Regione, l’appello di Tiberio Bentivoglio alla Commissione contro la ‘ndrangheta: ”Se andrò via da qui è perchè le istituzioni sono state assenti”

È un accorato appello quello rivolto dall’imprenditore reggino Tiberio Bentivoglio nei confronti delle istituzioni nell’ambito della sua audizione in Commissione Regionale contro la ‘ndrangheta.
Bentivoglio, titolare della Sanitaria Sant’Elia, imprenditore simbolo della lotta al racket a Reggio Calabria, elenca di fronte alla Commissione presieduta dal Consigliere Salvatore Magarò, una serie di misure che secondo l’elaborazione avviata anche con il supporto dell’Associazione Libera, dovrebbero essere applicate nel caso di imprenditori colpiti dalla ‘ndrangheta.

Anzitutto, tra le richieste di Bentivoglio, l’esenzione dai tributi regionali per chi denuncia estorsione, usura e per i testimoni di giustizia. Secondo le richieste dell’imprenditore tra i tributi da sospendere la tassa automobilistica, addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche-Irpef, imposta regionale sulle attività produttive – Irap, addizionale regionale all’imposta di consumo sul gas metano usato come combustibile -Arisgam, tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi, imposta regionale sulle concessioni statali dei beni demaniali e del patrimonio indisponibili, tasse di concessione regionale-Tcr, tassa per l’abilitazione professionale, tassa per il diritto allo studio universitario, tassa fitosanitaria Bollo di circolazione.

A ciò si aggiunge la cancellazione delle ipoteche sui beni immobili denuncianti e testimoni di giustizia, il diritto all’assunzione per chiamata diretta presso l’amministrazione regionale o enti e società strumentali o controllati per il denunciante, il testimone di giustizia ovvero, in alternativa, per il coniuge o per i suoi figli,  la costituzione di parte civile della Regione e di enti e società strumentali o controllati a sostegno delle vittime della criminalità organizzata, condizioni di maggior favore per il rilascio del certificato Durc, la possibilità per l’imprenditore denunciante o testimone di giustizia di usufruire, con priorità, di un bene sequestrato o confiscato  per poter riorganizzare l ‘attività distrutta o danneggiata dalla criminalità organizzata ed infine la creazione di un fondo regionale per le vittime che possa intervenire anticipando l’elargizione governativa e fornire un pronto intervento per riavviare l’attività imprenditoriale.

Una serie di misure che secondo quanto dichiarato da Tiberio Bentivoglio rappresenterebbero un solido incentivo agli imprenditori che vogliono opporsi alla piaga del racket ma che al momento non denunciano per paura di ritorsioni fisiche o per evitare le difficoltà economiche.

La storia di Tiberio Bentivoglio in effetti da questo punto di vista rappresenta un esempio concreto di quanto sia complicato ed in salita il cammino che deve affrontare un imprenditore che denuncia. E’ lui stesso a ricordarlo durante il lungo intervento di fronte ai componenti della Commissione regionale contro la ‘ndrangheta. Tra gli altri erano presenti i consiglieri Tilde Minasi, Gianluca Gallo, Giuseppe Giordano, Aurelio Chizzoniti e  Gesuele Vilasi.

”La mia attività – ricorda –  è stata oggetto di numerosi e devastanti attentati di evidente matrice estorsiva e intimidatoria, da me sempre denunciati. Furti, incendi, bombe e distruzione di automezzi, hanno messo in crisi la mia piccola ma sana azienda. I numerosi clienti di un tempo sono svaniti:  per paura di farsi vedere nel mio locale; per lo scarso rifornimento di prodotti a cui sono stato costretto a causa dei tempi troppo lunghi che sono trascorsi  prima di ricevere i risarcimenti spettanti per legge;  per la netta chiusura che le banche hanno adottato nei miei confronti, infatti non usufruisco più di alcun affidamento, ne di elasticità da parte degli istituti di credito, per giunta i fornitori oggi pretendono  pagamenti anticipati o  assegno allo  scarico della merce. Anche per loro sono diventato un cliente a rischio”. Una vicenda tristissima che si è consumata in questi anni sotto gli occhi inermi dei tanti, tantissimi cittadini ed associazioni, che non hanno mai fatto mancare la loro solidarietà nei confronti dell’imprenditore vessato dalla ‘ndrangheta e abbandonato dallo Stato.

”Tre anni fa – continua Bentivoglio –  in seguito alla condanna  in  primo grado di alcuni malavitosi da me accusati, sono rimasto vittima di un tentato omicidio, gli autori tuttora restano ignoti, mentre io continuo a trascinarmi su una sola gamba in quanto l’altra riporta lesioni permanenti causati dai  proiettili che mi hanno colpito, uno dei sei proiettili, quello probabilmente fatale, è stato trattenuto dal marsupio di cuoio che portavo a tracolla sulle spalle. Terminata la degenza fatta in parte in ospedale, mi è stato assegnato un dispositivo di tutela, per questo motivo oggi vivo con due carabinieri al fianco. In conseguenza a tali condotte lesive la mia attività ha subito un’ ulteriore e notevole battuta d’arresto, e ai danni economici si sono aggiunti quelli psicologici e fisici scaturiti dal ferimento, gli stessi disturbi mentali si sono riversati anche sull’ intera famiglia, pregiudicando quindi, non solo il lavoro ma anche la vita di relazione. Vivo in un continuo stato di allarme e di tensione. E per questo, con urgenza, ho chiesto in base alla legge 44/99 un aiuto allo Stato per poter far fronte anche al pagamento dei debiti contratti con i dipendenti, con i fornitori, col proprietario dell’immobile dove ha sede la mia attività, nonché quelli verso l’Inps, con l’Agenzia delle Entrate, col Comune e con questo Ente Regione Calabria. Sono trascorsi quasi tre anni, ed ancora non ho ricevuto neanche un centesimo”.

”Tutti i ritardi dovuti al farraginoso e confuso iter hanno provocato non solo la completa paralisi del mio negozio – prosegue Bentivoglio – ma un ulteriore accumulo di debiti e per questo Equitalia ha provveduto prontamente ad ipotecare il mio bene immobile, peggiorando e accrescendo la già faticosa situazione di tutta la mia famiglia. Oggi  con i miei familiari condividiamo ansia e preoccupazione: da un momento all’altro la mia casa potrà essere venduta all’asta, per l’appunto ieri  è iniziato il procedimento contro di noi per lo sfratto dai  locali adibiti a negozio il cui canone da diversi mesi non riesco più a rispettare. E sempre oggi mi trovo senza la possibilità di pagare i debiti per riscattare la mia casa, quindi senza soldi, senza lavoro e senza una famiglia serena,  i miei figli aspiravano ad ereditare una impresa sana e legale che avevo creato con grandi sacrifici, invece oggi sono dei disoccupati perché l’attività lavorativa familiare è ormai una chimera  e per questo che tantissime volte ho cercato una sistemazione per loro, ma come senza dubbio comprenderete, a chi si è opposto al sistema mafioso in questa città si chiudono facilmente le porte”.

”Quando ho deciso di denunciare – conclude Bentivoglio –  mi sentivo un uomo forte, certo d’aver fatto la scelta giusta, non sono scappato neanche dopo che hanno tentato di uccidermi, continuo a combattere, cercando anche di convincere altri commercianti a denunciare, sperando che il mio esempio diventasse contagioso, ma non è stato così. E lo Stato che si preoccupa di sostenere la cultura alla legalità, non può sentirsi assolto solo perché promuove qualche iniziativa nelle scuole. I convegni, le fiaccolate e i cortei contro i criminali non possono bastare. Io  spero di ricevere immediatamente quello che mi spetta per riattivare ancora una volta  la mia azienda, ma se un giorno sarò costretto ad abbandonare la mia terra non sarà per paura, l’avrei fatto prima altrimenti. La fuga l’avranno voluta le istituzioni, con la loro assenza”.

 

Articolo del 16 Ottobre 2013 da  strill.it

 

 

 

 

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