9 Novembre 1982 Castrovillari (CS). Edoardo Annichiarico, 16 anni, rapito e ucciso.

Edoardo Annichiarico frequentava il liceo, aveva 16 anni e una ragazza. È nato a Castrovillari, in provincia di Cosenza, di famiglia benestante. Quasi una colpa per la banda di dilettanti che l’ha rapito e subito ucciso, per poi tentare di estorcere un riscatto ai gioiellieri Annichiarico. Attirato in una trappola dall’amico professore, Edoardo è morto il 9 novembre 1982. Caricato su un’auto, accoltellato sei volte e poi gettato in un fosso lungo l’autostrada. È rimasto lì tre giorni. Di pena e di speranza. Un sequestro anomalo, tragico, risolto in pochi giorni e chiuso definitivamente con tre condanne pesanti. Ad uccidere Edoardo Annichiarico non è stata la ‘ndrangheta, non sono state le cosche, ma una mentalità criminale che dalla mafia ha appreso il disprezzo per la vita e la sete di denaro, a tutti i costi. (Stopndrangheta.it)

 

 

Fonte: archiviolastampa.it 
Articolo del 14 novembre 1982
Il cadavere del sedicenne trovato in una scarpata in provincia di Cosenza
Il ragazzo rapito dagli amici ucciso con ferocia a pugnalate
Figlio di un orefice di Castrovillari, il giovane era stato sequestrato martedì e subito eliminato – i rapitori avevano telefonato al padre, chiedendo 300 milioni e 20 chili d’oro -Uno degli organizzatori, subito arrestato, ha fatto i nomi dei complici

COSENZA — Il sedicenne di Castrovillari che era stato rapito martedì scorso, Edoardo Annichiarico, figlio del gioielliere Vincenzo che ha negozio nella stessa cittadina, è stato trovato morto. Lo hanno ucciso con sette coltellate, addirittura mezz’ora dopo che lo avevano prelevato. Un delitto feroce, certamente premeditato, assurdo. Come potevano pensare, i banditi, di poter ottenere il riscatto che avevano chiesto – 300 milioni e 20 chili d’oro – senza poter dare la prova che il giovane era ancóra in vita?

La città è sconvolta da questa notizia. Castrovillari è in un’area felice dal punto di vista della malavita: non c’è ‘ndrangheta, non c’è camorra e non c’è omertà. Un delitto così efferato ha suscitato orrore, sdegno. Il Consiglio comunale si è riunito ieri mattina In seduta straordinaria ed ha deliberato per lunedì, giorno dei funerali, il lutto cittadino.

Il ritrovamento del cadavere è avvenuto nella notte e ieri mattina, quando la notizia ha incominciato a circolare, molta gente s’è radunata nella piazza principale di Castrovillari per commentarla, per cercare di conoscere maggiori particolari.

Edoardo era stato rapito martedì pomeriggio e subito dopo nell’abitazione della famiglia era arrivata la richiesta telefonica del riscatto. Era scattato l’allarme. Carabinieri e polizia erano entrati in azione sotto la direzione del procuratore della Repubblica dott. Alfredo Serafini. La mancanza di omertà aveva permesso di conoscere sin dalle prime ore un elemento importante: Edoardo, poco prima del rapimento, era stato visto salire su una Volvo targata Catanzaro. Gli immediati accertamenti consentivano di stabilire che si trattava dell’auto di proprietà di un fratello di Giacomo Daniele Cardello, 37 anni, insegnante presso i corsi professionali della Regione, amico di Annichiarico.

Il Cardello veniva rintracciato, fermato. Più tardi si trovava anche la Volvo che era stata messa al riparo in un garage diverso da quello consueto. Sui sedili posteriori c’erano tracce di sangue; e gli esami dimostravano che si trattava di sangue appartenente allo stesso gruppo di quello di Edoardo Annichiarico.

C’erano già validissimi motivi per trattenere in camera di sicurezza e sotto il torchio degli interrogatori il Cardello. Fino al pomeriggio di venerdì negli inquirenti e, ovviamente, nei familiari del giovane, c’era la speranza che Edoardo fosse ancora in vita, soltanto ferito per la colluttazione che poteva essere avvenuta tra lui e i suoi rapitori mentre lo stavano portando via.

Ma nella tarda serata le incalzanti domande aprivano un tragico spiraglio. Cardello ammetteva di essere coinvolto nel sequestro, negava di conoscere il luogo in cui poteva trovarsi il giovane, ma diceva che, se i suoi complici lo avessero dovuto uccidere, certamente lo avrebbero gettato in una scarpata dell’autostrada. Precisava anche il luogo: a 20 km da Castrovillari, tra gli svincoli delle stazioni di Firmo Lungro e Spezzano Albanese, sulla carreggiata Nord della Salerno-Reggio Calabria.

Un luogo ipotetico, a detta del Cardello, ma che gli inquirenti ritenevano già ultima tragica méta del corpo dello sventurato ragazzo. E infatti, nel cuore della notte, dopo alcune ore di ricerche, il cadavere di Edoardo Annichiarico veniva trovato in fondo alla scarpata, nascosto fra le sterpaglie.

Cardello ha indicato anche i nomi dei complici: Benedetto Scorza, 30 anni, da Castrovillari, e Castrese Grieco, 25 anni, muratore, nativo di Marano in provincia di Napoli e residente a Castrovillari. Entrambi sono stati arrestati, ma hanno per ora negato ogni responsabilità.

Ieri pomeriggio nell’ospedale di Lungro, dove la salma è stata portata perché è la località più vicina al luogo del rinvenimento, il prof. Di Nunno dell’Università di Bari, assistito dal dott. Romano, ha eseguito la necroscopia. Il procuratore della Repubblica Serafini, parlando ieri pomeriggio con i giornalisti, faceva riferimento ad un sequestro a scopo di estorsione ma ammetteva che, di fronte alla ferocia con cui l’omicidio è stato consumato, si devono prospettare anche altre ipotesi.

C’era qualche segreto motivo di attrito tra la vittima e il Cardello e gli altri due? Quali rapporti intercorrevano tra il ragazzo e i tre? Erano soltanto amici occasionali perché frequentavano lo stesso bar, come pare, oppure c’erano altri fattori? Prima di salire sulla Volvo, nei pressi della stazione di carburanti Agip, alla periferia della città, Edoardo aveva parcheggiato e chiuso a chiave la propria moto; era andato con i suoi assassini deliberatamente. Perché, coti quale pretesto lo avevano attirato nel tranello? A queste domande gli inquirenti sperano dì rispondere con gli interrogatori degli arrestati. r.l.

 

 

 

 

Fonte:  archivio.unita.news 
Articolo del 14 novembre 1982
Orribile episodio in Calabria
Sedicenne rapito e assassinato dai suoi amici
Il corpo del ragazzo  ritrovato  martoriato  in  una  scarpata a Castrovillari – Tre  arresti  –

CASTROVILLARI (Cosenza) —  L’hanno ritrovato alle due e un quarto di ieri mattina in una scarpata vicino all’autostrada del Sole, con il corpo nascosto tra la fitta vegetazione, martoriato dai colpi di coltello alla testa e all’addome. È finito così, nella maniera più tragica, il sequestro di Edoardo Annichiarico, 16 anni, studente all’istituto d’arte, figlio di un gioielliere di Castrovillari, rapito la sera di martedì scorso. Il ritrovamento del corpo del ragazzo, ucciso dai suoi sequestratori, è avvenuto dopo una febbrile indagine dei carabinieri e della Procura della Repubblica di Castrovillari, che per tutta la serata di venerdì e la notte avevano perlustrato palmo a palmo l’autostrada Salerno-Reggio Calabria alla ricerca del cadavere del giovane Annichiarico.

L’Indicazione veniva da un giovane di SS anni, di Castrovillari, Giacomo Daniele Cardello, amico di Edoardo, e arrestato poche ore dopo la scoperta del sequestro martedì sera, il giovane, dopo giorni e giorni di interrogatori, in cui aveva ammesso e poi ritrattato, chiamando in causa anche altre persone, venerdì nel tardo pomeriggio era crollato. «Sì, è vero – aveva detto -, mi hanno comunicato che hanno ucciso Edoardo per un incidente nel sequestro, un colpo troppo forte alla testa. Cardello [illeggibile] il dottor Serafino, e il suo sostituto Abate sul luogo preciso dove era stato lasciato il corpo di Edoardo, fra gli svincoli di Firmo e Spezzano Albanese, solo alle 2 di ieri mattina.

Castrovillari, 20 mila abitanti, ai piedi del massiccio del Pollino, ieri era letteralmente sconvolta. Il crimine così efferato, nasconde una storia terribile di un gruppo di persone che decide di rapire un amico, il figlio del ricco gioielliere, che poi viene ucciso senza pietà, forse perché scoperti, forse, ed è l’ipotesi più inquietante, in maniera addirittura premeditata, già mettendolo in cantiere, cioè, fin dall’inizio. Una storia di principianti del crimine, di sbandati, dietro cui c’è il baratro allucinante di una violenza senza fine.

Raccontiamo la storia assieme al sostituto procuratore di Castrovillari Abate.  Alle 9 di sera di martedì arriva a casa Annichiarico una telefonata. La madre di Edoardo, già in apprensione per il ritardo del figlio, riceve la comunicazione: «Abbiamo rapito Edoardo, non vi preoccupate.  Preparate 300 milioni e venti chili d’oro». Scattano immediatamente le indagini e viene fermato un amico di Edoardo, Giacomo Cardello, l’ultimo ad averlo visto. Cardello, arrestato alcuni anni fa perché in possesso di banconote false, ma poi assolto, frequenta da tempo il giovane Annichiarico.   Viene interrogato praticamente tutta la notte. È stato visto in piazza parlare con Edoardo, poi i due si sono allontanati, Cardello sulla sua Volvo (sul sedile posteriore saranno ritrovate poi tracce di sangue), Annichiarico sulla sua Gilera 125. Uno davanti e l’altro dietro fino a un distributore di benzina.

Cardello prima nega, poi fa i nomi di altri complici, un muratore originario di Napoli, [illeggibile] considerato, dicono i magistrati, un po’ «lo scemo del paese».  Sono tutti  nomi che non dicono  niente,  insignificanti,  né  criminalità, né tanto meno mafia. Un gruppo di sradicati, di non specialisti che decide di fare i soldi sequestrando l’amico ricco: questa è la tesi della Procura.

Attirano Edoardo in un tranello (forse un appuntamento con alcune ragazze) e lo fanno fuori. «Noi – dice il giudice Abate – pensiamo che Edoardo sia stato ucciso subito. In ogni caso ci pare un omicidio preordinato all’interno di un tentativo di sequestro di persona per estorsione fra i più efferati che si conoscano».

In paese non sono pochi quelli che stentano a credere in una storia così assurda e violenta.  Forse il sequestro è stato un diversivo e hanno ucciso Edoardo per altri motivi, dicono in piazza. Hanno ucciso Edoardo forse perché [illeggibile], aggiungono altri. «Ma come – afferma dal canto suo il procuratore capo Serafino – potevamo sperare diversamente? Edoardo era amico del Cardello e degli altri e logicamente una volta rilasciato avrebbe fatto i nomi. [illeggibile]

Durante i tre giorni del sequestro le forze politiche democratiche, i sindacati, soprattutto i giovani di Castrovillari avevano dato vita ad una decisa azione di protesta. Gli studenti, i compagni di scuola di Edoardo, giovedì erano scesi in sciopero attraversando con un corteo le strade della cittadina.  Ieri mattina la giunta comunale di sinistra di è riunita e ha decretato per lunedì una giornata di lutto cittadino. C’è stata più tardi una riunione del consiglio aperta ai presidi e ai rappresentanti dei partiti politici.  [illeggibile]

 

 

 

 

Articolo da  stopndrangheta.it

Edoardo Annichiarico, 16 anni, rapito e ucciso a Castrovillari

E’ stato rapito a Castrovillari il 9 novembre 1982, per essere ucciso quella sera stessa da una banda di rapinatori dilettanti. Lo hanno ritrovato dopo tre giorni in un fosso lungo l’autostrada. Per la sua morte sono stati condannati in tre.

Frequentava il liceo, aveva 16 anni e una ragazza. È nato a Castrovillari, in provincia di Cosenza, di famiglia benestante. Quasi una colpa per la banda di dilettanti che l’ha rapito e subito ucciso, per poi tentare di estorcere un riscatto ai gioiellieri Annichiarico. Attirato in una trappola dall’amico professore, Edoardo è morto il 9 novembre 1982. Caricato su un auto, accoltellato sei volte e poi gettato in un fosso lungo l’autostrada. È rimasto lì tre giorni. Di pena e di speranza. Un sequestro anomalo, tragico, risolto in pochi giorni e chiuso definitivamente con tre condanne pesanti. Ad uccidere Edoardo Annichiarico non è stata la ‘ndrangheta, non sono state le cosche, ma una mentalità criminale che dalla mafia ha appreso il disprezzo per la vita e la sete di denaro, a tutti i costi.

La tragedia inizia e si conclude nella serata del 9 novembre. Edoardo è con la ragazza, Nuccia Zaccaro. Poco prima delle otto va via, è l’ora della palestra. Come ogni sera ci va in motorino, ma non ci arriverà mai. Lo hanno caricato di forza su un’auto, per fuggire poi in direzione dell’autostrada. Per confondere le acque, qualcuno della banda sposta il motorino, parcheggiandolo nel piazzale di un distributore di benzina, all’ingresso del paese. Poi una telefonata. Un uomo dall’accento catanzarese annuncia il sequestro. “Vostro figlio è in buone mani, preparate trecento milioni e venti chili di oro”. Paura e panico. I familiari vanno in strada, cercano Edoardo. Solo dopo un’ora abbondante chiamano i carabinieri.

Nonostante l’allarme in ritardo, e anche grazie alla collaborazione della Zaccaro, c’è subito un fermo: si tratta di Giacomo Daniele Cardello, insegnante 25enne di origine siciliana, residente a Castrovillari da sei anni. Lo conoscevano tutti in paese, lo chiamavano “il professorino”. Una notte in caserma non basta per farlo confessare. Ma le prove sono già schiaccianti: la sua auto viene ritrovata in un garage, diverso da quello che usa abitualmente, e ci sono delle macchie di sangue. Ci vorrà poco tempo per scoprire che quel sangue è proprio di Edoardo.

Commerciano in oro da diverse generazioni gli Annichiarico. Una gioielleria nella centrale via Roma di Castrovillari. Una famiglia benestante, bersaglio ideale per la banda di sequestratori. Cardello frequentava la stessa palestra di Edoardo, erano più che conoscenti. Si erano già visti il giorno prima del sequestro e avevano un appuntamento per quell’ultima serata. Una trappola organizzata da Cardello, insieme ai complici Castrese Grieco, giovane carpentiere napoletano già pregiudicato, e al tipografo Benedetto Scorza.

Il paese reagisce, il comune organizza una manifestazione e la gente risponde. Ci sono altri arresti, mentre i carabinieri battono la zona in cerca della prigione. Si cerca ovunque, anche sul monte Pollino. Si cerca ma è tutto inutile. Il corpo di Edoardo è in una scarpata che costeggia una piazzola di sosta della Salerno-Reggio Calabria,  tra gli svincoli di Spezzano Terme e Firmo in direzione Nord. A farlo ritrovare è Cardello.

Crolla l’insegnante e racconta del sequestro e dell’omicidio. Parla Cardello, ma non dice tutto e nega le sue responsabilità. Quel che è certo è che Edoardo viene subito ucciso, tra le otto e le nove. Sei coltellate al ventre. Ucciso e gettato nel fosso, dove resta per tre giorni e per tre notti. Se la storia non fosse tragica, si potrebbe sorridere del dilettantismo della banda. Un sequestro artigianale, secondo gli inquirenti, ma ancora più feroce. Perché l’assassinio è preordinato. Metodo sardo, diranno i magistrati: si rapisce, si ammazza per evitare la gestione della prigionia, si chiede il riscatto. Ed è un metodo che a volte funziona: era già pronta la valigetta coi 300 milioni, messi insieme dagli amici della famiglia.

Il 14 novembre è il giorno dei funerali. Una giornata di lutto cittadino, tutto chiuso, negozi e scuole sbarrati, tutti in strada per il corteo funebre. L’intero paese partecipa, un vero e proprio pellegrinaggio, tanto che la cattedrale non contiene la folla che arriva fino alle strade nei dintorni. In chiesa c’è il vescovo. La condanna: “Il crimine non paga”. Il monito: “Bisogna uscire dalla grigia e passiva neutralità”. E poi la compassione: “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno”.

Quello di Edoardo è uno dei 50 sequestrati dell’82, tra i quali dodici minori. In Calabria sono sette i rapiti. La storia di Edoardo scuote le coscienze. Nella Calabria dell’omertà, nella terra della rassegnazione c’è, come sempre, chi non sta in silenzio. Così Nuccia Zaccaro, la giovane fidanzata di Edoardo, riceve un premio inaspettato, perché per tutta la notte resta coi carabinieri e dice quel che sa. La rivista “Ordine pubblico” le dedica il riconoscimento “Sicurezza uguale libertà”, una onorificenza che spetta alle forze dell’ordine. Un premio per un gesto normale. È un fatto straordinario, perché qualcuno finalmente si accorge che anche in Calabria esiste la gente normale.

Ci vogliono cinque anni e un lungo iter giudiziario per arrivare alle condanne. Nel dicembre dell’87 la corte d’appello di Catanzaro dà trent’anni all’ideatore Cardello, 28 e 22 a Grieco e Scorza, mentre un quarto uomo – Francesco Concilio, cugino di Grieco – è assolto per insufficienza di prove.

La memoria resiste: il 22 maggio del ’91 Antonia Gioffrè Annichiarico, la madre di Edoardo, riceve a Cascia uno dei cinque riconoscimenti internazionali attribuiti ogni anno nel giorno della festa di Santa Rita. “Per le sue doti morali e cristiane, dimostrate in occasione della morte del figlio, vittima di un sequestro”, dicono le motivazioni. Un premio all’onesta. Un premio alla Calabria onesta.

 

 

 

 

 

 

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