della scuola con il suo territorio. A Cabras c’è l’area marina protetta, e questo vuol dire che biologia, fisica, chimica, le scienze insomma, devono partire da questa grande risorsa. Lo stesso per la musica; se ne fa molta collegandosi con le tradizioni del luogo e con la scuola civica di musica.

Poi l’identità sarda”. Ha un bagliore d’orgoglio l’occhio del preside, poco incline a concedere che “possa esservi una cosa chiamata sole anche al nord”. “L’identità sarda”, continua, “non è inchiodata al passato, però; si costruisce continuamente a contatto con altre culture, per questo qui fanno inglese già dalle materne. E poi la legalità, il senso delle regole. Ci siamo chiesti spesso perché con i ragazzi spesso le regole non funzionino. E siamo arrivati a una conclusione: perché sono fatte per loro, ma non per chi le fa. E invece devono capire che come si chiede a loro di essere seri e preparati, altrettanto lo si chiede a noi stessi. Per questo l’anno venturo realizzeremo un grande esperimento: rifaremo insieme con loro tutte le regole e poi varranno per tutti. Il rispetto, è importante che imparino il senso del rispetto.”

E’ anche ospitale, il preside. Ci tiene che della sua terra si apprezzi tutto. L’aria e il mare, il profumo dei fiori. Anche il pesce che viene dalla settecentesca Peschiera dello stagno, bacino azzurro in mezzo a cento tinte di verde. Spiega l’altro progetto a cui dedica energie, il concorso Cinzia Turbato. “Cinzia era un’ex allieva della scuola che si uccise a vent’anni. Io non l’ho conosciuta. Ha però ricordato a tutti il disagio della vita. Il premio è diretto alle terze medie. E ha un tema sempre diverso ogni anno. La fatica di vivere la prima volta, poi la legalità, quest’anno la letteratura. Ogni volta con testimoni. Aspettiamo Alidad Shiri, il ragazzo afghano che ha scritto ‘Fuga dalla sporca guerra’, e Michela Murgia e Marcello Fois. Ospiteremo anche il Macbeth di Shakespeare. Vede, per me fare scuola è un altro modo per proporre i miei valori. La questione non è fare o no politica. Il fatto è che esiste una politica della buona scuola. Cabras è una roccaforte del centrodestra, il Pdl qui prende l’80 per cento. Ma finora non ho avuto problemi perché la scommessa è quella di una scuola di qualità, che sia una garanzia per i genitori . E poi c’è l’alleanza con i ragazzi. L’altro giorno mi sono incontrato con un centinaio di miei allievi, dai diciotto ai trent’anni, mi hanno ringraziato di avergli fatto leggere in classe, da bambini, Voltaire e Calvino. E quanto a oggi, pensi che la metà circa dei miei allievi delle medie è in collegamento con me su Facebook. Che le pare, che non sia facendo una politica più bella?”.

 

 

 

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Bonifacio Tilocca – Foto da vivi.libera.it

vivi.libera.it
Bonifacio Tilocca
L’unica colpa di Bonifacio è stata quella di voler proteggere suo figlio. Voleva sapere chi lo stava minacciando, voleva capire. E qualcuno ha voluto fermarlo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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