MA QUELLA DEL NORD NON È MAFIA di Giovanni Falcone

MA QUELLA DEL NORD NON È MAFIA
di Giovanni Falcone
PIOVRA E CRIMINALITÀ
Fonte: archiviolastampa.it/
Articolo del 24 maggio 1991

Qualche giorno fa a Messina, appena sbarcati dal traghetto, sono stati arrestati dei trafficanti di stupefacenti siciliani. Da indagini di polizia e intercettazioni telefoniche era emerso che avevano acquistato eroina a Milano e la stavano portando in Sicilia.

È una totale inversione di tendenza rispetto a qualche anno fa, al periodo in cui l’eroina veniva prodotta nei laboratori siciliani ed esportata in Europa e in Usa. Ed è anche il segno – si può sottolineare, in mezzo a tanto catastrofismo generale – che qualcosa le indagini antimafia hanno fatto, se alla fine degli Anni Settanta il traffico di eroina fra Sicilia e Usa rappresentava almeno il trenta per cento del volume globale di eroina importata negli Stati Uniti, mentre adesso è sceso a meno del cinque per cento.

Così, al di là dello stupore che di volta in volta notizie del genere determinano senza ragioni, è ormai acquisito che, in Italia, Milano non solo è diventata il centro dei traffici internazionali di eroina provenienti dal Medio e dall’Estremo Oriente attraverso la penisola balcanica, ma anche il centro di smistamento della cocaina per l’Europa centro-orientale, e soprattutto, grazie alla sua vicinanza con Paesi come l’Austria e la Svizzera, la più importante base per il riciclaggio di denaro di provenienza illecita.

Cosa significa tutto questo? Vuol dire che Milano è diventata un centro di mafia o la nuova capitale della mafia come alcuni pretendono che stia per accadere? Tutto sta a definire cosa intendiamo con la parola mafia.

Se per mafia intendiamo criminalità generalizzata tout court, allora non c’è dubbio che Milano è diventata un importante centro di mafia. Ma allo stesso modo si dovrebbe dire che sono diventati importanti centri di mafia, ad esempio, Tokyo, o Ankara, o Atene e così via. Se invece vogliamo rifuggire da facili suggestioni e tenere i piedi saldamente ancorati per terra, l’analisi dev’essere più rigorosa e articolata: proprio per consentire di comprendere a fondo l’essenza del fenomeno e, dando la giusta interpretazione alla parola mafia, individuare i rimedi necessari.

È una banalità in sostanza affermare che Milano, in termini numerici e quantitativi, si sta avviando a diventare come i centri di mafia del Sud. Leggo che autorevoli osservatori sostengono che la mafia si sarebbe stabilmente insediata a Milano ma non avrebbe ancora il consenso sociale di cui gode al Sud. Ma questa è la prova che la mafia, così come purtroppo sono abituati a conoscerla le popolazioni siciliane, al Nord non esiste: ed è incomprensibile che ci si sforzi in tutti i modi di sostenere il contrario.

Meraviglia, insomma, questo allarme a scoppio ritardato: quando dalle indagini giudiziarie risulta con assoluta certezza che già nei primi Anni Settanta Milano era un importante crocevia di traffici mafiosi. Basterebbe ricordare la presenza in quegli anni di Tommaso Buscetta e Salvatore La Barbera e l’arresto di Luciano Liggio nell’ambito delle indagini sui sequestri di Torielli e Rossi di Montelera.

E un discorso del genere vale anche per Torino e il Piemonte, dove, guarda caso negli stessi giorni, si «scopre» la presenza della ‘ndrangheta e si afferma che avrebbe soppiantato la mafia siciliana; ma non si presta attenzione al fatto che i cosiddetti «mafiosi» rovesciati dalla ‘ndrangheta non appartenevano a Cosa Nostra, che invece, come quasi tutti ignorano, aveva a Torino una «famiglia» della provincia di Caltanissetta.

In realtà la mafia è diventata da tempo un fenomeno nazionale. Da tempo i mafiosi, per il compimento delle loro attività illecite, spaziano su tutto il territorio italiano e anche all’estero. Ma di qui a dire che l’epicentro del fenomeno si è spostato, ne corre, poiché le cose stanno in maniera diversa.

Sarebbe molto più facile la repressione del fenomeno se la mafia avesse perso il collegamento con il suo territorio d’origine. E invece, purtroppo, non solo lo mantiene, ma tende a rafforzarlo.