29 Novembre 1946 Comitini (AG). Ucciso Filippo Forno, bracciante e sincacalista, e Giuseppe Pullara, un bracciante con cui stava percorrendo un tratto di strada.

Il 29 Novembre del 1946 in contrada Serra Palermo, al confine tra Aragona e Comitini (AG), venne trovato morto ammazzato il bracciante e sindacalista Filippo Forno di 46 anni. Stava ritornando a piedi dalla vicina Aragona, dove – secondo i testi più accreditati – si era recato per incontrare altri contadini della zona. Ma quella sera non fece rientro a casa. Lungo la strada della “Cirasa” trovò il paesano Giuseppe Pullara, un bracciante di origini favaresi dal carattere autoritario, ed insieme s’incamminarono. Vennero trovati morti, “colpiti entrambi da arma da fuoco”, si legge in una relazione dell’allora Pretura di Aragona. La moglie di Forno, Vittoria Nigrelli, solo da venti giorni aveva messo al mondo un’altra bambina.  (Tratto dal libro Senza Storia di Alfonso Bugea e Elio Di Bella)
Nelle liste ufficiali, per un disguido burocratico, Filippo Forno viene erroneamente elencato con il nome di  Paolo Farina o Paolo Farno

 

 

 

 

Tratto dal libro Senza Storia di Alfonso Bugea e Elio Di Bella – Ed. Concordia

Il 29 Novembre del 1946 in contrada Serra Palermo, al confine tra Aragona e Comitini, venne trovato morto ammazzato il bracciante Filippo Forno di 46 anni, nato a Palermo il 23 maggio del 1900, figlio di Francesco e Antonia Greco.

Stava ritornando a piedi dalla vicina Aragona, dove – secondo i testi più accreditati – si era recato per incontrare altri contadini della zona. Ma quella sera non fece rientro a casa. Lungo la strada della “Cirasa” trovò il paesano Giuseppe Pullara, un bracciante di origini favaresi dal carattere autoritario, ed insieme s’incamminarono. Vennero trovati morti, “colpiti entrambi da arma da fuoco”, si legge in una relazione dell’allora Pretura di Aragona. La moglie di Forno, Vittoria Nigrelli, solo da venti giorni aveva messo al mondo un’altra bambina.

Il nome Forno non compare nell’elenco delle vittime di mafia approvato dalla regione Siciliana, e non certo per mancanza di meriti. Solo che in una terra dalla memoria corta come la Sicilia spesso diventa quasi impossibile superare i limiti della superficialità ed allora – come nel caso di Forno – si può essere condannati a dimostrare la propria esistenza in vita. Ecco il paradosso.

Il nome di Filippo Forno compare correttamente, un anno dopo la morte, in un resoconto riservato (datato 13 novembre 1947) a firma del dott. Cucugliata della segreteria della Presidenza della Regione Siciliana, indirizzato al ministro degli Interni Mario Scelba, per comunicargli “dati aggiornatissimi circa gli omicidi e i ferimenti in persone di dirigenti o appartenenti al partito comunista italiano nella Sicilia”. In quest’elenco (a cui attingerà tutta la vigente legislazione) il nome, corretto, di Filippo Forno, occupa il primo posto della lista dei comunisti deceduto.

I guai arrivano dopo, perché in quelli successivi si parla ancora del delitto del 29 novembre 1946, ma viene indicata una “nuova” vittima: nel 1967 la commissione nazionale antimafia parla di un tale Paolo Farno, che nel 1999, con la legge della Regione, diventa Paolo Farina. Cancellando, così, ogni traccia di vita.

A complicare le cose c’è poi la pubblicazione di alcuni testi, anche su internet (nei siti di Libera e Cgil Scuola), che nel considerare le vittime di mafia del 1946 per Comitini tirano fuori addirittura due nomi: Paolo Farina e Paolo Farno, di entrambi, ovviamente non esistono tracce biografiche perché sono frutto di una diavoleria partorita dalla macchina burocratica. Un paradosso del “doppione”, con l’uso disinvolto di ben tre dati anagrafici per indicare una sola persona: Filippo Forno. Perché, al di là di ogni ragionevole dubbio, resta una sola inconfutabile certezza: a Comitini l’unico agguato mortale quell’inverno fu quello di Filippo Forno. E se dunque ci fu una vittima di mafia uccisa il 29 novembre del 1946 non può essere che lui. Non ci furono altri morti ammazzati in quella data. Tranne Giuseppe Pullara, che nulla, però, ha a che vedere con vicende sindacali o di partito. Per questo il suo nome venne subito legato a certi ambienti di Favara, suo paese d’origine.

[…]

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *