5 Settembre 2010 Pollica (SA). Ucciso Angelo Vassallo, il “Sindaco pescatore”. “Un sindaco che ha lottato per una politica migliore, l’esempio che un Sud migliore può esistere”.
Un agguato in pieno stile camorristico, una raffica di colpi di pistola mentre rientrava a casa. È stato ucciso così Angelo Vassallo, 57 anni, sindaco di Pollica, comune del Cilento. È avvenuto nella tarda serata del 5 settembre 2010.
Secondo le indagini condotte dal pm Alfredo Greco, l’auto di Vassallo è stata bloccata da un’altra vettura che procedeva in direzione inversa e in senso vietato. Forse in due si sono avvicinati al finestrino e hanno sparato con una pistola calibro 9, colpendo il cuore, la testa e la gola del sindaco, seduto al posto di guida. A scoprire il corpo è stato il fratello del sindaco che, avvertito dalla cognata, preoccupata per il mancato ritorno a casa del marito, è andato a cercarlo.
Vassallo era soprannominato “il sindaco pescatore” per la sua attività imprenditoriale nel settore ittico che gestiva insieme al fratello. Le battaglie per la legalità e il rispetto dell’ambiente, su cui aveva investito come amministratore pubblico, avevano fruttato alla località costiera cilentana riconoscimenti come le “bandiere blu” e un rilancio turistico.
Le indagini sull’omicidio di Vassallo continuano senza escludere nessuna pista: dagli intrecci tra mafie ed attività affaristiche che interesserebbero il territorio cilentano, all’ambiente dello spaccio di droga che ha visto Vassallo combattere in prima linea per evitare che il suo territorio diventasse terra di spaccio, alla denuncia fatta dal sindaco circa “strade fantasma”, appalti pagati e lavori mai eseguiti. (Segue su: fondazionepolis.regione.campania.it )
Articolo di Libera Informazione
Articolo di Peppe Ruggiero
Sette mesi fa l’omicidio di Angelo Vassallo, il sindaco pescatore
Il ricordo di un sindaco che ha lottato per una politica migliore, l’esempio che un Sud migliore può esistere
Pollica, 9 aprile 2011. Sono trascorsi sette mesi dall’omicidio di Angelo Vassallo, sindaco pescatore di Pollica. Sette mesi trascorsi in attesa di una verità e giustizia. Nei giorni scorsi sono tornato ad Acciaroli. Mancavo dal giorno del funerale. Sul mare azzurro faceva capolinea il primo sole primaverile. Per la strada un silenzio che ti faceva compagnia, anziani seduti fuori al bar della Piazzetta dove Angelo ogni mattina si recava per incontrare i suoi cittadini. Sul porto i pescatori a lavoro con le reti, pronti a partire alle prime ore dell’alba. I primi turisti in bicicletta. Che bella Acciaroli. Una bellezza commovente, che ti prendeva dentro. E che nascondeva la mancanza di Angelo. Un’assenza che la respiravi camminando per le stradine del centro storico, passeggiando sul lungomare. Sul porto ho incontrato Antonio, il figlio di Angelo. Era da poco rientrato da un’uscita in mare. Come faceva suo padre. Ogni giorno.
Mi ha raccontato che Angelo era uscito anche poche ore prima di quella notte maledetta. Era andato per mare insieme al suo amico Lello a prendere le aragoste e gli scorfani per il ristorante di Antonio. Un’uscita conclusasi con un buon bottino. Con gli occhi lucidi Antonio mi racconta che quell’aragosta Angelo gliela aveva consegnata al ristorante prima di andare al Comune. E con una raccomandazione «Anto’ fammi sapre quando pesa». Alle cinque del pomeriggio un’altra telefonata al figlio Antonio: «Allora quando pesa sta’ aragosta?». «Papà ti chiamo più tardi». Antonio preso dal lavoro e da altri impegni si era dimenticato di pesarla. E’ stata l’ultima volta che ha sentito il padre. Gli occhi diventano lucidi. Come rassomiglia al padre. Nei gesti, nel parlare, nelle espressioni.
Ci raggiungono il giovane sindaco Stefano Pisani e l’assessore Carla Ripoli. Mi raccontano come l’intero paese dal Nord a Sud quotidianamente ricordano il sindaco con iniziative, incontri, cerimonie, premi. Girando l’Italia hanno capito come quella “normale” attività amministrativa sia diventata una traccia ed una testimonianza radicata che neanche loro immaginavano. L’ otto maggio Pollica sarà la capitale della manifestazione di Legambiente “Voler bene all’Italia”. Si ritroveranno nel piccolo paesino cilentano gli amici di sempre. Niente cerimonie, niente retorica. Una giornata di festa per continuare il sogno ed il progetto di Angelo Vassallo. Per dimostrare che anche al Sud si può fare la raccolta differenziata, che il mare può essere mantenuto pulito e può diventare una via dello sviluppo, che tra le colline ed il mare si possono creare ponti, che la “ricchezza” nasce dalla capacità di realizzare progetti semplici, che “ecologia” non è una parola difficile o inutile; che il territorio si può cambiare, con piccole azioni.
Dopo una settimana, esattamente il 15 maggio a Pollica si andrà a votare per le amministrative. Stefano Pisani con una lista civica si candida a proseguire il racconto ed il percorso di Angelo. Lui che per anni è stato il suo vicesindaco. Lo accompagnano nella sua campagna elettorale le parole di Angelina, la moglie di Vassallo: «Ricordo che chiedevo sempre a mio marito perché quando andava a un comizio, un incontro pubblico, non preparava mai un discorso. Lui mi rispondeva semplicemente “Angelina, alle persone bisogna parlargli col cuore”». Come sono lontane quelle parole nella politica quotidiana del nostro paese.
Articolo di La Repubblica del 7 Settembre 2010
Lo scandalo della democrazia
di Roberto Saviano
DUE pistole che sparano, le pallottole che colpiscono al petto, un agguato che sembra essere anche un messaggio. Così uccidono i clan. Così hanno ucciso Angelo Vassallo, sindaco di Pollica, in provincia di Salerno. Si muore quando si è soli, e lui – alla guida di una lista civica – si opponeva alle licenze edilizie, al cemento che in Cilento dilaga a scapito di una magnifica bellezza. Ma Angelo Vassallo rischia di morire per un giorno soltanto e di essere subito dimenticato.
Come se fosse normale, fisiologico per un sindaco del meridione essere vittima dei clan. E invece è uno scandalo della democrazia. Del resto – si dice – è così che va nel sud, accade da decenni. “Veniamo messi sulla cartina geografica solo quando sparano. O quando si deve scegliere dove andare in vacanza”, mi dice un vecchio amico cilentano. In questo caso le cose coincidono. Terra di vacanze, terra di costruzioni, terra di business edilizio che “il sindaco-pescatore” voleva evitare a tutti i costi.
Questa estate è iniziata all’insegna degli slogan del governo sui risultati ottenuti nella lotta contro le mafie. Risultati sbandierati, urlati, commettendo il grave errore di contrapporre l’antimafia delle parole a quella dei fatti. Ma ci si deve rendere conto che non è possibile delegare tutto alle sole manette o al buio delle celle. Senza racconto dei fatti non c’è possibilità di mutare i fatti.
E anche questa storia meritava di essere raccontata assai prima del sangue. Forse il finale sarebbe stato diverso. Ma lo spazio e la luce dati alla terra dei clan sono sempre troppo pochi. I magistrati fanno quello che possono. I clan dell’agro-nocerino in questo momenti sono tutti sotto osservazione: quelli di Scafati capeggiati da Franchino Matrone detto “la belva”, o gli uomini di Salvatore Di Paolo detto “il deserto”, quelli di Pagani capeggiati da Gioacchino Petrosino detto “spara spara”, il clan di Aniello Serino detto “il pope”, il clan Viviano di Giffoni, i Mariniello di Nocera inferiore e Prudente di Nocera superiore, i Maiale di Eboli.
Il fatto è che il Cilento, terra magnifica, ha su di sé gli occhi e le mani delle organizzazioni criminali che, quasi fossero la nemesi della nostra classe politica, eternamente in lotta, si scambiano favori, si spartiscono competenze pur di trarre il massimo profitto da una terra che ha tutte le caratteristiche per poter essere definita terra di nessuno e quindi terra loro. I Casalesi sono da sempre interessati all’area portuale, così come i Fabbrocino dell’area vesuviana hanno molti interessi in zona. Giovanni Fabbrocino, nipote del boss Mario Fabbrocino, gestisce a Montecorvino Rovella, un paesino alle soglie del Cilento, la concessionaria della Algida nella provincia più estesa d’Italia, il Salernitano appunto. Il clan Fabbrocino è uno dei più potenti gruppi camorristici attualmente noti e intrattiene legami con i calabresi.
Oggi le ‘ndrine nel Salernitano contano molto di più e hanno interessi che vanno oltre lo scambio di favori. Il porto di Salerno, su autorizzazione dei clan di camorra, è sempre stato usato dalle ‘ndrine per il traffico di coca, soprattutto da quando il porto di Gioia Tauro è divenuto troppo pericoloso. Il potentissimo boss di Platì Giuseppe Barbaro, per esempio, è stato catturato a dicembre 2008 mentre faceva compere natalizie a Salerno. In tutto questo, il cordone ombelicale che ha legato camorra e ‘ndrangheta porta un nome fin troppo evidente: A3, ovvero autostrada Salerno-Reggio Calabria. Nel Salernitano sono impegnate diverse ditte dalla reputazione tutt’altro che specchiata. La “Campania Appalti srl” di Casal di Principe avrebbe dovuto costruire le strade intorno al futuro termovalorizzatore di Cupa Siglia. L’impresa delle famiglie Bianco e Apicella è stata raggiunta da un’interdittiva antimafia dopo le indagini della sezione salernitana della Direzione Investigativa Antimafia. Secondo gli investigatori, l’impresa rientra nel giro economico del clan dei Casalesi ed è nelle mani di uomini vicini a Francesco Schiavone.
È così diverso oggi dagli anni ’80 e ’90? Di che territorio stiamo raccontando? Di una Regione dove per la gare d’appalto per la raccolta rifiuti bisogna chiamare una impresa ligure perché in Campania non se ne trova una che non abbia legami con la camorra. Nemmeno una. Se da un lato si arresta dall’altro lato non c’è affatto una politica che tenda a interrompere il rapporto con le organizzazioni criminali. L’attuale presidente della provincia di Napoli Luigi Cesaro, soprannominato “Gigino a’ purpetta” (Luigino la polpetta), fu arrestato nel 1984 in un’operazione contro la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo. Nel 1985 il Tribunale di Napoli condannò Cesaro a 5 anni di reclusione “per avere avuto rapporti di affari e amicizia con tutti i dirigenti della camorra napoletana fornendo mezzi, abitazioni per favorire la latitanza di alcuni membri, e dazioni di danaro”. Nel 1986 in appello il verdetto fu ribaltato e Cesaro venne assolto per insufficienza di prove. La decisione fu poi confermata dalla Corte di Cassazione presieduta dal noto giudice ammazza sentenze Corrado Carnevale. Ma, come ha raccontato L’Espresso, nonostante Cesaro sia stato scagionato dalle accuse, gli stessi giudici che lo hanno assolto hanno stigmatizzato il preoccupante quadro probatorio a suo carico. Durante il processo, in aula, furono infatti confermati gli stretti rapporti che l’attuale presidente della provincia di Napoli intratteneva con i vertici della Nco (incluso don Raffaele Cutolo). Si parlava di una “raccomandazione” chiesta a Rosetta Cutolo, sorella di Raffaele, per far cessare le richieste estorsive di Pasquale Scotti, personaggio tuttora ricercato ed inserito nell’elenco dei trenta latitanti più pericolosi d’Italia. (Consiglio caldamente di fare una piccola ricerca su youtube per “Luigi Cesaro esilarante”, ascolterete un monologo del presidente della provincia che sarà più eloquente delle mie parole).
Tutto questo non si può tacere. E chi lo tace è complice. Mi viene da chiedere a chi in questo momento sta leggendo queste righe se ha mai sentito parlare di Federico Del Prete, sindacalista ucciso nel 2002 a Casal di Principe. Se ha mai sentito parlare di Marcello Torre, sindaco di Pagani ucciso nel 1980 perché cercava di resistere a concedere alla camorra gli appalti per la ricostruzione post terremoto. E di Mimmo Beneventano vi ricordate? Consigliere comunale del Pci, trentadue anni, medico, fu ucciso nel 1980 a Ottaviano per ordine di Raffaele Cutolo perché ostacolava il suo dominio sulla città. E di Pasquale Cappuccio? È stato consigliere comunale del Psi, avvocato, ucciso nel 1978 sempre a Ottaviano. E Simonetta Lamberti, uccisa a Cava dei Tirreni nel 1982. Aveva dieci anni e la sua colpa era essere la figlia del giudice che andava punito. Le scariche del killer raggiunsero lei al posto del loro obiettivo. Qualcuno di questi nomi vi è noto? Temo solo ad addetti ai lavori o militanti di qualche organizzazione antimafia. Questi nomi sono dimenticati. Colpevolmente dimenticati. Come, temo, lo sarà presto quello di Angelo Vassallo. Ai funerali di Antonio Cangiano, vicesindaco di Casal di Principe gambizzato dalla camorra nel giugno 1988 e da allora costretto sulla sedia a rotelle, non c’era nessun dirigente della sinistra. Tutto sembra immobile in territori dove non riusciamo nemmeno a ottenere il minimo, l’anagrafe pubblica degli eletti per sapere esattamente chi ci governa.
Le indagini sull’omicidio di Angelo Vassallo vanno in tutte le direzioni, si sta scavando nel passato e nel presente del sindaco. Perché, come mi è capitato di dire altrove, in queste terre quando si muore si è sottoposti a una legge eterna: si è colpevoli sino a prova contraria. I criteri del diritto sono ribaltati. E quindi già iniziano a sentirsi voci di ogni genere, ma nulla tralascerà la Dda. L’aveva scritto Bruno Arpaia (non a caso nato a Ottaviano) nel suo bel libro Il passato davanti a noi, che mentre i militanti delle varie organizzazioni della sinistra extraparlamentare sognavano Parigi o Pechino per far la rivoluzione e scappavano a Milano a occupare università o fabbriche, non si accorgevano che al loro paese si moriva per un no dato ad un appalto, per aver impedito a un’impresa di camorra di fare strada.
È in quei posti invisibili, apparentemente marginali che si costruisce il percorso di un Paese. Tutto questo non si è visto in tempo e oggi si continua a ignorarlo. La scelta del sindaco in un comune del Sud determina l’equilibrio del nostro Paese più che un Consiglio dei ministri. Al Sud governare è difficile, complicato, rischioso. Amministratori perbene e imprenditori sani ci sono, ma sono pochi e vivono nel pericolo.
In queste ore a Venezia verrà proiettato sul grande schermo “Noi credevamo” di Mario Martone, una storia risorgimentale che parte proprio dal Cilento, dal sud Italia. Forse in queste ore di sgomento che seguono la tragedia del sindaco Angelo Vassallo vale la pena soffermarsi sull’unico risorgimento ancora possibile che è quello contro le organizzazioni criminali. Un risorgimento che non deve declinarsi come una conquista dei sani poteri del Nord verso i barbari meridionali: del resto è una storia che già abbiamo vissuto e che ancora non abbiamo metabolizzato. Ma al contrario deve investire sul Mezzogiorno capace di innovazione, ricerca, pulizia, che forse è nascosto ma esiste. Deve scommettere sulla possibilità che il Paese sappia imporre un cambiamento. E che da qui parta qualcosa che mostri all’intera Italia il percorso da prendere. È la nostra ultima speranza, la nostra sola risorsa. Noi ci crediamo.
©2010 Roberto Saviano/ Agenzia Santachiara
Tratto dal Blog di comunivirtuosi.org – Pubblicato il 6 ottobre 2010
Il ricordo di Angelo Vassallo
fatto dal Sindaco del Comune virtuoso di Castelnuovo Cilento (SA) Eros Lamaida durante l’ultima seduta del consiglio comunale.
Stasera abbiamo deciso di aprire il Consiglio Comunale con un omaggio, un omaggio che ha un significato preciso: tenere viva una memoria. Non dimenticare.
Non dimenticare che il 5 settembre, nel Cilento, nella nostra terra, è stato compiuto un atto di inaudita gravità, pari soltanto alla viltà di chi l’ha perpetrato.
Il 5 settembre è stato vigliaccamente assassinato un uomo perbene. Un Uomo.
Il 5 settembre è stato vigliaccamente assassinato un Sindaco, un Ufficiale di Governo.
Il 5 settembre è stata vigliaccamente assassinata una speranza.
E’ difficile, ora, come amministratore e cittadino riprendere il cammino perché Angelo Vassallo è stato un punto di riferimento politico e umano importante per tutti, al di là del colore politico, al di là delle appartenenze di ciascuno, al di là degli schieramenti di partito.
Angelo Vassallo era stimato da tutti perché aveva impressa nella sua carne, nella sua mente, nel suo cuore, due valori che sono alla base del nostro vivere civile, soprattutto quando presenti in un rappresentante delle Istituzioni come lui era e cioè cultura del servizio e abnegazione.
Il Cilento ha pianto questo suo figlio perché, il 5 settembre, riverso nell’abitacolo della sua autovettura, è stato rinvenuto il corpo esangue di un vero uomo, vero perché libero da ogni servilismo esteriore che non baciava mani a nessuno né tantomeno pretendeva inchini tesi a baciare le sue.
Il 5 settembre è morta una speranza e Dio solo sa quanto sia difficile, oggi, in questo mondo, sperare ancora. Esiste il rischio che il Cilento diventi “terra di nessuno” se viene perso anche qui, da noi, il senso dello Stato.
Per scongiurare questo pericolo e far sì che risorga la speranza, dobbiamo fare un patto di sangue, giurare, tutti, istituzioni, magistratura, forze dell’ordine, cittadini, tutte le forze sociali ed economiche presenti sul territorio, di vivere, concretamente, la consapevolezza della necessità di fare il proprio dovere, senza aspettarsi nulla in cambio, qualunque cosa succeda, rigettando, senza pietà, i trasformismi ipocriti e mediocri che lasciano tutto come prima, di assumerci le nostre responsabilità, di non rinnegare la nostra coscienza, di mantenere alto l’impegno di testimoniare i valori dell’onestà, della solidarietà. Della libertà.
Solo così, tenendo fede a questo patto nell’unico modo possibile, cioè rispettandolo, Angelo Vassallo, il Sindaco Pescatore, saprà che è giunta l’ora di rientrare a casa e solo allora scruterà l’orizzonte per puntare la prua della barca verso la sua Acciaroli e le sue vele non avranno bisogno del vento per gonfiarsi perché sarà l’amore della sua terra a riportarlo finalmente a casa.
Riposa in pace, carissimo Sindaco, e possa un volo di angeli, il più bello, condurti, dolcemente, al tuo riposo nel porto della tua vita, quello stesso porto che hai tanto amato.
Puntata integrale di Presa Diretta
del 31 Gennaio 2011
La bella politica
Video di Repubblica TV
24 settembre 2010
Chi ha ucciso il sindaco pescatore
Videoreportage da Pollica dopo l’omicidio del primo cittadino Angelo Vassallo
Articolo del 22 Giugno 2011 da: ilfogliocostadamalfi.it
Comuni Virtuosi: Anci istituisce premio Angelo Vassallo
Su proposta di Simone Valiante istituito riconoscimento in memoria del sindaco di Pollica ucciso nel settembre dello scorso anno; a ottobre, nell’ambito dell’Assemblea Nazionale ANCI a Brindisi, si svolgerà la premiazione dei vincitori.
Salerno. Un premio dedicato alla memoria del “Sindaco pescatore” angelo Vassallo. La proposta è stata presentata sabato 18 giugno al Consiglio Nazionale dell’Anci dal consigliere nazionale simone Valiante e dal responsabile nazionale Legalità e consigliere comunale di Acireale Giuseppe Cicala.
Il premio sarà destinato a comuni che si sono distinti in una gestione virtuosa del territorio, soprattutto per quanto riguarda il settore ambientale. “Mi sento onorato di aver portato all’attenzione del consiglio nazionale – ha sottolineato il consigliere Valiante – la proposta di un premio indirizzato al sindaco Vassallo, autore del recupero di Acciaroli e Pioppi, bandiere blu d’Europa e località del Cilento, di cui Angelo è stato protagonista politico indiscusso, conosciuto per la buona qualità delle acque marine e lacuali, per i servizi offerti e per la gestione ambientale, è una maniera per sensibilizzare gli amministratori locali sui temi importanti”.
La pubblicazione del bando avverrà entro fine Luglio e sarà a cura dell’ANCI. A settembre, ad Acciaroli, si svolgerà la cerimonia di presentazione dei progetti, mentre nel mese di ottobre, nell’ambito dell’Assemblea Nazionale ANCI a Brindisi, si svolgerà la premiazione dei vincitori.
Il sogno verde di Vassallo ucciso dalla camorra
Fonte: liberainformazione.org Articolo del 1 Luglio 2011
Delitto Vassallo, le piste degli inquirenti
di Luigi spera (Metropolis)
Dai tre napoletani indagati alla vigilessa arrestata per la strage di Cecchina. Va avanti il lavoro degli investigatori
Una pioggia di indizi troppo rada per potersi addensare, una volta al suolo, in prove. Non abbastanza insistente da irrigare un terreno troppo arido per veder crescere il germoglio di un movente. E così è impossibile per gli inquirenti dare la zampata finale. Come nella più banale delle trame da serial americani, quel che potrebbe mettere fine all’inchiesta sull’omicidio del sindaco Angelo Vassallo, è solo una confessione. L’ammissione di aver premuto il grilletto o di aver spinto qualcuno a farlo la sera del 5 settembre scorso. Qualcosa che nella realtà avviene però molto meno di frequente che nella fiction.
Quel che gli indagati, due dei tre colpiti da avviso di garanzia, non sembrano intenzionati certo a fare. Sotto torchio diverse volte dopo il delitto del sindaco Angelo Vassallo, i due napoletani sui quali converge la maggior parte dei dettagli raccolti durante le investigazioni, non si sono mai minimamente traditi, lasciando dunque agli investigatori l’onere ora, la gloria poi, se arrivassero le manette, di sviluppare una tesi accusatoria in grado di reggere al peso del “ragionevole dubbio”. Sono loro i due pregiudicati, vicini agli ambienti della droga dell’area nord partenopea, entrambi tra i 35 e i 40anni, gli unici finora a essere stati interrogati, alla presenza dei legali, durante le indagini.
Negli uffici del reparto operativo dei carabinieri di Salerno però, non hanno mai lasciato trapelare nulla. Nulla che con una certa concretezza possa posizionarli sulla scena del delitto. Non sono riusciti però a sentire gli investigatori, il terzo indagato cui è stato anche impossibile notificare l’informazione di garanzia della procura salernitana. Quando il cerchio si è stretto infatti intorno alla figura del giovane salernitano poco più che 30enne dalla condotta “border line”, l’indagato era già lontano, in Sudamerica dove aveva prenotato una vacanza prima dell’uccisione di Vassallo. Secondo l’ultima ricostruzione, si troverebbe nella regione nordest del Brasile, ma le sue tracce sono non molto più che piccoli segni. Nulla di concreto. E così ultime immagini che del ragazzo hanno gli investigatori, sono quelle immortalate dalle telecamere a circuito chiuso di Pollica.
I filmati, che sono arrivati sulle scrivanie della Procura dopo che un ufficiale dell’Arma le aveva portate via per altre ragioni, senza immaginare il peso che avrebbero potuto avere qualche ora dopo, sono all’esame dei tecnici da mesi. I carabinieri hanno isolato alcuni fotogrammi di scarso valore che riprendono i tre non insieme, e solo uno maggiormente interessante nel quale si vedrebbero gli indagati parlare, scambiare poche battute tra i turisti di Acciaroli, la sera dell’omicidio. Ma chi prova che siano collegati al raid? Nei fotogrammi su cui carabinieri e il sostituto Rosa Volpe stanno passando ore e ore, si vedono chiaramente gli indiziati. Ma non è possibile ricostruire i loro discorsi. In una fiction forse si sarebbe potuto elaborare le immagini con un avveniristico programma, in modo da poter affidare a un super esperto la lettura del labiale. Ma anche in questo caso la realtà pare molto più ingiusta. E così la sensazione di trovarsi a un passo dalla verità, dalla soluzione di un rebus, si fa sempre più solida.
Per questo, ogni possibile indizio, anche il dettaglio più apparentemente insignificante che possa condurre le indagini alla fine, mette in allarme gli investigatori. Come nel caso dell’arresto della vigilessa romana Ausonia Pisani, figlia di un generale dei carabinieri originario di Pollica, arrestata la scorsa settimana per un duplice omicidio in provincia di Roma, dove era implicata in un giro di droga. Qualcosa che ha immediatamente spinto a un’associazione di idee tra questo caso e quello del sindaco Vassallo. Sulla possibilità che possano emergere collegamenti tra due filoni per ora separati, a giorni sarà fissato un summit tra le procure della capitale e di Salerno, alla ricerca di qualche sintonia. E le denunce del sindaco Vassallo su non meglio precisati “carabinieri”, potrebbero avere ora l’effetto della benzina sul fuoco.
Anche perchè, il vero problema della complessa inchiesta, resta sempre quello della definizione di un movente “unico”. Qualcosa che forse gli inquirenti non immaginavano tanto complicato all’inizio quando si puntò, con fin troppa leggerezza sulla matrice camorristica. E invece quella di un coinvolgimento della camorra più “alta”, pare essere l’unica pista che viene guardata con minor interesse, seppur comunque mai abbandonata. Per il resto, nessuna prova “regina”, intuizione o dettaglio illuminante, ha sbaragliato il campo finora dalle numerose variabili. C’è addirittura ancora la pista passionale in ballo. E, soprattutto, quella sulla questione amministrativa dell’ente da parte di Angelo Vassallo. In particolare la gestione delle licenze commerciali e di ristorazione, che in una piccola comunità a forte vocazione turistica, ha potuto far saltare i nervi a qualcuno che ha veduto i suoi affari danneggiati tracciando un bilancio negativo al termine di un’affollata estate. Ad attirare l’odio di qualcuno, potrebbe esserci stata non solo dunque, quella voglia di controllo con “pugno di ferro” del suo borgo da parte del sindaco, contro chi il porto lo voleva riempire di droga. Non solo il desiderio di mantenere l’ordine come il “buon padre di famiglia” senza esitare a dispensare “scappellotti”. E tra i numerosi nemici, si cercano killer ed eventuali mandanti dell’assassinio, cui gli investigatori si sentono vicini.
Tanto che dagli ambienti vicini agli inquirenti trapela un vago senso di fiducia. Quello che l’opinione pubblica continua a riservare negli inquirenti che, lontano dai riflettori, riuscendo a tenere a bada la fuoriuscita di indiscrezioni in maniera “irreale”, continuano a passare in rassegna, più e più volte, ogni dettaglio. Tabulati telefonici, immagini, atti amministrativi e ogni cosa alla ricerca di un dettaglio sfuggito, in grado di portare alla chiusura del caso.
Storia di Angelo Vassallo, un eroe del Sud
di Dario Vassallo con Nello Governato
Prefazione di Riccardo Iacona
Ed. Mondadori (Luglio 2011)
Prefazione di Riccardo Iacona
Angelo Vassallo è stato ucciso la notte tra il 5 e il 6 settembre 2011. Mentre scrivo sarà passsato un anno preciso da quella data: quasi un anno e ancora non sappiamo chi è stato a uccidere il “sindaco pescatore”. Per i parenti, per quelli che conoscevano Angelo, per quelli che l’hanno votato e gli volevano bene, ma anche per quelli che gli volevano male, per l’Italia tutta che, all’improvviso, ha visto per la prima volta le immagini in tv di un piccolo paese del Cilento, e ancora per tutti quelli che pensano che la difesa del bene comune, del territorio, della bellezza debba essere al primo posto in qualsiasi programma politico, ebbene, per tutte queste persone Angelo Vassallo è come se non fosse stato seppellito veramente. La sua storia rimane come sospesa. Chio l’ha ucciso? Chi ha ordinato di ucciderlo? E perché le indagini sono così lunghe? Sappiamo che Franco Roberti, il procuratore antimafia che alla procura di Salerno sta coordinando le indagini sull’omicidio, è un uomo di grande esperienza professionale, soprattutto nel contrasto alla criminalità organizzata. Sappiamo che su questo caso stanno lavorando decine di carabinieri del ROS tra i più qualificati. Eppure, a un anno di distanza siamo ancora al punto di partenza: a quella notte, a quella scena, a quel vicolo, tutto è buio, l’auto del sindaco è ferma sul lato opposto della carreggiata, il finestrino è abbassato, Angelo Vassallo è riverso sul sedile, colpito sette volte con una pistola a distanza ravvicinata. quanto è complesso il caso Vassallo? Quanto è larga la rete di quelli che vi sono coinvolti? E di quali protezioni godono? Della politica? Delle istituzioni?
Batto la strada del giornalismo da troppo tempo per non avere incontrato le tante storie di amministratori onesti che hanno pagato con la vita la scelta di non essere scesi a patti con gli interessi di qualche gruppo mafioso. E ogni volta che mi trovo a raccontare le loro storie provo la stessa sensazione di sgomento, di punto di non ritorno, perché a questo preciso scopo serve la violenza omicida, a interrompere per sempre il respiro di un intero paese. Ed è quello che ho visto succedere quando sono sceso a Pollica, pochi mesi dopo il delitto, per provare con la mia trasmissione “Presa Diretta” a ricostruire qualche filo del racconto, della vita e della morte di Angelo Vassallo. La morte violenta taglia per sempre la vita di tutti e stabilisce un “prima” e un “dopo”, una fagli dolorosa nella storia di Pollica che rimarrà aperta fino a quando non si saprà la verità. Così, anche tutto il paese vive come sospeso.
E sospeso, infine, è anche il racconto che segue, quello scritto da Nello Governato e dal fratello di Angelo, Dario. Perché si nutre dell’unica cifra narrativa che ci consente di riportare in vita Angelo, quella di un grande ritratto amoroso. In attesa della verità, ecco come viveva, che cosa pensava e che era Angelo Vassallo.
Articolo del 5 Settembre 2011 da: lacittadisalerno.gelocal.it
Un anno dal delitto di Pollica. Cantone: “Vassallo come Falcone: tributo postumo”
di Luigi Colombo
Il magistrato anticamorra parla del sindaco ucciso per mano di un killer rimasto ancora senza nome: “Provo una grande amarezza, per l’ennesima volta nel nostro Paese per avere ragione bisogna morire”.
Anche per il sindaco di Pollica Angelo Vassallo, così com’è accaduto per tanti altri, c’è stato il «tributo postumo» – quello secondo il quale «per avere ragione bisogna morire» – da parte di una classe politica lontana dai problemi reali dei territori e senza troppa voglia di risolvere quella «enorme questione morale» che rischia di soffocare il futuro del Paese.
Raffaele Cantone è tra i magistrati più noti d’Italia. Oggi impegnato alla Suprema Corte di Cassazione, da dodici anni vive sotto scorta dopo aver condotto per anni, alla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, le più importanti indagini sul clan camorristico dei Casalesi. Anche lui aveva avuto modo di conoscere l’opera del “sindaco pescatore”.
Da quell’omicidio è trascorso un anno ma ancora oggi mandanti ed esecutori sono ancora avvolti nel mistero. Che idea s’è fatto?
Ho grande fiducia nel lavoro della Procura di Salerno, anche perché sono amico e ho lavorato con il procuratore Franco Roberti; conosco il suo stile, conosco il suo impegno, conosco soprattutto la capacitá di approccio rispetto a vicende che possono riguardare la criminalitá organizzata. Mi rendo conto che un anno può sembrare lungo, ma per indagini complesse non lo è. Quest’anno che è trascorso è, però, la dimostrazione che questa vicenda è più complessa di quello che qualcuno voleva far credere, di tutti i tentativi che c’erano stati in una prima fase di ridimensionare l’o micidio a una storia di paese.
In quei giorni, infatti, si faceva fatica anche solo a pronunciare la parola “camorra”…
Mi riferivo proprio a questo, perché rimasi stupito. Non credo che quello del sindaco Vassallo sia necessariamente un omicidio di camorra; anche se alcuni elementi facevano, e fanno pensare, che possa essere più che un omicidio di camorra, un omicidio che vede coinvolti interessi e persone legate alla camorra. Quello che però mi ha stupito è stata la reazione da parte di esponenti della politica locale, delle istituzioni locali, forse anche giustificata, sull’ipotesi che ci potesse essere fin dall’inizio questa matrice. Come se esistessero zone immuni. E questo credo sia stato un clamoroso errore. Sarei il primo a essere felice pensando che esistono zone in cui certi problemi non arrivino. Sebbene sia molto difficile con i tempi che corrono, con la volatilitá del denaro e con la capillaritá della criminalitá organizzata, pensare che esistano zone franche. Quello che mi ha stupito è stato proprio questo: non sappiamo la causale, ma escludiamo che sia la camorra. Un vero paradosso: se non conosci la causale come fai a pensare che non c’entra la camorra?
Di certo l’omicidio del sindaco Vassallo ha acceso i riflettori su questo territorio; sugli affari che la criminalitá organizzata, quella campana ma anche quella calabrese, ha portato avanti indisturbata da almeno trent’anni.
Concordo. La vicenda ha consentito di aprire un faro sul rischio delle infiltrazioni. Un rischio che io credo sia molto elevato; ed è giusto non sottovalutare anche molte presenze che ci sono in quella zona. Sicuramente nel Cilento non c’è una realtá camorristica paragonabile a quella della provincia di Napoli, di Caserta o di Reggio Calabria. Ma la camorra, la mafia, la ’n drangheta, si muovono in maniera diversa secondo i luoghi. La camorra che investe non è la stessa camorra che spara, e quella vicenda forse ha consentito di puntare un faro sul fatto che esiste una camorra che non necessariamente spara, ma non per questo è meno pericolosa.
Nel Salernitano, infatti, storicamente, non si è mai sparato come a Napoli. Ciò non toglie che sia esistita una forte presenza di cartelli criminali che hanno lasciato il segno. E oggi, probabilmente, vi sono diverse realtá “emergenti” – non necessariamente collegate agli storici clan decimati negli anni da magistratura e forze dell’ordine – che trovano nell’asse col Napoletano sempre più il loro punto forte. Soprattutto nel settore della droga, altra battaglia che lo stesso Vassallo stava portando avanti.
• L’aspetto legato alla droga, almeno leggendo i giornali, credo sia uno di quelli su cui le indagini si concentrano maggiormente. Sappiamo che la droga è uno degli affari più grossi della criminalitá organizzata e sappiamo che è difficile trovare zone nelle quali lo spaccio di droga non c’è. Detto questo, credo che i meccanismi della repressione lascino abbastanza a desiderare, nel senso che a livello locale a volte fenomeni di piccolo e medio spaccio quasi sono tollerati. Dietro fenomeni di piccolo e medio spaccio, però, si nascondono interessi maggiori. Se ad esempio a Pollica c’è qualcuno che spaccia la droga, bisogna domandarsi chi la porta e chi, a sua volta, la importa. I mercati minori servono ad alimentare il macro mercato, che molte indagini hanno dimostrato avere uno dei suoi punti centrali a Scampia a Napoli, ma non solo.
Tornando alla figura del sindaco Vassallo, c’è anche da dire che lui ha sempre lamentato il fatto di dover operare da solo, di non trovare l’appoggio delle istituzioni, dei partiti. Non crede che molti si siano accorti di lui un po’ tardi?
Questo è un aspetto che mi ha molto amareggiato. Si è parlato del buon governo di Vassallo, si è parlato di tutta una serie di cose che Vassallo ha fatto per una delle zone più belle d’I talia, solo dopo che morto. Mi è sembrato un atto di tributo postumo, fatto un po’ da tutti, a livello nazionale e locale, che mi ha lasciato una grande amarezza. Mi ha fatto pensare come per l’e nnesima volta in questo Paese per avere ragione bisogna morire. Mi ha fatto pensare a quello che è avvenuto con Falcone, con Borsellino e con tanti altri. Quando sono in vita si pensa sempre a discutere la persona, fermo restando poi la beatificazione successiva. Con il sindaco Vassallo si è verificata la stessa cosa.
La dimostrazione concreta di una politica che dimentica i territori?
C’è un dato che diviene sempre più caratteristico, cioè una politica che si spinge solo sugli interessi dei grandi centri come Roma o Napoli, e che è molto poco interessata a quello che avviene nei territori e molto lontana da quella che è la vita quotidiana dei cittadini. Anche quello che è avvenuto ultimamente, col tentativo di eliminazione dei Comuni, è la dimostrazione di una politica che ha difficoltá a conoscere cos’è un Comune, cos’è una comunitá. Mi preoccupa molto e devo dire che m’inquieta il solito meccanismo di chi poi ricorda i morti quando ha abbandonato i vivi.
Da un sindaco all’altro. Poco più di un mese fa è stato arrestato Alberigo Gambino – primo cittadino di Pagani, tra i più votati d’Italia, e consigliere regionale – con gravissime accuse, seppur in parte ridimensionate dal Riesame. Non pensa che ci si trovi di fronte a un “sistema” malato che ha ormai perso la fiducia dei cittadini?
Credo che da tempo nella vita pubblica italiana ci sia una pesante questione morale. Basterebbe chiederlo agli imprenditori che lavorano col pubblico o ai cittadini che, troppo spesso, quando hanno contatto con amministrazioni vicine a certi ambienti, verificano situazioni poco trasparenti. Questo è uno dei temi principali della nostra vita quotidiana. Sarò, però, facile profeta: la questione morale avrá la ribalta giusto per il tempo di una campagna elettorale; appena si abbasserá l’attenzione, perché non ci saranno casi eclatanti su cui discutere, nessuno se ne occuperá più.
Il panorama è deprimente. C’è una soluzione?
Non è semplice. La soluzione per fenomeni così complessi non è individuabile in un’unica ricetta. E’ vero che quando si fanno questi discorsi il rischio è di non far niente. Ci sono una serie di segnali che da tempo evidenziano come questo fenomeno sia stato sottovalutato. Basterebbe vedere come sia stato abbassato il termine di prescrizione e la cosa è passata, tutto sommato, senza destare grande scandalo; di come all’interno della pubblica amministrazione da anni si è abbandonato ogni tentativo di avere meccanismi di controllo preventivi; o quanti processi sono effettivamente stati fatti su certi argomenti. Ma bisognerebbe anche porsi la domanda: anche per i pochi processi che si sono fatti che fine hanno fatto le persone che sono state condannate? Per la mia esperienza ho visto anche persone condannate per reati contro la pubblica amministrazione che non hanno avuto nessun problema né di carriera, se si trattava di burocrati, né nella politica se si trattava di esponenti politici. Questo la dice lunga. La questione morale si affronta non facendo la battaglia estemporanea, ma ponendoci una serie di problemi, individuando una serie di regole, che siano però poi effettivamente rispettate, senza se e senza ma. In Italia c’è questa tendenza strana a tentare sempre la mediazione, anche nell’applicazione delle regole. Così anche se un soggetto è stato condannato, ma a meno di tre anni, può rimanere nella pubblica amministrazione. Invece, se si vuole fare la lotta alle corruzioni, all’illegalitá, bisogna avere anche il coraggio, ogni tanto, di prendere posizioni draconiane».
Articolo del 5 Settembre 2011 da io-reporter.blogspot.com
Omicidio Vassallo, un anno fa il delitto irrisolto del “Sindaco pescatore”
di Benedetto Randazzo
Articolo del 9 Settembre 2011 da narcomafie.it
Angelo Vassallo, le troppe domande senza risposta
di Peppe Ruggiero
Un mare cristallino, le viuzze del centro storico, bar e ristoranti affollati. Sul porto ogni mattina i pescatori lavorano con le reti dopo l’ennesima nottata in mare. Che bella Acciaroli. Un’altra estate è trascorsa. Diversa da tutte le altre. La prima senza il sindaco pescatore. Un anno dall’omicidio di Angelo Vassallo. Trecentosessantacinque giorni da quel 4 settembre che ha cambiato la vita di questo piccolo borgo di pescatori. Un anno trascorso in attesa di verità e giustizia. Tante inchieste, tante supposizioni, tante piste, ma ancora nessun colpevole. «Uno, nessuno e centomila», avrebbe detto Pirandello. Camminando sul porto, salendo a Pollica, prendendo un caffè guardando il tramonto: tutto è di una bellezza commovente. Che ti prende dentro. In questi pochi giorni trascorsi nel paese di Angelo mi sono venuti in mente tanti ricordi, tante chiacchierate, ma, soprattutto, dall’assenza di Angelo ho capito come quella “normale” attività amministrativa sia diventata una traccia e una testimonianza radicata che neanche il sindaco pescatore si poteva immaginare. Ritornare ed ascoltare le parole del nuovo sindaco Stefano Pisani, dei suoi collaboratori, del figlio Antonio ancora una volta ho avuto forte la conferma di come sia distante la politica, i partiti dal paese reale, dalle esigenze e dai bisogni del territorio e dei cittadini. Anche Angelo Vassallo ha pagato sotto altra forma, sotto altra modalità le ragioni della malapolitica. Quelle dove le scelte, le nomine e le candidature regionali, nazionali erano altre, dove sui posti più alti salgono i più fedeli, le più “carine”, non certo i più capaci. Da questa politica di “nani e ballerine” Vassallo si teneva bene alla larga. Ancora non riesco a spiegarmi quella mancata risposta alla richiesta dei suoi collaboratori di considerare una possibile candidatura di Vassallo per le elezioni politiche del 2006. E non voglio e non posso credere che l’unica risposta sia stata quella di chiedere il suo curriculum e il suo book fotografico. Sarebbe deludente. E avvilente. Una delusione chiara anche nelle parole di Antonio, figlio di Angelo, che a un’inaugurazione di un circolo del Pd a Pastena, quartiere di Salerno, così si rivolse ai politici presenti: «Mio padre è stato come un pittore: dopo la sua morte i suoi quadri hanno acquistato valore. Mi chiedo però perché, se mio padre valeva così tanto, non ha ricoperto ruoli più importanti nel partito?». «Perché non gli avete dato più spazio? Poteva dare una mano a questa Regione in cui i buoni politici scarseggiano e invece l’avete scoperto solo quando ormai era troppo tardi». Ce lo chiediamo ancora oggi in tanti. Angelo Vassallo aveva un progetto semplice: mostrare un volto del Mezzogiorno sereno e pulito, poter dire a tutti con orgoglio “benvenuti ad Acciaroli”. Esempio concreto di un sud, di un Belpaese che punta sulla crescita sana del proprio territorio, che si spende per valorizzare l’identità locale, che capitalizza il mare, la bellezza, la natura. Angelo, Pollica, Acciaroli, Pioppi sono simboli di quel Sud, di un paese migliore che esiste e può continuare ad esistere. Un modello da seguire e non certo da abbandonare. Da continuare a raccontare. A distanza di un anno è sempre vivo il ricordo, la memoria del sindaco pescatore, di un cittadino normale, di un amministratore che faceva politica con passione, perseveranza e coraggio. Qualità che mancano a molti amministratori della nostra Italia, del nostro Sud, della nostra regione. E, ahimè, manca alla classe politica capace di isolare da vivo un bravo amministratore per ricordarsene e apprezzarlo dopo che è morto. Una morte che non riesce a trovare un colpevole. Tante piste, mai nessuna conferma. Una prima ipotesi era rivolta verso un gruppo di giovani sbandati, composto non solo da cilentani o salernitani. Ma anche da napoletani dei quartieri Scampia e Chiaiano. Ragazzi uniti da un interesse comune: la droga. Quello smercio di sostanze stupefacenti che, proprio nell’estate del 2010 ad Acciaroli, incominciò a preoccupare Vassallo tanto da spingerlo a sfidare personalmente gli spacciatori presenti sul molo della località turistica o in alcuni locali del porto.
Negli ultimi mesi una nuova pista porta a Roma. Un legame tra l’efferato delitto del primo cittadino pescatore e una donna vigile urbano arrestata per duplice omicidio in provincia di Roma nell’ambito di una guerra per droga. Quella donna è figlia di un alto ufficiale dei carabinieri che, secondo gli inquirenti, aveva avuto in passato contrasti con Vassallo. Mentre si indaga pure sulla richiesta di concessione per la realizzazione di uno stabilimento balneare ad Acciaroli fatta da persone vicine alla famiglia della vigilessa e respinta dal sindaco ucciso. Spesso Angelo mi raccontava la sua vita in barca, la nostalgia per il mare aperto e la pesca. E dietro i suoi racconti si nascondevano le metafore della vita reale. «Da pescatore e ia sapè che quando si tira la rete si prendono pesci di qualità, ma anche “mazzame”. E ricordati che la “mazzame”, è la cosa peggiore, che porta i forestieri che portano guai”. Ad oggi ancora non si sa chi siano gli assassini di Vassallo, forse non c’entra la camorra, forse era semplicemente un “cittadino scomodo” per dei balordi che lui aveva cacciato davanti ai locali del porto, quella “mazzame” che i pescatori ributtano a mare.
Articolo dell’11 Ottobre 2011 da radiosiani.com
Sindaco ucciso: indagini fanno luce su spaccio droga nel salernitano
Ansa Legalità
In quell’estate del 2010, segnata dalla barbara uccisione del sindaco Angelo Vassallo, lo spaccio della droga a Pollica (Salerno) era fiorente nei principali luoghi di ritrovo della sua movida. Le indagini sull’efferato omicidio del sindaco ”pescatore”, avvenuto il 5 settembre del 2010, hanno consentito agli inquirenti di fare luce su questa attivita’, fiorente nel comune di Pollica come in quelli limitrofi, contro la quale Vassallo si batteva fermamente. Le cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal gip del Tribunale di Salerno su richiesta della DDA, sono state eseguite all’alba di oggi dai carabinieri. Tre le persone arrestate mentre altre due risultano irreperibili. In manette sono finiti Lorenzo Conforti, 38 anni di San Giorgio a Cremano (Napoli), Gerardo Radano 28 anni di Montecorice (Salerno) e Bernardo La Greca, 43enne di Acciaroli (Salerno). Sono risultati irreperibili, invece, un 28enne salernitano di origine brasiliana ma residente nell’avellinese, e un 44enne napoletano titolare di un esercizio commerciale. Tutti devono rispondere del reato di spaccio di sostanze stupefacenti. Nel periodo estivo, secondo gli investigatori, gli indagati si sarebbero resi responsabili dello smercio di cocaina e hashish che veniva acquistata nell’hinterland partenopeo. Gli spacciatori, nel tentativo di accaparrarsi le piazze di spaccio, contattavano personalmente i clienti, ai quali spesso veniva offerta in prova una dose di droga che veniva addirittura consumata sui tavolini dei bar. Sarebbe stato anche provato dagli investigatori che in diverse occasioni ci sarebbero stati addirittura dei confronti anche violenti tra i vari spacciatori per imporsi sul territorio e per monopolizzare l’illecita attivita’. Nell’estate del 2010, uno degli indagati avrebbe aggredito uno spacciatore intimandogli di interrompere la sua attivita’ di spaccio nel territorio di Pollica. All’alba di stamani i cinquanta carabinieri del reparto operativo assieme ai colleghi del ROS, con l’ausilio delle unita’ cinofile, hanno perquisito le abitazioni degli indagati, sequestrando 310 grammi di hashish, e alcuni grammi di eroina e cocaina.
Articolo del 12 Ottobre 2011 da liberainformazione.org
Acciaroli, primi arresti per droga
di Peppe Ruggiero
Dalla Procura negano collegamenti con l’omicidio Vassallo, ci sono però molte coincidenze
La droga girava ad Acciaroli. Tutti sapevano. Molti consumavano. Nessuno denunciava. Tranne il sindaco pescatore Angelo Vassallo. E con nomi e cognomi. All’alba di ieri mattina cinque arresti per spaccio di droga. Le persone arrestate sono quelle che si vociferava da tempo. Quei pusher che Angelo Vassallo aveva denunciato ed intimato di lasciare Acciaroli. L’ordinanza di custodia cautelare, firmata dal gip di Salerno Emiliana Ascoli e richiesta dalla Dda guidata da Franco Roberti, ha colpito Lorenzo Conforti, 38 anni di San Giorgio a Cremano, Bernardo La Greca, 43 anni di Acciaroli e Gerardo Radano, 28 anni di Montecorice, Bruno Humberto Damiani, detto “il brasiliano”, 28 anni originario di Salerno, e Gabriele Pisani, napoletano di 44 anni. Questi ultimi si trovano attualmente all’estero.
L’operazione è il primo risultato delle complesse articolate indagini avviate all’indomani dell’omicidio del sindaco di Pollica. Dalla procura ribadiscono che è da escludere che questa indagine possa avere collegamenti con la morte del sindaco pescatore. Le due indagini non si incrociano. Almeno per ora. Ma una cosa è certificata dagli arresti di ieri. Tutti i pusher avevano avuto a che fare con il sindaco Vassallo. L’indagine ha confermato quello che Angelo denunciava da mesi. E che nell’ultima estate lo preoccupava non poco. Lo smercio di cocaina avveniva nei principali locali della movida acciarolese. La droga arrivava dall’hinterland partenopeo. E veniva fatta degustare gratuitamente tra un aperitivo ed uno stuzzichino per stabilire la fiducia tra spacciatore e acquirente.
Tra gli arrestati spicca la figura di di Bruno Damiani, detto “il brasiliano” che fu sottoposto anche all’esame dello stub, nei giorni successivi all’omicidio, e che diede esito negativo. Tre giorni dopo l’omicidio partì per l’America Latina, dove attualmente vive tra il Brasile e la Colombia. Lorenzo Conforti, detto “il lercio”, ebbe un duro alterco con Vassallo qualche giorno prima dell’assassinio. Conforti è un habitué dell’estate acciarolese. Frequentava uno noto locale al Porto, gestito dai fratelli Esposito. Bernardo La Greca ha un negozio di telefoni cellulari al porto di Acciaroli. Si dice che possiede un potente scafo con il quale trasportava la droga da Napoli, con la mediazione del Conforti. Gerardo Radano fa il pescatore. La barca di suo padre è ormeggiata nel piccolo porto di San Nicola a Mare (frazione di Montecorice) e dove a febbraio scorso i carabinieri avviarono le ricerche dell’arma che avrebbe sparato contro il sindaco.
E infine c’è Gabriele Pisani. Qualcuno sostiene che sia parente del generale Domenico Pisani. Nessuno conferma. Nessuno smentisce. Torna il cognome di Pisani. Quello dell’alto ufficiale dei carabinieri, fondatore dei Ros, che a giugno ebbe un alterco con Angelo Vassallo per una mancata concessione per uno mega stabilimento balneare. Tante coincidenze. Tante ombre. E un pò di luce. La speranza che sia vicino l’arresto degli assassini di Angelo. Mandanti ed esecutori di quei nove colpi di pistola che una sera del 5 settembre di un anno fa ammazzarono un sogno.
Articolo di La Repubblica del 13 Dicembre 2012
L’omicidio del sindaco Vassallo
spunta un pentito e accusa
di Dario Del Porto
Un collaboratore di giustizia racconta di aver saputo che l’assassinio del sindaco di Pollica venne compiuto da un pregiudicato per rancori personali nei confronti della vittima
Il verbale di un nuovo pentito aggiunge altri tasselli all’inchiesta sull’omicidio di Angelo Vassallo, il sindaco di Pollica ucciso in un agguato il 5 settembre 2010.
Ai magistrati della Procura di Salerno diretta da Franco Roberti, il collaboratore di giustizia ha detto di aver appreso che ad uccidere Vassallo fu Bruno Humberto Damiani detto «il brasiliano», vale a dire il primo sospettato dell’indagine, partito per il Sudamerica subito dopo il delitto e attualmente latitante per droga e tentata estorsione.
Un parente stretto di Damiani, sostiene il pentito, avrebbe fatto circolare la voci negli ambienti malavitosi salernitani, vantandosi del gesto commesso dal «brasiliano» e ricondotto a non meglio precisate «questioni personali» con il sindaco. Angelo Vassallo, l’amministratore definito dal Capo dello Stato Giorgio Napolitano come un «esempio di buona politica» e aveva dedicato tutta la vita a difendere la sua terra e il mare cristallino del Cilento,
nei giorni che avrebbero preceduto la sua morte era ossessionato, hanno riferito numerosi testimoni, dall’invasione della droga scaricata nel porto di Acciaroli e spacciata ai giovani durante la Movida.
Un giro di cui, e’ emerso da altre indagini, il «brasiliano» era uno dei protagonisti. Alla luce di quanto riferito dal collaboratore, i pm indagano sugli spostamenti di Damiani e su incontri con due pregiudicati di Secondigliano e due albergatori di Acciaroli. E soprattutto su in viaggio a Secondigliano effettuato dal «brasiliano» e da uno degli albergatori il giorno prima del delittoA oltre due anni dal delitto del sindaco di Pollica, parla un apentito
Foto e Articolo del 5 settembre 2012 da ilfattoquotidiano.it
Omicidio Vassallo, nessuna verità dopo due anni di silenzi, indagini e svolte mancate
di Vincenzo Iurillo
La sera del 5 settembre 2010 il primo cittadino di Pollica, nel Cilento, venne ammazzato con sette colpi di pistola mentre tornava a casa. Da allora, nulla si è saputo su chi ha eliminato il ‘sindaco-pescatore’: tante piste – dagli appalti negati, alla droga per finire ai rancori personali – ma niente di concreto
Due anni di misteri. Di mezze verità. Di silenzi. Di illazioni. Di rivelazioni tanto clamorose quanto inconcludenti. Di ipotesi rimaste a mezz’aria. Due anni di indagini in più direzioni. Due anni e una domanda ancora senza risposta. Chi ha ucciso Angelo Vassallo? Chi volle la morte del sindaco-pescatore di Pollica, il paradiso del Cilento, il comune che primeggia per le bandiere blu del mare pulito e in tutte le classifiche di qualità della vita? E perché?
Vassallo venne ucciso la sera del 5 settembre 2010. Era in auto, stava rincasando. Si fermò davanti al suo assassino, abbassò il finestrino. Forse lo conosceva. Una mano incerta, nervosa, forse furiosa, arrabbiata, esplose nove colpi di pistola da una calibro 9. Sette andarono a segno. Dall’omicidio al rinvenimento del corpo passarono diverse ore. Ore preziose, che consentirono al killer di far perdere le proprie tracce. L’arma non è stata mai ritrovata: in queste settimane i Ris di Roma concluderanno le perizie su tre pistole recuperate dai Ros di Salerno, ma in due anni la calibro 9 usata per eliminare Vassallo potrebbe avere preso il volo chissà dove.
Per competenza territoriale la Procura di Vallo della Lucania fu la prima a occuparsi del caso. Il rapporto dei carabinieri fu inoltrato al pm Alfredo Greco. Ma in meno di 48 ore, al termine di una riunione tra gli uffici giudiziari di Vallo e Salerno, prevalse la tesi del delitto di camorra e si decise di affidare l’inchiesta alla Direzione Distrettuale Antimafia di Salerno, guidata dal procuratore capo Franco Roberti. L’inchiesta è curata dai pm Rosa Volpe e Valleverdina Cassaniello. Che coordinano uno spiegamento di forze imponente: i Ros dei Carabinieri, la Polizia, la Dia. L’impegno non manca. L’omicidio Vassallo è priorità assoluta nella scaletta di lavoro della procura salernitana, che non ha mai smesso di studiare le nuove informative e convocare testimoni vecchi e nuovi per approfondimenti investigativi. Si attende da un momento all’altro la ‘svolta’. La scoperta decisiva. Il tassello mancante.
Nei giorni scorsi il Tg5 ha ipotizzato un legame tra la reclusione di Marco Penza, il disabile cilentano incensurato che si ritrova in galera per aver bevuto un paio di birre di troppo e perché gli operatori della giustizia hanno dimenticato di applicargli la sospensione della pena, e le indagini sull’omicidio Vassallo. La notizia non pare avere particolare fondamento. Si sa che uno zio di Penza è stato sentito come testimone, segnalando la presenza di un sospetto ad Acciaroli il giorno dopo il delitto. Un po’ poco per azzardare conclusioni. Ma andiamo con ordine.
La Procura per spiegare l’omicidio ha battuto diverse piste. La prima parte dalla droga distribuita e venduta nei locali del porticciolo. Vassallo litigava coi pusher, li voleva fuori dal paese, chiedeva in continuazione la presenza delle forze dell’ordine e quando queste non intervenivano subito passava all’azione in prima persona e afferrava per il bavero gli spacciatori. Era capace di ‘scenate’ tremende. Nell’ottobre 2011 scattano le manette ai pusher, incriminati per spaccio. C’è anche l’uomo che è venuto alle mani con Vassallo pochi giorni prima del delitto. Fine della storia. Non ci sono collegamenti con l’omicidio. Un’altra pista si materializza da un verbale di un confidente. Che rivela di ascoltato la telefonata del presunto killer, compiuta dal cellulare di un’altra persona, che si lamentava della qualità della pistola. Oggi costui si troverebbe a Medellin, in Colombia. Ma è una tesi senza fondamento, mancano i riscontri.
Una terza pista riguarda una vigilessa originaria di Pollica, figlia di un generale dei Ros, arrestata a Roma insieme al compagno Sante Fragalà, siciliano vicino al clan di Nitto Santapaola, per un duplice omicidio nell’ambito di un regolamento di conti della mala laziale. Si chiama Ausonia Pisani e la sua famiglia avrebbe motivi di rancore verso Vassallo, che negò al padre, generale in congedo, il permesso per l’installazione di uno stabilimento balneare. Gli investigatori sono sicuri della presenza della Pisani e Fragalà ad Acciaroli la sera del 5 settembre 2010 e ordinano una perizia su un’arma rinvenuta in casa della poliziotta municipale. E’ una calibro 9, come la pistola del delitto Vassallo. Anche lo zio di Penza avrebbe riconosciuto Fragalà a Pollica in quei giorni.
Una quarta pista è quella degli appalti. Vassallo era il sindaco di un’amministrazione a impatto zero per l’ambiente. Era un ostacolo agli interessi degli speculatori edilizi. E da consigliere provinciale della Margherita ha presentato alcune denunce contro lo scempio di alcune strade provinciali che avrebbero dovuto unire i paesi del Cilento, appaltate a ditte che si erano divorate i soldi ma avevano lasciato a metà le opere. Quegli esposti hanno provocato una catena di inchieste e di arresti sulle malversazioni nei lavori pubblici della Provincia di Salerno. Il filone degli appalti e degli imprenditori collusi con ambienti vicini alla criminalità organizzata è sempre aperto. A fine luglio è stato sentito come testimone l’attuale sindaco di Pollica, Stefano Pisani, il pupillo di Vassallo, che fu il suo vice nell’ultima giunta.
Oggi la comunità di Pollica ricorderà il suo sindaco con 15 minuti di silenzio. Dalle 18.45 alle 19, saracinesche abbassate e un pensiero di raccoglimento. Poi la messa di suffragio nella Chiesa del porto di Acciaroli. Ed infine il programma della terza giornata della Festa della Speranza, organizzata dalla Fondazione Vassallo: un incontro sulla “bella politica”, 35 primi cittadini di ogni colore venuti da ogni parte d’Italia e dall’estero a testimoniare le loro esperienze di buona amministrazione. Una celebrazione sobria e lontana dalle pomposità. Vassallo non avrebbe chiesto altro.
Articolo del 2 settembre 2013 da ilmattino.it
Salerno, Angelo Vassallo: tre anni fa l’omicidio del sindaco-pescatore
Sono passati tre anni dall’omicidio di Angelo Vassallo, il «sindaco pescatore» di Pollica nel salernitano, ucciso il 5 settembre 2010 in un agguato nella frazione di Acciaroli.
Un omicidio rimasto finora irrisolto. Non perde la fiducia nella magistratura, però, Dario Vassallo, fratello del sindaco diventato un simbolo della lotta per la legalità e la tutela dell’ambiente. «Dopo tre anni – racconta Dario Vassallo – continuo a credere nel lavoro che i magistrati e le forze dell’ordine stanno portando avanti. È un’indagine complessa, in un territorio dove tutti sanno che numero di scarpe si indossano ma nessuno ha visto nulla».
«Purtroppo – spiega Dario Vassallo – ci sono stati depistaggi ignobili, che hanno fatto perdere tempo. Non so quanto tempo ci vorrà ma sono convinto che il caso sarà risolto. Non bisogna far calare il silenzio ma risvegliare le coscienze». Quest’anno non ci saranno però manifestazioni della Fondazione che porta il nome del sindaco-pescatore ad Acciaroli ma numerose iniziative si svolgeranno in tutta Italia. «Il mio è un segnale – dice – non bisogna ricordarsi di Angelo solo il 5 settembre. La politica deve prendere una posizione ben chiara e innescare un’indagine politica».
«Tre anni, per noi fratelli, sono come tre giorni, tre minuti. In 24 ore 15 le dedico a mio fratello. Io non mi arrendo. Bisogna far emergere la verità e non rassegnarsi al fatalismo», conclude.
Articolo del 5 Settembre 2013 da unita.it
«Chiude caserma dei carabinieri nel paese di Vassallo. Un caso?»
di Massimo Solani
Massimo Vassallo ha un piede in sala parto dove sua moglie Ornella sta per dare alla luce il loro secondo figlio. Si chiamerà Angelo, come quello zio sindaco di Pollica Acciaroli che non conoscerà e che tre anni fa qualcuno ha freddato in una tiepida sera di settembre, a pochi metri da casa sua e non lontano dal suo mare. Tre anni passati senza verità, senza che l’inchiesta della magistratura sia riuscita a dare una speranza ad una famiglia sconvolta dal dolore e ad una intera comunità rimasta sola dopo le promesse fatte dalle istituzioni accorse il giorno dei funerali.
Sono passati tre anni e l’assassino di suo fratello ancora non ha un nome.
«Tante volte abbiamo assaporato la speranza di una svolta, tante volte abbiamo pensato che fosse arrivato il momento della verità. Ma purtroppo siamo ancora sempre allo stesso punto. Sono tre anni che ripeto la stessa cosa: ad Acciaroli se fai le corna a tua moglie lo sanno tutti in un’ora, possibile che abbiano ammazzato Angelo in mezzo alla strada e nessuno sappia niente? Non ci credo e non ci crederò mai. L’unico modo per riscattarci da quanto è successo è che chi sa qualcosa parli, altrimenti non ci libereremo mai dalla criminalità organizzata».
Che idea ti sei fatto dell’omicidio?
«Quello di Angelo è stato un delitto organizzato nei minimi dettagli, fatto nel posto perfetto all’ora perfetta. Non credo in nessun modo che sia opera di piccoli spacciatori o piccoli delinquenti locali. Mi sbaglierò, ma non può essere quella la dimensione di quanto accaduto. Troppi depistaggi, troppe voci false fatte girare ad arte… Davvero pensiamo che sia possibile che un piccolo spacciatore uccida da solo un sindaco e poi scappi in Brasile cinque giorni dopo senza coperture o aiuti?».
Nei giorni dell’omicidio e dei funerali, tutti accorsero ad Acciaroli. Ministri e rappresentanti delle istituzioni promisero che non avrebbero lasciato solo il paese. Oggi scopriamo che la caserma dei carabinieri sarà chiusa a breve. Che fine hanno fatto tutte quelle promesse?
«Purtroppo la politica locale, di tutti gli schieramenti, ancora una volta ha dimostrato di essere bravissima a raccontare favole, ma alla prova dei fatti si dimostra incapace di risolvere i problemi. Possibile che non ci sia un politico in grado di salire in macchina e andare a Salerno o a Roma che sia a battere i pugni sul tavolo e chiedere conto di una scelta assurda? Nel 1990, bada bene tredici anni fa, Acciaroli era un piccolo borgo di pescatori che non conosceva il turismo di massa eppure c’era una caserma dei carabinieri a Pollica, un presidio dei carabinieri nella frazione marina, una motovedetta della polizia, la Guardia di Finanza e la capitaneria di porto. Sarà la crisi, sarà la spending review ma oggi, nel 2013, ci troviamo con una caserma dei carabinieri che sarà chiusa e una delegazione di spiaggia della capitaneria di porto che lavora a giorni alterni».
È assurdo in assoluto, gravissimo come atto simbolico per Pollica che ha visto ucciso il proprio sindaco.
«Quello che mi chiedo è: solo un caso o c’è la volontà politica di lasciare un territorio totalmente sguarnito di forze dell’ordine in modo che la camorra possa farne quello che vuole? Secondo me c’è proprio una volontà, altrimenti è inspiegabile lasciare che accadano queste cose dopo l’omicidio di un sindaco. È uno sputo in faccia alla collettività e alla memoria del sacrificio di mio fratello, che è stato ammazzato proprio perché questo territorio non era controllato a sufficienza. Ma è uno sputo in faccia a tutta l’Italia, perché chi ha ammazzato un sindaco non ha ucciso solo Angelo, ha ucciso lo Stato».
Difficile così parlare di legalità, di riscatto del territorio e di speranza…
«Faccio un esempio: a Pollica c’è un comandante dei carabinieri che sta facendo un lavoro egregio. Quest’estate, nonostante le migliaia di turisti in paese, c’è stato un solo furto. Uno solo. Perché presidiare il territorio significa sicurezza e di conseguenza sviluppo. Che succederà in inverno quando non ci saranno più carabinieri? La camorra sarà libera di fare il proprio comodo. E sono malpensante io a credere che forse dietro c’è un disegno preciso?»
Insieme alla tua famiglia state portando avanti l’esempio di Angelo attraverso l’impegno della fondazione a lui dedicata. A tre anni di distanza che he accoglienza trovate in giro per l’Italia?
«Giriamo il Paese parlando di lui, parlando di legalità e sviluppo. E ovunque c’è voglia di Angelo Vassallo, c’è voglia che qualcuno testimoni che esiste una legalità. Con la fondazione abbiamo fatto questo e abbiamo provato a unire insieme una rete di sindaci altrimenti lasciati soli a combattere in prima linea come solo era stato lasciato mio fratello. La gente non ha dimenticato Angelo Vassallo, le istituzioni invece non gli sono state vicine prima e non lo sono neanche adesso».
Articolo del 18 Gennaio 2016 da ilmattino.it
Omicidio Vassallo, è svolta: tre nuovi indagati
di Petronilla Carillo
Salerno. Spuntano i nomi di altre tre persone nell’inchiesta sull’omicidio di Angelo Vassallo, sindaco di Pollica, trucidato la notte tra il 5 e il 6 settembre del 2010 a pochi metri dalla sua abitazione, mentre rincasava. Oltre al «brasiliano», Bruno Humberto Damiani finora indicato dalla Procura Antimafia di Salerno quale unico indagato. La contestazione per tutti è di concorso in omicidio con l’aggravante del metodo mafioso. A distanza di sei anni, dunque, si potrebbe essere vicini a una svolta.
I tre indagati sarebbero persone vicine agli ambienti criminali di Damiani, al momento detenuto in carcere a Secondigliano per reati legati allo spaccio di droga nel Cilento e per espiare una pena per una tentata estorsione. Torna prepotente, dunque, la pista che legherebbe l’uccisione del sindaco pescatore allo spaccio della droga nella zona del porto di Acciaroli. Quella seguita fin dalle prime battute dell’inchiesta e mai abbandonate dalla Procura.
E per approfondire queste ipotesi investigative, il 13 gennaio scorso il «brasiliano» è stato nuovamente convocato in Procura per essere sottoposto all’ennesimo interrogatorio: il secondo da agosto, il quarto da quando è stato estradato dalla Colombia dove era arrivato, passando per il Brasile, subito dopo l’omicidio. Il procuratore aggiunto Rosa Volpe (che ha mantenuto la titolarità dell’inchiesta nonostante il trasferimento a Napoli) e il sostituto procuratore Marco Colamonici lo hanno sentito per due ore alla presenza del suo legale di fiducia, l’avvocato Michele Sarno.
Due ore durante le quali gli sono state poste le stesse domande di sempre. In particolare gli è stato chiesto se avesse avuto del rancore nel confronti del sindaco pescatore. Domanda alla quale il giovane indagato avrebbe risposto affermando: «come posso avere del rancore per una persona con la quale non ho rapporti?». Fatto è che a distanza di quasi sei anni, ormai, quel delitto di Pollica resta un cold case. Anche se sembrerebbe che qualcosa si stia muovendo a livello investigativo.
In fondo lo si era già capito ad agosto quando, sempre nel corso di un interrogatorio a Damiani, l’attenzione degli inquirenti si focalizzò su due napoletani che, nei giorni precedenti l’omicidio di Angelo Vassallo, avrebbero avuto rapporti con Bruno Humberto. L’interrogatorio quel giorno si concentrò, in particolare, su quanto accaduto il 3 e il 4 settembre del 2010: Vassallo, ricordiamo, fu ucciso la notte tra il 5 e il 6 settembre.
Così a Damiani (sempre ad agosto, ma questo interrogatorio sarebbe stato rilevato per dare una accelerazione alle indagini) sarebbe stato chiesto dei suoi rapporti con due uomini di Secondigliano, mai nominati dagli inquirenti se non con il nome di battesimo e mai nominati da Damiani. Due personaggi che già in passato erano entrati nell’inchiesta dell’Antimafia sull’omicidio Vassallo, ritenuti trafficanti di droga con i quali l’indagato tra il 4 e il 7 settembre del 2010 avrebbe intrattenuto «affari».
Una conoscenza che Damiani non avrebbe rinnegato anche se l’avrebbe collegata proprio ai Vassallo albergatori: sarebbe dunque andato a Napoli – avrebbe detto all’epoca – in compagnia dei suoi amici di Acciaroli perché loro dovevano trattare un «affare» relativo all’acquisto di un televisore «importante». Un televisore e non la droga, avrebbe ribadito più volte Damiani ammettendo di aver fatto in passato uso di sostanze stupefacenti «ogni tanto, quando capitava» ma negando di aver mai spacciato.
Sull’identità di quelle due persone con le quali sarebbe stato notato da un carabiniere la sera dell’omicidio mentre, sul porto di Acciaroli, guardava a distanza Vassallo, Damiani avrebbe risposto di «non ricordare» essendo passati ormai «cinque anni». L’impressione è che l’interrogatorio della settimana scorsa avesse un unico obiettivo: cercare conferme in alcuni nuovi indizi investigativi. In fondo, a portare gli inquirenti sulla pista della droga sarebbe stato suo malgrado lo stesso Vassallo che, proprio nei giorni precedenti la sua morte, avrebbe confidato ad alcuni amici: «Ho scoperto una cosa che non avrei mai voluto scoprire».
Fonte: lacittadisalerno.it
Articolo del 27 aprile 2018
Vassallo, la lunga ombra della vigilessa-killer
di Antonio Manzo
È Sonia Pisani, figlia di un generale dei Cc, originaria del paese cilentano È in carcere, con il suo compagno, per un duplice omicidio per droga a Roma.
Sarà pur vero, come certifica la storia, che a otto anni di distanza non c’è ancora il nome e cognome del killer di Angelo Vassallo. Che non c’è ancora la ricostruzione giudiziaria del contesto nel quale maturò l’assassinio del sindaco-pescatore e, soprattutto, non c’è il nome di chi avrebbe avuto interesse ad armare la mano di un killer per ammazzare, in quella serata di inizio settembre 2010, con nove colpi di pistola calibro 9X21 mai ritrovata. Quel che è certo è che otto anni di indagini non sono passati invano per arricchire la possibilità di una verità su un misterioso delitto italiano: un sindaco ucciso, lo Stato fatto bersaglio mortale.
«Questi si vogliono mangiare il Cilento» disse Vassallo, con tragica profezia, qualche ora prima di morire senza citare nè i soggetti della possibile impresa criminale, nè i presunti oggetti delle attenzioni affaristico-criminali. Le prime indagini, durate otto anni, sono state archiviate, oggi c’è l’indagine-bis. La procura di Salerno lascia una porta aperta e apre un nuovo fascicolo con una pista precisa: droga. Cioè, secondo le prime e anche le più attuali ipotesi inquisitorie, dietro il delitto Vassallo ci sarebbero stati gli interessi del grande traffico di droga e che probabilmente Vassallo aveva compreso nella sua sua genesi e nella sua attuazione nella terra cilentana. Non si parte da zero ma, a distanza di otto anni, neppure si può dire che siamo vicini alla verità. Tant’è che il killer è ancora libero, il mandante pure, oppure, paradossalmente, già in galera con l’inquietante segreto che si porta dentro. Almeno per ora.
Quindi, si riparte con l’ipotesi droga rafforzata dai recenti sviluppi di una inchiesta napoletana che, tra gli altri, coinvolge un carabiniere accusato di favorire un clan della camorra in contatto con i narcos colombiani e con molte amicizie ad Acciaroli (il carabiniere faceva servizio a Castello di Cisterna, nome e località che già era venuta fuori nelle indagini appena archiviate). Ma c’è anche un capitolo che si riconnette al mondo della droga e che, nelle prime indagini, da Roma condusse a Pollica, andata e ritorno. La sera del 29 maggio del 2011 in una villetta di Cecchina, alle porte della Capitale, nella abitazione di Marco Paglia in via Colle Nasone, suonano al citofono un uomo e una donna, fingendosi carabinieri, poi identificati in Sante Fragalà, di Torvaianica, ritenuto dagli inquirenti vicino alla cosca catanese dei Santapaola, e nella compagna, Ausonia Pisani, vigilessa ad Albano, ma nativa di Pollica e figlia di un alto generale dell’Arma.
Fabio Giorgi e il marocchino Rabii Baridi, stanno discutendo di affari legati alla droga. I due, Pisani e Fragalà, fanno subito fuoco con due pistole, calibro 9×21 uccidendo Giorgi e Baridi e ferendo altri due persone presenti che si finsero morti. Pisani e Fragalà sono stati definitivamente condannati per il duplice omicidio: 26 anni di reclusione per Sante Fragalà e 16 per Ausonia Pisani. La procura di Roma all’epoca, procuratore aggiunto Capaldo, ipotizzò un collegamento tra l’omicidio Vassallo e quello compiuto dalla Pisani sulla base di un elemento: una pistola calibro 9×21 che era in possesso della donna. Sulla pistola il Ris dei carabinieri effettuò verifiche ma senza risultatii, Le indagini non toccarono in nessun modo nè la vigilessa nè tantomeno il padre.
Ma ci sarebbero ora elementi che, nell’inchiesta bis, potrebbero ritornare: il primo, la verifica sulla presenza di Pisani e Fragalà nel Cilento nei giorni dell’omicidio Vassallo (pare che i loro cellulari fossero agganciati a celle nel Salernitano); il secondo, il calibro della pistola usata per uccidere Vassallo, arma mai ritrovata; il terzo, l’avversione nei confronti di Vassallo da parte della famiglia Pisani. Coincidenze? Casualità? Possibili relazioni tra i fatti di sangue? All’epoca, 2011, l’allora procuratore Franco Roberti le definì «illazioni» dopo aver incontrato i colleghi romani sul presunto incrocio dei fatti. Pochi giorni fa, il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho ha rievocato i sospetti serpeggiati a lungo secondo i quali «alcuni apporti all’omicidio siano arrivati da soggetti che hanno compiti di tutela e garanzia verso i cittadini» dicendosi, però convinto che «oggi le cose stanno cambiando» ed invocando un ruolo più attivo di chi sa e non parla ed è «dietro le quinte».
Concludendo: «Anche la sentenza del processo sulla trattativa Stato-mafia al di là delle polemiche, testimonia questa spasmodica ricerca di verità e sono convinto che anche per Vassallo ci sarà l’identificazione degli assassini». Parole che, sul fronte cilentano, potrebbero esser tradotte così: quando lo Stato vuole andare fino in fondo riesce ad indagare su tutto e su tutti pur di arrivare alla verità. Lo Stato, infatti. Nelle prime indagini emerse il ruolo svolto nelle indagini da un colonnello dei carabinieri, Fabio Cagnazzo, all’epoca comandante a Castello di Cisterna, uscito poi indenne dalle indagini e, poi, il “fantasma” di un carabiniere, o soggetto appartenente ad altra forza dell’ordine, che villeggiava a pochi metri dal luogo dell’omicidio e che non avrebbe potuto non sentire la raffica di colpi, ben nove, esplosi contro Vassallo. A poche decine di metri dalle sue finestre. Chi fosse il “fantasma” non sarebbe stato mai scoperto. Claudio, fratello di Angelo Vassallo testimoniò: «Due, tre giorni prima di essere ammazzato mio fratello mi aveva detto che esponenti delle forze dell’ordine erano in combtta con personaggi poco raccomadabili».
La famiglia del generale Pisani è originaria di Pollica, precisamente della frazione di Cannicchio. Quel nome spuntò fuori subito, quando vennero ascoltate molte persone per cercare – com’è prassi in questi casi – di ricostruire l’ambiente nel quale era maturato il delitto. La domanda era di quelle classiche: «C’erano persone con le quali Vassallo aveva contrasti?».
E qualcuno fece il nome del generale Pisani, personaggio di spicco, tra i fondatori del Ros e poi capo di stato maggiore dell’Arma. Vassallo e il generale divennero nemici giurati, al punto che anche dopo la morte del sindaco Pisani non si fece velo di sostenere apertamente la lista che si contrapponeva alla squadra storica di Vassallo. Pare che il sindaco ucciso avesse negato al generale l’ok per un lido. Vassallo non vedeva di buon’occhio chi aveva chiesto questa concessione: Fabio e Vincenzo Esposito che hanno investito molto nel Cilento.
Fonte: lacittadisalerno.it
Articolo del 3 luglio 2018
Delitto Vassallo, il video nella caserma del carabiniere Lazzaro Cioffi
di Clemy De Maio
Un militare portò a Castello di Cisterna i filmati della sera dell’agguato
SALERNO – Nella caserma dei carabinieri di Castello di Cisterna, quella finita al centro dello scandalo per le “divise infedeli” e in cui lavorava il Lazzaro Cioffi ora indagato dal pm Marco Colaminici per concorso nell’omicidio di Angelo Vassallo, finirono, poche ore dopo il delitto, i fotogrammi di un video registrato quella sera sul porto di Acciaroli. Li portò lì un altro carabiniere, Luigi Molaro, che all’epoca era assegnato a una stazione in provincia di Viterbo ma si trovava a Pollica in vacanza insieme al tenente colonnello Fabio Cagnazzo, che a Castello di Cisterna guidava il nucleo investigativo e che da lì fu trasferito un mese dopo, con destinazione Foggia. Sia il nome di Molaro che quello di Cagnazzo finirono in un fascicolo dell’Antimafia con il sospetto che le loro condotte avessero ostacolato le indagini sull’omicidio del sindaco di Pollica, ma l’ipotesi non trovò riscontri e l’inchiesta fu archiviata. Ora il blitz della Procura di Napoli, che accusa Cioffi e quattro militari della sua squadra operativa di collegamenti con la camorra e il narcotraffico, accende però una nuova luce sulle dichiarazioni che nel settembre del 2010 lo stesso Molaro rese agli inquirenti salernitani.
Era il 16 settembre, undici giorni dopo l’assassinio di Vassallo, quando il militare (che molti definivano l’attendente di Cagnazzo) viene ascoltato dai sostituti procuratori Rosa Volpe e Valleverdina Cassaniello, davanti al procuratore capo Franco Roberti. Il procedimento per cui è convocato è iscritto a modello 44, quello delle notizie di reato a carico di ignoti, e lui è sentito come persona informata sui fatti, non è indagato e quindi non può rifiutarsi di rispondere. Racconta che la sera dell’omicidio, il 5 settembre, lui e Cagnazzo («con il quale ho un rapporto molto stretto, anche affettivo») erano stati seduti ai tavoli di un locale di fronte al porto di Acciaroli, dove era arrivato anche Vassallo e dove avevano notato l’andirivieni di Bruno Humberto Damiani, a lungo indagato come il presunto esecutore del delitto prima che, lo scorso aprile, fosse disposta l’archiviazione.
Pollica, continuano le indagini sulla morte del Sindaco pescatore
31 dicembre 2018
Una delle inchieste irrisolte degli ultimi anni resta purtroppo quella relativa all’omicidio del Sindaco di Pollica, Angelo Vassallo. Continuano però le indagini che vedono al centro delle attenzioni degli inquirenti il carabiniere Lazzaro Cioffi
Fonte: salernotoday.it
Articolo del 26 aprile 2019
Soffiate al boss, a processo il carabiniere ‘infedele’ Lazzaro Cioffi coinvolto nell’omicidio di Vassallo
Il brigadiere, secondo indagini della procura di Salerno, sarebbe coinvolto nell’omicidio di Angelo Vassallo ‘il sindaco pescatore’ di Pollica, con un’altra persona in via di identificazione
Secondo le indagini della procura di Salerno, sarebbe coinvolto nell’omicidio del sindaco di Pollica , Angelo Vassallo. Nella contestazione, sintetica, fatta a suo carico, non sono formulati né il movente né il ruolo che il carabiniere avrebbe avuto nel delitto. Ad ogni modo, è finito nei guai Lazzaro Cioffi, 57 anni, carabiniere originario di Casagiove, in cella per corruzione e spaccio di droga con l’aggravante del metodo mafioso.
L’udienza
Notificato nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, infatti, l’avviso per la prima udienza dibattimentale, fissata per il 21 maggio, dinanzi al tribunale di Napoli Nord. Secondo la Procura della Dda di Napoli, Cioffi avrebbe informato esponenti del clan Ciccarelli di indagini riservate e su imminenti perquisizioni da farsi al ras del Parco Verde di Caivano Pasquale Fucito. I fatti contestati a Cioffi, come riporta l’AdnKronos, risalgono a quando il 57enne era in forza al nucleo investigativo dei carabinieri di Castello di Cisterna, ruolo che ha ricoperto fino al giorno dell’arresto scattato il 19 aprile del 2018. Nel corso degli anni Cioffi avrebbe dato soffiate alle cosche e rivelato retroscena su blitz ed inchieste, inquinando dunque le indagini.
I legami
La moglie, Emilia D’Albenzio, di Maddaloni, ritenuta legata da rapporti di parentela a soggetti della camorra locale, coinvolta pure lei in questa vicenda giudiziaria, insieme a Pasquale Fucito ha scelto e ottenuto di essere processata con rito abbreviato, formula che prevede lo sconto di un terzo della pena (udienza fissata a fine maggio). Un’altra contestazione mossa a Cioffi e alla moglie, in concorso con Fucito, riguarda la compravendita di un ristorante a Casagiove sulla Nazionale Appia: secondo l’accusa lo avrebbero acquistato a 60mila euro per poi rivenderlo per 120mila euro a Fucito. Infine, il presunto coinvolgimento nell’omicidio del sindaco-pescatore, con un’altra persona in via di identificazione. Gli accertamenti continuano.
raiplay.it/programmi/ilsindacopescatore
La vita di un uomo senza paura
Il sindaco pescatore
2016 Italia 103 min
Acciaroli. Angelo Vassallo è un pescatore che, stanco del degrado del mare e del suo paese, vuole candidarsi a sindaco. La vera storia di un uomo che con duro studio e grande carisma decide di proporre ai suoi concittadini la politica della legalità e del rispetto dell’ambiente.
Regia: Maurizio Zaccaro
Interpreti: Sergio Castellitto, Anna Ferruzzo, Fabrizio Contri
La verità negata. Chi ha ucciso Angelo Vassallo il sindaco pescatore Condividi
di Vincenzo Iurillo e Dario Vassallo
PaperFIRST, 2020
5 settembre 2010: il sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, viene ammazzato con nove colpi di pistola. Con lui, muore il sogno di un territorio libero dalla criminalità organizzata, dal traffico di stupefacenti, dagli abusi edilizi. Dieci anni di silenzi, omertà, depistaggi sotto l’ombra inquietante di istituzioni deviate. Uomini in divisa infedeli, politicanti corrotti e la presenza strisciante – eppure mai pienamente accertata – della camorra. Dieci anni all’instancabile ricerca della verità raccontati dalla viva voce di Dario Vassallo, fratello del Sindaco Pescatore, che sacrificando la propria professione, sottraendo tempo ai propri affetti, ha percorso l’Italia in lungo e in largo, ha incontrato persone, ha scavato a piene mani nel torbido, restando spesso impantanato nel fango delle bugie, dei voltafaccia, dei tradimenti. In questo viaggio, con ostinata caparbietà, Dario ha raccolto frammenti di verità, ha ricomposto i pezzi. Con l’aiuto di quanti ancora oggi non dimenticano il sacrificio di Angelo, ha cercato di arrivare laddove la giustizia ha subìto una battuta d’arresto, esponendosi in prima persona, ricevendo minacce, lettere anonime, intimidazioni di ogni sorta. La verità negata vuole essere allo stesso tempo un diario e un atto di accusa, un prezioso documento storico e un muro della vergogna.
Leggere anche:
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Articolo del 5 settembre 2020
Angelo Vassallo, dopo dieci anni un omicidio senza colpevoli
di Peppe Ruggiero
Raccontare Angelo è un’impresa difficile. Il miglior ritratto del sindaco che portò in politica le virtù del mare è fatto dalla sua gente, dalle stradine curate del paese, dal mare di Acciaroli sempre pulito
ilfattoquotidiano.it
Articolo del 2 febbraio 2021
Angelo Vassallo riuscì a smentire i luoghi comuni del Sud: un modello di bella politica
di Alessandro Cannavale
ansa.it
Articolo del 15 luglio 2021
Sindaco ucciso: Commissione Antimafia andrà ad Acciaroli
Il 23 luglio. Dario Vassallo, verità prima della prescrizione.
ilmattino.it/
Articolo del 24 luglio 2021
Delitto Vassallo, i parlamentari antimafia: «C’è chi sa e non parla, basta zone d’ombra»
di Antonio Vuolo
ilfattoquotidiano.it
Articolo del 29 luglio 2021
Omicidio Vassallo, in commissione il carabiniere che era a pochi metri mentre il sindaco veniva ucciso
One Comment
Antonino Russo
Il Meridione ha già il suo popolo come esempio di legalità e di progresso che esso desidera avere nella propria terra. Collegandomi all’impegno di Vassallo per la pulizia ambientale a Pollica, il Meridione detiene tale civiltà con il decreto regio dell’ottobre 1832 emanato da Ferdinando II e applicato in tutte le province duosiciliane in cui invitava gli abitanti e i proprietari delle botteghe o di altri luoghi pubblici di spazzare la strada per renderla più pulita e gli proibì il lancio della spazzatura dalle finestre. i duosiciliani conoscevano il significato dell’ambiente e il dovere di pulizia grazie alle riforme dei sovrani borbonici ma lo Stato italiano cerca di frantumare tale valore morale delle tradizioni dello stesso popolo per imporre il modello padano. Però il Meridione cerca di essere migliore nella piena volontà associativa dei napolitani che non hanno nessuna intenzione di fare un passo indietro per non abbandonare la terra di appartenenza.