6 Gennaio 1984 Pomigliano (NA). Muore in ospedale Aldo Arciuli, 15 anni, colpito alla testa da una pallottola sparata da un’auto che ne inseguiva un’altra.

Aldo Arciuli, studente liceale di 15 anni, precedentemente ricordato come Aldo Arcioni (nome indicato su articoli dell’Unità), ucciso a Pomigliano (NA) da un proiettile vagante il 6 gennaio 1984.
Aldo Arciuli stava seduto nell’auto di uno zio, che era andato a fare una commissione, quando, nella strada adiacente, da un’auto, che ne inseguiva un’altra, sono partiti dei colpi di pistola. Uno dei colpi lo ha centrato alla tempia provocandone la morte. Un’altra vittima per caso. Un’altra vittima innocente.

 

Ringraziamo Sandro, compagno di Liceo di Aldo, che ci ha segnalato il nome esatto del ragazzo.

 

 

Articolo da L’Unità del 7 Gennaio 1984
Camorristi s’inseguono sparando. In fin di vita un ragazzo di 15 anni colpito per caso
di Vito Faenza

NAPOLI — Ancora una vittima innocente della violenza nel napoletano: un ragazzo di 15 anni, Aldo Arcioni è ricoverato in condizioni disperate nel reparto di rianimazione dell’ospedale Cardarelli con una ferita di arma da fuoco alla tempia destra. La pallottola ha provocato anche la fuoriuscita di sostanza cerebrale ed sanitari disperano di salvarlo.

La tragedia è avvenuta ieri mattina intorno a mezzogiorno a Pomigliano, il grosso centro industriale della provincia di Napoli. Il ragazzo era fermo nell’auto dello zio, Nicola Natullo, un rappresentante che lo aveva pregato di attenderlo in auto mentre lui sbrigava un affare nella USL locale.
Mentre il ragazzo lo aspettava seduto nel sediolino di destra, dalla statale sono sbucate due auto che si inseguivano a folle velocità.

A bordo delle due macchine — questa la versione fornita dai carabinieri molte ore dopo il fatto — c’era una sola persona e il guidatore dell’auto inseguitrice con una mano reggeva il volante e con l’altra una pistola con la quale sparava sulla «vittima» designata. Un inseguimento tipo «Far West, solo che al posto dei cavalli sono state usate le auto.

Una pallottola vagante ha raggiunto Aldo Arcioni alla tempia ed il ragazzo si e accasciato sul sedile senza un lamento. Gli spari hanno richiamato l’attenzione dì numerose persone e tra queste c’era Nicola Natullo, che ha prestato primi soccorsi al nipote. Il ragazzo è stato portato prima in un pronto soccorso  del posto, poi all’ospedale di Nola, poi all’ospedale Cardarelli dove è stato portato subito nel reparto rianimazione, ma le speranze che si salvi sono ridotte al lumicino.

I carabinieri in queste ore, secondo alcune indiscrezioni, sarebbero riusciti ad identificare il guidatore dell’auto inseguita, ma ufficialmente non ammettono questa circostanza. Erano  due camorristi quelli che si sparavano? O era un camorrista che inseguiva la sua vittima? Queste le due ipotesi che sembrano più probabili allo stato delle indagini. Continua cosi ad allungarsi l’elenco delle vittime innocenti della violenza nel napoletano.

Negli ultimi tre mesi sono ben quattro i giovani rimasti coinvolti in episodi di violenza. Oltre a quello di ieri ne sono stati uccisi due ad Ottaviano (dove qualche giorno fa è stato ucciso addirittura un bambino di 2 anni) ed uno a Napoli, nel popolare quartiere denominato Siberia, agli inizi di dicembre.

 

 

Articolo da L’Unità del 20 Gennaio 1984
Un anno fa, sedicenni, sfidarono la camorra: oggi chiedono alleati
di Vito Faenza

Sollecitato l’impegno delle forze della cultura contro la criminalità – «Colpire in alto» – Ormai è in pericolo la vita di tutti, anche degli innocenti uccisi per caso – Appello agli studenti calabresi e siciliani

NAPOLI – «La rabbia che ci portiamo dentro è grande…» Gianni, uno studente dell’VIII liceo  scientifico, parla davanti una sala gremita in ogni ordine di posti. Gente in piedi lungo i corridoi, in piedi sulle balconate della sala, seduta a terra sul gradini, studenti, insegnanti, semplici cittadini si sono accalcati  ieri nella sala «A» di Castel dell’Ovo a Napoli per seguire il convegno, organizzato dal coordinamento degli studenti contro la camorra, su «La cultura contro la camorra, lotte, valori, impegni nuovi per la società italiana degli anni 80».

La «rabbia» che Gianni ed i suoi 200 compagni di scuola intervenuti al convegno si portano dentro nasce dalla morte di un loro collega, Aldo Arcioni, 16 anni ammazzato a Pomigliano da una pallottola vagante. Due camorristi si inseguivano sparando ed un proiettile ha colpito Aldo, alla tempia, uccidendolo.

«È stata questa morte che ci ha fatto riflettere. Prima, forse, eravamo indifferenti al problema, oggi ci rendiamo conto che bisogna lottare con intelligenza per ribaltare l’attuale situazione.
La morte di uno di noi ci ha fatto capire che la camorra è un problema di tutti, che riguarda anche noi; per questo, domani quando ci sarà il corteo e la manifestazione conclusiva del convegno, noi saremo alla testa della marcia…».

«Ecco cosa sono oggi la camorra e la mafia — ha affermato il compagno Antonio Bassolino, responsabile della Sezione meridionale del PC e componente la direzione comunista — uccide non solo il magistrato o l’uomo politico, ma un intellettuale come Fava per le sue idee (perché le idee hanno una grande forza materiale), oppure un innocente giovane di 16 anni in un qualunque giorno, in una qualunque strada di Pomigllano. La mafia e la camorra attentano alla vita di tutti, esprime una cultura della violenza, della morte. Assieme — ha proseguito l’esponente comunista — abbiamo costruito un anno fa un movimento di straordinario valore, assieme oggi dobbiamo riflettere sulle cause delle difficoltà incontrate in questi ultimi mesi. È importante riprendere l’iniziativa su più fronti: colpire in alto, unire la battaglia contro la camorra a quelle per il lavoro e lo sviluppo; rompere il blocco mafioso sapendo distinguere tra capi camorristi e giovani disperati, fare scendere in campo gli intellettuali e le forze della cultura».

Un lungo applauso ha sottolineato il riferimento al «colpire in alto» in relazione allo «scandalo Cirillo», come un lungo applauso si è levato dalla sala quando Bassolino ha affermato che «in questi giorni a Napoli riprende il movimento che dobbiamo far crescere in modo largo,  con giovani di ogni orientamento, di ogni fede, al di là di ogni tessere di partito. Da Napoli lanciamo un messaggio agli studenti calabresi e siciliani: dare vita ad un ricco movimento, estenderlo, farlo durare e costruire un grande appuntamento nazionale, perché nazionale è il fenomeno della camorra e della mafia».

È stata proprio la relazione introduttiva letta da Aurelio, uno dei tanti giovani che lottano contro la camorra a mettere l’accento su questo punto. Il problema camorra non è un problema solo del meridione, riguarda tutta la nazione. Camorra e mafia stanno inquinando profondamente lo Stato, la politica, l’economia.

Una sfida del coraggio e dell’intelligenza contro la passività e l’opportunismo: così ha definito il compagno Abdon Alinovi, presidente della Commissione antimafia, il movimento degli studenti napoletani contro la camorra. Quando si dice fare come contro il terrorismo si dimentica che fanatismo ideologico ha bisogno di proclamarsi eversione e ciò rendeva più agevole abbattere strategicamente il terrorismo.
Mafia e camorra non si proclamano eversione, al contrario, assediano, lusingano, corteggiano, corrompono i pubblici poteri e solo quando in essi trovano ostacoli usano l’arma del terrorismo politico-mafioso. Questo è il carattere eversivo specifico di mafia e camorra e quindi battersi contro di esse significa sconfiggere il sistema di potere fondato su una «democrazia truccata».

In sala decine di giovani. prendevano appunti, segnavano le frasi più significative, perché molti di loro erano stati delegati dai compagni a resocontare quello che si diceva. Giovanissimi, quindici, sedici, al massimo diciassette anni, si confondevano con insegnanti coi capelli bianchi, con docenti più giovani.

Don Riboldi, vescovo di Acerra, ha avvertito il pericolo che si può correre confondendo ogni atto delinquenziale con la violenza della camorra. Ci sono problemi sociali, come la disoccupazione, la mancanza di posti di lavoro, che devono essere risolti. Infine ha definito grave il fatto che Napoli non abbia ancora un governo.

Alfonso Gianni del PdUP ha fatto notare come il movimento di lotta per la pace abbia molti punti di contatto con quello contro mafia e camorra e il giudice Galasso componente del CS ha ricordato a tutti le tappe della violenza mafiosa, ha descritto l’isolamento di molti giudici, dell’improbo lavoro che tocca a chi deve arginare questi fenomeni. Una grande soddisfazione, ha ammesso Galasso, l’ha provata quando ha firmato la radiazione del giudice Le Boffe dall’ordinamento giudiziario per i suoi collegamenti con la mafia.

 

 

 

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