9 Febbraio 1979, Sambatello di Reggio Calabria – Antonino (Nino) Tripodi e Rocco Barillà, morti per un passaggio

Foto da memoriaeimpegno.blogspot.it

Antonino Tripodi (25 anni) e Rocco Barillà (26) sono stati uccisi in un agguato  a Sambatello di Reggio Calabria, il 9 febbraio del 1979. Ammazzati per avere dato un passaggio in auto alla persona sbagliata. Con loro c’era il sorvegliato speciale Rocco D’Agostino. Un semplice passaggio in macchina, una piccola cortesia che a Sambatello non si rifiuta a nessuno. Ma nel ’79 c’era ancora la guerra di ‘ndrangheta.

Antonino Tripodo ha lasciato una moglie in gravidanza. E suo figlio, Antonino come lui, al dolore ha dovuto aggiungere la rabbia di scoprire che tutti i faldoni e i documenti su suo padre sono scomparsi, non sono più negli archivi del Tribunale. Della storia di Nino Tripodo e di quella di Rocco Barillà, martiri della ‘ndrangheta, non ci sono più tracce.
Fonte:Stopndrangheta.it

 

 

 

Articolo da La Stampa del 10 Febbraio 1979
Per «giustiziare» un rivale uccidono anche 2 innocenti
Reggio Calabria: tiro incrociato contro un’auto – La vittima designata era un sorvegliato speciale, ma con lui sono morti due giovani ai quali aveva chiesto un passaggio sulla «500»

REGGIO CALABRIA — Triplice omicidio, poco dopo le sette di ieri, alla periferia di Reggio: un sorvegliato speciale di 49 anni, Rocco D’Agostino, e due giovani che gli avevano offerto un passaggio su una «500», Antonino Tripodi, 25 anni e Rocco Barillà, di 26, sono stati uccisi a scariche di lupara ed a colpi di pistola da un commando composto almeno da tre killer.

L’agguato si è verificato sulla statale che dal rione Sambatello conduce alla marina di Gallico, all’altezza della contrada Mattarossa. La «500», guidata dal Tripodi, stava dirigendosi verso Reggio. All’uscita da una curva a gomito, sull’utilitaria è piovuto un fuoco incrociato di pallettoni che hanno colpito a morte tutti e tre gli occupanti. Quando l’auto si è fermata contro un mucchio di terra, i sicari si sono avvicinati per finire i tre con un’altra grandinata di colpi di pistola e poi si sono dileguati. L’allarme è stato dato qualche ora più tardi da un anonimo che ha telefonato ai carabinieri.

Non vi è dubbio che ci si trovi di fronte ad una sentanza di morte decretata da un tribunale di mafia. È probabile che l’obiettivo principale fosse Rocco D’Agostino, sorvegliato speciale, con diversi precedenti penali a carico, dipendente dell’Ente fiera di Reggio, considerato uno degli uomini “di rispetto” della zona. Il D’Agostino era stato affiliato, in passato, alla cosca di don Nico Tripodo, l’ex padrino della mafia calabrese assassinato nell’agosto del ’76, nelle carceri di Poggioreale, a Napoli. Tripodo era appunto di Sambatello, la zona dove dopo la sua eliminazione si è scatenata una guerra furiosa tra le giovani leve della mafia impegnate a lottizzare il potere per il controllo di tutte le attività produttive. Questa guerra nel giro di poco più di due anni ha già provocato 17 morti e una quindicina di feriti. Alcuni omicidi sono avvenuti proprio dove è avvenuto il massacro ieri mattina.

Le indagini dei carabinieri e polizia si svolgono nell’ambito delle cosche che si stanno decimando a vicenda nel triangolo Gallico-Diminniti-Sambatello, ma la soluzione non si presenta certo facile anche perché la paura e l’omertà tappano la bocca alla gente. Si fa strada la convinzione che il Tripodi e il Barillà siano stati eliminati per non lasciare in vita alcun testimone. Nella caserma di Gallico per tutta la giornata di ieri sono proseguiti gli interrogatori dei parenti delle vittime e di numerose persone della zona su cui gravano sospetti. Si cerca di sapere ad esempio se è stato proprio casuale il passaggio fino a Reggio chiesto da D’Agostino ai due giovani. Non si esclude che questo possa essere avvenuto perché l’uomo probabilmente temeva da tempo di essere nel mirino degli avversari ed evitava di spostarsi da solo e con la propria auto. In questo caso c’è stato qualcuno che ha fatto agli assassini una soffiata molto precisa. E la sentenza di morte è stata eseguita.

 

 

Tratto dall’articolo de L’Unità del 10 Febbraio 1979
Vendetta mafiosa: 3 assassinati in Calabria
L’agguato agli occupanti di una «500» a Gambatello sulla strada provinciale per l’Aspromonte – Negli ultimi anni 3 esecuzioni nella stessa zona

[…]

Il secondo episodio si è verificato poco dopo le 7,30 di ieri mattina a Sambatello, su una strada provinciale che da Gallico conduce a Gambarie di Aspromonte. Poco fuori Reggio, in sostanza, nel triangolo definito della morte, compreso tra Gallico, Diminniti e Sambatello dove negli ultimi anni ci sono state 13 esecuzioni mafiose.

Una lotta senza quartiere fra cosche rivali per il controllo degli appalti e dei subappalti legati soprattutto alla costruzione del raddoppio ferroviario fra Reggio e Villa San Giovanni.

Ieri mattina, la nuova esecuzione, tre nuovi morti. Sono Rocco Agostino, di 47 anni, il personaggio più importante,sorvegliato speciale, dipendente della Fiera agrumaria degli essenzi e degli olii di Reggio Calabria; Rocco Barillà, di 26 anni e Antonio Tripodi, di 25.

Viaggiavano tutti su una Fiat «500» quando ad una curva si è scatenato il fuoco incrociato di pistole e lupare dei killer che hanno ridotto colabrodo i tre occupanti e l’autovettura.
Particolare interessante: alla stessa curva, allo stesso posto erano state uccise altre tre persone sempre in un agguato mafioso.

Il personaggio più importante dei tre era, come si è detto, Rocco Agostino. Assunto alla Fiera agrumaria dall’ex sindaco  democristiano di Reggio, Piero Battaglia (quello, per intenderci, della rivolta dei «boia chi molla»), si sviluppò proprio per la sua assunzione, una vivace campagna di stampa legata ai precedenti penali dell’Agostino. La cosa poi arrivò anche in Parlamento con una interrogazione di un deputato socialista e Battaglia convocò (si era nel ’74) una conferenza stampa nella quale esibì il certificato penale «pulito» di Rocco Agostino.

Ieri mattina, invece, l’esecuzione che si ricollega certamente ad un regolamento di conti (vecchio o nuovo non importa) fra le cosche della zona. Il triplice assassinio di Sambatello segnala in ogni caso la ripresa di attività della mafia reggina, messa a dura prova negli ultimi tempi dal processo di Reggio contro i 60 boss.
Una ripresa sotto il segno del sangue a dimostrazione, anche questa volta, che la lotta alla mafia è tuttaltro che vinta, sia sul piano giuridico che su quello sociale.
f. V.

 

 

 

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