LA ZONA D’OMBRA di Sonia Alfano

Sopra al sangue di mio padre è possibile costruire qualcosa di positivo.” È questa la convinzione di Sonia, figlia di Beppe Alfano, il giornalista scomodo ucciso dalla mafia a Barcellona Pozzo di Gotto l’8 gennaio 1993. Eliminato perché aveva le prove delle attività criminali di una provincia siciliana, quella messinese, da sempre considerata quella in cui “la mafia non esiste”: tre giorni prima di morire, Alfano aveva invece consegnato alle autorità una lunga e documentata descrizione delle sue scoperte, tra cui il probabile rifugio del boss latitante Nitto Santapaola, a pochi passi da casa sua. Ma quella busta è sparita per sempre, assieme al computer, ai raccoglitori e ai taccuini con il lavoro di anni, sequestrati la notte stessa dell’omicidio e mai più restituiti. Oggi Sonia, che ha affiancato il padre nelle inchieste e vissuto accanto a lui il crescendo di minacce sempre più esplicite fino al tragico epilogo, ricostruisce quei giorni e gli anni che seguirono: l’ostracismo dei concittadini, le difficoltà finanziarie, l’angoscia di quattro processi celebrati senza giungere a una verità definitiva. Nonostante molti le abbiano consigliato “amichevolmente” di dimenticare, Sonia si è impegnata con determinazione nella lotta alla malavita organizzata, ed eletta nel 2009 al Parlamento europeo continua anche da lì la sua battaglia per denunciare una piaga che non è più soltanto italiana. Dalla stagione delle stragi fino a oggi, questo libro racconta la storia di una donna che ha avuto il coraggio di vivere una tragedia personale innanzitutto come responsabilità civile. La scelta di una figlia che non ha mai smesso di esigere giustizia, in nome di quel patrimonio morale che il padre le ha lasciato in dono e che amavano riassumere con una massima di Gandhi: “Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono, poi vinci”.
Nota da rizzoli.rcslibri.corriere.it

 

 

Presentazione di “La zona d’ombra” alla Camera dei Deputati

7 giugno 2011 – Sonia Alfano presenta il suo libro alla Camera dei Deputati, insieme al capostruttura Rai Loris Mazzetti, al procuratore aggiunto Antonio Ingroia, al presidente della commissione Antimafia, Giuseppe Pisanu e al presidente della Camera Gianfranco Fini. Lettura finale dell’attore Alessio Vassallo.

 

Articolo da Il Fatto Quotidiano del 6 Aprile 2011
La zona d’ombra, storia di Beppe Alfano
di Sonia Alfano

Di seguito l’introduzione al mio libro La zona d’ombra. La lezione di mio padre ucciso dalla mafia e abbandonato dallo Stato (Rizzoli) in uscita oggi in tutte le librerie:

L’orologio alla parete segna le 21. Mia madre stende la tovaglia sul tavolo della cucina e mi allunga i piatti. Per un attimo, mi fermo davanti alla finestra e guardo in strada: non c’è un’anima, e non perché sia novembre. A Barcellona Pozzo di Gotto è la norma: da una certa ora in poi è deserta, una specie di coprifuoco la trasforma in una città fantasma. Sono loro a volerla così, per aggirarsi indisturbati e farla da padroni.

Sento scattare la serratura della porta di casa, poi il tintinnio delle chiavi posate sul mobile dell’ingresso e la sua voce che saluta: mio padre è tornato. Ma stasera non si ferma a darci un bacio: si infila in corridoio a testa bassa, il volto più pensieroso del solito. Avrà fatto tardi per raccogliere qualche nuova informazione per una delle sue inchieste. Mi chiama dalla stanza dove spesso lavoriamo assieme al computer. Mollo le stoviglie e vado da lui.

La camera è immersa nella penombra: ha acceso solo la lampada da tavolo, che con il suo cono di luce illumina il piano della scrivania ingombro di carte. Lui è in piedi, di spalle, rivolto verso la finestra, le mani affondate nelle tasche. «Ho visto Mostaccio, stasera» dice senza voltarsi. «E che ti ha detto?» «Mi ha offerto trentanove milioni per non scrivere più dell’Aias.»

Trentanove milioni di lire, proprio quella cifra. Allora non può essere un caso. Lo penso, ma non dico nulla. Invece gli chiedo: «Che hai fatto? Li hai rifiutati?». Annuisce, ma poi fa una lunga pausa, come se cercasse le parole: «Mi ha detto che non arriverò al 20 gennaio».

D’istinto con la mano cerco lo schienale di una sedia e lo stringo. «Papà, secondo me ti stai facendo un film. Stai esagerando, stai andando troppo oltre.» Silenzio.

Mostaccio gli ha già «consigliato» di «volere più bene» alla sua associazione, ma questo cos’è? Un ulteriore avvertimento? Una minaccia per spaventarlo? Con i suoi articoli, mio padre sta dando sempre più fastidio a un sacco di gente, ed è già capitato che lo mettessero in guardia. Ma stavolta è troppo grave, non voglio crederci. Sono certa che stia sopravvalutando la cosa, probabilmente si lascia impressionare perché è stanco.

Se invece fosse tutto vero?

«Perché non ci pensi?» mi sento di dire. Il cuore batte perfino più veloce dei pensieri terribili che mi attraversano la mente. Continua a fissare un punto nel buio, fuori dal vetro, sembra inerte: lo devo difendere, non si rende conto. Non voglio che faccia sciocchezze. Ho ventun anni e dentro scoppio di rabbia e di paura. Una paura che non so come combattere, molto più grande delle mie forze.

«Perché non li prendi, questi soldi?…» insisto. E più che un consiglio è una supplica. Si gira verso di me; i suoi occhi mi fulminano: «Come puoi pensare una cosa del genere? Io non posso accettare quel denaro! Io devo continuare a scrivere». Anche la sua è rabbia. E paura. Restiamo a guardarci in silenzio. Mio padre non dice più nulla. Capisce di essere rimasto solo. L’ho appena abbandonato anch’io.

 

 

 

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *