5 marzo 1997 San Michele Salentino (BR). Ucciso Michele Lerna, commerciante, durante una rapina nella propria abitazione.

Il commerciante Michele Lerna fu ammazzato a San Michele Salentino, il 5 marzo del 1997, nel corso di una rapina nella sua abitazione che coinvolse l’intera sua famiglia. Per il suo omicidio è stato condannato Vito Di Emidio, alias Bullone, che ha confessato 25 omicidi ordinati o commessi in prima persona, tra Brindisi e provincia. La rapina era finalizzata a finanziare la Sacra corona unita. Di Emidio aveva saputo che Michele Lerna nascondeva soldi in casa.
Fonte:  vivi.libera.it

 

 

Michele Lerna – La Stampa del 6 marzo 1997

 

 

Michele Lerna – L’Unità del 6 marzo 1997

 

 

 

Fonte: brindisireport.it
Articolo del 25 febbraio 2013
Bullone, conferma ergastoli. Ira parenti
di Roberta Grassi

LECCE – La furia dei parenti, dopo la raffica di conferme in appello, si è riversata sull’incolpevole sostituto dell’avvocato del pentito ‘Bullone’, contro cui sono state lanciate invettive d’ogni genere. Alla fine, per calmare il caos all’esterno del carcere di Lecce, nella cui aula bunker si è celebrato il secondo grado del processo sugli omicidi firmati dalla Scu brindisina, sono intervenuti gli agenti della sezione Volanti della questura salentina.

La ragione di tanto nervosismo? Sono state confermate le condanne inflitte in primo grado, e quindi principalmente i tre ergastoli per i componenti del gruppo di fuoco, oltre ai i 27 anni di reclusione proprio per Vito Di Emidio, colui il quale, subito dopo l’arresto, nel 2001, decise di collaborare con la giustizia prendendo ad elencare una serie di omicidi, una ventina, riferendo circostanze, ragioni, movente ed esecutori materiali. Fu Bullone a chiamare in correità il cognato e altre sei persone, una delle quali assolte.

Nel primo pomeriggio di oggi il presidente della Corte d’Assise d’Appello di Lecce ha letto il dispositivo di sentenza: ergastolo per il marito della sorella di Di Emidio (da lei sempre difeso), Giuseppe Tedesco (Capu ti Bomba), per Yo-yo, al secolo Pasquale Orlando, e per Daniele Giglio. Infine cinque anni a Marcello Laneve e quattro a Cosimo Poci. Il collegio difensivo è composto dagli avvocati Paolo D’Amico, Marcello Tamburini, Daniela D’Amuri, Fabio Di Bello.

Il processo in questione è quello che si è concluso due anni fa, a Brindisi. Proprio quello sorto dalle dichiarazioni di Di Emidio che però, in aula, protestando per l’eccessiva rigidità del programma di protezione a suo carico, per l’insufficienza del sostegno economico alla sua famiglia, si fece cogliere da un’amnesia che gli costò cara. Fu riarrestato su ordinanza di custodia cautelare, dopo aver abbandonato la retta via della collaborazione. Successivamente, quindi, tornò a ricordare i minimi particolari, a riferire minuziosamente le circostanze di fatti accaduti qualche lustro addietro, tra Brindisi e Bar, in Montenegro, dove i suoi si rifugiarono da latitanti e dove furono compiuti delitti atroci, tra cui l’uccisione di Giuliano Maglie, il cui corpo, nascosto sotto la cuccia di un cane, è stato ritrovato solo quando Bullone ha cominciato a parlare.

I fatti di sangue sono una sfilza e sono avvenuti in un periodo compreso tra il 1986 al 2001 sono stati tutti confessati da Di Emidio che, caso per caso, ha chiamato in correità gli altri imputati, senza fare sconti di sorta in virtù dei legami di parentela. Il debutto, don Ciccio Guadalupi, l’allora presidente di Assindustria, che fu ucciso in un tentativo di rapina messo in atto l’11 ottobre dell’86 all’interno dello stabilimento di pastorizzazione del latte a Brindisi.

Poi Vincenzo Zezza, anno 1991, colpito a bordo di una Citroen Dyane. Michele Lerna fu invece ammazzato nel corso di una rapina a San Michele Salentino, nel 1997, freddato in camera da letto dopo che Bullone aveva ripulito la sua abitazione. Il 26 giugno del 1998, fu ucciso Salvatore Luperti, ammazzato sulla litoranea Nord di Brindisi, poi il 22 gennaio del 1992 l’omicidio di Nicola Petrachi, che non aveva voluto pagare la quota che spettava al gruppo per il contrabbando di sigarette.

Poco dopo, una decina di giorni più tardi, morì Antonio De Giorgi, sotto una pioggia di proiettili davanti a un bar del rione Paradiso. La condanna a morte di Antonio Luperti e il ferimento di Giovanni Lonoce, e quindi anche il sequestro e l’omicidio di Giuseppe Scarcia, il cui corpo fu sotterrato. Gli omicidi di Giacomo Casale e Leonzio Rosselli, al Sant’Elia di Brindisi. E di Giuliano Maglie, detto Naca Naca. Nel calderone non vi sono solo uccisioni, ma anche furti e rapine, azioni necessarie a rifornire la frangia della Sacra corona riferibile a Bullone di denaro contante, utile per finanziare affari e latitanza.

 

 

Fonte:  brindisireport.it
Articolo del 7 luglio 2017
Omicidi Scu: per Di Emidio dopo la libertà, pena ridotta
di Stefania De Cristofaro
Da 27 a 23 anni di reclusione nel processo d’Appello bis in corte d’Assise a Taranto: ha confessato oltre venti esecuzioni: dall’uccisione di don Ciccio Guadalupi a Giuliano Maglie. Assolto Cosimo Poci dall’accusa di aver fatto parte del sodalizio

BRINDISI – Dopo la libertà ottenuta nel processo in cui è imputato per oltre venti omicidi commessi nel Brindisino dal 1982 al 2001, per il pentito Vito Di Emidio è arrivata la riduzione della pena: è stato condannato a 23 anni, a fronte dei 27, nel processo d’Appello bis davanti dalla Corte d’Assise di Taranto, a cui la Cassazione ha rinviato accogliendo il ricorso della difesa. La stessa Corte ha assolto Cosimo Poci dall’accusa di aver fatto parte della Sacra Corona Unita, aderendo alla richiesta dell’avvocato Fabio Di Bello, azzerando la condanna a quattro anni.

La pronuncia è arrivata nella giornata di giovedì 6 luglio 2017, a distanza di sei anni dalla conclusione del processo a Brindisi, dinanzi ai giudici togati e popolari, sugli omicidi commessi da Di Emidio, quando era Bullone, killer spietato per sua stessa ammissione. In qualità di collaboratore di giustizia ha ottenuto il riconoscimento degli sconti di pena, gli ultimi dei quali definiti con la sentenza relativa al secondo processo d’appello, dopo quello incardinato a Lecce.

Il trattamento sanzionatorio è stato, infatti, ulteriormente rideterminato dalla Corte d’Assise d’Appello di Taranto a cui la Prima sezione penale della Suprema Corte ha rinviato il 28 gennaio 2015.

I fatti di sangue sono stati ricostruiti con le dichiarazioni rese da Di Emidio, all’indomani dell’arresto, avvenuto il 28 maggio 2001, quando finì fuori strada con l’auto sulla provinciale per San Donaci. Venne soccorso dagli stessi carabinieri che lo stavano inseguendo e portato in ospedale, al Perrino, dove venne sottoposto a intervento chirurgico. Chiamò in correità il cognato Giuseppe Tedesco per gli omicidi di Giuliano Maglie, Giacomo Casale e Leonzio Rosselli, e altre due persone che conosceva, Pasquale Orlando e Daniele Giglio, il primo amico del quartiere Sant’Elia in cui è cresciuto, entrambi riconosciuti colpevoli degli omicidi di Casale e Rosselli. Tutti e tre sono stati condannati in via definitiva al carcere a vita, a fronte della professione di innocenza sostenuta anche nel corso delle udienze. Ergastolo inflitto in primo e secondo grado, ricorsi in Cassazione respinti. Fine pena mai da scontare.

I ricordi di Di Emidio permisero di ritrovare i resti di Giuliano Maglie, alias Naca-naca, in Montenegro, sotto la cuccia di un cane, all’interno del giardino di una villa che negli anni Novanta era diventata il nascondiglio dei latitanti. Il primo omicidio commesso da Bullone fu quello di don Ciccio Guadalupi, l’allora presidente di Assindustria Brindisi, che fu ucciso in un tentativo di rapina messo in atto l’11 ottobre dell’86 all’interno dello stabilimento di pastorizzazione del latte che aveva sede nel rione Casale. Quel delitto gli è stato contestato in corso con un’altra persona, mai trovata. Il mistero resta da anni.

Bullone confessò di aver ucciso: Vincenzo Zezza, anno 1991, colpito a bordo di una Citroen Dyane; Michele Lerna ammazzato a San Michele Salentino, nel 1997, in camera da letto dopo che Bullone aveva ripulito la sua abitazione. Il 26 giugno del 1998, fu ucciso Salvatore Luperti, ammazzato sulla litoranea Nord di Brindisi, poi il 22 gennaio del 1992 l’omicidio di Nicola Petrachi, che non aveva voluto pagare la quota che spettava al gruppo per il contrabbando di sigarette. Poco dopo, una decina di giorni più tardi, morì Antonio De Giorgi, sotto una pioggia di proiettili davanti a un bar del rione Paradiso. A seguire, la condanna a morte di Antonio Luperti e il ferimento di Giovanni Lonoce, e quindi anche il sequestro e l’omicidio di Giuseppe Scarcia, il cui corpo fu sotterrato. Ancora gli omicidi di Giacomo Casale e Leonzio Rosselli, al Sant’Elia di Brindisi.

Nello stesso troncone processuale, annullamento con rinvio anche per Cosimo Poci, con successiva assoluzione dopo la condanna a quattro anni: in questo caso, la Cassazione ha accolto il ricorso presentato dall’avvocato Fabio Di Bello, in relazione all’accusa di associazione mafiosa.