31 ottobre 2006 S. Antimo (NA). Ucciso Rodolfo Pacilio, imprenditore, vittima del racket.

Foto: liliumjoker-liliumjoker.blogspot.it

Rodolfo Pacilio, 39 anni, noto come Giancarlo, viene ucciso a Sant’Antimo il 31 ottobre 2006. Imprenditore noto nel settore dei giocattoli, padre di tre bambini, viene colpito con una decina di colpi da due uomini in sella ad uno scooter. Gli inquirenti vedono nella morte di Rodolfo Pacilio la conseguenza di un rifiuto a pagare tangenti o una vendetta del clan denunciato tempo prima.
Infatti suo padre aveva denunciato negli anni ’90 un esponente del clan della zona che gli aveva imposto una tangente di 40.000.000 di lire per la costruzione di un importante edificio. Per quella denuncia il boss fu condannato ad 11 anni di reclusione.
Nel 2003 un fratello di Rodolfo, Domenico, di 45 anni, aveva subito la stessa sorte. L’uomo, che gestiva un circolo di intrattenimento, era stato ucciso in un agguato di camorra per una questione legata al racket.
Nel 2011 presso il liceo Francesco Durante di Frattamaggiore si è tenuta la quinta edizione della Borsa di studio per la legalità, iniziativa voluta anni prima da Rodolfo per ricordare il fratello Domenico e poi proseguita dalla famiglia Pacilio per ricordare i due fratelli uccisi dalla camorra.
 fondazionepolis.regione.campania.it

 

 

Nota di Ciro Pacilio

L’assassinio di Rodolfo Pacilio, è avvenuto in S. Antimo (Napoli) il 31 ottobre 2006. La vittima, come indicato invece da quotidiani locali e nazionali, non aveva precedenti penali, neanche lievi; era titolare di una ditta che produceva e vendeva solo giochi per bambini e non si interessava della produzione o rifornimento dei videogiochi o videopoker, come dagli stessi indicato. Rodolfo Pacilio, tra l’altro laureato con il massimo dei voti in Economia e Commercio, era figlio di un imprenditore, un tempo con circa mille dipendenti, “noto per essere stato uno dei pochi ad avere lo (stupido n.d.r.) coraggio di denunciare i suoi estorsori nel periodo in cui pagava una tangente di lire quaranta milioni al mese per un importante edificio che stava realizzando in Napoli. Per tale motivo gli inquirenti tutti (Dda) vedono nell’omicidio una vendetta del clan un tempo denunciato o conseguenza di un rifiuto a pagare tangenti o a piegarsi ai voleri delinquenziali della camorra, tenuto conto del forte senso di legalità che lo caratterizzava, noto anche a semplici conoscenti. Vi è sgomento, quindi, tra i famigliari tutti, molti dei quali conosciuti per essere tutti professionisti assai noti in Italia (si veda ad esempio, il mio nominativo o quello del dott. Nunzio Pacilio su internet) o pubblici dipendenti, tra i quali un altissimo funzionario del Ministero di Grazia e Giustizia. La famiglia di Pacilio, quindi, può ben denunciare ad alta voce la latitanza dello Stato per la morte del buon Rodolfo, vittima innocente della camorra”

 

 

 

Fonte adnkronos.com
NAPOLI: CIRO PACILIO: RODOLFO VITTIMA INNOCENTE DELLA CAMORRA
UCCISO IL 31 OTTOBRE A S.ANTIMO, EBBE CORAGGIO DENUNCIARE ESTORSIONE

Rodolfo Pacilio è stato una ”vittima innocente della camorra”. Lo precisa in una nota Ciro Pacilio, sottolineando: ”In merito all’omicidio del dottor Rodolfo Pacilio, avvenuto in S. Antimo (Napoli) il 31 ottobre scorso e’ emersa una circostanza triste ed inquietante. Oltre ad essere ormai chiarito che l’assassinato non aveva precedenti penali, neanche lievi, e che fosse titolare di una ditta che produceva e vendeva solo giochi per bambini e che non si interessava della produzione o rifornimento dei videogiochi o videopocker, e’ stata accertata la notizia che Rodolfo Pacilio, tra l’altro laureato con il massimo dei voti in Economia e Commercio, era figlio di un imprenditore, un tempo con circa mille dipendenti, noto per essere stato uno dei pochi ad avere lo (stupido n.d.r.) coraggio di denunciare i suoi estorsori nel periodo in cui pagava una tangente di lire 40.000.000 al mese per un importante edificio che stava realizzando in Napoli”.

”Per tale motivo gli inquirenti tutti (Dda) -aggiunge Ciro Pacilio- vedono nell’omicidio una vendetta del clan un tempo denunciato o conseguenza di un rifiuto a pagare tangenti o a piegarsi ai voleri delinquenziali della camorra, tenuto conto del forte senso di legalità che lo caratterizzava, noto anche a semplici conoscenti. Vi è sgomento, quindi, tra i famigliari tutti, molti dei quali conosciuti per essere tutti professionisti assai noti in Italia (si veda ad esempio, il mio nominativo o quello del dott. Nunzio Pacilio su intenet) o pubblici dipendenti, tra i quali un altissimo funzionario del Ministero di Grazia e Giustizia. La famiglia di Pacilio, quindi, puo’ ben denunciare ad alta voce la latitanza dello Stato per la morte del buon Rodolfo, vittima innocente della camorra”.

 

 

 

Nota del 29 Novembre 2006 da  tgcom24.mediaset.it
Omicidio Napoli, ucciso dal racket
Uomo ammazzato non era pregiudicato

In merito all’articolo pubblicato il 31 ottobre 2006, in cui si dava notizia dell’omicidio nel Napoletano di Rodolfo Pacilio, Tgcom precisa che il citato non era pregiudicato con piccoli precedenti penali, come erroneamente scritto anche da altri organi di informazione, né titolare di un ingrosso di videogiochi da bar. L’errore è dovuto al fatto di aver riportato quanto riferito dalle agenzie di stampa. Per questo Tgcom si scusa con la famiglia Pacilio.

Rodolfo Pacilio, 36 anni, è stato ucciso in un agguato a Sant’Antimo. Laureato in Economia e Commercio con il massimo dei voti, padre di tre bambini e figlio di un imprenditore, è noto per essere stata una delle poche persone ad aver avuto il grande coraggio di denunciare i suoi estorsori.

Pagava una tangente da 40 milioni di lire al mese per un importante edificio che stava realizzando a Napoli. Secondo gli inquirenti, la sua morte è stata proprio legata a una vendetta del clan denunciato o al rifiuto di non piegarsi ai voleri della camorra.

 

 

 

Articolo del 1 Novembre 2006 da internapoli.it
SANT’ANTIMO. IMPRENDITORE UCCISO DA DUE KILLER IN MOTO. FORSE IL RACKET
di Matteo Giuliani

SANT’ANTIMO. Due killer in sella ad una potente moto ieri alle 17 hanno aperto il fuoco, uccidendolo, su Rodolfo Pacilio 36 anni di Grumo Nevano. La vittima era un imprenditore e a quell’ora si trovava in un capannone sulla via Appia a Sant’Antimo “Giochi Appia” in compagna di altre persone, operai, che sono stati prontamente immobilizzati dai due killer, che hanno fatto irruzione coperti da caschi integrali. Rodolfo Pacilio (detto Giancarlo) è stato investito da una raffica di colpi alla schiena ed è morto sul colpo. Sono stati vani i soccorsi prestati degli operai presenti sul posto. Nel giro di qualche minuto si precipitano i Carabinieri della tenenza di Sant’Antimo che avviano rapidamente le indagini, cercando indizi che possono far risalire ai due emissari, forse, inviati dai “signori del pizzo”. Pacilio infatti si occupava della fornitura di consolle in legno per videogiochi e nel gennaio del 2003 perse il fratello Domenico di 45 anni, che gestiva un circolo di intrattenimento, in un agguato a Grumo Nevano forse a per una storia di racket. Anche il padre, deceduto, in passato aveva subito forti pressioni da un gruppo di estorsori, la famiglia Pacilio è molto nota a Grumo Nevano. Non si ferma dunque la spirale di sangue che avvolge Napoli e la provincia: 12 omicidi in 10 giorni tra guerra di camorra e criminalità.

 

 

Fonte  liliumjoker-liliumjoker.blogspot.it
Punito dai clan è il racket dei videogiochi
da: Il Mattino  di Marco Di Caterino

Sant’Antimo. Era imprenditore in un settore diventato difficile in questi anni, quello dei videogiochi. Un campo sempre più appetito dalla criminalità organizzata. Da mesi cercava commesse per salvare il posto di lavoro dei suoi quaranta operai. Un carattere schivo e riservato: è stato ucciso con il tragico rituale dei killer della camorra. Per gli inquirenti l’omicidio di Rodolfo Pacilio, 36 anni, titolare dell’azienda «Appia Giocattoli Srl» di Sant’Antimo, è comunque un delitto anomalo. Oscuro.

Difficile da collocare e spiegare, soprattutto in questi giorni di sangue. L’impreditore ucciso, che tutti chiamavano e conoscevano come Giancarlo, era uno dei più grossi distributori italiani di quelle schede elettroniche che sono il cuore dei videogiochi. Quelli leciti. Ma le schede elettroniche, una volta finite nelle mani della camorra, trasformano innocenti videogame in quelle micidiali macchinette mangiasoldi che sono i videopoker, capaci di incassare ognuna, dai tremila ai quattromila euro a settimana. Più di quanto si possa realizzare con la droga e senza incorrere in reati penali.

E allora spunta la pista del racket dei videogiochi. Rodolfo Pacilio avrebbe pagato con la vita un rifiuto di troppo a manipolare e distribuire le schede taroccate, il cui monopolio è gestito dal clan dei casalesi e dai loro alleati. I carabinieri del nucleo operativo di Castello di Cisterna, diretti dal maggiore Fabio Cagnazzo, oltre ad eseguire una cinquantina di perquisizioni tra Giugliano, Sant’Antimo, Aversa e Casal di Principe, hanno anche tirato fuori due fascicoli, nelle cui carte potrebbe esserci la chiave di lettura dell’omicidio. Il primo riguarda il genitore dell’imprenditore ucciso, Luigi Pacilio, padre di dieci figli.

L’uomo, una quindicina di anni fa, denunciò per estorsione Eduardo Contini che gli aveva imposto una tangente per ogni flipper che consegnava a Napoli. Quella denuncia costò al boss una condanna a undici anni di carcere e segnò l’inizio della fine del suo clan. Sul secondo dossier, c’è scritto invece il nome di Domenico Pacilio, fratello di Rodolfo, ucciso con due fucilate al volto a pochi metri dalla sua abitazione di Grumo Nevano, nella notte tra il due e il tre gennaio del 2003, dopo aver chiuso il bowling, di cui era titolare a Caserta. Un omicidio, quello di Domenico, rimasto avvolto nel più fitto mistero e mai chiarito. Forse Rodolfo Pacilio, che negli ultimi tempi discuteva con gli altri fratelli sulla possibilità di chiudere tutte le attività imprenditoriali e trasferirsi a nord.

Forse aveva saputo qualcosa sull’omicidio del fratello e ne aveva parlato con qualcuno. Resta il fatto che martedì sera, il killer incaricato dell’esecuzione, non ha avuto alcuna esitazione. L’assassino doveva avere la certezza di non lasciare nessuno scampo alla vittima designata. Il killer ha sparato a due mani, impugnando due micidiali revolver di grosso calibro dai quali sono partite una decina di pallottole, tutte andate a segno. Non ci doveva essere scampo per Rodolfo Pacilio, e scampo non c’è stato.

 

 

 

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