14 Novembre 1979 Milano. Rapito Cesare Pedesini, 57 anni, grossista di prodotti petroliferi. Il suo corpo non sarà mai ritrovato.
[…] Quel 14 novembre ’79, Cesare Pedesini è al lavoro nell’azienda di cui è titolare, la “Pedesini fratelli – nafta, gasolio, riscaldamento” di Milano. Tre banditi armati fanno irruzione negli uffici della ditta e prelevano l’imprenditore, poi fuggono a bordo di un’auto guidata da un complice. Verranno fermati dei pregiudicati calabresi, ma le indagini non porteranno a nulla. Inutile dirlo, di Pedesini non si riuscirà a recuperare nemmeno il corpo.
Tratto dal libro “Dimenticati – Vittime della ‘ndrangheta” di Danilo Chirico e Alessio Magro
Cap. IV Aspromonte solo andata pag. 80
Fonte: archivio.unita.news
Articolo del 20 febbraio 1980
Operazione nel Milanese – Nella rete 10 ricercati
di Gianni Piva
Presi alcuni componenti delle «unità combattenti comuniste»
Un’altra persona arrestata in Calabria – Conferma dell’intreccio tra terrorismo e mafia – Due sono riusciti a fuggire.
MILANO — Nove persone arrestate a Cinisello Balsamo e Cusano Milanino e una a Nicotera, in Calabria: due altre sfuggite all’arresto. Con questo bilancio si è conclusa lunedì notte un’operazione simultanea e congiunta della DIGOS milanese e calabrese.
Gli arrestati e i latitanti sarebbero variamente implicati nelle attività criminose delle «unità comuniste combattenti», nella rapina avvenuta il 4 agosto del ’77 al Club Mediterranee di Nicotera, una azione di «autofinanziamento» della banda, e nel sequestro Pedesini. L’operazione conferma un complicato intreccio fra terrorismo e mafia.
La cattura che appare più importante è quella avvenuta a Cinisello Balsamo di Antonio Campisi, un delinquente comune «politicizzatosi». divenuto componente della banda armata denominata «unità comuniste combattenti», ricercato da tempo per un pesante fardello di accuse, che vanno dalla banda armata all’insurrezione sovversiva.
Gli agenti della DIGOS lo hanno bloccato davanti al bar Nilo di Cinisello Balsamo in compagnia di Carmelo Zadera, di 34 anni, anche lui calabrese.
Subito dopo l’arresto dei due (il secondo è accusato di favoreggiamento) scattavano numerose perquisizioni, a Cinisello e a Cusano Milanino.
Sono stati così arrestati Franco Calandra, di 30 anni, di S. Leucio del Sannio, residente a Cinisello, e Luciano Sarlo, di 18 anni, di Cusano Milanino, militare di leva.
Quest’ultimo è risultato essere rispettivamente figlio di Giuseppe Sarlo, 60 anni, fruttivendolo, e fratello di Gino, di 24 anni, fermati dai carabinieri domenica scorsa nell’ambito delle indagini sulla banda che ha in mano l’industriale Cesare Pedesini, rapito a Milano il 14 novembre scorso. Giuseppe Sarlo è stato interrogato dal magistrato e per lui il fermo è subito stato tramutato in arresto, mentre il figlio Gino è sospettato di essere la staffetta tra i capi mafiosi – calabresi e il resto della banda che opera al nord. Ora è stato arrestato anche il fratello più giovane, ma a lui gli inquirenti sono arrivati durante una operazione anti-terrorismo. È l’aggancio, l’ennesimo, tra i terroristi delle UCC e la ‘ndrangheta?
In serata è Stato infine arrestato Salvatore Bonifacio, marito di Carmela Mancuso, trovato in possesso di tre chili di cocaina e di armi.
A Cinisello lunedì notte sono state arrestate anche altre persone che frequentavano il bar Nilo, davanti al quale è stato sorpreso Antonio Campisi. Si tratta di tre donne: Carmela Mancuso, di 20 anni, e Stefica Filco, di origine jugoslava — nella cui abitazione sono stati trovati 16 grammi di eroina, 12 milioni di lire in contanti e merci provenienti da furti — e la titolare del bar Nilo, Lorenza Sergia.
Mentre a Cinisello era in corso questa operazione a Nicotera, in Calabria, veniva arrestato Francesco Mileto, di 17 anni. Egli è titolare dell’appartamento in via Baracca a Cinisello nel quale avevano trovato alloggio il Campisi e un altro complice, Raffaele Reggio, anche lui di Nicotera, riuscito a fuggire, insieme a Guglielmo Guglielmini.
Articolo del 6 Marzo 1985 da ricerca.repubblica.it
EROINA CON I SOLDI DEI SEQUESTRI
NAPOLI – (e.c.) Compravano in Turchia grossi quantitativi di droga, con denaro sporco proveniente da sequestri di persona, e la spacciavano nelle regioni dell’ Italia meridionale. Il vasto traffico era organizzato da una banda che agiva a livello internazionale da almeno due anni e che i carabinieri del gruppo Napoli I hanno sgominato dopo sei mesi di indagini. La droga, in prevalenza eroina, veniva portata a Napoli da tredici corrieri che si servivano di aerei di linea, navi passeggeri e automobili, passando per la Grecia e la Jugoslavia. Dal capoluogo campano, diventato un attivo centro di smistamento, la droga veniva poi portata in molte città meridionali. Cervello dell’ organizzazione era il pregiudicato Domenico Terracciano con il quale agivano corrieri e basisti che sono stati arrestati dai carabinieri durante un’ operazione sviluppatasi tra Napoli, Mondragone, Roma e Cassino. Un giro di miliardi in cui erano coinvolti diversi personaggi insospettabili: l’ armatore greco Gargarakis Pireydon di 38 anni, proprietario di una nave, due commercianti di Cassino, Gennaro Criscitello di 37 anni e Roberto Gallozzi di 45, una casalinga e un meccanico. Il capo della banda possedeva una villa a Pescopagano. Qui, durante il blitz, i carabinieri hanno sequestrato tre pistole, munizioni, ordigni esplosivi, attrezzature per la confezione delle dosi di droga come bilance di precisione e buste. In un nascondiglio sono stati trovati 234 milioni di lire italiane e 10 mila marchi tedeschi. Gran parte di questo denaro proveniva da sequestri di persona compiuti nell’Italia settentrionale: quello del Pellicciaio di Pavia Giuliano Ravizza, di Cesare Pedesini avvenuto a Milano nel novembre ‘ 79; quello di Osvaldo Ferretti a Pistoia nel febbraio ‘ 82 e quello di Giorgina Susini compiuto nell’ 81 nel capoluogo lombardo. Secondo gli inquirenti questo denaro era destinato all’ acquisto di eroina da un grosso produttore turco che è stato identificato, con l’ aiuto della Dea americana e di altri uffici narcotici internazionali, per Emur Alì Diarbarkir. A suo carico è stato emesso un mandato di cattura internazionale. Il nome del fornitore di droga turco è stato trovato scritto sul taccuino di un pregiudicato.