11 Agosto 1982 Palermo. Assassinato il Prof. Paolo Giaccone, esperto in medicina legale e consigliere nel palazzo di giustizia.
L’11 agosto del 1982 a Palermo venne assassinato Paolo Giaccone, uno dei più grandi esperti di medicina legale. Divideva il suo impegno tra l’istituto di medicina legale che dirigeva e le consulenze per il palazzo di giustizia.
Aveva ricevuto l’incarico di esaminare un’impronta digitale lasciata dai killer che nel dicembre 1981 avevano scatenato una sparatoria tra le vie di Bagheria con quattro morti come risultato. L’impronta era di un killer della cosca di Corso dei Mille ed era l’unica prova che poteva incastrare gli assassini. Il medico ricevette delle pressioni perché aggiustasse le conclusioni della perizia dattiloscopica. Giaccone rifiutò ad ogni invito e ogni minaccia e il killer fu condannato all’ergastolo.
In seguito il pentito Vincenzo Sinagra rivelò i dettagli del delitto incolpando Salvatore Rotolo che venne condannato all’ergastolo al primo maxiprocesso a Cosa Nostra. Per le minacce a Paolo Giaccone fu arrestato un avvocato che al telefono lo avrebbe invitato a cambiare i risultati della perizia dattiloscopica. (Wikipedia)
Fonte: archiviolastampa.it
Articolo dell’11 agosto 1982
Assassinato stamane da tre killer un noto medico legale di Palermo
di Antonio Ravidà
PALERMO — Il professor Paolo Giaccone, di 53 anni, notissimo a Palermo perché eseguiva spesso l’autopsia sui cadaveri degli assassinati dalla mafia, è stato ucciso verso le 8,30 di stamane. Tre killers, incaricati dell’ennesima esecuzione che reca ben netta l’impronta della mafia, sono fuggiti subito dopo, correndo a piedi nei viali del Policlinico, dove, dopo recenti restrizioni, quasi nessuno può liberamente entrare con la propria automobile. L’omicidio è avvenuto davanti all’ingresso dell’Istituto di medicina legale, dove c’è la «morgue» principale di Palermo, in un viale piuttosto isolato e decentrato rispetto ai corpi principali del Policlinico. Il professor stava andando a compiere l’autopsia sulle salme di Pietro e Salvatore Di Peri assassinati ieri. Davanti all’Istituto di medicina legale sono giunti questa mattina tutti i principali investigatori impegnati ad arginare la spietata avanzata dei mafiosi, in una lotta che sta diventando sempre più aspra e sempre più rischiosa, coordinata dal generale-prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa. Sul luogo del delitto, accanto al cadavere del prof. Giaccone, pietosamente coperto con un lenzuolo, uno degli investigatori si è sfogato: «Ma questo sta davvero diventando un massacro». L’impressione degli investigatori è che il professor Giaccone non sia stato ucciso per le autopsie che eseguiva («I morti sono morti e non c’è più niente da fare», ha commentato uno degli investigatori), ma per le molte perizie che eseguiva per l’autorità giudiziaria sullo stato di salute e sul grado di punibilità degli imputati. Giaccone si pronunciava frequentemente sulla sorte di chi desiderava la semilibertà o di chi, per infermità mentale, vera o presunta, aspirava al ricovero nel manicomio giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina).
Foto e articolo da: fascioemartello.it
Paolo Giaccone: Ricordo di un indimenticabile amico
Scritto da: Clada Scavone – 11 agosto 2009
L’11 agosto del 1982 la mafia uccideva barbaramente il Prof. Paolo Giaccone.
Riceviamo una missiva, dal Rag. Piero Terzo, ex Presidente dell’AVIS di Palermo che, con l’integerrimo Prof. Paolo, fu animatore e ri-fondatore dell’importante Centro per la raccolta del sangue. Non riteniamo opportuno dover aggiungere altro commento alla sentita e comossa missiva. La “voce” e l’immagine – Terzo ci ha infatti recapitato una foto che li ritrae insieme durante un Convegno tenutosi nella “Sala delle Lapidi” di Palermo – di chi lo ha conosciuto e di chi, come Piero, gli è stato fedele collaboratore, è altamente densa di significati. Ogni nostro ulteriore scrivere, risulterebbebbe quindi superfluo.
Carissimi, ricorre quest’anno il 27° anniversario del giorno in cui un’aberrante logica omicida ha stroncato la vita del prof. Paolo Giaccone. Volendo condividere con molti amici un aspetto della sua vita, noto a pochi, per ricordare un caro amico Ti invio questa mia missiva.
Egli è stato abbattuto a pochi passi dalle due strutture che erano lo scopo della Sua vita: l’Istituto di Medicina Legale e il Centro Trasfusionale AVIS. All’Istituto aveva iniziato la carriera come assistente, giungendo all’epoca a svolgervi la professione di docente insigne, nonché ricercatore appassionato e qualificato in campo europeo; il Centro Trasfusionale AVIS, che il Prof Ideale Del Carpio assieme a Lui aveva creato fra mille difficoltà nel 1963, era sotto la sua direzione, condotta con disinteressato amore.
AMORE verso l’AVIS, AMORE verso gli altri. Questo l’aspetto più significativo della Sua figura di uomo.
Mi vengono alla mente piccoli episodi che testimoniano questo amore: l’interessarsi del decorso della malattia di alcuni ricoverati del Policlinico per i quali, più di altri, era stato chiesto con affanno del sangue; o offrirsi lui stesso di donare il sangue dinnanzi ad una madre terrorizzata, pronta a dare al figlio la propria vita, ma non il sangue…
Era il 1970 quando ci incontrammo. Fui invitato, in qualità di socio, a partecipare all’Assemblea annuale dell’AVIS. Ci presentammo in quattro: il dr. Salemi, il sig. Leotta, il sig. Fullone e il sottoscritto. Il Prof. Giaccone dichiarata aperta l’assemblea in seconda convocazione, ci relazionò brevemente sulle cause dell’esiguità del numero di donatori – non ultima la mancanza di organizzazione – e ci pose quindi un solo quesito: sciogliere la sede AVIS di Palermo o rifondarla rimboccandoci le maniche. Ci guardammo negli occhi ed optammo per la seconda soluzione.
Primo fra tutti però c’era Lui, Paolo Giaccone: ci ospitava ogni settimana presso il suo studio professionale, e assieme, assiduamente, si cominciò a riorganizzare l’associazione. Così diventammo amici. All’assemblea dell’anno successivo eravamo presenti già più di cinquanta soci.
Poi la modestia.
Pur essendo uomo e professionista affermato, non aveva nulla di scostante, era semplice, affabile e soprattutto Amico.
Infine l’onestà.
Da tutti unanimemente attestata, adamantina, che costituiva una certezza incrollabile per le Sue perizie medico-legali. Per questo è stato ucciso, ma chi ne ha decretato la fine non sapeva che avrebbe privato gli ammalati negli Ospedali e l’AVIS di una persona capace, che operava per una maggiore disponibilità di sangue per tutti, e per una più qualificata presenza del Centro Trasfusionale all’interno del Policlinico.
53 anni, Medaglia d’Oro AVIS con 56 donazioni (l’ultima una settimana prima dell’assassinio), aveva coinvolto alla donazione la moglie e la figlia Milly, la maggiore di quattro. Come non ricordare la gioia e la commozione quando aveva voluto Lui stesso, nella qualità di Presidente Regionale, consegnarle la medaglia di bronzo.
Presidente della Comunale fino a quando, nel 1981, non fu designato all’unanimità a dirigere l’AVIS in Sicilia. Sotto la Sua presidenza era stata formulata dal Consiglio Direttivo una proposta di piano sangue che era già stata diffusa, e costituiva una base proficua di discussione. Altre iniziative erano state ideate per rilanciare l’AVIS – e le altre associazioni di donatori in Sicilia – conferendole maggiore consapevolezza del ruolo da svolgere nel moderno Servizio Sanitario.
Ricoprivo la carica di Presidente dell’AVIS Comunale di Palermo e quell’11 agosto ricevetti una telefonata che mi informava dell’orribile fatto: fui tra i primi ad arrivare al Policlinico, riuscendo a vederlo, per l’ultima volta.
Articolo del 17 Maggio 2011 dal Blog di Luca Rinaldi
Quando una vittima di mafia non è più vittima di mafia. Il caso Giaccone e il vitalizio sospeso alla figlia
di Luca Rinaldi
Paolo Giaccone era medico, direttore dell’Istituto di Medicina Legale del Policlinico Universitario di Palermo. E’ stato ucciso da Cosa Nostra per non aver accettato di falsificare una perizia che avrebbe incastrato un killer della mafia. Ieri l’Inpdap e la prefettura di Palermo hanno comunicato alla figlia Milly la sospensione del vitalizio per i parenti delle vittime della criminalità organizzata e del terrorismo mafioso, perchè il padre non sarebbe vittima del ‘terrorismo mafioso’
“Nel giorno del ventottesimo anniversario della morte del professor Paolo Giaccone, Direttore dell’Istituto di Medicina Legale del Policlinico Universitario di Palermo, barbaramente ucciso per mano mafiosa l’11 agosto 1982, desidero ricordarne il sacrificio e rinnovarne la memoria. La sua vita è stata per chiunque l’abbia conosciuto esempio di civiltà, rettitudine e integrità morale. All’amore per la verità, al rispetto per l’etica professionale e al rifiuto della corruzione e delle intimidazioni, Paolo Giaccone ha offerto il sacrificio estremo. Oggi noi tutti abbiamo il dovere di ricordare il Suo eroismo quotidiano e silenzioso, la sua passione civile, dote semplice e rara, e nel farlo, prendere coscienza di quale forza straordinaria, quasi rivoluzionaria, possa avere semplicemente compiere il proprio dovere”.
Era l’11 agosto del 2010. Poco meno di un anno fa, e il Presidente del Senato Renato Schifani rendeva omaggio al professor Paolo Giaccone, che per lo stato era una vittima di mafia e del terrorismo mafioso. Medico legale ucciso per non essersi piegato a falsificare una perizia che avrebbe scagionato un killer di Cosa Nostra. Così l’11 agosto 1982 Cosa Nostra decide di eliminarlo tra i viali del Policlinico di Palermo oggi a lui intitolato. La sua determinazione nel rifiutare di falsificare la perizia per far incriminare quel killer che aveva fatto fuori quattro persone a Bagheria nel dicembre del 1981 gli costò la vita a solo 53 anni. Giaccone dirigeva l’istituto di medicina legale del Policlinico di Palermo.
Lasciava la moglie e una figlia, Milly, che diventerà medico a sua volta e poi, nel 1989, dirigente medico dell’azienda “Ospedali Riuniti e Cervello e Villa Sofia”. Nel maggio 2010 dall’ufficio del personale dell’azienda le fanno sapere che ha diritto al collocamento a riposo per limiti di servizio grazie alla legge che tutela le vittime della mafia. Nel gennaio 2011 la Prefettura con regolare delibera approva la richiesta della Giaccone e riconosce alla figlia del medico ucciso da Cosa Nostra il vitalizio in quanto familiare di ‘vittima della criminalità organizzata e del terrorismo mafioso’.
Ma a quasi 28 anni di distanza dall’omicidio Giaccone qualcosa è cambiato, nonostante la morte del medico legale sia sempre la stessa. Paolo Giaccone “non rientra nella categoria delle vittime di “terrorismo mafioso e criminalità organizzata””. Lo fa sapere l’Inpdap alla figlia Milly che avrà conferma anche dal viceprefetto Maria Pedone della prefettura di Palermo, che, “senza grandi spiegazioni – dice Milly Giaccone – mi ha confermato che mio padre non rientra fra le “vittime del terrorismo mafioso”” e per questo lei non può essere considerata familiare di vittima di mafia.
Eppure Giaccone, che non aveva accettato di “ammorbidirsi” alle richieste di Cosa Nostra, fu assassinato proprio per mano di Cosa Nostra. Per questo delitto sono stati condannati Filippo Marchese, come mandante, e Salvatore Rotolo come esecutore. Nel 1995 la corte d’appello ha condannato dieci componenti della cupola mafiosa per lo stesso omicidio.
Una storia su cui la Prefettura e l’ente pensionistico Inpdap sono chiamati a fare luce al più presto, prima di tutto per rispetto verso la figura di un uomo coraggioso come è stato il professor Paolo Giaccone, che sembra essere diventato una ‘vittima di serie B’ per via di una burocrazia troppo spesso cieca.
Appresa la notizia Il parlamentare regionale del Pdl Salvino Caputo, che ha reso nota la vicenda, ha presentato un’ interrogazione parlamentare al Governo della Regione e ha chiesto l’intervento del ministro dell’Interno Roberto Maroni
Articolo dell’11 Agosto 2011 da malitalia.it
Per lo Stato mio padre non è vittima di mafia
di Antonella Folgheretti
“Certo che si tratta di un lutto. Un lutto plurimo, che si è ripetuto. E continua a ripetersi ogni volta che ci penso”. Milly Giaccone è la figlia del professore Paolo Giaccone, medico legale ucciso a Palermo dalla mafia l’11 agosto del 1982 perchè non si era piegato a falsificare una perizia che avrebbe scagionato un killer legato a Cosa nostra. Paolo Giaccone era uno dei più grandi esperti di medicina legale. Divideva il suo impegno tra l’istituto di Medicina legale (che dirigeva) e le consulenze per il Palazzo di giustizia. Aveva ricevuto l’incarico di esaminare un’impronta digitale lasciata dai killer che nel dicembre 1981 avevano scatenato una sparatoria tra le vie di Bagheria con quattro morti come risultato. L’impronta era di un killer della cosca di Corso dei Mille ed era l’unica prova che poteva incastrare gli assassini. Il professore Giaccone rifiutò ogni ‘pressione’: venne ucciso.
Oggi ad essere vittima, ma della devastante burocrazia, quel ‘buco nero’ che inghiotte umanità e scarta le emozioni, è la figlia. A Milly, dirigente medico dell’azienda ospedaliera ‘Ospedali riuniti Villa Sofia-Cervello’, a Palermo, a maggio dello scorso fu detto che aveva diritto al collocamento a riposo per limiti di servizio (è stata assunta il 3 novembre del 1989) grazie alla legge che tutela le vittime della mafia. Il 28 marzo 2011 il viceprefetto Maria Pedone della Prefettura di Palermo certifica, su richiesta dell’ente, che Milly è “familiare di ‘vittima della criminalità organizzata’”: l’azienda ospedaliera la manda in pensione lo scorso primo aprile. Ieri, però, Milly Giaccone ha una sorpresa: riceve una comunicazione dall’Inpdap che le revoca il vitalizio. La causa? Paolo Giaccone non rientra, a dire dell’istituto, non rientra nella categoria delle vittime di “terrorismo mafioso e criminalità organizzata”.
“Ma Paolo Giaccone, allora, è vittima di cosa? Forse che esistono vittime della criminalità organizzata di serie A e di serie B? O forse c’è chi pensa che mio padre si è ‘suicidato’ – racconta a Blogsicilia Milly Giaccone – per far sì che i propri figli possano “godere” delle agevolazioni previste per le vittime di mafia? L’abbiamo pagata ogni giorno della nostra vita questa ‘agevolazione’”
Paolo Giaccone è universalmente considerato un martire della legalità. “Ancora oggi non riesco a esprimere liberamente la mia sofferenza, il gravissimo senso di smarrimento, di perdita – ricorda commossa Milly -. In quei giorni, ma anche dopo, c’era chi mi chiedeva di non pensarci. Dovevo esserci anch’io quel mattino, perchè ogni giorno noi due, io e lui, facevamo insieme il tragitto da casa all’ospedale, dove facevamo il nostro lavoro, lui professore ed io studentessa in Medicina. Mi ha salvato la vita un mal di pancia di mia madre. Io, dopo un confronto con mio padre, quel mattino rimasi insieme a lei. E non c’ero, quando l’hanno ammazzato. Oggi dico che se fossi stata con lui mi sarei risparmiata lo strazio dei lunghi anni che sono seguiti. A quei tanti ‘ci vuole pazienza’ sussurrati alle mie spalle da colleghi e superiori in questi anni di lavoro in ospedale. ‘Ci vuole pazienza’ – ricorda Milly, chiamata anche ‘la dottoressa dalla denuncia facile’ – perchè io, che ho sempre voluto fare il medico, per emulare papà, sono sempre stata criticata al minimo errore: ‘certo, uno sta qui a scoppiare, poi arriva lei, e, con una leggina, va avanti’. Proprio a me, alla mia famiglia, che per pudore non abbiamo mai neanche voluto avviare la causa civile per risarcimento danni contro chi ci ha tolto papà”.
E anche alla luce di quello che sta succedendo in queste ore, penso a quanto sia inutile anche quell’intitolazione del Policlinico a papà. Quasi una beffa. Ho sempre cercato di immaginare quello che era accaduto nel vialetto alberato, tra le auto posteggiate fuori dall’ospedale. Papà che cammina piano, guardingo come era ormai abituato a fare, consapevole com’era di avere un destino segnato. Papà colpito da due proiettili a sinistra e, dopo, un altro colpo a destra”.
“Se ancora ci penso mi sento avvolta dal gelo – continua la figlia del professore Giaccone -. Come quello che ho sentito quando la voce scostante e quasi indisponente del viceprefetto Pedone, ieri, mi ha confermato, senza grandi spiegazioni, che mio padre non rientra fra le ‘vittime del terrorismo mafioso’”. (pubblicato su Blogsicilia il 10 agosto 2011)
Paolo Giaccone
Pubblicato il 9 ago 2009
Un ricordo del Prof. Paolo Giaccone nel 27° anniversario della sua morte.
Medico Legale di grande competenza, fu ucciso dalla mafia il giorno 11 Agosto 1982 nel viale antistante l’Istituto di Medicina Legale del Policlinico di Palermo che oggi porta il suo nome. Una serie di foto per conoscerlo meglio e, soprattutto, per NON DIMENTICARLO….. Con amore. Milly (la figlia).
Articolo del 15 Giugno 2012 da palermoreport.it
A Palermo nasce il ”Centro Studi Paolo Giaccone”
Fortemente voluto e finalmente costituito. E’ il ” Centro Studi Paolo Giaccone”.
Nato, in primis per onorare la memoria del professore Paolo Giaccone, il medico legale ucciso per mano mafiosa l’11 agosto del 1982 tra i viali del Policlinico, perché si rifiutò di falsificare una perizia che avrebbe incastrato uno dei killer della strage di Natale, avvenuta nel 1981 a Bagheria, e con l’importante obiettivo di promuovere la cultura della legalità, contrastando quindi il prolificare della “deviazione” mafiosa e di tutte le altre forme di illegalità e il rischio di emarginazione sociale, con iniziative di carattere culturale ma non solo.
I soci fondatori sono i magistrati Nico Gozzo e Fabio Licata, il preside della Facolta’ di Medicina Giacomo De Leo, il giurista Vincenzo Militello, l’antropologo Ignazio Buttitta, il fotografo Bebo Cammarata, il saggista Tommaso Romano, la giornalista Marta Genova, la professoressa Angela Caruso, il medico Elio Bennici, l’avvocato Francesco Bianchini, il direttore della Fondazione Buttitta Luigi Furitano e Milly Giaccone, figlia del professore. Presidente è Luigi Furitano , la carica di Presidente Onorario è stata conferita Prof. Matteo Marrone,Docente Emerito dell’Universita’ di Palermo.
Il Centro Studi Paolo Giaccone intende muoversi attraverso dibattiti, seminari di studi, convegni pubblicazioni, presentazioni e percorsi didattici rivolti a scuole di ogni ordine e grado, all’Università, scuole carcerarie, centri di giustizia anche minorili e servizi sociali connessi e contribuire allo sviluppo della cultura antimafia anche promuovendo analisi e ricerche per diffondere la conoscenza dei fenomeni mafiosi, criminali e di devianza della legalità, in tutte le loro manifestazioni ed è aperto quindi a tutti i cittadini che vorranno partecipare al progetto e alle associazioni che vorranno collaborare.
Fonte: cosavostra.it
Articolo del 6 agosto 2018
Paolo Giaccone. Il medico che non si piegò alla mafia
di Carolina Frati –
È la mattina dell’11 agosto, il calendario è quello del 1982. Tre sicari si sono appostati tra i viali alberati all’ingresso del Policlinico di Palermo, aspettando la loro vittima: il medico legale Paolo Giaccone. Succede tutto improvvisamente: il professor Giaccone viene ucciso dal fuoco incrociato di proiettili esplosi mirando alla sua testa mentre si stava recando al lavoro all’Istituto di medicina legale di cui era primario.
Il medico era tra i professionisti più esperti e ispirati nel suo campo e la sua profonda competenza nell’ambito delle tecniche della medicina legale lo aveva portato spesso a collaborare con il palazzo di giustizia siciliano come consulente.
Nei mesi precedenti al suo assassinio, infatti, tra i vari casi aveva trattato anche l’indagine sulle impronte digitali rinvenute dopo la strage di Bagheria, avvenuta il 25 dicembre 1981 su mandato dei corleonesi.
L’intenzione di questi ultimi era affermare il proprio controllo del territorio e per far questo decisero di impiegare un commando composto da tre auto per il paese che, sparando all’impazzata, avrebbe lasciato una sanguinosa scia di quattro vittime.
Grazie al suo lavoro, il medico forense era riuscito a risalire all’identità di chi aveva lasciato quelle impronte, ovvero Giuseppe Marchese, nipote di Filippo Marchese, boss mafioso a capo della famiglia di Corso dei Mille, quartiere di Palermo.
L’impronta digitale analizzata dal professor Giaccone era l’unica prova schiacciante che avrebbe condotto agli autori della strage del Natale precedente e Cosa Nostra era ben decisa a compiere qualsiasi mossa pur di evitare che si arrivasse alla verità.
Paolo Giaccone inizia a ricevere pressioni e la richiesta è una, chiara e semplice: falsificare i risultati dell’esame, evitando così di svelare l’identità dell’assassino.
Il periodo in cui questa vicenda ha avuto luogo era già carico e ricco di tensione. L’inizio degli anni Ottanta era stato caratterizzato da una nuova ondata di omicidi e violenze, e non passava inosservata la connivenza tra istituzioni e criminalità: in questo clima, Paolo Giaccone prende una decisione da uomo libero, da professionista, da medico che ha pronunciato il giuramento di Ippocrate, e declina la richiesta di insabbiare il proprio lavoro nonostante le numerose minacce.
Questa scelta di correttezza verso il proprio lavoro e di fedeltà alla propria etica è stato ciò che ha decretato la sua condanna a morte.
In una situazione normale il professor Giaccone avrebbe semplicemente adempiuto al proprio dovere, ma quella che è una scelta ordinaria in molte circostanze, nella sua vita si è rivelata essere la scelta eroica di non farsi calpestare dalla corruzione e dalla criminalità e di rispettare i propri valori e l’importanza del proprio ruolo.
La storia di Paolo insegna come le scelte di ogni singolo essere umano che decida di fare della legalità e dell’onestà le proprie regole di vita possano essere vero e indispensabile strumento per combattere il malcostume, la corruzione e anche la criminalità.
Non è necessario essere in particolari posizioni di potere per combattere contro l’illegalità. Chiunque è chiamato, da normale cittadino, attraverso l’adempimento del proprio ordinario dovere, a opporsi all’illegalità in generale, soprattutto sapendo che ci sono stati uomini che da “eroi borghesi” pur di tenere fede ai propri principi di etica hanno perso non solo la loro libertà ma la loro vita.
Paolo Giaccone è, senza dubbio, uno di questi.
Fonte: antimafiaduemila.com
Articolo del 11 Agosto 2019
Si chiamava Paolo Giaccone ed è stato ucciso dalla mafia l’11 agosto 1982
di Roberto Greco
Anche il quel caldo mercoledì d’agosto, non tutta la città ha abbandonato l’asfalto per la sabbia e l’acqua del mare. È l’11 agosto 1982. Paolo Giaccone, come al solito, si reca al lavoro. Raggiunge il Policlinico di Palermo e parcheggia la sua auto. Non si accorge che, tra i viali alberati del parcheggio, ci sono due uomini in attesa e una Fiat 126, con a bordo un altro uomo, poco più in là. Paolo Giaccone, all’improvviso, viene colpito da cinque colpi sparati da Berretta 92 Parabellum. Paolo Giaccone cade a terra colpito a morte mentre i due killer si danno alla fuga a bordo di una motocicletta. Ma chi è Paolo Giaccone e chi ha voluto la sua morte?
Paolo Giaccone nacque a Palermo il 21 marzo 1929 da Antonio e da Camilla Rizzuti. Il padre era medico, primario di ostetricia e ginecologia all’ospedale di Palermo; anche il nonno e il bisnonno erano stati medici: il primo medico condotto e ufficiale sanitario a Bisacquino, il secondo a Caltabellotta. Frequentò l’Istituto Gonzaga dalla prima elementare fino alla maturità classica, mostrando spiccati interessi per le materie scientifiche, ma eccellendo anche in quelle umanistiche. Conosceva e padroneggiava altresì l’inglese, il francese e il tedesco. L’attività educativa dei padri gesuiti che guidò e accompagnò la sua formazione culturale ed umana al Gonzaga, durante i 13 anni degli studi, ha sicuramente promosso ed esaltato i sentimenti, insiti nel giovane Paolo, di bontà, solidarietà umana e sociale, altruismo e generosità. Ebbe numerosi e vari interessi: praticò la scherma, amava dipingere e fare specialmente caricature, soprattutto dei suoi compagni di classe, scriveva anche poesie. La più grande passione fu, però, la musica, che studiò, per cinque anni, al Conservatorio Bellini di Palermo. Si interessò anche di filatelia e di ornitologia. Conseguì la maturità classica nel 1947 e si iscrisse alla facoltà di medicina dell’Università di Palermo. Dal terzo anno in poi frequentò l’Istituto di Medicina legale, diretto dal famoso professore Ideale Del Carpio. Dopo sei anni, nel 1953, si laureò con il massimo dei voti e la lode, con una tesi in ematologia forense, la disciplina che tanto lo appassionò e coinvolse. Subito dopo la laurea, si recò a Parigi, dove frequentò importanti laboratori scientifici. Sposò Rosetta Prestinicola, dalla quale ebbe 4 figli: Camilla, Antonino, Amalia e Paola, ai quali era legatissimo e che amava teneramente. Insieme al professore Del Carpio, fu ideatore e fondatore del centro trasfusionale dell’Avis, l’associazione dei donatori volontari di sangue. Il professionista La sua carriera accademica si svolse nell’ambito della medicina legale, dove rivelò straordinaria competenza, rigore scientifico e altissima professionalità. Fu incaricato di antropologia criminale, titolare di medicina legale a Giurisprudenza, professore di ruolo di medicina legale nella facoltà di Medicina dell’ateneo palermitano. Si interessò di balistica, tossicologia ed ematologia forense, criminologia, tanatologia, analisi dei “guanti di paraffina”. Per tali competenze, fu per numerosissimi anni consulente della magistratura e delle istituzioni dello Stato. Gli furono affidate le perizie e le autopsie su personaggi illustri, uccisi dalla criminalità organizzata mafiosa, come il presidente della Regione siciliana Piersanti Mattarella, l’onorevole Michele Reina, il colonnello dei carabinieri Giuseppe Russo, il capitano Emanuele Basile, il procuratore Gaetano Costa, il giudice Cesare Terranova, il maresciallo Lenin Mancuso, il giornalista Mario Francese.
Per capire i motivi del suo omicidio, bisogna tornare a qualche mese prima, allo scontro a fuoco che avvenne a Bagheria, in provincia di Palermo, il 25 dicembre del 1981. È il periodo dei regolamenti di conto per l’accesso alla città da parte dei Corleonesi e dei suoi “nuovi” alleati. Quel giorno, un commando guidato da Giuseppe Marchese, nipote del boss di Corso dei Mille Filippo Marchese, attacca un’auto sulla quale viaggiavano mafiosi della cosca antagonista. Nella feroce sparatoria muoiono, oltre a due dei tre mafiosi, anche una passante, Valvola Onofrio. La Fiat 128 utilizzata dai killer per compiere l’agguato fu rinvenuta durante le indagini che seguirono lo scontro a fuoco. Le indagini relative alla identificazione di un’impronta digitale rinvenuta all’interno dell’auto, furono affidate al Prof. Paolo Giaccone, medico legale, docente dell’Università di Palermo. Era professore ordinario di Medicina legale presso la Facoltà di Medicina e insegnava Antropologia criminale alla Facoltà di Giurisprudenza. Da quel momento, Paolo Giaccone iniziò a ricevere, anche da parte dell’avvocato del Marchese, numerose pressioni e minacce per indurlo a modificare le conclusioni della sua perizia dattiloscopia. Il medico si oppose ai continui inviti e la perizia consentì di condannare il killer al carcere a vita. Sulla base delle prime indagini veniva indicato, come responsabile dell’omicidio del Prof. Giaccone, Filippo Marchese ma ciò, si ritenne un’ipotesi estremamente riduttiva, dato che per l’omicidio di una personalità così importante non poteva non essersi mossa l’intera “Commissione”. A seguito delle dichiarazioni del pentito Vincenzo Sinagra, che rivelò i dettagli del delitto, Salvatore Rotolo venne condannato all’ergastolo al maxi-processo.
Leggere anche:
palermotoday.it
Articolo del 11 agosto 2021
Giaccone ucciso 39 anni fa: “Il suo no ai boss emblema di legalità da studiare a scuola”
di Sandra Figliuolo
La riflessione di Pippo Giordano, il poliziotto che catturò il killer del medico legale, assassinato tra i viali del Policlinico l’11 agosto 1982: “Si rifiutò di falsificare una perizia come richiesto da Cosa nostra e il suo gesto è un esempio di altissimo valore morale che i giovani non conoscono abbastanza”.