27 Marzo 1985 Platì (RC) Assassinato Domenico De Maio, Sindaco del paese.
Domenico De Maio, 46 anni e sindaco di Platì, “Mimmo” per i suoi paesani, venne freddato a colpi di pistola da due killer con il volto travisato attorno alle 13 del 27 marzo 1985. Il sindaco del piccolo paese aspromontano in Calabria era sulla sua auto che stava facendo rientro in paese quando fu vittima di un agguato in località “Cutrucchio”, nei pressi di Careri. Sul sedile anteriore accanto a lui la figlia Antonella, di soli 17 anni, unica testimone rimasta per sempre segnata dal feroce agguato di cui fu vittima il genitore.
Restano ancora impuniti mandanti ed esecutori, mai individuati dalle indagini. (Tratto da urbanpost.it)
Fonte: C.tro siciliano di documentazione “Giuseppe Impastato” Palermo
Platì è un centro dell’Aspromonte teatro di sequestri di persone e sede di una delle n’drine più antiche e radicate, ma pure più aperte all’orizzonte internazionale. Infatti originarie di Platì e legate al luogo d’origine sono le famiglie della ‘ndrangheta attive in Australia, dove nel 1977 è stato ucciso un parlamentare e nel 1989 è stato ucciso il vicecapo della polizia federale che indagava sui traffici di droga organizzati dala ‘drina di Platì, utilizzando i proventi dei sequestri di persona.
Articolo di La Repubblica del 28 Marzo 1985
AGGUATO DELLA ‘ NDRANGHETA UCCISO IL SINDACO DI PLATÌ
di Sergi Pantaleone
PLATÌ – “Venite a Platì”, diceva Domenico Natale De Maio, 46 anni, da nove sindaco di questo piccolo centro dell’ Aspromonte orientale, “non è il paese di mafia di cui si parla”. E analoghe considerazioni aveva fatto davanti ai giudici del tribunale di Locri nel processo contro le cosche della zona: ora, insomma, uno di quei sindaci per i quali la mafia non esiste. Un commando mafioso l’ha ucciso ieri. Con ferocia, a colpi di pistola e lupara. Sfuggito ad un primo agguato ha tentato la fuga, ma è stato raggiunto ed eliminato mentre la figlia che si trovava con lui in macchina, disperata, si è data alla fuga.
L’esecuzione è avvenuta intorno alle 13 di ieri a pochi chilometri da Platì, nei pressi di Natile. De Maio, che lavorava all’ufficio imposte dirette di Locri, con la propria Ritmo diesel stava rientrando al paese assieme alla figlia Antonella di 17 anni, che frequenta il quarto anno al Magistrale. Nei pressi di Natile, sulla Statale che collega Bovalino all’Aspromonte, una 125 rossa ha affiancato la Ritmo di De Maio e uno dei killer ha sparato alcuni colpi di pistola che non hanno raggiunto il bersaglio. Una corsa ancora di poche centinaia di metri, poi l’auto dei sicari ha bloccato la Ritmo. De Maio ha cercato scampo buttandosi nella scarpata, ma i killer lo hanno raggiunto, colpendolo ripetutamente alla nuca.
“Mentre scappavo”, racconta la figlia Antonella ancora con il terrore negli occhi ho sentito gli spari, ma non pensavo che lo avessero ucciso”. È stata la ragazza, soccorsa da un automobilista di passaggio a portare la notizia in paese, un piccolo centro con alto tasso di criminalità. La gente dice che «era una brava persona, sempre disponibile». Di famiglia povera, De Maio era stato in passato direttore del locale ufficio delle imposte dirette, quindi si era diplomato ragioniere ed era passato a Locri. Da sempre in politica, prima di diventare sindaco con un monocolore dc, che si sostituì ad una amministrazione comunista guidata fino a poco tempo prima dell’on. Francesco Catanzariti, ora leader del Movimento Politico Meridionale (ci fu una campagna elettorale infuocata, in cui la mafia qualche parte l’ha avuta, se è vero che raffiche di mitra vennero sparate contro la sezione comunista e ci furono due feriti), De Maio era stato segretario della locale sezione della Dc, ed è sempre stato uno dei collaboratori dell’assessore provinciale Antonio Delfino.
«Era un amministratore saggio», dice ora Delfino che ricorda le ultime battaglie dopo l’ennesima alluvione e l’ennesima frana che sembravano volersi portare via l’intero abitato, i recenti successi in un confronto con l’Anas che ha finanziato 47 miliardi di lavori per ripristinare la strada che passando da Platì collega lo Jonio al Tirreno. È possibile che proprio l’odore di nuovi e lucrosi appalti, per la nuova strada e per ricostruire parte dell’abitato di questo “paese d’acque” come lo definì Corrado Alvaro che era di queste parti, abbia risvegliato la ‘ndrangheta? Le storie di mafia e di sangue legate agli appalti di opere pubbliche, in Calabria e ovunque, non sono novità e gli inquirenti stanno valutando con attenzione tra le altre proprio questa ipotesi.
Si scava anche nel passato di De Maio. Il sindaco molti anni fa era stato coinvolto nell’inchiesta per una feroce esecuzione di un appuntato di P.S. Per l’accusa, assieme ad altri, in montagna aveva assistito all’omicidio portato a termine con un rituale raccapricciante: l’appuntato venne fatto inginocchiare davanti a tante persone e il killer gli sparò alla testa. Condannato in primo grado per falsa testimonianza, De Maio venne poi assolto in appello. La moglie e i tre figli saranno sentiti a giorni per accertare se la vittima aveva subito minacce.
Articolo di La Stampa del 28 Marzo 1985
Sindaco calabrese della DC assassinato da due killer
di Enzo Lagranà
Domenico De Maio, 46 anni, è stato inseguito dai suoi assassini ed eliminato freddamente davanti alla figlia Antonella di 17 anni – I colpi sparati a bruciapelo.
Sempre più spietata l’azione della mafia. Ieri ha colpito il sindaco di Piati, uno dei paesi più «caldi» della provincia, poco più di tremila abitanti, sul versante Jonico dell’Aspromonte, tristemente noto perché nel suo territorio finiscono quasi sempre i sequestrati calabresi, e anche quelli di altre regioni.
La vittima si chiamava Domenico De Malo, 46 anni ed era alla guida dell’amministrazione di Plati dal 1978, quando la DC aveva strappato per una manciata di voti la maggioranza ai comunisti, e ricopriva anche la carica di assessore all’agricoltura nella Comunità montana della zona.
Sposato con un’insegnante di scuola materna e padre di quattro figli, faceva il pendolare tra Plati e Locri dove era impiegato presso l’Ufficio delle Imposte dirette. Proprio sulla strada dei rientro i killer lo hanno atteso per eseguire il crimine con fredda ed allucinante ferocia, secondo un rituale che non ammette equivoci anche sulla matrice del delitto. Gli autori infatti non si sono curati minimamente della presenza della figlia della loro vittima e non hanno avuto alcuna indecisione quando De Maio si è dato alla fuga.
Il delitto è avvenuto qualche minuto prima delle 14, lungo la statale che dalla costa sale all’ Aspromonte, in un tratto dove la carreggiata è abbastanza larga, a circa 12 chilometri da Plati, in contrada Cutrizio del comune di Careri. La Ritmo Diesel del sindaco procedeva a buona andatura e, come tutti i giorni, assieme al De Malo c’era anche la figlia Antonella, 17 anni, alunna delle magistrali a Locri. La ragazza stava raccontando al padre dell’incontro avuto nella mattinata tra gli studenti della sua scuola con lo scrittore Saverio Strati, calabrese di quelle parti, ma da anni trapiantato a Firenze e che in alcuni dei suol libri più famosi come ‘Il selvaggio di santa Venera”, aveva narrato storie di mafia e di vendette mafiose.
A un tratto la «Ritmo» è stata affiancata da una «125» rossa dalla quale sono partiti alcuni colpi di pistola. De Maio ha spinto il piede sull’acceleratore poi dopo alcune centinaia di metri, visto che dall’altra auto continuavano a sparare, ha tentato di sfuggire al klller bloccando la sua vettura e dandosi alla fuga a piedi nel campi. Antonella De Maio ha assistito immobile alla feroce rincorsa dei due assassini, entrambi con calzamaglia sul viso, uno armato di pistola e l’altro di lupara.
In una piccola scarpata si è avuta l’esecuzione con vari colpi alla nuca. I klller, con la massima calma, hanno poi raggiunto la loro auto, hanno invertito il senso di marcia e hanno quindi abbozzato un saluto con la mano alla ragazza. Si sono quindi dileguati abbandonando successivamente la «125» che è risultata rubata a Bovallno.
I carabinieri di tutti i centri vicini hanno quasi stretto d’assedio nel pomeriggio Plati e molte contrade, interrogando decine e decine di persone nella speranza di accertare qualche elemento utile alla ricerca di una causale sul delitto, il primo in Calabria che vede come vittima un sindaco.
Tra l’altro si indaga sull’attività pubblica di Domenico De Maio, ma anche su quella di dipendente di un ufficio come le Imposte dirette dove si registrano giornalmente affari per centinaia di milioni. Nessun collegamento invece, al momento, viene fatta ufficialmente con un episodio delittuoso nel quale fu coinvolto alcuni anni fa De Maio quando tentò inutilmente di far da paciere tra automobilisti che litigavano per una questione di sorpasso e finita con due morti. Per quell’episodio il sindaco di Plati era stato condannato in primo grado per falsa testimonianza ad un anno mentre in appello venne prosciolto con formula ampia. I due assassini furono invece condannati all’ergastolo.
Fonte: urbanpost.it
Articolo del 27 marzo 2019
Chi ha ucciso Domenico De Maio, sindaco di Platì? 34 anni senza verità
di Andrea Monaci
Domenico De Maio, 46 anni e sindaco di Platì, “Mimmo” per i suoi paesani, venne freddato a colpi di pistola da due killer con il volto travisato attorno alle 13 del 27 marzo 1985. Il sindaco del piccolo paese aspromontano in Calabria era sulla sua auto che stava facendo rientro in paese quando fu vittima di un agguato in località “Cutrucchio”, nei pressi di Careri. Sul sedile anteriore accanto a lui la figlia Antonella, di soli 17 anni, unica testimone rimasta per sempre segnata dal feroce agguato di cui fu vittima il genitore.
A 34 anni di distanza dall’efferato crimine restano ancora impuniti mandanti ed esecutori, mai individuati dalle indagini. Se non esiste una verità giudiziaria sull’omicidio di Domenico De Maio, è chiaro invece da anni il contesto in cui è maturata l’esecuzione del primo cittadino platiese, uno dei pochi nella storia del piccolo centro della Locride: si è trattato di un omicidio maturato in un ambiente fortemente infiltrato dalla ‘Ndrangheta. Già perché Platì è tra i comuni più a lungo commissariati per infiltrazione mafiosa nella storia d’Italia. Nel 2016, terminato l’ennesimo periodo di “vuoto politico”, si è finalmente tenuto un voto regolare e Rosario Sergi, capo di una lista civica, è diventato il nuovo sindaco di Platì.
“Venite a Platì”
“Venite a Platì, non è il paese di mafia di cui si parla” diceva nel 1985 Mimmo De Maio. Le sue parole, raccolte dal conterraneo giornalista Pantaleone Sergi finirono sul quotidiano La Repubblica il giorno dopo l’agguato. De Maio non amava parlare delle cosche che in quegli anni imperversavano a Platì e non aveva alcun contatto con esse, almeno così risultava agli inquirenti che avevano chiesto la sua testimonianza dinanzi ai giudici di Locri.
Del resto Domenico De Maio era semplicemente il sindaco di questo paese disgraziato, tra i più poveri dello stivale, colpito da una distruttiva alluvione nel 1951. Un paese che ha visto negli anni emigrare migliaia di suoi figli, passando da oltre seimila abitanti del primo dopoguerra ai poco più di tremila attuali. Un paese poverissimo, dove il lavoro prevalente è quello di bracciante agricolo, eppure capace di esprimere menti criminali in grado di fatturare milioni di euro con il traffico di droga. Un paese in alcune circostanze troppo in fretta criminalizzato: come nel caso dell’inchiesta “Marine” del 2003, che portò in carcere con l’accusa di associazione mafiosa oltre cento platiesi. Il piccolo borgo ai piedi dell’Aspromonte è un paese dove i cognomi sono quattro o cinque in tutto e dove è complicato (e pericoloso) districarsi tra parentele e affinità tra persone “a posto” e criminali di mestiere. L’inchiesta “Marine”, conclusasi con otto condanne su 125 imputati, svelò queste ambiguità ma anche il pericolo di facili equazioni.
Che cosa avrebbe dovuto dire dunque Domenico De Maio nella primavera del 1985 di fronte ai giudici che indagavano sui boss locali? In quegli anni la cosca di ‘Ndrangheta di Platì stava per spiccare il salto di qualità, passando dall’accumulazione primaria con i sequestri di persona al riciclaggio ed al traffico di eroina e cocaina, certificati da decine di processi arrivati al terzo grado di giudizio. Forse De Maio in pubblico minimizzava l’esistenza e la predominanza delle cosche sul territorio platiese, ma in privato stava aiutando i magistrati di Locri ad incastrare i capi cosca?
L’omicidio
Dopo 34 anni ancora nessuna verità giudiziaria è emersa dalle lunghe indagini. Nemmeno da quelle recenti che pure hanno potuto finalmente fare luce su altri episodi delittuosi avvenuti nella Locride, come l’omicidio del brigadiere dei Carabinieri Antonio Marino, avvenuto nel 1990 a Bovalino, per il quale dopo oltre venticinque anni sono stati condannati proprio due boss di ‘Ndrangheta platiesi. Di Domenico De Maio parla solo il ricordo della figlia, Antonella, all’epoca solo un’adolescente. Lei ricorda bene ancora quel 27 marzo, la Fiat “125” rossa che affiancò l’auto del padre, gli spari, la corsa per sfuggire ai sicari.
De Maio era figlio di una famiglia povera. Prima di diventare sindaco era stato in passato direttore del locale ufficio delle imposte dirette, quindi si era diplomato ragioniere ed era passato a Locri. Era da molti anni in politica, prima di diventare sindaco per la lista della Democrazia Cristiana, nel 1978. Fino ad allora il comune era guidato da un’amministrazione comunista e da Francesco Catanzariti, unico deputato nella storia di Platì. La campagna elettorale fu accesa e si registrarono anche episodi di intimidazione, con alcuni spari contro la locale sezione del Pci. Ma De Maio al secondo mandato fu rieletto in un clima di relativa tranquillità.
Le indagini
Nella primavera del 1985, però, si stavano aprendo alcuni grandi appalti per la messa in sicurezza delle strade nell’area di Platì, sempre dissestate e a rischio alluvione da quel tragico 1951. Milioni di lire dell’Anas che facevano gola ad un territorio assetato di lavoro e che iniziavano a muovere interessi criminali, poi emersi chiaramente nei decenni successivi con le inchieste sul potenziamento della Statale 106 Jonica.
Domenico De Maio aveva forse tentato di resistere a pressioni di ambienti di ‘Ndrangheta, interessati a lucrare su quei grandi appalti? Nessuna verità giudiziaria è mai emersa su questa ipotesi, né altre piste hanno portato a risultati. Come quella legata ad una condanna in primo grado per falsa testimonianza, rimediata anni prima da De Maio che poi fu assolto con formula ampia e piena in appello, nell’ambito di un’indagine per una lite in seguito ad un incidente stradale, finita con un omicidio.
Trentadue anni senza una verità giudiziaria sulla morte di Domenico De Maio sono una macchia per la storia di questo paese, spesso criminalizzato per le sinistre ombre che emergono dal suo passato, ma che non per questo merita di essere ricordato solo per i suoi morti ammazzati.