4 Aprile 1991 Napoli. Muore Salvatore D’Addario, 22 anni, Assistente Polizia di Stato. Era stato gravemente ferito il 30 marzo in un conflitto a fuoco contro camorristi .

Foto da: cadutipolizia.it

Salvatore D’Addario (22 anni), Assistente della Polizia di Stato, Compartimento Polizia Postale di Napoli, morì il 4 Aprile 1991 in seguito alle terribili ferite subite sei giorni prima in seguito ad un conflitto a fuoco con alcuni camorristi.
Il 30 Marzo D’Addario si trovava libero dal servizio con i propri familiari quando cercò di bloccare un gruppo di camorristi che a bordo di un furgone stavano cercando di assassinare un rivale. Intervenuto e qualificatosi come Agente di Polizia, D’Addario venne ferito. Il poliziotto rispose al fuoco ma venne travolto dall’automezzo guidato dai criminali, i quali vennero arrestati poco dopo da altri agenti.
Fonte: cadutipolizia.it

 

 

 

Fonte: fondazionepolis.regione.campania.it 

Il 30 marzo 1991 i Quartieri Spagnoli (NA) diventano un sentiero di guerra. I boss locali ordinano di sparare contro i giovani simpatizzanti degli scissionisti.
In questo scontro muoiono tre delinquenti di piccolo calibro e feriti quattro innocenti.
La risposta a questa azione è immediata. Infatti, il giorno seguente a Porta Nolana (NA) un gruppo di uomini appartenenti al clan avversario fa fuoco contro tre pregiudicati.
Salvatore D’Addario, agente di polizia, si trova con la famiglia in un esercizio commerciale nei pressi della zona. Sente gli spari esce dal negozio cercando di fermare i tre che si stanno allontanando a bordo di un furgone, utilizzando la pistola d’ordinanza che ha con sé.
I malviventi gli sparano contro ferendolo ad un braccio e ad una gamba, infine investendolo con l’autoveicolo stesso.
L’agente rimasto ferito viene ricoverato in ospedale. Con il passare dei giorni le condizioni di D’Addario peggiorano: dopo l’amputazione della gamba sopraggiungono altre complicazioni. Il 4 aprile Salvatore si spegne. Il questore, recatosi in visita presso il nosocomio durante i giorni che hanno separato Salvatore dalla morte lo promuove per “meriti sul campo”.

 

 

 

Articolo da L’Unità del 5 Aprile 1991
Napoli, ennesimo assalto a pattuglia dei carabinieri
di Vito Faenza
È morto l’agente al quale era stata amputata la gamba
Ancora un assalto alle forze dell’ordine in un quartiere della periferia partenopea. Una pattuglia di carabinieri è stata aggredita da 40 persone nel rione De Gasperi a Ponticelli. Il 14 marzo, nello stesso quartiere, erano stati assaliti alcuni poliziotti mentre arrestavano uno spacciatore di droga. Morto l’agente ferito sabato scorso in un conflitto a fuoco con alcuni killer della camorra.

NAPOLI. Mentre in Prefettura, l’altro giorno, si concludeva il vertice convocato dal ministro Scotti per discutere dell’emergenza criminalità nel Napoletano, in un quartiere della periferia partenopea, il rione «De Gasperi» a Ponticelli, una pattuglia di carabinieri veniva aggredita e malmenata da una quarantina di persone per impedire, riuscendovi, l’arresto di due persone armate.
La pattuglia di Cc, in servizio di prevenzione nel quartiere, avevano notato alcuni individui, dall’atteggiamento sospetto, accanto aduna «Alfa 90». Li hanno bloccati, identificati e perquisiti. Addosso a due dei tre uominigli agenti hanno trovato armi. Ma appena hanno cercato di trarli in arresto, una folla di una quarantina di persone, radunatasi in un attimo, li ha aggrediti. Nonostante la superiorità numerica degli aggressori e le percosse (un brigadiere è stato giudicato guaribile in 15 giorni) la pattuglia è riuscita a dare l’allarme.
All’arrivo dei rinforzi, la folla si è dispersa. Cosi le forze dell’ordine sono riuscite ad ammanettare Giuseppe Samo, di 36 anni, l’unico componente del terzetto non in possesso di armi. I due individui armati, Luigi Sodano di 40 anni, e Giovanni De Falco di 25, sono invece riusciti a sfuggire all’arresto. Il rione «De Gasperi» è la roccaforte del clan Samo» e il fermato, Giuseppe Samo, è il cugino di Ciro Samo, il boss della banda. Il 14 marzo di quest’anno, nella stessa zona, un’altra pattuglia della polizia era stata aggredita da un centinaio di persone che volevano evitare l’arresto di uno spacciatore di droga di 15 anni.  Quattro agenti (fra cui due poliziotte) rimasero lievemente feriti e contusi nell’episodio. Le pattuglie che accorsero di  rinforzo, per «liberare» gli agenti, dovettero anche sparare alcuni colpi di pistola in aria. Il ragazzo fermato era uno dei tanti «manovali» del clan Sarno.
Nel napoletano, comunque, da tempo si registrano episodi del genere: due settimane fa venne «assaltato» il commissariato di Ps di Castellammare di Stabia da un centinaio di fiancheggiatori della camorra che tentavano di impedire il traferimento in carcere di tre pregiudicati, arrestati perchè trovati in possesso di una pistola; il 10 gennaio scorso, al rione «Villa » a S.Giovanni a Teduccio, si sparò dai balconi contro la polizia che aveva effettuato alcuni fermi.
Intanto, nel primo pomeriggio di ieri, è morto in ospedale l’agente Salvatore D’Addario, 31 anni, che sabato sera, pur essendo fuori servizio, era intervenuto per bloccare l’ennesima strage di camorra. I sicari della malavita lo hanno colpito alla  testa e travolto con un furgone. Nonostante le cure dei medici (che domenica gli avevano amputato una gamba) per lui non c’è stato nulla da fare.

 

 

Articolo da L’Unità del 21 Aprile 1991 
«Chi liberò quell’assassino adesso paghi»
di Enrico Fierro
Chiaromonte sul caso dell’agente ucciso da un camorrista in licenza

ROMA. Chi ha sbagliato, mettendo in libertà gli assassini di quel «valoroso poliziotto-, paghi. E duramente.
Intervenendo ieri al Senato al dibattito sulla fiducia al governo Andreotti, il senatore Geraldo Chiaromonte ha voluto ricordare uno dei più feroci delitti di camorra avvenuto nelle ultime settimane a Napoli É quello dell’agente di Ps Salvatore D’Addario, trucidato la sera del 30 marzo da un commando dei mille clan in lotta nel capoluogo campano.
Quella sera l’agente D’Addario è fuori servizio e si trova in un negozio a fare shopping con la famiglia. Dalla strada, all’improvviso, il crepitio delle armi automatiche. Il poliziotto non perde, tempo, fa uscire la moglie e i figli dal retro della bottega, infiila il colpo nella canna della sua calibro nove e spara.
Ma i killer sono piò veloci di lui. Lo colpiscono alla gamba destra, poi, presi dalla furia omicida, lo investono ripetutamente con un furgone. Pochi giorni di agonia, al trentunenne agente verrà amputata una gamba, e poi la morte.
Il resto è cronaca tragica di una famiglia distrutta dal dolore e di stanchi quanto inutili funerali di Stato.
«Se questo poliziotto – ha detto Chiaromonte rivolgendosi ad un uditorio fin troppo distratto sulla lotta alla criminalità – avesse ragionato con la logica che sta alla base della sentenza di Catania sulle tangenti allia mafia come “stato di
necessita”, sarebbe ancora vivo». Ma il clima in quei giorni di Pasqua a Napoli è infuocato.
Appena ventiquattr’ore prima, infatti, ai Quartieri Spagnoli c’è stata un’altra strage di camorra con tre morti e quattro feriti. E D’Addario, anche se fuori servizio, si sente coinvolto, chiamato a fare la sua parte. Non cosi magistrati, Prefetto e Questore. Pèrche, ha ricordato l’esponente del Pds, «fra quelli che ferirono e uccisero questo valoroso poliziotto, c’era un noto camorrista che si chiama Antonio Labonia, incarcerato per omicidio, ma in permesso di libera uscita».
Un pericoloso delinquente con «licenza di uccidere* non nuovo ad azioni di questo tipo. «Labonia, condannato per omicidio – ha sottolineato Chiaromonte -, aveva già goduto nel 1981 di un permesso di libera uscita, durante il quale partecipò ad un regolamento di conti camorristico ed uccise un’altra persona. Fu di nuovo arrestato e messo in galera, ma il 28 marzo scorso gli è stalo concesso un altro permesso durante il quale ha ucciso l’agente D’Addario.
Una ricostruzione precisa di  disattenzioni, «sottovalutazioni e complicità inquietanti; che il senatore Chiaromonte, ha fatto rivolgendosi direttamente al presidente del Consiglio. Il magistrato di sorveglianza aveva chiesto, per concedere questo permesso, un parere al comitato provinciale per l’Ordine e la Sicurezza. Secondo me, poteva fare a meno di chiederlo, e in ogni caso rifiutare il permesso, cui non lo obbligava nessuna legge. Delle due l’una, ha aggiunto Chiaromonte. «o il comitato provinciale (di cui fannio parte il Prefetto e il Questore) non ha espresso un parere sufficientementem chiaro, e allora il governo deve intervenire perche chi ha sbagliato paghi. O, al contrario, questo parere e stato espresso con chiarezza, e allora il ministero di Grazia e Giustizia deve aprire, presso il Csm, un provvedimento disciplinare nei confronti di quel magistrato».
Quella morte assurda, insomma, non può testare impunita. Toccherà al presidente del Consiglio, Appena concluso il balletto della formazione del suo governo ha concluso Chiaromonte, «fare una rapida inchiesta e prendere le decisioni del caso».

 

 

Leggere anche:

 

 

ilmattino.it/rubriche/criminapoli
Articolo del 19 Novembre 2021
La morte senza pietà dell’agente Salvatore D’Addario e il pentito che si suicidò
di Gigi Di Fiore

 

 

 

 

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