12 Settembre 1988 Gela (CL). Resta uccisa Grazia Scimé, casalinga di 56 anni, mentre era a fare la spesa

Piazza Salandra, Gela (CL), sede del mercato rionale, il 12 Settembre 1988 è piena di gente. Due sicari in Vespa hanno un unico obiettivo, uccidere uno stiddaro. Sparano tra la folla e feriscono 4 casalinghe e il vero obiettivo.
Tra le vittime della sparatoria c’è Grazia Scimé, ha 56 anni, non è più tornata a casa.

 

 

 

Articolo del 13 Settembre 1998 di La Repubblica
SPARI TRA LA FOLLA, FERITE 4 DONNE

PALERMO Gela come il Far West. Non passa giorno che non ci sia una sparatoria. Dall’ inizio dell’ anno a ieri in questo grande centro di 67 mila abitanti, circondato dalle ciminiere delle raffinerie, ci sono già stati 17 morti e 38 tentati omicidi. L’ ultima sanguinosa sparatoria, che solo per pura fortuna non si è trasformata in una vera e propria strage, è accaduta ieri mattina in pieno centro. Due killer armati di pistole di grosso calibro per uccidere il pregiudicato Giuseppe Nicastro, non hanno esitato a sparare nell’ affollatissima piazza Salandra, nel centro di Gela. Hanno tirato nel mucchio e subito dopo sull’ asfalto insanguinato c’ erano cinque persone: quattro casalinghe e la vittima predestinata dei sicari. Tutti sono stati feriti, ma due donne versano in gravissime condizioni. Si tratta di Grazia Scimè, di 56 anni, che in serata è stata trasportata nell’ ospedale Garibaldi di Catania, e Concetta Iudice di 40. Entrambe lottano contro la morte.
Missione di morte Meno gravi le condizioni degli altri feriti, il pregiudicato Giuseppe Nicastro di 36 anni e le altre due casalinghe, Saveria Catalano, di 50 anni e Antonella Guaia di 23. Compiuta la sanguinosa missione di morte i due sicari sono fuggiti indisturbati, così come erano arrivati, a bordo di una Vespa. Di loro non ci sono più tracce. Proprio nella stessa piazza, due settimane fa, un altro commando di killers i quali sembrerebbe che girino senza tanta preoccupazione per le strade di Gela, spararono contro due componenti della famiglia Lo Grasso: allora rimasero feriti Rosa Lo Grasso, di 50 anni ed il nipote Francesco di 29. Questo ennesimo episodio di sangue, è il proseguimento di una lunga faida che da alcuni anni vede contrapposti due clan mafiosi, quelli guidati dai boss Lauretta-Coccomini e da Giuseppe Madonia, figlio di don Ciccio, assassinato nel 1976 dopo un incontro con il capomafia di Riesi Giuseppe Di Cristia, ucciso qualche anno dopo in un agguato a Palermo. Il bersaglio dei killers sfuggito all’ agguato per puro caso nel luglio scorso, è fratello di Salvatore, 34 anni, anche lui pregiudicato e ritenuto mafioso. I Nicastro, su ordine dei loro capi, secondo i carabinieri parteciparono sei anni fa ad una sparatoria. Era un agguato contro i capimafia Salvatore Pollare e Giuseppe Madonia, entrambi latitanti da anni e che riuscirono a salvarsi. Da allora si è scatenata una faida senza precedenti nella storia della criminalità a Gela che si è intensificata negli ultimi mesi. In serata il sindaco di Gela che presiede una giunta composta da Dc Pci Psdi e Pli ha rinviato la prevista seduta del Consiglio Comunale indicendo una riunione d’ urgenza con le forze sindacali e produttive della città, con il clero e con l’ associazione culturale per esaminare la situazione di Gela. Nel corso della riunione il sindaco ha invitato tutte le forze sociali ad impegnarsi nella lotta contro la criminalità chiedendo per l’ ennesima volta l’ intervento delle istituzioni. Al termine è stato deciso di costituire un comitato permanente contro la criminalità che sarà composto da rappresentanti dei partiti politici e delle forze sociali. Cinquanta carabinieri In segno di protesta e per sottolineare che la città sta vivendo un momento d’ emergenza, l’ assessore allo Sport-turismo-spettacolo, Giorgio Donegani ha sospeso tutte le manifestazioni sportive e canore legate al programma Gela-estate ‘ 88. Ma per combattere questa ondata di criminalità che si è abbattuta nel centro gelese le istituzioni sono intervenute finora inviando nella cittadina nissena 50 carabinieri del dodicesimo battaglione di Palermo.

 

 

Articolo da La Stampa del 13 Settembre 1988

Gela, sparano all’ambulante e feriscono quattro massaie GELA — Quattro massaie che stavano facendo la spesa e un venditore ambulante sono rimasti feriti in una sparatoria nel centro di Gela. L’obiettivo dei killer era l’uomo, il pregiudicato Giuseppe Nicastro, di 36 anni. Le donne ferite sono Grazia Scimè, 56 anni, ricoverata in gravissime condizioni al «Vittorio Emanuele» di Gela; Concetta Iudice, di 40 anni, Saveria Catalano, di 50, e Antonella Guala, di 23. Le condizioni di queste ultime, tutte colpite di striscio, non destano preoccupazione. L’agguato in piazza Salandra, nel rione S. Agostino, mentre alcune massaie erano intente ad acquistare frutta dal motofurgone del venditore. Due sicari a bordo di una Vespa, armati di pistola e con il volto coperto da caschi, hanno cominciato a sparare tra la folla atterrita.

 

 

Articolo dell’11 luglio 2011 da ansa.it  
Mafia: ergastolo in appello per il boss gelese Emmanuello
Per giudici ordinò agguato a rivale in cui morì casalinga a Gela

(ANSA) – CALTANISSETTA, 11 LUG – Il boss gelese Alessandro Emmanuello e’ stato condannato all’ergastolo dalla Corte d’assise d’appello di Caltanissetta, che lo ha riconosciuto colpevole di avere ordinato l’agguato di piazza Salandra, a Gela (Cl), organizzato per eliminare uno ‘stiddaro’. In quella trappola mortale, ordita 23 anni fa da Cosa nostra per vendicare l’uccisione di Gianni Argenti, un amico della famiglia, pero’, il bersaglio non fu centrato e, sotto la pioggia di proiettili, rimase uccisa la casalinga Grazia Scime’, che stava facendo la spesa; altre tre massaie vennero ferite. (ANSA).

 

 

Articolo del 13 Settembre 2012 da  quotidianodigela.it
Grazia Scimè vittima innocente della mafia, una morte dimenticata

Gela. E’ passata in sordina la ricorrenza dell’agguato mafioso del 1988 di piazza Salandra costato la vita all’incolpevole casalinga Grazia Scimè, di 56 anni.

La donna era rimasta ferita mortalmente da due sicari che prima di fuggire in sella a una Piaggio Vespa avevano sparato contro la folla per eliminare un rivale dell’organizzazione mafiosa degli “Stiddari”. In quel terribile giorno erano rimaste ferite altre tre casalinghe, Concetta Iudice, Saveria Catalano e Antonella Guaia, oltre al pregiudicato Giuseppe Nicastro.

Allora il piazzale che ospita il convento dei frati agostiniani e il teatro Eschilo era sede di un mercatino rionale. Ieri, nessun evento ha spezzato la monotonia di piazza Sant’Agostino riqualificata e caratterizzata da blocchi di cemento geometrici, voluti dall’architetto Roberto Collovà. Nel silenzio delle istituzioni è trascorso una ricorrenza che ha segnato per sempre la vita di una famiglia e caratterizzato negativamente per anni l’immagine della città che continua a essere menzionata per episodi di mafia e violenza.

 

 

 

Articolo del 25 Novembre 2013 da tg10.it
Stele in ricordo di Grazia Scimè collocata da “un cittadino gelese”
di Giuseppe D’Onchia

11.2.1932 – 12.9.1988. Gela piange vittime innocenti. In memoria di Grazia Scimè. “Un cittadino gelese”. E’ quanto scritto su una stele, che questa mattina, poche ore prima dell’inizio del corteo per dire “no” alla violenza sulle donne, è stata collocata provvisoriamente appoggiata ad un albero, di fronte al teatro comunale “Eschilo” di Gela, in piazza Salandra, luogo in cui, il 12 settembre del 1988, due killer armati di pistole di grosso calibro, per uccidere il pregiudicato Giuseppe Nicastro (rimasto ferito), non esitarono a sparare alla casalinga di 56 anni, che stava facendo la spesa. La donna morì alcune ore dopo all’ospedale di Catania, dove fu trasferita d’urgenza. Dalla pioggia di proiettili furono colpite altre tre donne, che fortunatamente riuscirono a salvarsi: Concetta Iudice, 40 anni; Saveria Catalano di 50 e Antonella Guaia di 23 anni. Più volte, negli ultimi mesi, l’imprenditore gelese Antonio Giudice (figlio di Grazia Iannizzotto, la pensionata di 77 anni morta di crepacuore il 6 marzo scorso, dopo l’incendio dell’auto del marito), aveva invitato l’amministrazione comunale gelese a ricollocare la targa in ricordo di Grazia Scimè, rimossa in occasione del rifacimento del teatro comunale. Quanto accaduto questa mattina, sarà stata opera sua?

 

 

 

Fonte:  stampacritica.org
Articolo del 30 settembre 2017
Grazia Scimé: la donna che morì in piazza, uccisa dalla mafia
di Irene Tinero

Ci sono angoli della Terra in cui non è possibile andare al mercato senza rischiare di perdere la vita.
Correva l’anno 1988, era il 12 settembre, quando Grazia Scimé decise di andare al mercato in piazza Salandra, a Gela. Forse un’amica l’ha chiamata e le ha chiesto di raggiungerla, o si è resa conto di aver finito qualcosa che le serviva per il pranzo: devono essere stati questi i motivi che l’hanno spinta a compiere quelli che lei non sapeva essere i suoi ultimi gesti. Grazia era una casalinga siciliana di 56 anni, una donna del popolo.

Se è facile immaginare come possono essere andate le cose, non deve essere stato altrettanto semplice spiegare ai familiari come sia stato possibile che Grazia sia morta comprando frutta al mercato. La risposta è come sempre una sola: mafia.

Dall’inizio del 1988 al giorno in cui Grazia ha perso la vita erano stati registrati 17 morti e 38 tentati omicidi. Due settimane prima della morte di Grazia, in quella stessa piazza, c’era stata un’altra sparatoria contro due componenti della famiglia Lo Grasso.

Quel 12 settembre dei killer montano su una Vespa e si dirigono in piazza Salandra, alla ricerca di Giuseppe Nicastro, mafioso di 36 anni. L’obiettivo è ucciderlo, perché a Gela in quegli anni impera una guerra di mafia tra i “Stidda” e Cosa Nostra. Sparano all’impazzata sulla folla e quando il sipario cala, dopo i sicari sono ripartiti indisturbati sul loro motorino, giacciono a terra cinque persone: Grazia, Concetta, Saveria, Antonella e ovviamente Giuseppe Nicastro.

Due di loro sono gravi, ma mai come Grazia che viene subito portata all’ospedale “Vittorio Emanuele” di Gela e poi trasferita d’urgenza a Catania dove, poche ore dopo l’arrivo, la donna muore. Al contrario, il pregiudicato Giuseppe Nicastro quella volta se la cavò.

In quella piazza, su cui si affaccia un convento di frati agostiniani e il teatro comunale “Eschilo”, il mercato non si fa più. In onore di Grazia Scimé fu posta una targa sulle mura del teatro, poi rimossa per lavori di ristrutturazione e mai rimessa. Nel 2013 degli ignoti posarono un’altra targa vicino ad un albero della piazza: “Gela piange vittime innocenti”. Firmato: “un cittadino gelese”. Due anni prima, nel 2011, era stato condannato all’ergastolo, in Corte d’Assise d’appello di Caltanissetta, il boss gelese Alessandro Emmanuello.

Una targa a cui hanno dovuto provvedere i cittadini e addirittura una condanna all’ergastolo, questa volta non hanno il sapore di giustizia, perché non può esserci pace davanti una vita che si spegne comprando frutta, nell’omertà di una terra che muore da sempre, dietro i suoi stessi mali.

 

 

 

Dal libro: Dead Silent  Life Stories of Girls and Women Killed by the Italian Mafias, 1878-2018 di Robin Pickering Iazzi University of Wisconsin-Milwaukee, rpi2@uwm.edu

 

 

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