11 Marzo 1989 Scordia (CT). Ucciso Nicola D’Antrassi, 63 anni, grossista di agrumi. Aveva denunciato infiltrazioni malavitose nell’agrumicoltura.

Foto da: scordia.info

Nicola D’Antrassi, nato a San Felice Circeo (LT) il 12 febbraio 1926, laureato in legge, commerciante di prodotti ortofrutticoli a Scordia (CT), viene assassinato a 63 anni l’11 Marzo del 1989.
L’azienda di D’Antrassi, al momento dell’assassinio, si chiamava ORFRUTTA Srl, aveva c.a duecento dipendenti ed era gestita con piglio manageriale d’avanguardia. D’Antrassi era ben voluto sia dai suoi dipendenti, a cui applicava con scrupolosità i contratti di categoria, che dai produttori con cui si comportava con rettitudine, mentre era malvisto da alcuni commercianti del paese, che tendevano a sfruttare i propri dipendenti e a frodare i produttori.
Nel corso della sua attività aveva ricevuto svariate minacce, atti intimidatori, come alcuni incendi, e richieste estorsive, ma nell’ultimo periodo era particolarmente preoccupato anche se non si era confidato neppure con i suoi famigliari. Il suo è un omicidio ancora senza verità e giustizia.

 

 

 

Nota da:
AS.A.E.S. “NICOLA D’ANTRASSI” ASSOCIAZIONE ANTIESTORSIONI – SCORDIA –

Nato a S.Felice Circeo (LT) il 12/02/1926. Si laurea in legge a 23 anni nel 1949. Figlio di imprenditore, il padre era commerciante di prodotti ortofrutticoli, di uva in particolare, ed aveva realizzato un impianto a Lentini (SR).
Dopo la laurea, avvia l’attività imprenditoriale insieme al fratello costituendo la società Fratelli D’Antrassi srl.
Il primo stabilimento è impiantato ad Aprilia (Latina) e si occupa prevalentemente di commercio di uva.
Successivamente i Fratelli D’Antrassi si spostano in Sicilia seguendo il padre a Lentini (SR).
Dopo qualche anno si trasferiscono definitivamente a Scordia (CT) dove avviano una florida attività di commercio agrumi al centro di una zona vocata per questa frutta. Contemporaneamente l’Azienda apre un piccolo magazzino-deposito stagionale nella zona di Mazzarrone per la commercializzazione dell’uva.
Negli ultimi anni della sua attività l’Azienda Fratelli D’Antrassi cambia la ragione sociale in ORFRUTTA SRL.
L’azienda ha uno sviluppo solido e continuo fino a raggiungere i 200 dipendenti. Lo stabilimento è ubicato all’ingresso del paese di Scordia e utilizza macchinari all’avanguardia della meccanizzazione.
La sua clientela è prevalentemente del nord Italia, in particolare della Lombardia e del Veneto. Altri clienti si trovavano in Toscana e nel Lazio mentre all’estero vendeva in Germania e in Svizzera.
L’imprenditore D’Antrassi assume ben presto un ruolo leader tra i commercianti di Scordia. Sia perché è l’unico commerciante laureato, ma soprattutto per il suo carattere fermo, corretto ed illuminato.
Diventa noto tra la gente del paese per la sua scrupolosità nell’applicare i contratti salariali con gli operai fin dallo stesso giorno in cui questi si concludevano. Applica la stessa scrupolosità anche nel rendicontare le pesate ed i pagamenti ai produttori/proprietari da cui acquista la merce.
Per gli stessi motivi, invece, è inviso ad alcuni altri commercianti di Scordia che, notoriamente, disapplicavano i contratti e frodavano i produttori.
Nella sua gestione manageriale, il D’Antrassi controllava l’azienda attraverso l’utilizzo dei budget di previsione e di verifica, con l’analisi degli scostamenti e il calcolo dell’incidenza dei costi (criterio di controllo assolutamente all’avanguardia per il periodo – anni 50/60 – e per la cultura locale).
Era abbonato a diverse riviste e quotidiani tramite i quali si teneva costantemente aggiornato circa l’andamento dei mercati nazionali e internazionali oltre che in merito alla normativa che lo poteva riguardare.
In tal senso era divenuto punto di riferimento di altri commercianti, imprenditori nonché amministratori locali e perfino funzionari dell’ICE in quanto era uno dei pochissimi che sapesse “leggere” le notizie che riguardavano la categoria.
Nonostante pressanti inviti, l’Avv. D’Antrassi non si occupò mai attivamente di politica e non partecipò ad alcuna tornata elettorale.
Essendo un uomo molto riservato e ritenendo già il commercio di per se stesso un’attività nobile e coinvolgente, non amava apparire pubblicamente. Il suo nome compare solo raramente tra i componenti della Commissione dei commercianti locali per trattare il salario con i rappresentanti dei sindacati dei lavoratori.
In quella veste, la sua tendenza al dialogo e la fermezza nel rispettare gli accordi raggiunti lo mettevano in cattiva luce con altri imprenditori che non avevano gli stessi intendimenti.
A metà degli anni cinquanta L’Avvocato D’Antrassi sposa Licia Lorenzatti Taddei dalla quale ha cinque figli, tre maschi e due femmine.
In un terreno adiacente lo stabilimento, in semicollina, D’Antrassi edifica la casa di abitazione dove si trasferisce con la famiglia.
È ricordato dai familiari come uomo affettuoso, educatore attento, fermo ma non duro. Colto ed informato, le sue osservazioni erano sempre profonde e spesso lungimiranti.
Nonostante il suo titolo di studio e la posizione economica, era molto vicino alla gente comune e in particolare ai suoi dipendenti che lo “adoravano” e tutt’ora lo rimpiangono.
Nel corso della sua attività imprenditoriale non gli mancarono minacce e tentativi di intimidazione, telefonate minatorie e richieste estorsive.
Per ben tre volte, ignoti diedero fuoco alle cassette di plastica all’esterno del suo stabilimento. L’ultimo di questi incendi fu devastante causando perfino il danneggiamento dei carrelli ferroviari su cui si caricavano i vagoni di frutta.
Cercava di non esternare agli altri la sua preoccupazione che, da un po’ di tempo, diveniva sempre più palpabile da chi gli stava vicino.
Durante gli ultimi giorni della sua vita lasciava trasparire una preoccupazione e un nervosismo apparentemente immotivati.
Aveva, tra l’altro, accennato ai suoi familiari l’intenzione di comprare dei cani per metterli a guardia dell’abitazione, visto che si trovava in campagna in una zona isolata.
L’11 marzo del 1989, verso le 19, usciva dall’azienda, da solo, dopo aver ricevuto una telefonata da qualcuno che lo invitava a prendere un caffè al bar “La Bussola”, all’ingresso del Paese, a meno di un chilometro di distanza.
Appena sceso dalla macchina, in prossimità del bar, di fronte ad un rifornimento di benzina di proprietà di un commerciante di Scordia, un uomo gli si avvicina alle spalle esplodendo un colpo di pistola e colpendolo alla testa.
Dopo tanti anni, non si sa ancora nulla sull’esito del processo relativo a quel delitto.
D’Antrassi figura nel lunghissimo elenco delle vittime di mafia.

Il comune di Scordia gli ha dedicato uno slargo proprio nel luogo dell’eccidio.

 

 

 

Tratto dall’articolo de L’Unità del 15 Marzo 1989
di Ninni Andriolo

[…]
Sabato scorso alle 20, un killer solitario ha ucciso un grossista di agrumi Nicola D’Antrassi, 63 anni, proprietario di due magazzini titolare della società «Ortofrutta», «un noto e stimato operatore economico», lo definisce una presa di posizione ufficiale del Pci.
D’Antrassi aveva respinto pressioni ed intimidazioni, aveva denunciato, anche di recente, le infiltrazioni della malavita nell’agrumicoltura e aveva chiesto una moderna riorganizzazione del settore.
L’omicidio del commerciante di Scordia rappresenta il culmine di un escalation di fatti criminosi particolarmente grave negli ultimi mesi. Qualche tempo fa è stato bastonato a sangue l’ex sindaco socialista mentre intimidazioni ed inquietanti episodi di violenza si registrano continuamente.
È di poche settimane fa la scoperta di una vera e propria finanziaria, attraverso la quale si rastrellano i piccoli risparmi per essere, con molta probabilità, reinvestiti nel traffico della droga.
Ieri i funerali di D’Antrassi si sono trasformati in una grande manifestazione popolare, contro la mafia e la violenza. Il consiglio comunale di Scordia, riunito in seduta straordinaria, ha promosso una giornata di mobilitazione di tutto il paese, ha chiesto al prefetto Sica di partecipare ad una seduta dei suoi lavori e ha approvato la stipula di un protocollo di intesa per dare trasparenza agli appalti pubblici.
«C’è nel paese una volontà di reazione che stiamo cominciando a registrare e che non bisogna lasciar cadere – dice Nino Malvuccio, vicesindaco comunista della giunta Pci Dc -, dobbiamo essere all’altezza delle tradizioni democratiche di questo comune».

 

 

Fonte: stampacritica.org
Articolo del 19 marzo 2016
Nicola D’Antrassi, vittima di una mafia che ancora non ha nome
di Angelica Basile

Ventisette anni fa moriva a Scordia, in provincia di Catania, Nicola D’Antrassi, imprenditore sessantatreenne, finito nel mirino della mafia in uno dei periodi più caldi ed insanguinati del nostro Paese. La notizia del suo efferato omicidio fece un rumore tiepido, lontano anni luce dallo scalpore che avrebbe provocato oggi, quando la mafia uccide sì, uccide ancora, ma lo fa in modo meno eclatante.

Nell’89, invece, se eri un poliziotto e vivevi in Sicilia, di storie come quella di Nicola D’Antrassi ne sentivi a decine, ogni giorno. Ma alla quasi assuefazione di organi di stampa e forze dell’ordine, non corrispondeva quella della gente. Quando venne ucciso “l’Avvocato D’Antrassi” (era laureato in Giurisprudenza), Scordia fu sconvolta da un moto di indignazione e dolore. Nicola veniva da San Felice Circeo, in provincia di Latina; da giovanissimo si era trasferito in terra sicula, dove il sole e il profumo dei limoni lo avevano inebriato. Proprio nel settore degli agrumi si era specializzato, diventando un noto e stimato imprenditore della zona.

La gente del paese lo elogiava perché aveva dato lavoro a più di 200 persone. E non solo: si distinse per la scrupolosità con cui applicava i contratti salariali, in direzione opposta al modus operandi della maggioranza degli imprenditori scordiesi. Per gli stessi motivi, cominciò ad inimicarsi gli altri commercianti, che non vedevano di buon occhio il fatto che l’Avvocato non si piegasse alle logiche di pizzi e pizzini della zona. Iniziò, al contrario, a denunciare le infiltrazioni malavitose nell’imprenditoria agrumicola. Cominciarono le minacce telefoniche, le visite di avvertimento, fino all’incendio di uno dei suoi stabilimenti. Ma D’Antrassi non disse mai nulla alla moglie, ai cinque figli. Non voleva far preoccupare nessuno. Finché l’11 marzo, andò a prendersi un caffè al bar “La Bussola”; e, senza nemmeno aver portato la tazzina alla bocca, sentì che alle spalle un uomo gli puntava una pistola alla nuca.

È stato freddato così, senza pietà, in una mattinata di sole qualunque. I suoi assassini non sono mai stati identificati e il suo rimane uno dei tanti casi irrisolti di mafia. Quando morì Nicola D’Antrassi, fu un duro colpo non solo per la famiglia, ma anche per i dipendenti dell’azienda a cui lui era a capo. Avevano perso un dirigente che del padrone aveva ben poco; un uomo buono, umile, col senso del lavoro, della fatica e, soprattutto, della giustizia.

 

 

 

 

 

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