30 Novembre 2006 Giugliano (NA). Antonio Palumbo, bidello 63nne, ucciso da due rapinatori durante il colpo ad una tabaccheria
Antonio Palumbo, 63 anni, bidello della scuola elementare di Giugliano in Campania (NA), è morto sul colpo dopo essere stato colpito al petto durante una rapina alla tabaccheria dove era entrato per comprare le sigarette al figlio e un quaderno alla nipotina. I rapinatori erano in tre: uno faceva da palo e due sono entrati nel negozio a volto coperto. Il tabaccaio ha reagito alla rapina, ne è nata una colluttazione e subito dopo è iniziata la sparatoria; Antonio Palumbo si è trovato sulla traiettoria. I malviventi sono poi fuggiti a bordo di due moto, facendo perdere le loro tracce. Era il 30 novembre del 2006.
Articolo del 1 Dicembre 2006 da ricerca.repubblica.it
Raid in tabaccheria, ucciso cliente
La rapina viene commessa a pochi passi da lui. Ma Antonio Palumbo, 63 anni, non si accorge di nulla. Fa da scudo con il suo corpo a quello del commesso della tabaccheria. Gli salva la vita senza saperlo, ucciso da un proiettile sparato da uno dei malviventi. Muore, senza riuscire a capire di essere finito al centro di una cruenta rapina nella tabaccheria dove era andato a comprare un pacchetto di sigarette per il figlio e un quaderno per una nipotina.
Delitto raccapricciante, quello di ieri sera alle venti a Giugliano, all’interno di una tabaccheria in via degli Innamorati. La dinamica è stata ricostruita quando ormai i malviventi assassini erano già lontani, autori di una sorta di “doppia rapina” nello stesso negozio. Secondo quanto ricostruito, i tre malviventi con il volto coperto entrano nella tabaccheria armati di pistola e, dopo aver puntato l’arma contro il commesso Carmine Di Vivo, 35 anni, intascano i mille euro dell’incasso e riempiono un borsone di stecche di sigarette. Quindi si allontanano incrociando, sulla soglia del negozio, il custode di scuola elementare Antonio Palumbo che, prima di tornare a casa, sta andando a comprare le sigarette per il figlio e un quaderno per una delle nipotine. Le tre bambine restano a bordo della sua utilitaria.
Intanto i rapinatori escono, fanno per salire sulle loro due moto di grossa cilindrata, si accorgono che, parcheggiato lungo il marciapiedi c’è un Beverly 250. E si ricordano di aver notato un mazzo di chiavi sul bancone. Capiscono: la moto è del commesso. Un’occasione da non lasciarsi sfuggire. Senza paura di perdere tempo e di venire arrestati, rientrano nella tabaccheria, ordinano al commesso di consegnare loro le chiavi. Ma stavolta il commesso si rifiuta, si ribella, ingaggia una colluttazione. I banditi hanno la meglio. Prendono le chiavi e vanno via, ma uno di loro si volta e spara un colpo di pistola contro il commesso. Vuole “punirlo”.
In quello stesso momento, però, Antonio Palumbo si sta avvicinando al bancone. Entra nella traiettoria del proiettile, copre il commesso e viene ferito gravemente a un fianco. Cerca di raggiungere la sua auto. Non ce la fa. A dare l’allarme è una delle sue nipotine, che prende il cellulare e chiama il padre: «Corri subito, nonno sta male». Palumbo morirà poco dopo in ospedale, prima di essere operato. Le bambine non hanno capito cosa è accaduto in quei momenti: «Pensavamo ai botti della festa», hanno raccontato poi ai genitori.
Articolo del 2 Dicembre 2006 da ricerca.repubblica.it
“Vi prego, fatemi uscire di qui”
di Conchita Sannino
GIUGLIANO – Anna D’Alterio è una madre di 29 anni, titolare della rivendita di telefonini vicina alla tabaccheria presa di mira dai rapinatori-killer. Lei non sapeva neanche chi fosse quella vittima assassinata “per caso”, è corsa a farsi spazio nel capannello, è scoppiata in lacrime: «”Siete voi, don Antonio…” Gli ho preso il polso, ma era agonizzante, lo abbiamo sollevato, perdeva tanto sangue». A terra c’era il volto amico di centinaia di genitori, il custode della scuola elementare di via Quintiliano, omino burbero e generoso che proprio la mattina ad Anna aveva fatto l’occhiolino consentendole il parcheggio-lampo dell’auto in cortile visto che era in ritardo. Ed è sempre lei che ha fatto compagnia in auto alle tre nipotine della vittima, la più grande delle quali, Angela, 8 anni, gridava dal finestrino a squarciagola: «Nonno, che ti hanno fatto». Una bambina cresciuta di colpo. Che ieri chiedeva: «Lo hanno ucciso, vero?».
Antonio Palumbo, in quella tabaccheria, voleva solo comprare un quaderno per la sua Angela, e far sentire le «canzoni del coccodrillo» alla più piccola, Fabiana. «è sempre stato un uomo buono, voleva bene ai ragazzi, da 15 anni seguiva in trasferta gli allievi di ogni età del Basket Giugliano, li incitava», raccontano anche Andrea D’Alterio, Domenico Arboretti e il 17enne Alessandro davanti al secondo circolo didattico. Dove ora non c’è lezione e il direttore Alberto Gabriele non trattiene la commozione. E chiede «al sindaco, contro ogni burocrazia, di destinare il posto di quel nostro collaboratore esemplare a suo figlio disoccupato. Altrimenti a tragedia aggiungeremo altro dolore».
Mentre quel primogenito, Raffaele, ha pensieri solo per un lutto devastante: «Che altra strada abbiamo se non rassegnarci? Non c’è pace, nessuna garanzia. Quello che è successo a mio padre poteva accadere a chiunque». C’è ancora sangue rappreso davanti alla tabaccheria di Giugliano, viale degli Innamorati, grumi di hinterland dove anche i nomi delle strade sono fuori contesto. La via delle gang, ribattezzata: rettilineo di insegne, ristopub, centroarredi e rivendite di cellulari che forse un tempo offriva riparo a coppiette in cerca di angoli appartati e oggi è riserva di bottini, e anche di omertà, per i rapinatori.
La rivendita dov’è avvenuto il raid, gestita da Carmine De Vivo, ha «subìto 4 assalti in poco più due anni». Ed è lui stesso a raccontarlo, Carmine, cui era destinata la pallottola che ha ucciso Antonio. Ora è immobile, su una carrozzella per la ferita al piede. Racconta Carmine: «Non ho mai avuto una colluttazione con quei criminali. Appena 8 giorni fa ci avevano rapinato e anche quel giorno restai muto…». Anzi, aggiunge: «Secondo me sono gli stessi di quel martedì sera in cui fecero un magro bottino, 30 euro. Così giovedì li ho visti tutti incappucciati, ho sentito che uno di loro diceva “Prendiamoci le chiavi della moto, se non ha niente, almeno abbiamo lo scooter “, e ho pensato che fossero gli stessi».
Erano le 19.40: «Li ho visti entrare con un’arma. “Ecco, qui ci stanno i soldi. Prendete e andatevene”, ho detto. Uno di loro ha afferrato dal bancone le chiavi della mia moto e il mio cellulare: si è infilato in tasca il telefonino, ha consegnato le chiavi al complice. Hanno preso mille euro e via. Io li ho seguiti per pochi passi, solo per vedere da che parte andavano. Invece uno di loro mi ha scaraventato per aria facendomi cadere con violenza, e l’altro ha sparato due colpi, uccidendo il povero Antonio alle mie spalle. Pensare che lo aveva detto: “Fatemi andare, ho le nipotine in auto…».
Giugliano ferita. Il sindaco Fracesco Taglialatela ha chiesto ieri più sicurezza nel vertice in prefettura. Anche il parroco, don Tommaso D’Ausilio, dà voce allo sgomento. «Ormai a rischio c’è la libertà dei cittadini, anche quella di uscire con un nipotino. Mi chiedo: cosa si aspetta a prendere provvedimenti concreti?».
Articolo del 7 Dicembre 2006 da internapoli.it
GIUGLIANO. LUNGO CORTEO SILENZIOSO IN RICORDO DI ANTONIO: «CI MANCHERAI!»
di Aniello Di Nardo
GIUGLIANO. Millecinquecento forse duemila persone hanno preso parte, questa mattina a Giugliano, al corteo in ricordo di Antonio Palumbo, il 63nne ucciso da due rapinatori durante il colpo alla tabaccheria del 30 novembre scorso. In tanti hanno risposto all’appello, molti dei quali recavano un drappo nero in segno di lutto.
La manifestazione silenziosa e ordinata è partita poco dopo le 9 da Via Quintiliano, sede del secondo circolo didattico, la scuola dove Antonio lavorava come custode ed abitava insieme alla famiglia. Il corteo ha percorso via degli Innamorati, la strada dove è avvenuta la rapina, per immettersi su via A. M. Pirozzi, il breve tratto che si collega con Via A. Palumbo, per poi dirigersi a piazza Gramsci e svoltare a via Roma in direzione del Municipio in Corso Campano, dove è arrivata intorno alle 11. In testa al corteo i familiari di Antonio Palumbo, la moglie, il dirigente del secondo circolo didattico Alberto Gabriele, il sindaco di Giugliano Francesco Tagliatatela e l’assessore regionale Corrado Gabriele.
È stata grande la commozione di tantissimi cittadini che hanno preso parte al corteo. Giunti al Municipio il dirigente della scuola Gabriele ha ricordato la figura di Antonio Palumbo: «la scuola richiama i “grandi” – ha affermato – Antonio era gentile e disponibile, sempre pronto ad aiutare tutti». Alla manifestazione hanno preso parte anche insegnanti e alunni della scuola, a parlare per loro è stata Francesca, nipote di Palumbo ed ex alunna del secondo circolo: «ci mancherai ogni giorno, la tua presenza all’ingresso della scuola era un conforto, eri “il nonno” di tutti, ora che non ci sei più sarà molto difficile attraversare quel varco, ma la tua presenza resterà per sempre nei nostri cuori».
Intanto l’assessore regionale Gabriele, al termine della manifestazione, si trattiene con i giornalisti e afferma: «a Giugliano serve il triplo delle forze dell’ordine presenti, lo faremo presente al ministro Amato», quest’ultimo verrà a Giugliano il 14 dicembre prossimo, per l’inaugurazione della nuova caserma della Guardia di Finanza sulla circumvallazione esterna.
Presenti anche le forze dell’ordine: Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza. I vigili urbani in alta uniforme sorreggevano lo stendardo del comune. Tagliatatela sollecitato dai giornalisti dichiara: «stiamo facendo il possibile per contrastare la criminalità, abbiamo avuto gia due incontri in prefettura, insieme ai sindaci del comprensorio, per chiedere un maggior numero di forze dell’ordine e una maggiore presenza nelle strade».
Il dirigente scolastico risponde sulla questione avanzata stamattina, sulle pagine de Il Mattino, riguardo alla possibilità che la famiglia di Antonio Palumbo, potrebbe lasciare la casa, dopo che il figlio aveva annunciato di non voler sostituire il padre: «è stata un’affermazione coraggiosa e dignitosa, quella del figlio di Antonio, ma questo non vuol dire che siamo pronti a sfrattare la famiglia, i giornalisti hanno tratto una conclusione che non rispecchia lo stato delle cose. Ci stiamo muovendo nel rispetto delle normative vigenti, per evitare che la famiglia di Antonio si trovi costretta a lasciare la casa, dove Antonio svolgeva l’attività di custode».
Fonte: internapoli.it
Articolo del 14 dicembre 2015
Giugliano. Antonio Palumbo, il bidello dal grande cuore rimasto senza giustizia
Doveva essere un giorno come tutti gli altri quel 30 Novembre del 2006. Un giorno in cui sarebbe stato ‘normale’ recarsi in una tabaccheria a comprare un pacchetto di sigarette a un figlio e un quaderno a una nipotina. A qualcuno, purtroppo, può capitare di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. E in un attimo la vita non c’è più. Si è vittima di un destino beffardo. È la storia di Antonio Palumbo, indimenticato custode del II Circolo Didattico di Giugliano, morto a 63 anni. Un’altra vittima innocente della criminalità.
LA CRONACA
Quel 30 Novembre di 9 anni fa, Antonio fu coinvolto in una sparatoria a seguito di una cruenta rapina avvenuta in una tabaccheria in via degli Innamorati. Iconsapevolmente, si ritrovò sulla traiettoria del proiettile esploso da uno dei tre rapinatori. Quel colpo gli fu fatale. Antonio ebbe soltanto il tempo di dare uno sguardo alle tre nipotine che lo
attendevano in auto. Fu la più grande a cercare per prima aiuto, ma per il nonno non c’era più niente da fare. All’arrivo dei soccorsi, la situazione parve disperata. Palumbo morì prima di giungere in ospedale. La scomparsa di Antonio sconvolse l’intera città. Migliaia di giuglianesi presenziarono ai funerali di quell’uomo allìapparenza un po’ burbero ma molto generoso, a cui tutti volevano bene. Il parroco che celebrò la messa, don Tommaso D’Ausilio, nella sua omelia chiese a gran voce “giustizia, ma non vendetta” per Palumbo. Giustizia mai avuta perché, come riferiscono i familiari del bidello, quei tre malviventi non furono mai identificati.
IL RICORDO
Il cuore di Antonio, tuttavia, non ha mai smesso di pulsare perché continua a battere fortemente nei ricordi dei suoi familiari e di tante persone che lo hanno conosciuto ed apprezzato. Antonio Palumbo era dipendente del Comune di Giugliano. Dapprima autista dell’ex sindaco Giacomo Mallardo al quale era legatissimo. “Nel suo portafogli c’erano
due cose: i soldi e una foto di Mallardo. Mi diceva sempre «Peppì, non ci sono più i sindaci di una volta»”, dice la moglie. Dopodiché, fu assunto come bidello dell’istituto scolastico in via Quintiliano, il II Circolo Didattico, di cui allora il dirigente era il dott. Alfredo Gabriele, “persona squisita, che ci ha dimostrato grande affetto dopo la dipartita di papà”, ricordano le figlie di Palumbo. Era un grande amante dello sport. Si prodigava molto per i ragazzi,
senza chiedere nulla in cambio. “È sempre stato un uomo buono, un gentiluomo come non se ne vedono più da tempo – afferma il presidente del Basket Giugliano Andrea D’Alterio –. Voleva bene ai ragazzi, li incitava durante le partite”. Era una persona scherzosa, gli piaceva stare in compagnia e non sopportava l’idea di trascorrere le intere giornate in casa. Nel suo lavoro si faceva rispettare, soprattutto quando i genitori dei bambini che frequentavano il II Circolo cercavano di fare i ‘furbetti’.
“Mio padre era gentile con tutti, ma non tollerava le ingiustizie e le prepotenze”, spiega Luisa, una delle figlie. Quello per cui Antonio si era fatto apprezzare, comunque, erano la sua semplicità e la sua simpatia. “Mi innamorai del suo sorriso – racconta Giuseppina, la moglie –. Quando ci siamo conosciuti avevo 15 anni. Lui lavorava in un negozio di bombole sotto casa mia. È stato proprio un colpo di fulmine – dice la donna mentre le lacrime cominciano a scenderle dal viso –.
Il 29 Ottobre del 1967 ci siamo sposati ed abbiamo costruito insieme una bellissima famiglia. Poi, il destino me l’ha portato via, ma io lo penso ogni giorno”. La più grande gioia di Antonio erano i suoi figli e i suoi nipoti. “Ricordo quando ebbi la cattedra d’insegnante – dice emozionata un’altra figlia, Angela –. Gli brillavano gli occhi. Era orgoglioso di me, tanto che offrì dolci a tutte le maestre della scuola dove lavorava”.
Quel maledetto giorno di novembre, Antonio avrebbe dovuto comprare le sigarette a suo figlio maggiore ed un quaderno a una delle figlie di Luisa. L’ultimo a vederlo, prima che morisse, fu il genero Pasquale che ricorda con angoscia quei momenti. “Arrivai sul posto poco prima dei sanitari, ma la situazione parve subito critica. Salii con lui nell’ambulanza, ma non ce la fece a raggiungere nemmeno l’ospedale. Alcuni testimoni mi raccontarono che lo sentirono gridare «Mi brucia la gamba!» e che, pochi istanti dopo, perse i sensi. Mi manca molto, era un punto di riferimento”.
Accettare un lutto, di per sé, è difficile. Quando si perde una persona cara in circostanze simili, per un folle che spara all’impazzata, lo è infinitamente di più.
“Ci siamo fatti forza per i nostri figli – spiega Luisa –. Tutti i giorni sentiamo la mancanza di papà e riteniamo ingiusto che ci sia stato portato via in questo modo. Il dolore si confonde con la rabbia perché mio padre già aveva lottato molto per alcuni problemi di salute. Aveva stretto i denti, senza mai risparmiarsi a lavoro. Se fosse ancora qui con noi gli chiederei di accompagnare le mie figlie a scuola o sulle giostre, così come era solito fare”. “Anch’io vorrei dirgli che mi manca tantissimo – dice Angela con la voce rotta dal pianto – e che sarebbe contento, adesso, nel sapere che sono passata di ruolo a scuola”.
Tutti ricordano Antonio come una persona sempre sorridente, e così, infine, lo vuole ricordare anche sua moglie. “Se lo avessi ancora qui con me gli direi: «Tonì stai a casa con me oggi, non uscire». Ma credo – conclude la signora Giuseppina – che testardo com’era, non mi avrebbe ascoltata.