4 Maggio 1985 Taurianova (RC). Ucciso Antonino Vicari, giovane imprenditore di 30 anni. Vittima del racket
Antonino Vicari, 30 anni, sposato con due figli, onesto cittadino di Taurianova, grosso centro della Piana di Gioia Tauro, aveva da poco costituito con i fratelli una ditta per la vendita di materiale edilizio. Era il risultato di tantissimi sacrifici, di un lavoro duro di molti anni. Dapprima i fratelli Vicari avevano infatti aperto un negozio, poi, fuori paese, costruito un capannone-deposito di articoli sanitari. Ma la tranquillità era finita presto. Erano iniziate le richieste estorsive e, subito dopo i dinieghi, gli atti intimidatori.
Gli avevano rubato un autocarro carico di materiale edile, avevano esploso colpi di pistola contro il suo negozio. Ma lui ed i suoi fratelli non si erano piegati. Avevano anzi deciso di smascherare la banda del «pizzo», montando la guardia al capannone nelle ore notturne.
La notte del 4 maggio 1985, verso mezzanotte Antonino e Vincenzo Vicari erano di guardia, forse hanno sentito qualcosa, hanno visto muoversi qualcuno. Antonino Vicari non ha avuto il tempo di capire: una scarica di lupara al volto e al torace ha stroncato la sua vita.
Fonte: L’Unità del 5 maggio 1985
Articolo del 5 Maggio 1985 da L’Unità
Calabria, non paga tangenti: lo uccidono
Con il fratello faceva la guardia al negozio a Taurianova – Minacce e attentati
CATANZARO — Gli estortori, da qualche tempo, non gli davano più tregua. Gli avevano rubato un autocarro carico di materiale edile, avevano esploso colpi di pistola contro il suo negozio. Le richieste di denaro — inframezzate da continue minacce e atti intimidatori — erano quotidiane. Ma lui non s’era piegato. Aveva anzi manifestato chiaramente l’intenzione di smascherare la banda del «pizzo» ed era così passato dalle parole ai fatti montando la guardia, assieme ai fratelli, davanti la bottega nelle ore notturne. Sperava di cogliere con le mani nel sacco gli estortori ma l’altra notte i killer della mafia lo hanno invece spietatamente ucciso a colpi di fucile caricato a lupara. Cosi è morto Antonino Vicari, 30 anni, sposato con due figli, onesto cittadino di Taurianova , il grosso centro della Piana di Gioia Tauro «patria» del famigerato boss democristiano Ciccio Macrì. Un delitto orrendo, che fa salire di molto l’escalation della mafia in tutta la provincia di Reggio già turbata dalla tremenda strage del 1° maggio sui piani della Limina (tre morti fra cui una ragazza di 16 anni).
Antonino Vicari, laureato geometra, aveva da poco costituito con i fratelli una ditta per la vendita di materiale edilizio a Taurianova. Era il risultato di tantissimi sacrifici, di un lavoro duro di molti anni. Dapprima i fratelli Vicari avevano infatti aperto un negozio, poi, fuori paese, costruito un capannone-deposito di articoli sanitari. Ma la tranquillità era finita presto. In tutta la Piana di Gioia Tauro la piaga della mazzetta dilaga a vista d’occhio e colpisce ormai indistintamente tutti. A Reggio città pagano ormai anche gli impiegati. Ma i fratelli Vicari resistevano. Antonino, il più giovane, s’era sposato, e tre giorni fa era nata la seconda figlia tanto che la moglie è ancora ricoverata in clinica. Proprio lui aveva lanciato l’idea della guardia al capannone. Verso mezzanotte Antonino e Vincenzo Vicari forse hanno sentito qualcosa, hanno visto muoversi qualcuno. L’ennesimo botto? Non c’è stato il tempo di capire: una scarica di lupara al volto e al torace ha stroncato Antonino Vicari.
Nulla di nuovo, intanto, a Mammola nelle indagini sulla strage di mercoledì scorso. Nessuno nel piccolo paese aspromontano è disposto a parlare e l’unica persona in grado di descrivere 1 killer che hanno barbaramente trucidato Felice Ferraro, la figlia Nunziatina di 16 anni e il contadino Pasquale Sorbara, e cioè la moglie di Ferraro, Maria Mercuri, non ha praticamente visto niente. Così dice. La paura cuce le bocche di tutti. Dalle indagini è stata praticamente confermata la pista che porta dalla strage al sequestro di Alfredo Sorbara, il ruspista di Giffone, nel Reggino, rapito un anno fa e del quale non si sa più niente.