ANGELO MANGANO UN POLIZIOTTO SCOMODO di Carmelo Carbone

ANGELO MANGANO UN POLIZIOTTO SCOMODO
Le coraggiose imprese contro la mafia di un uomo che i libri non hanno mai raccontato

nuova edizione ampliata.

di Carmelo Carbone

Prefazione di Francesca Scoleri e del generale Nicolò Gebbia

Habent sua fata libelli, (I libri hanno un loro destino) e spero che il destino di questo libro incontri consapevolezza,giustizia e onestà intellettuale.
Il questore Mangano ed il suo eccezionale acume investigativo, hanno conosciuto la peggiore delle manipolazioni: la distorsione storica. Un destino che lo accomuna a quello dei migliori uomini di Stato, come Falcone e Borsellino, ed oggi sono contenta che sia offerta a me, a noi tutti, la possibilità di conoscere fino in fondo le vicende che hanno interessato questo eccezionale investigatore che per anni ha rappresentato un insormontabile ostacolo per la criminalità organizzata.
Il libro di Carmelo Carbone, rappresenta un’ottima opportunità nel riordino di quel mondo chiamato “antimafia”.
Un mondo che, accanto a fervori da rocchettari per alcune vittime di mafia, le più note, non trova spazio per l’uomo che ha arrestato Luciano Liggio, il padrino di Totò Riina e che in
cambio, ha ricevuto discredito, giorno dopo giorno, come acqua che scava la roccia, perché l’obiettivo finale, era lo smantellamento del pool investigativo di cui faceva parte.
Mangano conobbe raggiri e depistaggi tipici dei luoghi in cui aleggia la mafia nei palazzi istituzionali e nelle caserme della Benemerita. Luoghi in cui si finisce puntualmente per chiedersi: “cos’è mafia e cos’è Stato”.Chi sono i buoni e chi sono i cattivi ? Lo capì molto presto Mangano e non ebbe dubbi su quale fosse il ruolo che il suo senso dello Stato gli imponeva. Il libro è un insieme di informazioni importanti, fondamentali direi, per la comprensione del fenomeno mafioso in tutte le parti d’Italia. Fu proprio il questore Mangano a rendersi conto, per primo, di come fosse infiltrata la mafia nella capitale Carmelo Carbone, ha legato fatti storici con estrema abilità di cronista; si scopre come il destino di Mauro De Mauro e quello di Pasolini abbiano incrociato il medesimo ambito invalicabile: il mistero sulla morte di Enrico Mattei e i loschi affari legati ad una delle nostre aziende più importanti, l’ENI.

Cedo ora la parola al generale dei carabinieri a riposo Nicolò Gebbia, che, certo con maggiore consapevolezza di me, parla con spietata sincerità:

“Angelo Mangano capì tutto di Cosa nostra siciliana, e della sua svolta corleonese stragista, vent’anni prima degli altri. Scoprì anche i legami storici con l’estremismo di destra e la peggiore massoneria. I suoi principali nemici a Palermo furono i Carabinieri, all’epoca profondamente collusi con gli interessi degli Stati Uniti e dei padroni dell’isola da loro insediati, avvocato Guarrasi e cugini Salvo in testa. Si salvò miracolosamente da un attentato consumato contro di lui per eliminarlo definitivamente, e continuò durante tutta la sua carriera a combattere i nemici dello Stato, molti rappresentanti del quale si adoperarono per screditarlo. Solo Rino Germanà ai giorni nostri, ha fatto indagini della stessa portata e rilevanza, ed è sopravvissuto grazie al suo coraggio ed alla sua pistola pronta all’attentato che lo avrebbe dovuto eliminare, posto in essere da un commando guidato da Matteo Messina Denaro in persona. Angelo e Rino, pari, ed a mio giudizio ancor di più, a Giovanni e Paolo. Questo libro, storicamente ineccepibile e pieno di riscontri puntuali, colma una lacuna e vorrei che fosse il primo di una storiografia della lotta alla mafia che finalmente ponga sullo stesso piano eroi, morti alcuni e morti viventi altri, che svettano alle stesse altezze, malgrado le diverse, ed alle volte tragicomiche, fortune mediatiche.

Settembre 2018