7 Luglio 1992 Molfetta (BA). Ucciso Giovanni (Gianni) Carnicella, sindaco della città.

Foto da  quindici-molfetta.it

Il 7 Luglio del 1992 a Molfetta veniva ucciso il sindaco Giovanni (Gianni) Carnicella da un “organizzatore di pubblici spettacoli”, tale Cristoforo Brattoli che, reo confesso, fu condannato a 24 anni di carcere.
Motivo ufficiale dell’omicidio, scaturito dal dibattimento processuale, fu la mancata concessione dell’autorizzazione comunale all’organizzazione di un concerto del cantante napoletano Nino D’Angelo.
Ma le persone che conoscevano il Sindaco Carnicella, i stessi familiari, sono stati sempre convinti che le motivazioni erano ben altre.
Il Sindaco Carnicella aveva portato correttezza, rispetto della legalità e trasparenza nell’amministrazione del Comune, e questo, nel paese, non era gradito da molti.

 

 

 

Fonte: Movimento “Liberatorio Politico” Molfetta
Articolo del 7 Luglio 2007
Gianni Carnicella, vittima di mafia?
Sono trascorsi 15 anni da quel 7 luglio 1992, quando alle 14.30 circa, Gianni Carnicella, Sindaco della Città di Molfetta, veniva raggiunto da un colpo di fucile a canne mozze ad opera di Brattoli Cristoforo.

Purtroppo, di quel grave fatto di sangue e di tutto ciò che accadde dopo, è rimasto ben poco nella memoria dei cittadini molfettesi.
Alle nuove generazioni qualcuno racconta cosa è accaduto in quegli anni? Quanti di voi hanno letto gli atti processuali dell’omicidio? Quanti di voi conoscono i protagonisti del processo? Pochi, molto pochi. È triste accettare questo dato di fatto, ma l’omicidio Carnicella è stato dimenticato dalla città e soprattutto da quella parte politica direttamente coinvolta perché faceva comodo, e non solo allora, pensare all’azione del Brattoli come un gesto sconsiderato e isolato di chi doveva difendere il proprio prestigio ed onore personale.

Oggi l’assassino è un uomo libero; grazie alle alchimie del sistema giudiziario italiano è ritornato a passeggiare nei corridoi del palazzo di città, laddove lo avevamo lasciato quella mattina del 7 luglio 1992, a chiedere ciò che allora gli era concesso come “uomo di fiducia” del comune. Certo! È proprio così, lui è ancora lì mentre, il Sindaco Carnicella è stato dimenticato dal Palazzo.
I sindaci che gli sono succeduti si sono limitati a ricordarlo attraverso fredde e rituali cerimonie d’occasione senza riflettere abbastanza sul messaggio che non hanno saputo cogliere da quel 7 luglio.
L’omicidio Carnicella, per uno strano destino, fu consumato in quell’estate del ’92 tra la strage di Capaci e quella di via d’Amelio. Da allora il giudice Giancarlo Caselli, ci ricorda che: “Se essi sono morti è perché noi tutti non siamo stati vivi, non abbiamo vigilato, non ci siamo scandalizzati dell’ingiustizia; non lo abbiamo fatto, non lo abbiamo fatto abbastanza, nella professione, nella vita civile, in quella politica, religiosa…”.
Quelle parole valevano per Falcone e Borsellino, ma valgono e pesano come macigni anche per noi molfettesi.
Anche le parole del Pubblico Ministero durante il processo oggi dovrebbero farci riflettere: ”La celebrazione del dibattimento ha suffragato il convincimento che il Sindaco Carnicella fosse troppo solo in quel Palazzo e che la solitudine sia stata sua fedele ed unica compagna fino al momento estremo della morte”.
All’origine del grave fatto di sangue vi fu l’organizzazione di un concerto del cantante napoletano Nino D’Angelo e che tale ultima iniziativa, a sua volta, scaturì da una scommessa intervenuta tra lo stesso Brattoli ed alcuni esponenti di quel mondo variegato (e spesso ai margini della legalità) che in Molfetta andava comunemente sotto il nome di “Piazza Paradiso”.
L’imputato era titolare di un’avviata azienda denominata “Trasporti e Servizi Palcoscenici Centro Sud”, attrezzata per l’allestimento di palcoscenici per pubblici spettacoli.
L’idea del concerto nasce in una festa privata di tale Fiore Alfredo (esponente di spicco della criminalità locale COLPITO DA PROVVEDIMENTO ANTIMAFIA DI CUI ALLA COMUNICAZIONE DELLA PREFETTURA DI BARI N. 1100/12B1 DEL 14/6/95) ed altri convenuti che nell’occasione avevano posto in dubbio le capacità organizzative del Brattoli, sfidandolo a portare a Molfetta, il cantante Nino D’Angelo.
Per l’organizzazione di tale concerto era stata costituita una società di fatto tra dieci persone, ne facevano parte oltre che alcuni esponenti della “variegata realtà di Piazza Paradiso” anche un esponente politico della Democrazia Cristiana, tale Saverio Petruzzella (subentrato come consigliere comunale al defunto Sindaco Carnicella in quanto primo dei non eletti nella lista della D.C.)
Nel dibattimento l’imputato aveva confermato l’esistenza della società, di cui facevano parte due suoi fratelli e un tale Nino Spezzacatena, De Robertis Paolo, Fiore Alfredo, Racanati Tommaso, Magarelli Damiano, Fiore Cosimo e Petruzzella Saverio.
La macchina organizzativa parte con la stipula del contratto per la prestazione artistica il 15/6/92, tra il Brattoli e l’impresario del cantante. Il concerto doveva tenersi nel campo sportivo del locale Seminario Regionale in data 18/7/1992. I problemi cominciano quando la Curia Vescovile richiama il reggente del Seminario affinchè fosse annullato il concerto. Il responsabile del seminario, don Sergio Vitulano, è costretto dai propri superiori a far “saltare” il concerto e si rivolge al Sindaco Carnicella implorando il suo intervento affinchè lo aiutasse a tirarsi fuori dal ” brutto guaio ” in cui si era cacciato.
In particolare don Sergio Vitulano, voleva che il Sindaco non autorizzasse il concerto in modo da non essere lui ad opporre un rifiuto al Brattoli.
Nel contempo il Comandante della locale Stazione dei Carabinieri, M.llo Vito Lovino, con nota del 23/6/92, indirizzata alla Questura e al Sindaco, esprimeva parere nettamente contrario al concerto per ragioni di inidoneità del luogo prescelto (situato in pieno centro cittadino) e per motivi di ordine pubblico (prevedendosi l’afflusso di malavitosi anche dai paesi limitrofi, potendo l’evento costituire occasione di pericolosi contatti tra le diverse organizzazioni criminali).
Il Brattoli cerca altre soluzioni per svolgere il concerto, e chiede informalmente al Sindaco, per il tramite di altre conoscenze, di utilizzare un altro campo sportivo cittadino o quello della vicina città di Giovinazzo. Tenta anche la strada della Prefettura; si reca personalmente con un impiegato del Comune di Molfetta e, con un biglietto di “presentazione” del Sen. De Cosmo, tenta di ottenere l’uso della struttura comunale “Campo Perone” che non aveva ancora l’agibilità.
Nella mattinata del 7/7/92 di ritorno dalla Prefettura, con esito negativo, tenta ancora di coinvolgere don Vitulano per intercedere presso il Sindaco Carnicella ed ottenere il campo Paolo Poli di Molfetta. I tentativi si protraggono senza alcun esito per tutta la mattinata fino alle 14.30 quando il Brattoli attende il Sindaco fuori dal Palazzo di Città, preleva dalla sua autovettura un fucile a canne mozze, lo impugna con entrambe le mani, punta il fucile prima verso l’autista del Sindaco, invitandolo ad allontanarsi, poi verso il Sindaco esplodendo un solo colpo a due metri di distanza dalla zona inguinale destra del Dott. Carnicella, che muore qualche ora dopo.
Chi era ed è (dal momento che è già in libertà) Cristoforo Brattoli, assassino del Sindaco Carnicella?
Il Brattoli dopo un periodo giovanile decisamente turbolento e contrassegnato da numerosi precedenti penali (dalla notizia apparsa sulla “Gazzetta del Mezzogiorno”, pagina della cronaca locale, del 13/03/1987. Da questa apprendiamo che il Sig. Cristofaro Brattoli venne arrestato in quei giorni in quanto, nel corso delle indagini condotte dalla locale Compagnia CC sullo scoppio di una bomba carta nelle mani di un giovane, furono trovati e sequestrati nell’abitazione ed in un deposito del Brattoli una pistola “Bernardelli” con matricola abrasa, due caricatori, bombe carta con miccia ed una trentina di fiale di “Valium”), era riuscito a riscattarsi, creando dal nulla un’azienda ben avviata e potendo contare sulla conoscenza ed amicizia di vari esponenti politici locali.
Di tali amicizie il Brattoli ha fatto vanto anche in dibattimento, affermando di aver curato la campagna elettorale di noti esponenti della D.C. locale ed affermando orgogliosamente anche di “essere di casa” nel Comune di Molfetta.
Cristoforo Brattoli non aveva compreso che con il sindaco Carnicella era cambiata l’aria che si respirava in Comune; così il capo Gabinetto Dott. Mezzina avendo in sede processuale riferito di coraggiose iniziative assunte dal dott. Carnicella con riferimento a fenomeni che i precedenti amministratori avevano lasciato marcire.
Con l’avvento del Sindaco Carnicella, quindi, la correttezza dell’azione amministrativa, il rispetto della legalità e la trasparenza avevano soppiantato antiche pratiche di dubbia legittimità.
La nuova atmosfera non era evidentemente gradita al Brattoli (ed a quanti, al pari di questi, del collateralismo avevano fatto la loro fortuna) ed al riguardo non possono tacersi le lontane responsabilità di altri, essendo evidente che l’imputato giammai avrebbe avanzato così assurde pretese se chi ne aveva la possibilità gli avesse a tempo debito chiuso la porta in faccia, anziché piegarsi per meschini tornaconti elettorali.
Queste sono alcune note tratte dalla sentenza del processo del 3 novembre 1993.
Rileggendo oggi gli atti processuali, contestualizzando quello che è accaduto pochi mesi dopo la conclusione del processo (vedi le operazioni antidroga “Primavera” e “Reset” che hanno portato in carcere circa 130 persone legate anche a quel mondo variegato di Piazza Paradiso, le rivelazioni del pentito Salvatore Annacondia, le stesse amare considerazioni che oggi la vedova e i familiari del Sindaco Carnicella esprimono, devono portare alla lucida riconsiderazione dell’esito del processo.
Perché i giudici e gli inquirenti non hanno ritenuto di approfondire alcuni aspetti emersi nel dibattimento, l’interessamento di alcuni politici alla richiesta del Brattoli? Perché non sono stati approfonditi i rapporti tra tutti i protagonisti della “scommessa”, che poi costituiscono una società per organizzare il concerto?
Non è strano che un gruppo di persone lanci la sfida-scommessa al Brattoli per avere la presenza di Nino D’Angelo a Molfetta, mettendo sul tavolo il pagamento di una cena per quaranta persone, in caso di perdita del Brattoli, e poi s’impegna direttamente nell’organizzazione del concerto?
Potrebbe essere più verosimile che quel concerto rappresentava il salto di qualità della criminalità locale che doveva investire e riciclare il danaro proveniente dalle attività illecite di alcuni personaggi coinvolti nell’organizzazione? (Alcuni esponenti della società costituita per l’organizzazione del concerto sono stati condannati sia per associazione a delinquere di stampo mafioso che per spaccio di droga).
Il Brattoli e i politici che lo aiutavano erano forse le carte credenziali per far passare l’operazione come un normale evento artistico, che ha trovato alcuni impedimenti contingenti non previsti? Il concerto doveva farsi ad ogni costo e chi l’avesse impedito doveva pagare ad ogni costo?
Questi interrogativi ed altri, hanno spinto alcuni cittadini e i familiari del Sindaco Carnicella a chiedere all’associazione nazionale LIBERA presieduta da Don Luigi Ciotti, il riconoscimento di Gianni Carnicella come “vittima di mafia”.
Se questo accadesse, il prossimo 21 marzo 2008 a Bari, sede in cui si celebrerà la prossima “Giornata in memoria delle vittime di mafia”, anche il nome di Carnicella sarà inserito nel lungo elenco di cittadini uccisi direttamente o indirettamente dalle mafie, e per noi cittadini non sarà solo una giornate della memoria, ma l’inizio di un nuovo impegno civile.

 

 

Foto da: ilfatto.net

Articolo del 6 Luglio 2010 da ilfatto.net MOLFETTA. “Così morì Gianni Carnicella”

Molfetta- “Sono trascorsi ben 18 anni dall´omicidio del Sindaco Carnicella e con grande rammarico dobbiamo affermare che il tempo si è fermato; mai questa città aveva raggiunto un tale livello di degrado civile dagli anni bui della sua storia e cioè dagli anni ´90”. Comincia così la nota stampa diffusa da Matteo d’Ingeo del movimento Liberatorio Politico.

“Ci permetta -prosegue la nota- il Sindaco Senatore Presidente Azzollini, di smentirlo ancora una volta circa le sue dichiarazioni pronunciate l´anno scorso durante la commemorazione del compianto Sindaco Carnicella. Con incredibile ipocrisia Azzollini aveva affermato che il miglior modo per ricordare il Sindaco, brutalmente ammazzato, era quello che la sua amministrazione stava facendo quotidianamente in continuità con l´operato di Carnicella all´insegna della legalità, etica cristiana ed etica pubblica. Purtroppo i fatti contingenti ci danno ragione e smentiscono Azzollini, la città è allo sbando e le regole le dettano gli “abusivi” di ogni genere e non i regolamenti e le leggi dello Stato, e la città si sta trasformando in quel sogno di Azzollini che sembra avverarsi, un grande porto franco”.

“Rileggendo, ancora oggi, gli atti processuali, contestualizzando quello che è accaduto pochi mesi dopo la conclusione del processo (vedi le operazioni antidroga “Primavera” e “Reset” che hanno portato in carcere circa 130 persone legate anche a quel “mondo variegato di Piazza Paradiso”), le rivelazioni del pentito Salvatore Annacondia, le stesse amare considerazioni che oggi la vedova e i familiari del Sindaco Carnicella esprimono, devono portare alla lucida riconsiderazione dell’esito del processo”.

“L’omicidio Carnicella -dice d’Ingeo- è stato dimenticato dalla città e da quella parte politica direttamente coinvolta perché faceva comodo pensare all’azione del Brattoli come un gesto sconsiderato e isolato di chi doveva difendere il proprio prestigio ed onore personale. Perché i giudici e gli inquirenti non hanno ritenuto di approfondire alcuni aspetti emersi nel dibattimento; per esempio l’interessamento di alcuni politici alla richiesta del Brattoli? Perché non sono stati approfonditi i rapporti tra tutti i protagonisti della “scommessa”, che poi costituiscono una società per organizzare il concerto? Non è strano che un gruppo di persone lanci la sfida-scommessa al Brattoli per avere la presenza di Nino D’Angelo a Molfetta, mettendo sul tavolo il pagamento di una cena per quaranta persone, in caso di perdita del Brattoli, e poi s’impegna direttamente nell’organizzazione del concerto?”.

“Potrebbe essere più verosimile che quel concerto rappresentava il salto di qualità della criminalità locale che doveva investire e riciclare il danaro proveniente dalle attività illecite di alcuni personaggi coinvolti nell’organizzazione? (alcuni esponenti della società costituita per l´organizzazione del concerto sono stati condannati sia per associazione a delinquere, che per spaccio di droga). Il Brattoli e i politici che lo aiutavano erano forse le carte credenziali per far passare l’operazione come un normale evento artistico, che ha trovato alcuni impedimenti contingenti non previsti? Il concerto doveva farsi ad ogni costo e chi l’avesse impedito doveva pagare ad ogni costo”.

“Pertanto riteniamo doveroso ricordare, all´amministrazione comunale e ai cittadini, la storia dell´omicidio Carnicella conosciuta da pochi e che sarà arricchita con nuovi elementi di riflessione e aggiornamenti durante la conferenza “Molfetta e la Memoria” che si terrà stasera alle 18.30 presso Palazzo Giovene”.

La storia e la memoria

Verso le ore 14,30 del 7/7/92 il dott. Giovanni Carnicella, sindaco della città di Molfetta, veniva ferito da un colpo d´arma da fuoco nella regione inguinale destra. Il grave fatto di sangue si verificava nelle immediate adiacenze della sede del Comune di Molfetta e più esattamente, come riferito dai testi oculari e come appurato in sede di sopralluogo, dinanzi alla scalinata della chiesa di S. Berardino.

All’origine del grave fatto di sangue vi fu l’organizzazione di un concerto del cantante napoletano Nino D’Angelo e tale ultima iniziativa, a sua volta, scaturì da una scommessa intervenuta tra l´assassino, Cristoforo Brattoli, ed alcuni esponenti di quel mondo variegato che in Molfetta andava comunemente sotto il nome di ” Piazza Paradiso”.

L’imputato era titolare di un’avviata azienda denominata “Trasporti e Servizi Palcoscenici Centro Sud”, attrezzata per l’allestimento di palcoscenici per pubblici spettacoli. L’idea del concerto nasce in una festa privata di tale Fiore Alfredo (esponente di spicco della criminalità locale COLPITO DA PROVVEDIMENTO ANTIMAFIA DI CUI ALLA COMUNICAZIONE DELLA PREFETTURA DI BARI N.1100/12B1 DEL 14.6.95.) ed altri convenuti che nell’occasione avevano posto in dubbio le capacità organizzative del Brattoli, sfidandolo a portare a Molfetta, il cantante Nino D’Angelo.

Per l’organizzazione di tale concerto era stata costituita una società di fatto tra dieci persone, ne facevano parte oltre che alcuni esponenti della “variegata realtà di Piazza Paradiso” anche un esponente politico della Democrazia Cristiana, tale Saverio Petruzzella (subentrato come consigliere comunale al defunto Sindaco Carnicella in quanto primo dei non eletti nella lista della D.C.). Nel dibattimento l´imputato aveva confermato l´esistenza della società, di cui facevano parte due suoi fratelli e un tale Nino Spezzacatena, De Robertis Paolo, Fiore Alfredo, Racanati Tommaso, Magarelli Damiano, Fiore Cosimo e Petruzzella Saverio.

Il concerto doveva tenersi nel campo sportivo del locale Seminario Regionale in data 18/7/1992. I problemi cominciano quando la Curia Vescovile richiama il reggente del Seminario affinchè fosse annullato il concerto. Il responsabile del seminario, don Sergio Vitulano, è costretto dai propri superiori a far “saltare” il concerto e si rivolge al Sindaco Carnicella implorando il suo intervento affinché lo aiutasse a tirarsi fuori dal “brutto guaio” in cui si era cacciato. In particolare don Sergio Vitulano, voleva che il Sindaco non autorizzasse il concerto in modo da non essere lui ad opporre un rifiuto al Brattoli.

Nel contempo il Comandante della locale Stazione dei Carabinieri, M.llo Vito Lovino, con una nota indirizzata alla Questura e al Sindaco, esprimeva parere nettamente contrario al concerto per ragioni di inidoneità del luogo prescelto (situato in pieno centro cittadino) e per motivi di ordine pubblico (prevedendosi l’afflusso di malavitosi anche dai paesi limitrofi, potendo l’evento costituire occasione di pericolosi contatti tra le diverse organizzazioni criminali).

Il Brattoli cerca altre soluzioni per svolgere il concerto, e chiede informalmente al Sindaco, per il tramite di altre conoscenze, di utilizzare un altro campo sportivo cittadino o quello della vicina città di Giovinazzo. Tenta anche la strada della Prefettura; si reca personalmente con un impiegato del Comune di Molfetta e, con un biglietto di “presentazione” del Sen. De Cosmo, tenta di ottenere l’uso della struttura comunale “Campo Petrone” che non aveva ancora l’agibilità. Brattoli poteva contare sulla conoscenza ed amicizia di vari esponenti politici locali, e di tali amicizie ha fatto vanto anche in dibattimento, affermando di aver curato la campagna elettorale di noti esponenti della D.C. locale ed affermando orgogliosamente anche di “essere di casa” nel Comune di Molfetta.

“Cristoforo Brattoli non aveva compreso che con il sindaco Carnicella era cambiata l’aria che si respirava in Comune” – così, il capo Gabinetto Dott. Mezzina, ricordava l´operato del sindaco Carnicella e, in sede processuale, riferiva anche di coraggiose iniziative assunte dal dott. Carnicella, con riferimento a fenomeni che i precedenti amministratori avevano lasciato marcire. Con l’avvento del Sindaco Carnicella, quindi, la correttezza dell’azione amministrativa, il rispetto della legalità e la trasparenza avevano soppiantato antiche pratiche di dubbia legittimità.

La nuova atmosfera non era evidentemente gradita al Brattoli (ed a quanti, al pari di questi, del collateralismo avevano fatto la loro fortuna) ed al riguardo non possono tacersi le lontane responsabilità di altri, essendo evidente che l’imputato giammai avrebbe avanzato così assurde pretese se chi ne aveva la possibilità gli avesse a tempo debito chiuso la porta in faccia, anziché piegarsi per meschini tornaconti elettorali.

La celebrazione del dibattimento ha suffragato il convincimento che il Sindaco Carnicella fosse troppo solo in quel Palazzo e che la solitudine sia stata sua fedele ed unica compagna fino al momento estremo della morte. Nella stessa mattinata del 7 luglio di ritorno dalla Prefettura, con esito negativo, Brattoli tenta ancora di coinvolgere don Vitulano per intercedere presso il Sindaco Carnicella ed ottenere il campo Paolo Poli di Molfetta. I tentativi si protraggono senza alcun esito per tutta la mattinata e nel primo pomeriggio si reca ancora presso il palazzo di città: “Voglio parlare con il sindaco”, ha chiesto Cristoforo Brattoli all’usciere del municipio, Vincenzo Petruzzella.

“E´ occupato”, gli è stato risposto. “Bene, lo aspetto giù”. Giù, in via Tattoli, Cristoforo Brattoli, ha atteso il sindaco fino alle 14.30 circa; preleva dalla sua autovettura un fucile a canne mozze, caricato a proiettili autoesplodenti, lo impugna con entrambe le mani, punta il fucile prima verso l’autista del Sindaco, invitandolo ad allontanarsi, poi verso il Sindaco esplodendo un solo colpo a due metri di distanza dalla zona inguinale destra del Dott. Carnicella. La strada era deserta, poco distante c’era l’auto del sindaco e il suo autista, il vigile urbano Michele Fumarola. Brattoli non gli ha dato il tempo di reagire e di soccorrerlo. Ha puntato l’arma alla tempia del vigile e ha urlato: “Sta fermo, non soccorrerlo, deve morire dissanguato!”. Lunghi, interminabili secondi con il sindaco a terra in una pozza di sangue e Brattoli che minacciava di morte il vigile. Poi, la fuga del Brattoli. Il sindaco viene trasportato in ospedale, già in fin di vita. A nulla è valso il lungo intervento chirurgico al quale era stato sottoposto. Giovanni Carnicella è morto alle 22.45 del 7 luglio 1992.

Il Brattoli, che subito dopo il delitto si era dato alla fuga, si costituiva spontaneamente alle ore 17,30 dell´8/7/92, consegnandosi agli agenti presso il Commissariato P.S. di Canosa di Puglia. Nell´immediatezza del fatto venivano eseguite perquisizioni locali nell´abitazione e nell´ufficio del Brattoli ed in quest´ultimo luogo veniva sequestrato materiale attinente ad un concerto del cantante Nino D´Angelo, la cui organizzazione – come lo sviluppo delle indagini avrebbe poi evidenziato – era all´origine del grave fatto delittuoso qui esaminato. Analogo materiale veniva rinvenuto e sequestrato nell´ufficio di tale Saverio Petruzzella, che dal Brattoli era stato incaricato di curare gli aspetti pubblicitari del menzionato concerto.

Alle ore 18,30 del 7/7/92 gli inquirenti rinvenivano e sequestravano in Fosso San Carlo, a breve distanza dall´ufficio dell´imputato, l´autovettura OPEL ASCONA tg. BA/830885, alla cui guida il predetto si era allontanato subito dopo la commissione del delitto. Verso le ore 05.00/06.00 del 9/7/92 nell´abitazione dell´Agente scelto
Rotondella Donato, in servizio presso il Compartimento Polizia Postale di Bari e lontano parente dell´imputato, perveniva una telefonata con la quale una persona di sesso maschile, senza qualificarsi, forniva indicazioni in ordine al luogo in cui era stata occultata l´arma adoperata per la consumazione del delitto.

Seguendo le indicazioni così fornite, alle ore 07,00 del 9/7/92 gli agenti della Sezione Omicidi della Questura di Bari rinvenivano e sequestravano in un cantiere edile, sito nella zona di Molfetta denominata “Fosso San Carlo” e posto ad angolo con Vico S. Rocco, un fucile da caccia a canne mozze. Detto fucile, che si presentava smontato in tre parti, era riposto in una busta di plastica di colore bianco recante la scritta “centralimentari CRAI” ed era occultato sotto un cespuglio ivi esistente. Nel corso delle indagini preliminari il Brattoli, interrogato dal GIP, ammetteva di aver cagionato la morte del sindaco Carnicella.

 

 

 

Articolo del 21 Agopsto 2011 da  lagazzettadelmezzogiorno.it 
Omicidio Carincella «A 19 anni dal delitto un pugno nello stomaco»
di Lucrezia D’Ambrosio

MOLFETTA – «Quel manifesto è un pugno nello stomaco». Anna Carnicella, sorella di Gianni Carnicella, il sindaco ucciso a Molfetta il 7 luglio del 1992, non ricorre a giri di parole. Quel manifesto, apparso in queste ore a Molfetta, attraverso il quale Cristofaro Brattoli, l’assassino di suo fratello, si rivolge ad un anonimo interlocutore perché dica tutta la verità su quell’omicidio, per certi versi rappresenta una conferma, per altri riapre una ferita che sanguina.

«Gianni – dice – era il piccolo di casa. Oggi avrebbe avuto sessantadue anni ed era una persona onesta». E poi aggiunge. «Ero già convinta del fatto che nel processo a carico dell’assassino di mio fratello la verità non fosse venuta a galla. Io ero in aula. Quella persona cominciò a parlare e stava andando oltre la versione nota, quella del concerto negato come movente dell’omicidio. Ma il giudice lo fermò perché riteneva che l’imputato fosse troppo nervoso. Sta di fatto che l’udienza fu sospesa e quando il processo è ricominciato quella persona non ricordava più nulla, era rientrato in sé».

E ancora. «Non ho mai creduto alla questione del permesso negato per il concerto. Nessuno tra noi ha mai creduto a questo movente. Ci sono questioni più sporche che ancora non sono venute a galla. La verità è che siamo rimasti soli. Non avrebbero dovuto permettere a questo individuo di continuare a vivere a Molfetta. Mi disturba l’idea che possa avvicinarsi alla tomba di mio fratello, alla fioriera davanti al Comune. Non deve permettersi di farlo. Deve stare lontano. Se potessi fare qualcosa la farei, ma cosa posso fare io se addirittura poi si viene a sapere che a questo individuo hanno concesso autorizzazioni e permessi che neppure ai nostri figli vengono concessi?».

E con quel manifesto Brattoli anticipa anche la pubblicazione di un libro, un memoriale con nomi e cognomi, un documento utile a ricostruire la verità. «Questo manifesto è un ricatto – dice Anna Carnicella –. Questo individuo vuole avere qualche permesso. Questo individuo fa tutto in funzione dei suoi interessi. Adesso vuole ricattare quel qualcuno perché lui continui a tacere. Non credo al fatto che sia pentito e dispiaciuto per quello che ha fatto. Voglio solo che stia lontano da noi, da mio fratello».

E qualcuno in città ha già provveduto a strappare molti di quei manifesti su cui campeggiano frasi che, evidentemente, infistidiscono molti. «Dopo 19 anni – scrive Cristofaro Brattoli – ho avuto il coraggio di fare il primo passo e adesso aspetto che anche tu ed un’altra persona X lo facciate dicendo solo la pura e semplice verità, tutto quello che non è stato detto quel giorno al processo».
Si rivolge ad uno o più interlocutori anonimi Cristofaro Brattoli e aggiunge «sto agendo perché venga alla luce la pura verità, fermo restando la mia piena responsabilità, bisogna chiarire quello che avvenne in quel periodo e tu sai bene tutto ciò che è avvenuto dopo che io ho fatto il primo passo e per la verità dovresti incontrare don (omissis) e il giornalista (omissis) ma ad oggi nulla hai fatto di tutto ciò».

 

Foto da: quindici-molfetta.it

Fonte:  molfettaviva.it 
Articolo del 7 luglio 2017
Una vita contro la criminalità organizzata. Chi era Carnicella
Dopo 25 anni nitido è il ritratto di un uomo libero mosso da grandi passioni civili

Se n’è andato all’età di 43 anni un protagonista della nostra vita pubblica e uno degli ultimi politici di valore. Soprattutto, fino alla fine, un uomo libero che si è speso con la passione civile di un grande laico. Così Giovanni Carnicella, morto il 7 luglio del 1992 sintetizza l’impegno di una vita di un protagonista della nostra storia pubblica che con passione inesausta ha sempre cercato di far valere il punto di vista della legalità nei grandi temi della nostra città.

Difficile inquadrarlo con un’etichetta – lattanziano, politico, sindaco – ma anche complicato incasellarlo dentro uno schieramento: è stato democristiano, ma soprattutto movimentista senza casacca. Politico di valore, uno degli ultimi in questa città sempre più avara di idee. La politica, insieme allo studio, sono una passione divorante. Era stato eletto sindaco dopo l’elezione a senatore del suo predecessore Vincenzo De Cosmo. «Sindaco di Molfetta da poco più di un mese, nonché segretario provinciale barese da un paio di anni della Democrazia Cristiana morì dopo essere stato colpito con un fucile a canne mozze da Cristoforo Brattoli, 35 anni, un impresario al quale il Comune aveva negato il permesso per fare uno spettacolo canoro con Nino D’Angelo per il 18 luglio nel campo sportivo del Seminario Regionale dopo aver già fatto affiggere in città centinaia di manifesti che annunciavano l’arrivo a Molfetta del cantante napoletano». Così esordisce l’articolo de la Repubblica.it che spiega quanto fosse successo il 7 luglio1992 a Molfetta. Una data, questa di 25 anni fa, destinata e rimanere scolpita per sempre nella memoria dei molfettesi.

«Un tipo irascibile Brattoli», scrive la Repubblica.it, tanto da attendere che il sindaco terminasse una riunione di giunta visto che la tanto attesa e auspicata autorizzazione del Primo Cittadino tardava ad arrivare. Un motivo futile per sparare e per uccidere. Una manciata di secondi, non più di un minuto. L’impresario, infatti, dopo uno scambio di battute prelevò dalla sua auto, una Opel Ascona bianca con tanto di scritta dell’agenzia di spettacoli della quale è titolare, “Palcoscenico Centro Sud” un fucile a canne mozze. «Pochi secondi e sparò a bruciapelo un pallettone diretto all’inguine del sindaco provocando una grave emorragia». Carnicella, non riuscì a superare il lungo intervento chirurgico al quale fu sottoposto e durante il quale subì tre arresti cardiocircolatori. Inutili anche le numerose trasfusioni di sangue alle quali il sindaco venne sottoposto. In ospedale, ad aspettare l’esito dell’intervento c’erano il Prefetto, i vertici delle Forze dell’Ordine, l’Onorevole Lattanzio e il Presidente della Regione.

Seppur morto prematuramente, con il suo modo di fare Carnicella aveva subito suscitato ammirazione per alcune sue iniziative rivolte a ripulire la città e lo stesso municipio da presenze legate alla criminalità organizzata tanto da prendere la decisione di licenziare uno dei custodi del cimitero, pregiudicato nonché capo riconosciuto del racket delle estorsioni. A distanza di 25 anni, la sua voce, mai accomodante, così come il suo operato amministrativo mancano ancora oggi.

 

 

 

 

 

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