“Il Falso Mito dei Deboli Risparmiati” di Alfredo Buccini

Il Falso Mito dei Deboli Risparmiati
di Alfredo Buccini

Articolo dal Corriere della Sera del 20 Gennaio 2014

Infanzia rubata Uno studio rivela che in Calabria 82 minori sono stati denunciati per associazione mafiosa

Allibertativi du cagnuleddu, disse Giovanni Brusca ai suoi aiutanti: liberatevi del cagnolino. E quelli sciolsero nell’acido Giuseppe Di Matteo, un bambino che il boia di Cosa Nostra aveva visto crescere ma che aveva la colpa d’essere figlio di un pentito. È opportuno ricordarla, questa storia, ogni volta che si parla di malacarne mafiosi e vittime innocenti. Perché i macellai che amano definirsi «uomini d’onore» non hanno mai avuto nessun codice d’onore, neppure verso bimbi e mamme. Mai: il boss Michele Navarra assassinò in ospedale un tredicenne testimone dell’omicidio Rizzotto, ed eravamo appena nel 1948.

Sicché è umanamente condivisibile il grido di sdegno di Franco Giacomantonio, procuratore di Castrovillari, di fronte all’ultimo orrore scoperto ieri tra i boschi del Cosentino, a Cassano allo Ionio: un piccino di tre anni, Nicola, ammazzato e bruciato in macchina assieme al nonno Salvatore – curriculum da narcotrafficante – e alla sua compagna marocchina Ibtissa. Vendetta  ‘ndranghetista o regolamento di conti tra cani sciolti, poco cambia. «Come si fa una cosa simile? È qualcosa di inaudito, si è superato ogni limite», ha detto, giustamente, Giacomantonio, reagendo da padre. Ma la verità, come lui stesso sa benissimo, è che il limite non c’è mai stato. Il mito di una mafia un tempo «rispettosa» dei più deboli, di una ‘ndrangheta custode di valori familiari, di una camorra romanticamente neo-melodica è una balla contraddetta dalla Spoon River delle piccole vittime massacrate negli anni. Gli uomini del disonore sparano ai bambini quando sono sulla linea di tiro dei loro obiettivi, quando sono testimoni pericolosi o, addirittura, quando vogliono così punire i loro genitori. Poi vanno a casa ad abbracciare i propri figli, programmando il giorno giusto per mettere anche a loro una pistola tra le mani. A Oppido Mamertina, falde dell’Aspromonte, 1998, fecero fuoco «deliberatamente contro i bimbi», raccontò l’allora procuratore Elio Costa, e morì Mariangela Ansalone, nove anni, colpevole solo di passare per caso col nonno nella zona dell’agguato. Dodò Gabriele, dieci anni, stava giocando a pallone col papà su un campetto alla periferia di Crotone, quando un killer che mirava a un presunto emergente delle cosche lo falciò con una raffica. Gaia, cinque anni, si è salvata dopo mesi di ospedale: gli assassini puntavano a suo padre, sempre a Crotone, in quello stesso periodo. Nella provincia, pochi anni prima, era stato ucciso Gianfranco Madia, 15 anni: in macchina col nonno, il vero bersaglio.

Quando l’infanzia non è troncata dai killer, è rubata dalle famiglie stesse. Una ricerca coordinata da Marianna Malara rivelò qualche tempo fa che in Calabria, tra il 1990 e il 2004, ottantadue minorenni erano stati denunciati per associazione mafiosa: tra gli assassini del piccolo Nicola potrebbe esserci qualcuno di quei ragazzini d’allora. A Corigliano Calabro, non lontano dal teatro del massacro scoperto ieri, è rimasta a lungo deserta la nuova scuola: occupava una palazzina confiscata a un boss e i genitori di ventisei bambini hanno preferito tenersi a casa i piccoli, ufficialmente perché il nuovo istituto era «troppo lontano». Alle elementari di San Luca hanno provato le «griglie pilotate» per evitare di mettere nella stessa classe figli di famiglie in guerra. Una resa? Macché, una «misura preventiva», ha detto candido il preside. I codici d’omertà sono trasmessi col latte, dalle madri: a Cinquefrondi, piana di Gioia Tauro, nel ’98, ammazzarono in sala giochi Saverio, 13 anni, davanti a suo fratello Orazio, minore di un anno. L’interrogatorio di Orazio, raccontato dal cronista Pantaleone Sergi, merita di essere riportato. Cos’è successo? «Non mi ricordo». Chi ha sparato? «Ve lo cercate da voi». Cosa hai visto? «Nun vitti nenti, non ho visto nulla». Come ti chiami almeno lo sai? «Nun sacciu nenti, chi voliti?». Forse un esercito di maestri elementari sconfiggerà la mafia, come diceva Gesualdo Bufalino. Quel giorno potrebbe essere però parecchio lontano: nel frattempo non sarebbe inutile rinforzare l’esercito che abbiamo, di carabinieri e poliziotti. Perché bambini come Nicola non debbano più morire e bambini come Orazio non debbano più mentire.

 

 

 

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