10 ottobre 1989 Grazzanise (CE). Assassinato Pasquale D’Abrosca, commerciante edile. Si era rifiutato di fornire gratuitamente del materiale edile. Ennesima estorsione a cui non voleva sottostare.

Pasquale D’Abrosca era un commerciante edile di Grazzanisce (CE). Venne assassinato il 10 ottobre del 1989 perché si era rifiutato di consegnare del materiale edile gratis agli esponenti del clan dei Casalesi.
Dopo 28 anni dal suo omicidio, Francesco Schiavone, nel giugno 2017, si era autoaccusato del delitto ed a seguito di tale dichiarazione i fratelli di D’Abrosca hanno deciso di chiedere alla DDA di riaprire il caso. A novembre 2017 Francesco Schiavone è stato condannato a 16 anni di carcere per questo omicidio.

 

 

 

Fonte: ilmattino.it
Articolo del 4 giugno 2017
Negoziante ucciso per un «no» al clan. Il pm: indagato Schiavone
di Marilù Musto

Grazzanise. Un mese dopo, sarebbe caduto il Muro di Berlino. Ma il 10 ottobre del 1989 cadde a terra, ucciso dal clan dei Casalesi, nella piccola realtà di Grazzanise, Pasquale D’Abrosca, imprenditore e titolare del negozio di vendita di materiale edile «Ediltutto», situato a Grazzanise. Ieri, il pubblico ministero della Direzione distrettuale Antimafia di Napoli, ha chiuso le indagini e ha notificato l’avviso di conclusione dell’inchiesta – che ha rispolverato un vecchio fascicolo sepolto in archivio in Procura – all’indagato principale per quel delitto.

Lui, è un boss: si tratta di Francesco Schiavone detto «Cicciariello», ora dissociato al clan dei Casalesi; per questo gode della mancata applicazione del 41bis. È il cugino omonimo del boss Francesco «Sandokan», ergastolano, colui che venne definito dal pentito Dario De Simone di Trentola Ducenta come un animale «perché gli manca solo la coda».

Il pubblico ministero Anna Maria Lucchetta ha chiuso il cerchio e ha ricostruito il movente dell’omicidio di Pasquale D’Abrosca. Il negoziante venne assassinato perché non voleva consegnare il materiale edile gratis agli esponenti del clan dei Casalesi. Il fatto di sangue venne realizzato nel negozio per dare un segnale a tutti gli altri imprenditori della zona. D’Abrosca si era opposto a «Gomorra», non aveva accettato le richieste estorsive e per questo pagò con la vita il suo «no». Venne colpito nel locale dell’ «Ediltutto» con alcuni colpi di pistola calibro 9 per 21 alla testa, alla coscia sinistra e alla caviglia sinistra. Ora, a 28 anni di distanza dai fatti, si è scoperta la verità.

 

 

 

Foto da:  tribuna24.it

Articolo del 10 giugno 2017 da tribuna24.it
Lo sfogo di Antonio D’Abrosca: mio fratello Pasquale vittima innocente di camorra
(gp) L’episodio, cruento, che causò la morte di Pasquale D’Abrosca, oltre 25 anni fa, lasciò quanti lo conoscevano atterriti.

Pasquale non fu un caso isolato, ma di sicuro lasciò la comunità nello sconforto. Per come era Pasquale come persona.

Marito amorevole e padre affettuoso oltre ogni dire, lavoratore indefesso. Si era dedicato all’azienda di famiglia con slancio e senza risparmiarsi mai. Disponibile, educato, rispettoso… la notizia dell’attentato di cui fu vittima lasciò sgomenti.

Un attentato, di cui ha ricordato in questi giorni la stampa, di stampo camorristico, per estorsione. Doveva essere una intimidazione per un suo precedente rifiuto che, però, gli è costata la vita.

Fu colpito all’addome ed alle gambe e subito ricoverato all’ospedale di Capua da dove, successivamente, fu trasferito a Napoli, ma a nulla servì quella corsa verso un altro ospedale.

Dopo 28 anni dal suo omicidio, Francesco Schiavone, ‘Cicciariello’, nei mesi scorsi, si era autoaccusato del delitto ed a seguito di tale dichiarazione i fratelli di D’Abrosca hanno deciso di chiedere alla DDA di riaprire il caso e la nuova inchiesta, portata avanti dal Comandante della locale stazione dei Carabinieri, De Santis, ascrive il nome di Cicciariello tra gli indagati.

“Si dovrà riconoscere mio fratello quale vittima innocente di un sistema criminale che non ha avuto scrupoli né prima e nemmeno dopo”, ha dichiarato il fratello, Antonio D’Abrosca, in una intervista rilasciata al ‘Mattino’, e lancia un affondo nei confronti dei rappresentanti istituzionali dell’epoca: “Eravamo e ci sentivamo soli, nessuno nel mio paese ci ha teso una mano, nessun politico, non un rappresentante dello Stato. Completamente abbandonati al nostro destino”. Ed oggi, parlandone, ha chiosato: ‘Solidarietà zero’!

 

 

Articolo del 12 settembre 2017 da casertace.net 
OMICIDIO D’ABROSCA. Dopo 28 anni udienza preliminare per il il killer reo-confesso Francesco Schiavone

 L’imprenditore di Grazzanise fu ucciso con 3 colpi di pistola nel 1989 perché si rifiutò di cedere ai Casalesi l’ennesima fornitura di cemento gratuita

CASAL DI PRINCIPE/GRAZZANISE – Nel 1989 uccise con tre colpi di pistola l’imprenditore di Grazzanise Pasquale D’Abrosca, che si era rifiutato di concedere al clan dei Casalesi l’ennesima fornitura di cemento gratuita.

Ventotto anni dopo, il killer reo-confesso di quel delitto, il boss Francesco Schiavone, detto “Cicciariello”, cugino del capoclan omonimo noto come “Sandokan”, è comparso davanti al gup di Napoli Gallo per l’avvio dell’udienza preliminare che dovrà confermare il quadro delineato dalla Dda partenopea sulla scorta delle dichiarazioni dello stesso Cicciariello, e risolvere così uno dei tanti cold case di camorra.

Cicciariello è l’unico imputato; non ha mai voluto rivelare, infatti, il nome del complice; da tempo si definisce un “dissociato” dal clan dei Casalesi, non un “collaboratore di giustizia”, da qui la decisione di autoaccusarsi di crimini anche efferati senza coinvolgere però i complici. Schiavone, che sta scontando l’ergastolo, rivelò di essere l’esecutore materiale del delitto D’Abrosca due anni fa nel corso di un processo per un altro omicidio.

Pochi giorni dopo l’udienza, l’avvocato Giovanni Zara raccolse le informazioni sull’omicidio D’Abrosca dal fratello della vittima, e fece richiesta di riapertura indagini alla Dda di Napoli. Il fascicolo finì al sostituto Anna Maria Lucchetta, che senza perdere tempo convocò lo stretto congiunto di D’Abrosca e lo stesso Cicciariello, riuscendo con determinazione a ricostruire la dinamica dell’omicidio.

Il boss raccontò di essersi recato insieme ad un altro affiliato presso l’azienda di materiale edile di D’Abrosca, la Ediltutto – importante società che fatturava molte centinaia di milioni di lire all’anno – con l’intento di picchiare l’imprenditore che, in una precedente circostanza, si era rifiutato di fornire gratuitamente al clan dei Casalesi del materiale del valore di 7-8 milioni di lire.

“No, questa volta non vi do nulla, già ho pagato tanto” urlò D’Abrosca di fronte all’ennesima richiesta estorsiva; l’imprenditore, racconta Cicciariello, sparò addirittura un colpo di pistola – deteneva l’arma legalmente – verso il suo complice; dopo aver sentito il proiettile, il camorrista, che era all’esterno dell’azienda, entrò e sparò tre colpi di pistola verso D’Abrosca; questi fu condotto in ospedale a Capua, poi fu trasferito a Napoli dove morì.

Oggi il Gup ha ammesso la costituzione di parte civile da parte della mamma e di due sorelle di D’Abrosca, assistite da Giovanni Zara, e del fratello della vittima, Antonio. Il processo è stato rinviato al 13 novembre prossimo per la discussione.

 

 

 

Fonte:  2anews.it
Articolo del 14 novembre 2017
Cronaca di Caserta. Camorra, Cicciariello Schiavone condannato a 16 anni
di Luigi Maria Mormone
Cronaca di Caserta. Camorra, Cicciariello Schiavone (cugino di “Sandokan”) condannato a 16 anni per l’omicidio dell’imprenditore Pasquale D’Abrosca.

Il boss dei casalesi Cicciariello Schiavone, all’anagrafe Francesco e cugino dell’omonimo boss della malavita noto col soprannome di “Sandokan”, è stato condannato a 16 anni di carcere per l’omicidio dell’imprenditore Pasquale D’Abrosca.

Tale provvedimento è stato preso dal Gup del Tribunale di Napoli, Dario Gallo, rappresentando una piccola vittoria per la famiglia D’Abrosca, la quale ha voluto fortemente che il caso giungesse alla conclusione dopo tanti anni (i fatti risalivano addirittura al 1989).

Schiavone, unico imputato e autodefinitosi “dissociato” dal clan, sta scontando l’ergastolo, rivelando due anni fa (nel corso di un processo per un altro omicidio) di essere l’esecutore materiale del delitto. Pochi giorni dopo l’udienza, l’avvocato Giovanni Zara raccolse le informazioni sull’omicidio D’Abrosca dal fratello della vittima, e fece richiesta di riapertura indagini alla Dda di Napoli.

Si riuscì così a ricostruire la dinamica dell’omicidio.  Il boss raccontò infatti di essersi recato insieme ad un altro affiliato presso l’azienda di materiale edile di D’Abrosca, la Ediltutto, con l’intento di picchiare l’imprenditore, rifiutatosi di fornire gratuitamente al clan dei casalesi materiale dal valore di 7-8 milioni di lire.

Di fronte all’ennesima richiesta estorsiva, l’imprenditore sparò addirittura un colpo di pistola (arma detenuta legalmente) verso il complice di Cicciariello (che non ha mai voluto rivelarne il nome). Dopo aver sentito il proiettile, Schiavone, che era all’esterno dell’azienda, entrò e sparò tre colpi di pistola verso D’Abrosca, prima condotto in ospedale a Capua, poi a Napoli, dove morì.