25 Agosto 2000 Mesoraca (KR). Ucciso Giuseppe Manfreda mentre era in auto con la sua famiglia.
Giuseppe Manfreda
[…] Una vicenda simile si è ripetuta a Mesoraca, in provincia di Crotone, nella tarda serata del 24 agosto 2000. Un commando entra in azione in pieno centro, davanti a numerosi testimoni. Hanno un fucile da guerra e devono uccidere Armando Ferrazzo, un pregiudicato della zona. Lo trovano in piazza, proprio davanti al municipio. L’agguato non riesce, il giovane è solo ferito e se la caverà con poco. Durante la fuga, a qualche chilometro di distanza, un fuoristrada sbarra la strada all’Alfa 33 del commando. Il muratore Giuseppe Manfreda sta tornando a casa, a Petilia Policastro, è con la moglie e i due figli gemelli, di appena due mesi. Una raffica di kalashnikov lo falcia e l’auto finisce in una scarpata. solo per un caso la donna e i due neonati si salvano.
Tratto dal libro Dimenticati – Vittime della ‘ndrangheta di Danilo Chirico e Alessio Magro p. 441
Articolo del 28 Agosto 2000 da ilcrotonese.it
Consiglio a Mesoraca
Foresta: “non molleremo”
Affollata assise comunale dopo l’omicidio di Giuseppe Manfreda
di Franco Mangano
MESORACA – L’aula consiliare del municipio di Mesoraca gremita di gente come non mai per partecipare ai lavori del Consiglio comunale aperto che si è tenuto nella serata di lunedì: è questa la risposta delle gente onesta alla violenza criminale. E di questa reazione ha preso atto il sindaco Armando Foresta che pur ribadendo la forte tentazione di dimettersi ha annunciato che resterà al suo posto perché “mollare in questo momento significherebbe arrendersi alla criminalità.
Chiediamoci dove abbiamo sbagliato – ha affermato il sindaco – per ricominciare”. Un forte appello a rivedere la decisione di dimettersi è stato rivolto a Foresta da tutti gli intervenuti, da consiglieri comunali e provinciali, dai sindaci dei comuni vicini, dal presidente della Provincia; tutti hanno chiamato in causa le responsabilità delle istituzioni, compresa la scuola e la Chiesa.
Il presidente della Provincia Talarico condivide solo in parte l’analisi del procuratore della Repubblica che scorge negli interessi legati al contratto d’area la causa della violenza mafiosa, anche se lo sviluppo economico resta la chiave di volta per contrastare la criminalità.
All’assemblea hanno preso parte anche il vice prefetto Cupido, il capitano dei carabinieri Notari, rappresentanti delle organizzazioni sindacali e poi tanta gente di Mesoraca, il paese colpito nel suo intimo, dissacrato, scempiato. Nei commenti strozzati del giorno dopo ”paura” è il termine più ricorrente. La gente di Mesoraca, da giovedì notte ha paura. Non sarà facile per tutti i ragazzi e le ragazze dimenticare le scene di panico vissute in villetta comunale.
In quel posto poco dopo le 22,30 di giovedì 24 agosto un’autovettura Alfa 33, con a bordo tre persone travisate e armate di kalashnikov, sbuca all’improvviso dal ponte che porta direttamente al centro di Mesoraca, fino a piazza De Grazia, ai giardini pubblici che a a quell’ora sono affollati di persone in cerca di refrigerio per il caldo asfissiante di questi giorni. Sono due i killer che, armati di mitraglietta, puntano verso l’auto di Armando Ferrazzo, una Wolksvagen Golf di colore bianco, e cominciano a sparare. Il giovane pregiudicato si rende immediatamente conto del pericolo e con prontezza di riflessi ingrana la retromarcia percorrendo la strada a tutta velocità. Il commando continua a sparare mentre la gente scappa via terrorizzata, qualcuno si getta a terra cercando scampo dai micidiali proiettili, finché i killer desistono e si danno alla fuga. Ferrazzo rimane ferito, in modo non serio, al collo e ad un braccio. La sua Golf verrà ritrovata più tardi dai carabinieri parcheggiata in una stradina; il giovane, intanto, si è fatto accompagnare all’ospedale di Crotone per farsi curare le ferite dove si trova tuttora ricoverato piantonato dai carabinieri.
Il peggio, tuttavia, deve ancora venire.
A circa tre chilometri di distanza dal luogo della prima sparatoria, in località Campizzi, durante la sua fuga il commando a bordo dell’Alfa 33 si trova davanti un fuoristrada Mitsubishi Pajero, condotto da Giuseppe Manfreda, 26 anni, di Mesoraca, incensurato, a bordo del quale si trovano anche la moglie, Teresa Gualtieri, 25 anni, e i figlioletti, due gemellini di appena due mesi di vita, Vincenzo e Domenico.
La dinamica di quanto avviene in quei drammatici istanti non è ancora del tutto chiara. L’unica cosa certa è che i killer aprono di nuovo il fuoco con il kalashnikov contro l’auto di Manfreda; l’uomo viene colpito a morte, mentre il Pajero, ormai privo di controllo, precipita in in dirupo. Nell’urto restano feriti la moglie Teresa Gualtieri ed uno dei gemellini. Per Manfreda, invece, non c’è più niente da fare; ucciso perché la sua vettura ostruiva la fuga dei banditi o perché è stata scambiata per un mezzo dei carabinieri? O forse perché gli assassini si sono improvvisamente trovati di fronte l’obbiettivo di una vendetta trasversale? Sono interrogativi ai quali dovrà dare risposta l’attività investigativa. Dall’esame autoptico sul cadavere, intanto, emerge che alcuni colpi di mitraglietta hanno fatto volare via tre dita di una mano del Manfreda, segno che l’uomo l’aveva portato davanti al volto nel disperato tentativo di proteggersi dai suoi assassini.
I feriti vengono accompagnati all’ospedale di Crotone con un’ambulanza del 118, dove viene trasportato anche il cadavere di Manfreda. Il figlioletto, che ha riportato la frattura della clavicola sinistra ed altre contusioni all’arto, nella notte viene trasferito al reparto di ortopedia pediatrica dell’ospedale Pugliese di Catanzaro; solo nella giornata di sabato i sanitari lo dichiarano fuori pericolo. Sta bene, invece, l’altro fratellino.
E sempre nel pomeriggio di sabato oltre mille persone prendono parte ai funerali di Giuseppe Manfreda. Il corteo funebre parte dall’abitazione del Manfreda in via Garibaldi, nella frazione Foresta di Petilia Policastro, dove l’uomo abitava insieme alla moglie Teresa Gualtieri ed ai due figlioletti. A pronunciare l’omelia nella piccola chiesa di San Giuseppe, a Foresta, è il parroco don Pasquale Marrazzo. “Non auguro a nessuno di trovarsi al mio posto – dice don Marrazzo – costretto a pronunciare parole per simili occasioni. E’ facile – ha proseguito il parroco – accusare chiunque; tuttavia siamo in presenza di un peccato sociale, del quale tutti dobbiamo sentirci responsabili”.
Mesoraca è oggi un paese sotto assedio, ma le barricate contro il nemico non sono state ancora innalzate. C’è il dubbio che nessuno abbia fatto per intero la propria parte: non le istituzioni, non la chiesa, non la società civile. I campanelli d’allarme, pur fragorosi, sono passati quasi inascoltati; al contrario, ci siamo illusi che i giochi sporchi non riguardassero il paese, non appartenessero a questa comunità, se non nei termini di un fardello clandestino e sopportabile.
Articolo del Corriere della Sera del 26 Agosto 2000
Orfani dopo 58 giorni di vita: il padre ucciso per sbaglio
di Carlo Macrì
Crotone: i killer, dopo un agguato, hanno sparato scambiando l’ auto dell’ uomo per quella della polizia
MESORACA (Crotone) – Un giorno conosceranno la verità. Sapranno di essere rimasti orfani al 58° giorno di vita perché qualcuno, per errore, ha ucciso il loro papà. Gli racconteranno anche dell’incidente di cui sono rimasti vittime, insieme alla loro madre. Insomma gli sarà spiegato ogni particolare. Ma capiranno? Domenico e Vincenzo, figli gemelli di Giuseppe Manfreda, ucciso per caso da un commando che poco prima aveva teso un agguato a un boss della zona, non corrono pericolo di vita. Dei due solo Domenico, che si trova ricoverato all’ospedale di Catanzaro, ha riportato lesioni piuttosto gravi al braccio destro. Ma i neonati si sono salvati perché si trovavano seduti sul sedile posteriore del fuoristrada ancorati al seggiolone. Colpito all’addome, da un colpo di mitraglietta, Giuseppe Manfreda ha perso il controllo del fuoristrada che ha iniziato a sbandare finendo la sua corsa contro un ulivo dopo aver fatto un salto di 10 metri. Nell’autovettura c’era pure la moglie di Manfreda, Teresa Gualtieri, 25 anni, che è rimasta illesa. La dinamica dell’omicidio è stata ricostruita dai carabinieri della compagnia di Petilia Policastro. Il commerciante sarebbe stato ucciso perché il commando, che poco prima aveva teso a Mesoraca un agguato al boss Armando Ferrazzo, potrebbe aver scambiato il fuoristrada di Manfreda con quello in dotazione alle forze dell’ordine. I killer pensavano forse di essere stati intercettati e hanno quindi aperto il fuoco. Ci sarebbe però un’altra ipotesi. Giuseppe Manfreda stava rientrando a casa, a Petilia Policastro, dopo aver trascorso la serata a Mesoraca. I due paesi sono distanti circa 10 chilometri. La vittima, che aveva a bordo la famiglia, procedeva a passo lento anche perché i due piccoli s’erano da poco addormentati. Il commando potrebbe quindi aver sparato per farsi largo, visto il percorso tortuoso che separa i due centri. Resta però certo che l’assassinio di Giuseppe Manfreda non c’entra nulla con l’agguato compiuto contro Armando Ferrazzo, 23 anni, giovane emergente nel panorama criminale di Mesoraca. L’uomo è stato colpito di striscio al volto e al braccio da diverse raffiche di mitraglietta mentre si trovava a bordo della sua Golf bianca, posteggiata davanti al municipio, nel centro del paese. Dopo aver sparato, il commando si è fatto largo tra centinaia di persone che hanno assistito alla sparatoria. Nessuno, però, ha saputo fornire qualche particolare agli inquirenti. A Mesoraca come in tutto il Marchesato sono in atto diverse faide che coinvolgono quasi tutti i gruppi criminali del comprensorio. Ci sono da dividersi i soldi del traffico della droga, i ricavi delle estorsioni, imporre il pizzo al mercato delle castagne e delle olive. L’ agguato ad Armando Ferrazzo – dicono gli inquirenti – si inquadrerebbe nella guerra in atto all’interno della stessa cosca. Un mese fa a Mesoraca sono scomparsi tre giovani che pur essendo vicini alla famiglia Ferrazzo avevano deciso di aver un proprio ruolo nella gestione degli affari. L’agguato al boss potrebbe quindi spiegarsi come una vendetta degli ex amici per vendicare la scomparsa dei loro compari.
Fonte: repubblica.it
Articolo del 25 agosto 2000
Crotone, agguato mortale ferito anche un neonato
I killer uccidono un uomo e colpiscono anche la moglie e un piccolo di due mesi
CROTONE – Notte di sangue nel crotonese. I killer della ‘ndrangheta hanno ucciso un uomo e sua moglie e hanno ferito uno dei figli di appena due mesi. Poco prima lo stesso gruppo di sicari aveva ferito un altro giovane, Armando Ferrazzo. Scenario degli agguati, compiuti a colpi di kalashnikov, è Mesoraca, grosso centro in provincia di Crotone.
La vittima è il ventiseienne Giuseppe Manfreda. I killer lo hanno ucciso mentre stava guidando la sua auto insieme alla moglie, Teresa Gualtieri, di 25 anni, ed ai suoi due figli gemelli, Domenico e Vincenzo.
Secondo la ricostruzione fatta dai carabinieri, che conducono le indagini, il primo a rimanere ferito è stato Ferrazzo. Quando i militari sono giunti sul posto hanno trovato la vettura del giovane, una Volkswagen Golf parcheggiata in una strada secondaria del paese. Il giovane, ferito di striscio al braccio, si era fatto portare nell’ospedale di Crotone da alcuni suoi conoscenti.
Ma la notte di fuoco era solo all’inizio. Lo stesso gruppo di fuoco ha incrociato sulla sua strada Manfreda. Forse per un caso o forse perché aveva organizzato un nuovo agguato.
I killer hanno sparato uccidendo l’uomo sul colpo. La vettura, senza più controllo, è finita in una scarpata. Ai militari che sono arrivati sul posto non è restato altro che portare all’ospedale i feriti: la moglie di Manfreda e uno dei due figli piccoli. Gli inquirenti ritengono che i due fatti di sangue possano essere inseriti in una lotta sorta per il riequilibrio dei poteri fra cosche sul territorio di Mesoraca.