13 febbraio 1947 Burgio (AG). Assassinato Matteo Palazzolo, carabiniere di 36 anni, in uno scontro con componenti della banda Giuliano.
Matteo Palazzolo, carabiniere di 36 anni, cadde nelle campagne di Burgio per mano, sembra, di alcuni componenti della banda Giuliano il 13 febbraio 1947.
Le circostanze della morte vengono ben descritte dalla motivazione della concessione della Medaglia d’argento al valor militare:
Il carabiniere scelto Matteo Palazzolo, partecipando volontariamente ed unitamente ad altri militari del luogo in un servizio notturno diretto all’arresto di un uomo resosi responsabile di tentato omicidio, e rifugiatosi in una casa colonica, perdeva la vita colpito al petto da un colpo di moschetto esplosogli da un altro pericoloso malfattore che in quel momento si rifugiava nella stessa casa.
Fonte: salvofuca.blogspot.com
Fonte: carabinieri.it
NOTIZIARIO STORICO DELL’ARMA DEI CARABINIERI – N. 5 ANNO II
L’UCCISIONE DEL CARABINIERE PALAZZOLO
Un anno dopo, il 12 febbraio 1947, si verificò un nuovo conflitto a fuoco tra i banditi e i militari dell’Arma in cui trovò la morte un valoroso Carabiniere: il trentaseienne Matteo Palazzolo, alla cui memoria verrà conferita la Medaglia d’Argento al Valor Militare.
Il giorno precedente, a Burgio, il contadino Vito Guarisco aveva esploso “per motivi d’onore” un colpo di moschetto, per fortuna andato a vuoto, contro l’orologiaio Calogero Virgadamo, rendendosi poi irreperibile.
In serata il Virgadamo si presentò al comandante della locale Stazione Carabinieri, il Maresciallo Maggiore Giuseppe Gangitano, riferendo che il Guarisco si era nascosto in una casa colonica, in località Carella, di proprietà di Vito Calandra. Alle 23:00, il Maresciallo inviò sul posto un Appuntato e altri otto dipendenti.
Il Carabiniere Matteo Palazzolo, piantone alla caserma, chiese con insistenza di partecipare al servizio, adducendo di conoscere bene i luoghi (infestati da pericolosa delinquenza associata), la casa colonica, il proprietario della stessa e il ricercato.
Venne così sostituito nel servizio di caserma e si aggiunse agli altri. Giunti sul posto, il graduato dispose l’accerchiamento della casa e, con i Carabinieri Filippo Pipitone, Matteo Palazzolo, Pellegrino Frollino e Calogero Carta si avvicinò alla porta. Bussò. Non ottenendo risposta, i militari tentarono di forzare la porta.
Si udì un lamento provenire dall’interno. Il Carabiniere Palazzolo, ritenendo che nella casa si trovassero il Guarisco e il Calandra, li chiamò per nome per farli uscire. L’invito rimase senza effetto. Incurante del rischio a cui si esponeva, Palazzolo si spostò dal muro su cui si trovava addossato insieme agli altri militari e che gli offriva riparo e, con la mitra in pugno, si avvicinò all’uscio, deciso a varcarlo.
Dall’interno echeggiò un colpo secco di moschetto. Il colpo attinse in pieno petto il carabiniere che cadde sul posto, piegato sulle gambe, il viso rivolto al cielo. Arrivarono i rinforzi ma l’oscurità e una leggera pioggia sconsigliarono di tentare un’irruzione.
Fonte: ancispettoratosicilia.it
Nota del 2013 scritta dal nipote della vittima
PER NON DIMENTICARE IL CARABINIERE MATTEO PALAZZOLO UCCISO A BURGIO NEL 1947
di Gaetano Messina
La figlia con i famigliari visita la tomba al cimitero di Campofelice per rendere omaggio alla memoria del padre ammazzato 66 anni fa dalla banda Giuliano.
Campofelice di Roccella. Sono trascorsi 66 anni dalla strage di Burgio nell’agrigentino, un conflitto a fuoco nelle campagne tra gli ulivi nelle quali venne ucciso il carabiniere Matteo Palazzolo di 36 anni, sposato con l’alcamese Maria Culmone.
Dal matrimonio sono nati tre figli: Gaetano (67 anni), e Luigi (53 anni) hanno intrapreso la stessa carriera del padre, sono stati promossi marescialli dell’Arma. Purtroppo i 2 figli sono morti dopo essere andati in pensione. La figlia Maria Pia (71 anni) è l’unica persona rimasta in vita, la quale, come di consueto, ogni anno da Palermo si reca a Campofelice per visitare la tomba del padre, per non dimenticare il tredici febbraio 1947, giorno in cui, in quell’alba invernale, venne assassinato il padre per mano mafiosa.
Matteo Palazzolo, nato a Campofelice, figlio di Gaetano e di Alfano Maria Giuseppa, entrambi originari di Cinisi, trasferendosi a Campofelice dalla loro unione hanno avuto 8 figli, 4 maschi e 4 femmine, oggi tutti passati al di là del velo della materia.
Matteo sceglie la carriera nell’Arma che, specie in quella fase storica di grandi incertezze e mobilità demografiche, costituisce un’ancora di riscatto sociale e familiare.
Un anno dopo la morte del carabiniere gli viene consegnata la medaglia al valore militare, con “annesso soprassoldo di lire 750 mila”, è un fatto importante. Nel 1991, su proposta dei carabinieri di Campofelice, l’associazione nazionale dell’Arma ha autorizzato l’intitolazione della Sezione locale dei carabinieri in pensione a Matteo Palazzolo, la cui sede è in Piazza Garibaldi.
Adesso occorre che egli sia ufficialmente riconosciuto vittima della mafia e chiediamo all’amministrazione di Campofelice di farsi promotore di un’istanza ufficiale; in tal senso la stessa richiesta è rivolta anche ai carabinieri della locale Stazione. In questa occasione vogliamo ricordare centoventi carabinieri uccisi dal 1943 al 1963 i quali sin oggi attendono giustizia e di essere riconosciuti vittime della mafia. Questo fatto viene riportato in un libro “faccia a faccia con la mafia” di Aristide Spanò, il quale sull’appendice riporta tutti i nomi dei carabinieri caduti mentre svolgevano il loro compito. Il documento contempla un indubbio valore oggettivo.
Fonte: ancispettoratosicilia.it
Articolo del 8 novembre 2020
Il Carabiniere Matteo Palazzolo ucciso nelle campagne di Burgio nel’47
di Vincenzo Pinello
Centoventi carabinieri uccisi dalla mafia attendono riconoscimento dallo Stato italiano
La comunità chiede a voce alta: Palazzolo sia riconosciuto vittima della mafia.
Da Campofelice di Roccella si leva una forte richiesta. Ha a che fare con la coscienza anti mafiosa e con la memoria storica. Chiede che un suo cittadino ammazzato da mafiosi della banda Giuliano, sia riconosciuto vittima della mafia.
La storia inizia sessantacinque anni fa.
La campagna di Burgio, è stesa nei suoi alberi da frutto; qui è la collina che tocca la provincia di Palermo ed è già entroterra dell’agrigentino. Arance, pesche, alberi d’ulivi.
Il tredici febbraio 1947, è morto il carabiniere Palazzolo. A Campofelice di Roccella, direzione nord verso il mar Tirreno, stesso giorno ed ora, il pulviscolo dei mari d’inverno copre il tramestio lento del bar della piazza, qualcuno rincasa. Ma sui bassipiani dei dossi di Burgio, uomini scivolano veloci e il silenzio deve coprire la campagna che non ha rumori.
C’è un casolare. I carabinieri della stazione del paese agrigentino sono lì, dietro la porta e coi petti che soffiano sui muri. Dentro, mani alto; si spara – Cosi muore il carabiniere Matteo Palazzolo,36 anni, sposato con l’alcamese Maria Culmone, tre figli, nato a Campofelice di Roccella, in servizio presso la locale stazione di Burgio; la medaglia alla memoria arriva esattamente un anno dopo l’assassinio, con “annesso soprassoldo di lire 750 “- (un gelato costava una lira).
Una medaglia alla memoria, perché i mafiosi della banda GIULIANO quando sparano ammazzano.
Adesso Matteo Palazzolo riposa accanto alla madre Maria Giuseppa Alfano e il padre Gaetano, nella tomba di famiglia di Campofelice di R.
I genitori entrambi nativi di Cinisi, il padre contadino, si erano trasferiti a Campofelice di Roccella con la primogenita Rosa di 5 anni.
Dalla loro unione nasceranno, quattro sorelle e quattro fratelli. Matteo sceglie la carriera nell’arma che, specie in quella fase storica di grandi incertezze e mobilità demografiche, costituisce anche un ‘ancora di riscatto sociale e familiare. Per Matteo Palazzolo la destinazione è Burgio, dove troverà la morte sul campo.
I figli, Gaetano e Luigi, nel 1948, poco più che bambini, sceglieranno di continuare la strada tracciata dal padre e più tardi si arruoleranno nell’Arma, congedati entrambi col grado di maresciallo. Luigi morirà il 16 marzo 1998, all’età di 53 anni, l’ultimo suo incarico fu presso la caserma di Montemaggiore Belsito. Gaetano si è spento nella sua casa di Sciacca il 21 luglio 2008, ultima sede il Comando di Sciacca.
Maria Pia unica figlia sposata con A. Provenzano che vive a Palermo, ha deciso di non far essiccare la memoria intorno al nome del padre.
Nomi e facce di una storia – La rivendicazione per una verità torna ancora a Campofelice di Roccella.
Il nipote Gaetano Messina, vive nel paese natio. Fa il pittore ed ha girato il mondo in lungo e largo. Nella casa dell’ulivo blu, sulla collina di C. da Calzata, di Campofelice tra i rami di secolari ulivi che in lembo potrebbero anche ricordare il paesaggio dei frutteti agrigentini.
A Matteo Palazzolo lo lega la mamma Benedetta, sorella del carabiniere ucciso. Vestita sempre di nero del lutto da quel tredici febbraio 1947 e per tutta la vita, si è fatto promettere dal figlio di non dimenticare il sacrificio dello zio Matteo.
Messina ricorda alcune cose significative accadute: la medaglia al valore militare è un fatto importante; nel 1991 su proposta dei carabinieri di Campofelice, l’associazione nazionale dell’Arma ha autorizzato l’intitolazione della Sezione di Campofelice dell’Associazione dei Carabinieri in pensione a Matteo Palazzolo.
Adesso occorre che Egli sia ufficialmente riconosciuto vittima della Mafia e chiediamo all’Amministrazione e al sindaco Francesco Vasta, di farsi promotore di un’istanza ufficiale in tal senso. La stessa richiesta mi permetto di rivolgere anche ai Carabinieri di Campofelice di Roccella e quelli in pensione.
In realtà Messina in diverse occasioni, informalmente, ha sollecitato varie istituzioni. Adesso, anche a nome della famiglia, si è deciso di farsi promotore di una richiesta pubblica. A conclusione dell’incontro l’ultimo documento che ci mostra è l’appendice al libro “Faccia a faccia con la mafia” di Aristide Spanò. I documenti che contempla hanno indubbio valore oggettivo. Matteo Palazzolo vi figura fra i 120 carabinieri uccisi dal 1943 al 1963 – alla voce vittime della mafia.
tratto dal giornale ESPERO ed Olismo Ruben, pubblicato nel 2008