11 Giugno 1990 Grotteria (RC). Ammazzati in un agguato gli imprenditori edili Nicodemo Panetta, di 37 anni, e Nicodemo Raschellà, di 41 anni. Vittime del racket.
11 Giugno 1990 Grotteria (RC). Ammazzati in un agguato gli imprenditori edili Nicodemo Panetta, di 37 anni, e Nicodemo Raschellà, di 41 anni.
“Aveva osato accusare e lo chiamavano cadavere ambulante: sfidare le cosche, o più semplicemente difendersi dalla ‘ndrangheta facendo nome e cognome di chi ti tartassa, da queste parti significa sottoscrivere la propria condanna a morte. Nicodemo Panetta, 37 anni, piccolo imprenditore edile di Grotteria, un paesino della locride, lo sapeva e viveva nell’incubo, viaggiando su un’auto blindata (la sua bara da vivo, diceva) e facendosi vedere poco in luoghi esposti. Dei soprusi non ne poteva più. Anni fa gli avevano fatto saltare i mezzi della propria impresa, lo avevano sfiancato con richieste di denaro, gli avevano sparato mentre in auto viaggiava con la moglie e la figlioletta Daniela, allora di pochi anni. E si era stufato. Era andato dai carabinieri, aveva raccontato per filo e per segno quel che gli stava accadendo, aveva spedito in galera una cinquantina di mafiosi cancellando così, di colpo, la ‘ndrangheta della vallata del Torbido guidata dalla famiglia Ursini. Ma in quello stesso momento venne pronunciata la sentenza mafiosa nei suoi confronti, eseguita a distanza di anni. Trenta colpi di mitra, forse sparati con un mab di quelli in dotazione alla polizia di Stato, hanno falciato l’imprenditore e un suo inseparabile amico, Nicodemo Raschillà, 41 anni, di Mammola, altro centro caldo della locride. I carabinieri sul luogo del delitto hanno ritrovato i bossoli di un intero caricatore… ” (Pantaleone Sergi)
Fonte Stop’ndrangheta.it
Nicodemo Panetta e Nicodemo Raschellà: così muore chi osa parlare
di Pantaleone Sergi – La Repubblica (13/06/1990)
GROTTERIA – Aveva osato accusare e lo chiamavano cadavere ambulante: sfidare le cosche, o più semplicemente difendersi dalla ‘ndrangheta facendo nome e cognome di chi ti tartassa, da queste parti significa sottoscrivere la propria condanna a morte. Nicodemo Panetta, 37 anni, piccolo imprenditore edile di Grotteria, un paesino della locride, lo sapeva e viveva nell’incubo, viaggiando su un’auto blindata (la sua bara da vivo, diceva) e facendosi vedere poco in luoghi esposti.
Dei soprusi non ne poteva più. Anni fa gli avevano fatto saltare i mezzi della propria impresa, lo avevano sfiancato con richieste di denaro, gli avevano sparato mentre in auto viaggiava con la moglie e la figlioletta Daniela, allora di pochi anni. E si era stufato. Era andato dai carabinieri, aveva raccontato per filo e per segno quel che gli stava accadendo, aveva spedito in galera una cinquantina di mafiosi cancellando così, di colpo, la ‘ndrangheta della vallata del Torbido guidata dalla famiglia Ursini.
Ma in quello stesso momento venne pronunciata la sentenza mafiosa nei suoi confronti, eseguita a distanza di anni. Trenta colpi di mitra, forse sparati con un mab di quelli in dotazione alla polizia di Stato, hanno falciato l’imprenditore e un suo inseparabile amico, Nicodemo Raschillà, 41 anni, di Mammola, altro centro caldo della locride. I carabinieri sul luogo del delitto hanno ritrovato i bossoli di un intero caricatore. Ma non abbiamo trovato purtroppo nemmeno un testimone, afferma il capitano Francesco Bonfiglio, comandante della compagnia dei carabinieri di Roccella Jonica. Eppure, in contrada Dragoni di Grotteria, teatro della spietata esecuzione, secondo gli inquirenti ci dovevano essere diverse persone che lunedì sera, sospettano i carabinieri, avrebbero assistito al duplice delitto.
Una ricostruzione dei fatti, presente il sostituto procuratore di turno Anna Milelli, è stata comunque possibile. Nicodemo Panetta, poco prima delle 17 s’incontra con Nicodemo Raschillà, arrivato a bordo di una grossa moto, in contrada Dragoni, in un locale che serve come punto d’incontro per gli abitanti della contrada. I due amici se ne vanno con la Thema blindata del Panetta. Un giro di un’ora e mezza prima di rientrare al punto di partenza dove li attendeva il killer. Chi hanno incontrato in quell’arco di tempo? Dove sono andati? Fatto è che appena tornati in contrada Dragoni, i due sono falciati da una sventagliata di mitra, crivellati di colpi da distanza ravvicinata.
Lo sapeva, lo sapeva che sarebbe finita così, avrebbe confidato piangendo la moglie di Panetta, Maria Barbieri. Il suo destino era segnato, ancor prima forse di quel drammatico 22 novembre 1986 quando i sicari delle cosche tentarono di farlo fuori. La sua piccola impresa, otto-dieci dipendenti che lavorano di solito per conto di enti pubblici, non era in grado di sopportare la sanguisuga mafiosa. Così Panetta decise di collaborare con la giustizia. Ai carabinieri diede nomi, fatti, prove che inchiodarono le cosche di Grotteria, Gioiosa e Martone: al processo confermò molto, ma fu evasivo su altro, forse tentando così di salvarsi dall’ ira della ‘ndrangheta. Oggi di quegli imputati molti sono fuori dal carcere. L’attenzione degli investigatori (l’inchiesta è passata al sostituto procuratore Bruno Muscolo) è indirizzata verso un gruppo di latitanti, tra cui potrebbe trovarsi il sicario.
Articolo di La Repubblica del 12 Giugno 1990
DUE IMPRENDITORI ASSASSINATI A LOCRI DALLA ‘ NDRANGHETA
REGGIO CALABRIA Quattro anni fa era stato ferito gravemente in un attentato assieme alla moglie e alla figlioletta: decise di parlare e le sue rivelazioni portarono a un maxi-blitz contro la ‘ndrangheta: ieri è stato assassinato. E assieme a lui è stato ucciso un amico. È questa la tragica fine di due imprenditori edili, Nicodemo Panetta, di 37 anni, e Nicodemo Raschellà di 41 anni, ammazzati ieri sera in un agguato a Grotteria, un centro a pochi chilometri da Locri.
I due sono stati uccisi in contrada Dragoni, borgata in periferia di Grotteria. Per sparare gli assassini hanno atteso che Panetta e Raschellà scendessero dall’automobile sulla quale viaggiavano, una Lancia Thema. Secondo i primi rilievi, per uccidere i due è stato usato un mitra, calibro 9 militare, forse un Mab. Sul luogo dell’ agguato sono stati trovati circa 30 bossoli che, stando alle indagini, sarebbero stati esplosi da una sola arma. Sia Raschella che Panetta sono morti all’ istante, raggiunti da più proiettili.
All’ agguato hanno assistito due persone che abitano in una delle case immediatamente prospicienti al punto in cui Panetta aveva fermato la sua Thema per consentire a Raschella di prendere la sua motocicletta e, quindi, tornare insieme in paese. Secondo quanto si è appreso i due testimoni non avrebbero fornito agli inquirenti elementi utili per l’identificazione degli assassini.
Secondo gli inquirenti vittima predestinata dell’agguato era Nicodemo Panetta, imprenditore edile molto conosciuto nella zona. Nel 1986, si diceva, Panetta era stato già fatto oggetto di un attentato. Mentre stava tornando a casa, in automobile, con la moglie, Maria Barbieri, e la figlia, Daniela, allora di quattro anni, fu fatto segno di molti colpi d’ arma da fuoco e ferito in modo grave.
Agli inquirenti dell’ epoca, in ospedale, fece una serie di dichiarazioni relative alle richieste di tangenti cui era fatto oggetto ed alle persone alle quali egli era costretto a pagare mazzette. Sulla scorta di quelle dichiarazioni la procura della Repubblica del Tribunale di Locri diede avvio ad una vasta indagine che portò, nel giro di alcuni mesi, a 48 arresti nell’ ambito di presunti affiliati alle cosche della ‘ndrangheta che operano nella vallata del Torbido, la zona nella quale ricade Grotteria.
Un altro allucinante episodio è avvenuto vicino a Vibo Valentia, dove un bimbo di sette mesi ha rischiato di morire per un proiettile vagante. Il piccolo Raffaele riposava in braccio alla madre quando è stato coinvolto in una sparatoria nel centro del paese.
Articolo da L’Unità del 12 giugno 1990
Nuovi omicidi in Calabria
Uno dei due imprenditori colpiti aveva denunciato il racket delle tangenti
Reggio Calabria. Due imprenditori edili. Nicodemo Panetta, di 37 anni, e Nicodemo Raschellà di 41, sono stati assassinati ieri sera in un agguato a Grotteria, un centro a pochi chilometri da Locri.
I due sono stati uccisi in contrada dragoni, una grossa borgata in periferia di Grotteria.
Gli assassini per sparare hanno atteso che Panetta e Raschellascendessero dall’automobile sulla quale viaggiavano, una «Lancia Thema».Secondo i primi accertamenti della polizia, per uccidere i due è stato usato un mitra, calibro 9 militare.
Sul luogo dell’agguato sono stati trovati circa 30 bossoli che, stando ai primi rilievi, sarebbero stati esplosi da una solo arma. Sia Raschella che Panetta sono morti all’istante, raggiunti da più proiettili. All’agguato hanno assistito due persone che abitano in una delle case immediatamente prospicenti al punto in cui Panetta aveva fermato la sua automobile per consentire a Raschella di prendere la sua motocicletta e, quindi, tornare insieme in paese. Secondo quanto si è appreso, comunque, i due testimoni non avrebbero fornito agli inquirenti elementi utili per l’identificazione degli assassini.
Per gli inquirenti, vittima predestinata dell’agguato era Nicodemo Panetta, imprenditore edile molto noto nella zona, che nel 1986 era stato già fatto oggetto di un attentato, mentre stava tornando a casa in automobile con la moglie, Maria Barbieri e la figlia Daniela, allora di quattro anni, fu fatto segno di molti colpi d’arma da fuoco e ferito in modo grave.
Agli inquirenti dell’epoca, in ospedale, fece una serie di dichiarazioni relative alle richieste di tangenti cui era stato fatto oggetto ed alle persone alle quali egli era costretto a pagare «mazzette». Sulla scorta di quelle dichiarazioni la procura della repubblica di Locri diede avvio ad una vasta indagine che portò, nel giro di alcuni mesi, a 48 arresti nell’ambito degli affiliati alle cosche della «’ndrangheta» che operano nella vallata del Torbido, la zona nella quale ricade anche Grotteria.
Il paese è uno dei centri della Locride, zona dove nel corso di quest’anno si sono verificati decine di omicidi frutto dei regolamenti di conti all’interno delle famiglie aderenti alla ‘ndrangheta.
Fonte: strettoweb.com
Articolo del 13 giugno 2013
Per non dimenticare: 11 giugno 1991, Nicodemo Panetta
di Cosimo Sframeli
Nicodemo Panetta era un imprenditore edile di Grotteria. Nel 1986, dopo l’ennesima aggressione da parte delle cosche, decise di denunciare i patiti soprusi e i sofferti taglieggiamenti ai Carabinieri, facendo arrestare una cinquantina di ‘ndranghetisti della Vallata del Torbido. Venne assassinato a colpi di mitra insieme con l’amico Nicodemo Raschellà. Aveva accusato gli uomini della ‘ndrangheta. Li aveva sfidati o, più semplicemente, si era difeso facendo i nomi di chi gli aveva reso la sua vita impossibile, sottoscrivendo la propria condanna a morte.
Nicodemo Panetta, 37 anni, piccolo imprenditore edile di Grotteria, un paese preaspromontano della Locride, lo sapeva e viveva nell’incubo, viaggiando su un’auto blindata: “La mia bara da vivo”, diceva. Si faceva vedere poco e mai in luoghi esposti. Dei soprusi non ne poteva più. Anni prima gli avevano fatto saltare i mezzi della propria impresa, lo avevano sfiancato con richieste di denaro, gli avevano sparato mentre in auto viaggiava con la moglie e la figlia di pochi anni, Daniela. Lo avevano stremato. Andò dai Carabinieri a raccontare per filo e per segno quel che gli stava accadendo. Aveva così spedito in galera una cinquantina di mafiosi cancellando, di colpo, la ‘ndrangheta della Vallata del Torbido guidata dalla famiglia Ursini. In quei momenti, per lui, venne pronunciata la sentenza mafiosa, eseguita a distanza di anni.
Trenta colpi di mitra sparati con uno di quelli in dotazione alle Forze dell’Ordine, falciarono l’imprenditore e il suo inseparabile amico, Nicodemo Raschillà, 41 anni, di Mammola, altro paese della Locride, vicino Grotteria. I Carabinieri sul luogo del delitto ritrovarono i bossoli di un intero caricatore, ma non rintracciarono un solo testimone, come affermò il Capitano Francesco Bonfiglio. Eppure, in contrada Dragoni di Grotteria, teatro della spietata esecuzione, ci dovevano essere diverse persone che lunedì sera avrebbero assistito al duplice omicidio.
Ricostruendo i fatti, Nicodemo Panetta, poco prima delle 17:00 s’incontrò con Nicodemo Raschillà, giunto alla guida di una grossa moto, in contrada Dragoni, in un locale che era punto d’incontro per gli abitanti della contrada. I due amici se ne andarono con la Thema blindata del Panetta. Un giro di un’ora e mezza prima di rientrare al punto di partenza dove li attendeva il killer. Appena tornati in contrada Dragoni, i due furono falciati da una sventagliata di mitra, crivellati di colpi da distanza ravvicinata.
“Lo sapeva, che sarebbe finita così”, avrebbe confidato piangendo Maria Barberi, moglie del Panetta. Il suo destino era segnato, ancora prima di quel drammatico 22 novembre 1986 quando i sicari delle cosche tentarono di farlo fuori. La sua piccola impresa, otto-dieci dipendenti che lavoravano di solito per conto di enti pubblici, non fu in grado di sopportare la sanguisuga mafiosa. Panetta decise di collaborare con la Giustizia. Ai Carabinieri diede nomi, fatti, prove che inchiodarono le ‘ndrine di Grotteria, di Gioiosa e di Martone. Al processo confermò tutto, non tentò neanche di salvarsi dall’ira della ‘ndrangheta. Dopo qualche anno, diversi di quegli imputati furono scarcerati. L’inchiesta passò al Sostituto Procuratore di Locri Bruno Muscolo e l’attenzione degli investigatori per ricercare killers e mandanti fu indirizzata verso un gruppo di latitanti che infestavano il territorio.