4 Gennaio 2003 Grumo Nevano (NA). Ucciso l’imprenditore Domenico Pacilio. Nei primi anni ’90 aveva denunciato una banda di estorsori provocando l’arresto e la condanna di uno di loro.

Nei primi anni ’90, Domenico Pacilio aveva denunciato una banda di estorsori, provocando l’arresto e la condanna di uno di loro. Venne ucciso a Grumo Nevano, in provincia di Napoli, il 4 gennaio del 2003. Erano le cinque del mattino quando i tre killer erano in attesa sotto la sua villa. Appena lui ha azionato il telecomando del cancello, è scattato il fuoco. Venti colpi, una raffica, una pioggia di proiettili. Muore sul colpo a pochi metri dall’ingresso di casa, dalle camere dove dormivano la moglie, i figli. (Fonte: vivi.libera.it)

 

Articolo da La Repubblica del 5 Gennaio 2003
Agguato al re del bowling venti colpi davanti alla villa

di Conchita Sannino

ALLE cinque del mattino, i tre killer erano in attesa sotto la sua villa. Appena lui ha azionato il telecomando del cancello, è scattato il fuoco. Venti colpi, una raffica che non doveva lasciargli alcuna possibilità di salvezza, una pioggia di proiettili che ha bucato da più lati la sua lussuosa Mercedes CR 70 al 164 di corso Garibaldi a Grumo Nevano, pochissimi metri dall’ ingresso di casa, dalle camere dove dormivano la moglie, i figli, fratelli. Una dinamica molto simile, secondo gli investigatori, ad un «omicidio di camorra»: eppure la vittima è un imprenditore, noto ed incensurato, di una famiglia in vista di Grumo. Si chiamava Domenico Pacilio, 45 anni, primo di dieci fratelli, tutti imprenditori o professionisti (tre avvocati, un medico, un commercialista) una «Sala Bowling» di sua proprietà a Caserta, un negozio al dettaglio a Frattamaggiore, interessi in un’altra società per la distribuzione e la produzione di videogiochi, altra fetta di mercato della quale il gruppo dei Pacilio è leader, non solo in Campania. Un antico precedente segnala il papà della vittima come “contiguo” al clan dei Moccia. Accusa da cui l’anziano capofamiglia fu completamente prosciolto. Ma di certo c’ è solo la dinamica dei fatti, nel delitto scattato all’ alba, che spinge i carabinieri della compagnia di Casoria a indagare in ambienti della criminalità organizzata. Nient’ altro. Pacilio non sembrava avere nemici. Ma la sua famiglia già in altre occasioni, molti anni fa, aveva sfiorato la cronaca giudiziaria, diventando anche pubblica accusa in un processo contro il clan Contini. Lo racconta a Repubblica un fratello della vittima, Giancarlo: «Si è diffusa la voce che mio fratello o mio padre fossero pregiudicati. Assurdo. Falso, nulla di più falso. Non vogliamo che a questa enorme tragedia si aggiunga altro dolore o speculazione. Mio fratello è stato secondo noi vittima di una rapina~». Eppure i carabinieri non la considerano, per ora, una pista attendibile. La vittima aveva addosso circa 8mila euro, l’incasso di due giorni di bowling. I suoi assassini non li hanno presi. Giancarlo Pacilio scuote la testa: «Noi non riusciamo e non possiamo pensare ad altro. Perché non c’è dell’altro. Noi siamo stati vittime della camorra: sì, soprattutto anni fa. Lo sa che mio padre fu sequestrato dal clan Contini perché avevamo un grosso cantiere a Napoli e non ci rassegnavamo a pagare le tangenti? Alla fine dovemmo pagare, scucire tanti soldi. Ma mio padre denunciò tutto~ Mio fratello Domenico era solo un imprenditore, e basta. Noi siamo sicuri sia stata una rapina. E abbiamo consegnato ai carabinieri il nastro della videocamera a circuito chiuso del Bowling di Caserta dove – forse -, proprio la notte precedente al delitto, sono arrivati tipi sospetti». Proprio all’ interno della sala, difatti, Domenico Pacilio, secondo alcuni testimoni, avrebbe avuto una breve lite con qualcuno che lo aveva infastidito. Motivo? Top secret. (co. sa.)

 

 

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