8 aprile 1989 Locri (RC). Pietro Lombardo, 16 anni, assassinato come un boss.

Pietro Lombardo ha 16 anni e dà una mano, a Locri (RC), nella boutique di famiglia. l’8 aprile 1989, alla chiusura del negozio salta sul motorino, per andare ad un «appuntamento». Gli sparano cinque colpi, tutti mortali. Un’esecuzione spietata.

Fonte: archivio.unita.news
Articolo del 11 gennaio 1991
Vendetta o caso – È la strage degli innocenti

 

 

Fonte: archivio.unita.news
Articolo del 9 aprile 1989
Giustiziato a sedici anni con 5 colpi a bruciapelo
Locri, ennesimo omicidio di mafia

LOCRI. Gli hanno sparato appoggiandogli la canna della pistola sul petto.  Cinque colpi tutti micidiali. Tre da distanza ravvicinata gli altri due a bruciare gli abiti tutt’ intorno ai fori d’entrata. Praticamente un’esecuzione spietata da professionisti incalliti contro un adolescente. Pietro Lombardo aveva infatti solo 16 anni. All’appuntamento con i suoi carnefici è andato in motorino perché ancora non aveva l’età per la patente. Pietro forse pensava di avere imboccato la strada giusta per la caccia agli assassini di suo padre ucciso quando lui aveva solo nove anni. Oppure è rimasto vittima di un mancato «chiarimento», del tipo che si hanno negli ambienti malavitosi. Discussioni che possono appianare i contrasti o che possono degenerare in conflitti mortali. Ma si tratta solo di ipotesi.

Il ragazzo è stato attirato in una trappola. Qualcuno ha telefonato alla boutique «La francesina», il negozio di abbigliamento dei Lombardo, che si trova sulla strada buona di Siderno Marina, grosso centro della provincia di Reggio ad un tiro di schioppo da Locri. Alla chiusura del negozio è montato sulla sua motoretta ed invece di andare a casa, come detto ai familiari, ha puntato su Mirto, una frazione del paese. Lì doveva essere l’appuntamento e il ragazzo è stato ucciso all’incrocio tra la vecchia provinciale ed una strada interpoderale. La solita telefonata anonima ha avvertito il commissariato che c’era un cadavere per la strada.

Nonostante la sua giovanissima età Pietro Lombardo aveva già dovuto fare i conti con la violenza che aveva respirato nell’aria fin da bambino. Nel 1982 suo padre Paolo mentre passeggiava in pieno centro venne ucciso da un commando di killer. Si disse che l’esecuzione fosse stata ordinata da lontano poiché l’uomo era sospettato di avere collegamenti mafiosi internazionali. Ora gli inquirenti non escludono che le stesse persone che si incaricarono di uccidere Paolo Lombardo possano aver decretato la morte del ragazzo. Di certo carabinieri e polizia avevano segnalato il ragazzo come frequentatore di ambienti malavitosi, quelli che vivono a ridosso delle cosche dove i giovani fanno una specie di apprendistato per l’ingresso tra le fila della mafia che conta. Se bazzicasse quell’ambiente convinto di poter attingere informazioni sul mistero della morte del padre o perché organicamente collegato ad una qualche banda organizzata non è ancora chiaro. A Siderno Marina da alcuni mesi si è riaperto il fronte dello scontro tra le cosche. Negli ultimi tre anni vi sono stati parecchi omicidi e tentati omicidi.

L’omicidio del ragazzo è avvenuto mentre infuriano le polemiche sulla morte di un altro adolescente, Rocco Zoccali, ucciso nella piazza principale di Locri nell’ottobre 1986. II processo contro gli assassini, anche loro ragazzi, è cominciato nello stesso giorno in cui sono scaduti i termini della carcerazione preventiva per l’unico arrestato ed è subito saltato perché il presidente del tribunale si è dimenticato di far giurare i giudici popolari.

 

 

Fonte:  archivio.unita.news
Reggio Calabria di fuoco sei delitti in 30 ore
di Aldo Varano
Quest’anno già 49 omicidi

A Reggio Calabria i record della violenza vengono frantumati uno dietro l’altro.  In una provincia già sotto choc per l’assassinio di un adolescente di 16 anni, ucciso a Locri venerdì sera, nelle 30 ore successive la catena si è allungata con altri cinque cadaveri. Sono 49 i morti dall’inizio dell’anno, un vero e proprio bilancio da guerra civile mentre il governo boicotta la legge Calabria e lascia imputridire tutto.

REGGIO CALABRIA Mentre a Locri ammazzavano il sedicenne Pietro Lombardo, dall’altro lato della provincia, a Taurianova, veniva massacrato Rosario Sisinni, 27 anni. Sisinni in passato era stato coinvolto in un duplice omicidio. Al processo l’accusa aveva chiesto l’ergastolo, ma la corte lo aveva assolto per insufficienza di prove. Probabilmente era andato ad un appuntamento per un «chiarimento». Chi lo aspettava, appena l’ha visto, gli ha sparato addosso tre colpi di lupara uccidendolo.

Dopo meno di 24 ore, nel quartiere Catona, nella periferia reggina, Giuseppe Arecchi un fioraio di 27 anni, è stato centrato da un killer mentre usciva da casa di un amico. Un solo colpo di lupara alla tempia lo ha fulminato sul colpo. Arecchi, secondo i carabinieri, non aveva mai avuto problemi con la giustizia né aveva   mai   frequentato ambienti malavitosi. Nelle scorse settimane un altro fioraio, Antonio Cara era stato avvicinato da un commando sull’autostrada e freddato a colpi di pistola. C’è un collegamento tra i due omicidi? Forse si, o forse no, del 90% dei morti ammazzati in provincia di Reggio non si conoscono i responsabili. «Qui lo Stato –  ha detto un giudice – fa come la Croce rossa in guerra, conta i morti e raccoglie i cadaveri».

La guerra è ripresa domenica mattina nei territori aspromontani a ridosso della Piana di Gioia Tauro, a Cittanova è stato ucciso Romeo Marvaso, parente dei Facchineri, il clan impegnato nella faida con i Raso-Albanese. Un massacro che dura da quasi venti anni ed ha provocato 73 morti. Marvaso era stato assolto per insufficienza di prove dall’accusa di avere ucciso dieci anni fa Giuseppe Vinci, studente di liceo e segretario della Fgci di Cittanova, un ragazzo impegnato in una appassionata denuncia sui guasti provocati dalla mafia e dalla violenza e dallo strapotere delle cosche. Per la morte di Vinci è in galera, condannato a 30 anni, un fratello di Marvaso, Cesare, che è riuscito a laurearsi in medicina in carcere. Altri due fratelli Marvaso, Marcello e Luciano, vennero invece assassinati nel 1975 a poche settimane uno dall’altro: entrambi, si presume, nell’ambito della faida.

Un po’ più tardi, a mezzora d’auto da Cittanova, nel territorio di Sant’Eufemia d’Aspromonte, è stato ritrovato Vincenzo Calabrò, trenta anni e parecchi conti aperti con la giustizia. Era dentro la sua automobile, una Fiat Uno, crivellato di colpi di pistola.

Ancora qualche minuto dopo, alle dieci del mattino, a pochi chilometri da Sant’Eufemia d’Aspromonte, un altro omicidio. La vittima è un agricoltore di Seminara, Annunziato Rizzo. Lo hanno ucciso con un fucile caricato a pallettoni di lupara, forse si tratta di una vendetta mafiosa nell’ambito del racket delle estorsioni.